terça-feira, 7 de julho de 2009

Scoprendo a Norcia il vero volto del Summorum Pontificum: la via benedettiana inizia dai benedettini.

Dopo averla pubblicata in lingua inglese, non potevamo trascurare la versione italiana di questa splendida intervista a Padre Cassiano Folsom, O.S.B., Priore della Comunità Monastica Maria Sedes Sapientiae che ha preso dimora presso il Monastero di San Benedetto a Norcia. Dalle parole di quest'uomo di Dio si capisce che non ci troviamo di fronte a qualcosa di comune e facilmente catalogabile. Nel secondo anniversario del Summorum Pontificum, sta per essere scritta una pagina fondamentale nella storia di questo cammino liturgico tra la via ordinaria e quella straordinaria, che per la maggior parte rimane ancora inesplorato. Sta per essere percorso, finalmente, il ponte che il Papa dell'ermeneutica "della riforma nella continuità", faticosamente, titanicamente potremmo dire, sta costruendo tra due sponde dell'unico fiume e dell'unica Chiesa. Ora, avrà anche questi nuovi operai a sostenerlo, e non per niente son figli del medesimo Padre Benedetto.







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Questa decisione rispetta il ConcilioVaticano II?

Sarebbe opportuno leggere attentamente il documento del Concilio sulla Liturgia, acrosanctum Concilium. Nel SC 22 si afferma che: “Regolare la sacra liturgia compete unicamente all'autorità della Chiesa, la quale risiede nella Sede apostolica e, a norma del diritto, nel vescovo”. Papa Benedetto nel Motu Proprio Summorum Pontificum ribadisce semplicemente tale principio e legifera per l'uso dell'antico Rito, accanto al nuovo. Papa Benedetto XVI sottolinea inoltre che occorre interpretare i documenti del Concilio attraverso l'ermeneutica della continuità. Tale principio è espresso anche nel documento sulla liturgia in cui si afferma: “... occorre fare attenzione affinché le nuove forme scaturiscano organicamente, in qualche maniera, da quelle già esistenti” (SC 23). Ciò di cui stiamo realmente parlando qui è un legittimo pluralismo, sostenuto anche dal Concilio quando asserisce che: “La Chiesa, quando non è in questione la fede o il bene comune generale, non intende imporre, neppure nella liturgia, una rigida uniformità” (SC 37). Quindi la celebrazione della Messa in utroque usu rispetta totalmente il Concilio Vaticano II. Stiamo abbracciando entrambi gli usi e ci rivolgiamo agli altri gruppi in cerca di unità. Questo è un vero approccio conciliare.

Ma questo non significa "mettere indietro l'orologio"?

Al contrario, personalmente trovo che un monastero “utriusque usus” sia molto lungimirante, soprattutto in termini di autentico ecumenismo. Con questo voglio dire due cose. In primo luogo, l'ethos della forma Straordinaria è molto simile allo stile dei tanti riti orientali e, pertanto, la celebrazione dell'Eucaristia sia secondo il Novus Ordo che l'Ordo Antiquior ci permette di servire da ponte tra Oriente e Occidente. In secondo luogo, credo che nella Chiesa abbiamo bisogno di una buona dose di “ecumenismo interno”, in modo da essere in grado di dialogare con i cattolici legati alle antiche forme liturgiche, senza pregiudizi ideologici.

Come può, da liturgista, giustificare una tale decisione?

È proprio in veste di liturgista che ho avuto l'opportunità di studiare e sperimentare la ricca varietà di tradizioni liturgiche che esistono in seno alla Chiesa. Per i cattolici di Rito latino è “politicamente corretto” essere entusiasti del Rito bizantino. Quindi perché non dovrebbe essere “politicamente corretto” essere entusiasti anche della forma Straordinaria? La storia della liturgia, dimostra chiaramente una molteplicità di usi all'interno dello stesso Rito romano. Ed è grazie a molti anni di studio della liturgia che ho iniziato a vedere l'importanza di questa unità nella diversità. Esattamente, ho sostenuto questa mia convinzione alla presenza dell'allora Cardinale J. Ratzinger in una conferenza liturgica tenutasi a Fontgombault in Francia nel 1997. Come liturgista, vorrei anche dire che non esiste alcun rito perfetto, ci sono aspetti positivi e negativi in ogni tradizione liturgica. L'unica liturgia perfetta è soltanto la liturgia celeste. Inoltre, sia la forma Straordinaria che quella Ordinaria possono essere celebrate bene o celebrate male. Se dobbiamo confrontarle, dobbiamo mettere gli aspetti migliori di entrambe l'una di fianco all'altra.

Come possono influenzarsi a vicenda i due usi?

La forma Ordinaria sottolinea elementi quali la partecipazione dei fedeli, l'uso della lingua volgare, il continuo sviluppo della liturgia, con l'aggiunta di nuovi santi nel calendario e via dicendo: sono tutti aspetti molto importanti. Rischiando di semplificare al massimo, voglio dire che la forma Ordinaria pone l'accento sulla comprensione razionale, sull'esprimersi, per così dire, in prosa. La forma Straordinaria fornisce un ricco nutrimento anche per l'intelletto, ma si basa fortemente sulla gestualità, sul simbolismo, sull'intuizione, sul silenzio, sull'azione rituale senza parole, potremmo dire, parla in poesia. L'uomo conosce sia in modo razionale che in modo intuitivo. Ha bisogno sia di prosa che di poesia. Se nel corso del tempo i due usi, come due culture diverse, riescono a vivere pazientemente gli uni con gli altri, possono diventare amici.

Quali vantaggi pastorali deriveranno da questo nuovo apostolato?

Il monastero di San Benedetto a Norcia si trova in una posizione unica. La vita pastorale della città è servita molto bene da parte del clero diocesano. La Basilica, d'altro canto, non è una parrocchia, ma un santuario, la cui attenzione pastorale è incentrata sui pellegrini provenienti
da tutto il mondo. Siamo una comunità internazionale che serve un pubblico internazionale. I pellegrini vengono appositamente per assistere ad una liturgia benedettina, caratterizzata da quello che io definirei uno stile monastico o contemplativo. Questo è il nostro contributo speciale. La forma Straordinaria si presta molto bene a questo stile contemplativo, nonché mistico, che è il motivo per cui i giovani ne sono così attratti. Celebriamo la Santa Messa in forma Ordinaria nel medesimo stile, che rappresenta la ragione per cui le persone vengono qui da lontano e partecipano numerose alla nostra Messa domenicale.

Non sarebbe meglio essere come tutti gli altri?

Per usare un'espressione presa dal mondo del commercio, la crescita e lo sviluppo dipendono da un marchio distintivo “di nicchia”. Questo speciale apostolato di celebrare l'Eucaristia in utroque usu, rende il monastero di Norcia caratteristico, unico nel suo genere. Sono sicuro che contribuirà alla crescita della comunità, in un momento in cui i giovani non sono interessati a una vocazione che significhi vivere “come tutti gli altri”.
FONTE:RINASCIMENTO SACRO