segunda-feira, 20 de julho de 2009
Sacerdos alter Christus: il carattere sacerdotale di Dom Columba Marmion
BEATO DOM COLUMBA MARMION
Anno Sacerdotale
Quod est Christus, erimus, christiani: «Quello che è Cristo, lo diventiamo anche noi, o cristiani», affermava un Padre della Chiesa1, per ricordare ai fedeli la loro eminente dignità.
In verità, tutta l’azione dei sacramenti, a partire dal battesimo, ci assimila al Salvatore: «Voi tutti [...] battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo» (Gal 3,27). Per tutti indistintamente «rivestire Cristo» significa diventare simili a lui nella sua qualità di Figlio di Dio, ma per noi, Ministri del Signore, significa inoltre essere rivestiti del suo sacerdozio. L’assimilazione a Cristo, effetto dei Sacramenti, è piena di mistero. La grazia santificante e il carattere che distinguono il battesimo, la cresima e l’ordine sacro concorrono a perfezionare nell’anima del sacerdote la somiglianza soprannaturale.
La grazia di adozione, lo sapete, è un «germe di vita», dotato di attività, regolato da una legge di sviluppo progressivo e ordinato, da tutte le sue energie, a rendere l’uomo partecipe della beatitudine divina. Questa grazia ci rende psicologicamente capaci di conoscere, amare e possedere Dio come lui stesso si conosce e si ama; e così penetriamo nell’intimità della Vita divina.
Anche i tre caratteri sacramentali contribuiscono a produrre nell’anima, sebbene in tutt’altra maniera, una rassomiglianza con Gesù; ma rimane senza accrescimento vitale, senza capacità di mutamento, perché indelebile e impressa una volta per sempre.
Difatti che cos’è il «carattere»? È una sacra impronta, un sigillo spirituale stampato nell’anima per consacrare l’uomo a Cristo, come discepolo, soldato o ministro. Ci contrassegna col marchio del Redentore, e in tal modo ci rende già, in certo senso simili a lui.
Con la sua stessa presenza il carattere vuole, richiede, esige nell’anima, in maniera stabile, la grazia santificante; perché non ci potrebbe essere contrasto più stridente per un discepolo, un soldato, e soprattutto per un ministro associato al divino Maestro per offrire il sacrificio e dispensare i sacramenti di questo essere privo dell’amicizia di Colui del quale porta, nel fondo dell’anima, il sigillo indelebile.
Consacrazione, segno incancellabile, esigenze della grazia: queste parole non esauriscono tutto il concetto di carattere come l’intende la Chiesa; bisogna vedervi anche una «potestà spirituale», spiritualis potestas.
Il carattere battesimale conferisce al cristiano, oltre la capacità di ricevere gli altri Sacramenti, il potere reale, per quanto solo iniziale, di partecipare al sacerdozio di Cristo. Difatti, egli può unirsi al celebrante nella messa ed offrire insieme il corpo e il sangue di Cristo, e può aggiungere all’immolazione del Salvatore il «sacrificio» spirituale delle sue azioni e delle sue sofferenze2.
Certamente egli non può operare col sacerdote l’immolazione sacramentale, perché il carattere del battesimo non include tale potere; ma per quanto sia limitato il sacerdozio dei fedeli, costituisce sempre un’altissima dignità. Non per nulla san Pietro dava all’assemblea dei cristiani lo splendido titolo di «sacerdozio regale», regale sacerdotium (1Pt 2,9).
Il carattere e la grazia propria della cresima rendono anche più forte la rassomiglianza e più intima l’unione del battezzato col Salvatore, perché contrassegna il discepolo per farne un cristiano che proclama la sua fede, le rende testimonianza, la difende, la propaga e lotta per essa da soldato di Cristo, forte dei suoi doni e delle virtù dello Spirito Santo.
Nel suo grado più eccelso, l’assimilazione a Gesù si compie nel sacramento dell’ordine. Con l’imposizione delle mani da parte del vescovo, l’ordinando riceve lo Spirito Santo, il quale gli comunica un potere prodigioso sul corpo reale e sul corpo mistico del Signore. I sacerdoti della terra diventano così collaboratori del Pontefice eterno e mediatori tra gli uomini e la divinità.
L’effetto immediato del Sacramento è il carattere. Come l’unione ipostatica è la causa della pienezza di grazia in Gesù, così nel sacerdote il carattere è la fonte di tutti i carismi che l’innalzano sopra i semplici fedeli.
Il potere che vi è stato conferito è d’ordine soprannaturale e vi rende capaci, come ministri di Cristo, di offrire il sacrificio eucaristico e di rimettere i peccati. Ma il carattere è altresì un focolare dal quale scaturisce una grazia sovrabbondante, forza e luce di tutta la vostra vita. Di più, segna l’anima vostra con un’impronta incancellabile che durerà in eterno, principio di immensa gloria in cielo o di vergogna senza nome nell’inferno.
Voi capite, quindi, quanto sia intima l’unione di Cristo col suo sacerdote. Tutta l’antichità cristiana ha considerato il sacerdote come una cosa sola con Gesù: «Egli è l’immagine vivente, il rappresentante legittimo del Pontefice supremo»: Sacerdos Christi figura expessaque forma3, e l’adagio tanto ripetuto: Sacerdos alter Christus, esprime perfettamente la fede della Chiesa.
Ricordate la scena della vostra ordinazione. In quel giorno memorando, un giovane levita, oppresso dalla propria debolezza e indegnità, s’è prostrato dinanzi al vescovo, rappresentante del Pontefice eterno, e ha curvato il capo all’imposizione delle mani del vescovo che lo consacra. In quell’istante lo Spirito Santo s’è librato su di lui, e il Padre celeste ha potuto contemplare con uno sguardo d’ineffabile compiacenza il novello sacerdote, immagine vivente del suo Figlio prediletto: Hic est Filius meus dilectus [...]. E mentre il vescovo teneva stese le sue mani e tutti i sacerdoti presenti imitavano quel gesto, si realizzavano di nuovo le parole rivolte dall’angelo a Maria: «Lo Spirito Santo verrà sopra di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra» (Lc 1,35). In quell’ora misteriosa lo Spirito Santo ha veramente adombrato l’eletto del Signore, operando tra Cristo e lui un’eterna rassomiglianza, e quando s’è rialzato, quel giovane era completamente trasfigurato: «Tu sei sacerdote in eterno, secondo l’ordine di Melchisedek» (Sal 109,4).
Voi avete ricevuto allora un sigillo divino che ha contrassegnato il vostro essere e che vi ha consacrato a Dio, anima e corpo, come un vaso sacro, sottratto ad ogni profanazione.
note
1 San Cipriano, De idolorum vanitate, XV, P.L. 4, col. 603.
2 Summa Theol. III, q. 83, a. 1, ad 2.
3 San Cirillo D’Alessandria,
De adoratione in Spiritu Sancto, P.G. 68, col. 882.
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FONTE:IL SETTIMANALE DI PADRE PIO