sábado, 16 de janeiro de 2010
La messa in latino riempie la chiesa di Sestri
Giacomo Campodonico
Settantuno persone. Più due chierichetti, decisamente “over” con gli anni, e due bambini. Oltre a un cronista.
Tante erano le persone che ieri pomeriggio hanno riempito la piccola chiesa di San Pietro in Vincoli, nel cuore del centro storico di Sestri, per la celebrazione della prima Messa in latino secondo il rito reintrodotto lo scorso anno da Papa Ratzinger.
Alle 16, data fissata per l’inizio della celebrazione, la chiesa era già piena. Molte le donne, ma tanti anche gli uomini, i più con i capelli bianchi (chi ancora aveva i capelli...).
Pochi ma presenti anche i giovani. Si è consumata in silenzio l’attesa per questo momento sognato da mesi da un gruppo di fedeli che aveva fatto una prima richiesta nel settembre dello scorso anno al vescovo diocesano, monsignor Alberto Tanasini. E poi un’altra - quella decisiva - lo scorso agosto.
Non è stato un iter facile, però. Il primo sacerdote a dire “no” era stato don Giuseppe Carpi, parroco di Santa Maria di Nazareth. Il secondo “no”, più recente, è stato detto da don Giuseppe Bacigalupo, priore della confraternita di sacerdoti che ha le chiavi della piccola chiesa di Vico Macelli. Ma ad avere delle “perplessità” su questa iniziativa (è il termine esatto che i sacerdoti hanno riferito al Secolo XIX) era un po’ tutta la comunità dei preti di Sestri. Il vescovo ha allora nominato don Mario Ostigoni, canonico della cattedrale di Chiavari, per celebrare la Messa in latino. Prima di dare inizio alla liturgia don Ostigoni ha dato lettura ai fedeli del comunicato (lo riportiamo nel box a lato) con cui la Curia di Chiavari ha fatto diverse precisazioni sugli articoli pubblicati ieri dal Secolo XIX. Poi don Mario ha cercato di dare qualche “istruzione per l’uso” ai fedeli sul rito della Messa in latino. Che qualcuno dei presenti ha trovato diversa da quella che ricordava da ragazzo. Ma don Ostigoni ha subito spiegato che la celebrazione è quella del 1962, prevista dal messale del Beato Giovanni XXIII.
«Non si può fare ciò che si vuole - ha ammonito il sacerdote - bisogna attenersi alle indicazioni: ci si inginocchia e ci si alza quando ciò è previsto.
E soprattutto vi invito a non correre mentre rispondete al celebrante. Comunque - ha aggiunto - oggi cominciamo così, un po’ in sordina: tutto e subito non si può avere». In realtà tutto nella celebrazione è filato via liscio: a parte l’inizio in piedi anziché in ginocchio (ma forse ha tratto in inganno il rito post-conciliare che si usa tutte le domeniche) e un “Kyrie Eleison” di troppo detto dai fedeli (per lo stesso motivo). Di grosso aiuto sono stati comunque i foglietti con testo in latino e traduzione in italiano a fronte che erano stati distribuiti all’inizio della celebrazione. Comunione rigorosamente in ginocchio alla balaustra, benedizione finale e dopo la formula conclusiva (“Ite, Missa est”) lettura dell’“Ultimo Vangelo”, come oggi non si fa più. All’uscita tutti soddisfatti e appuntamento con la nuova celebrazione per sabato 18 ottobre, stessa chiesa stessa ora. Ed è questa la cosa che ha fatto storcere un po’ il naso a qualcuno. «Perché il sabato e non la domenica? E poi, perché soltanto ogni due settimane?». Ma c’è un’altra domanda che qualcuno ha fatto, chiedendo però di restare anonimo: «Perché non ha celebrato un sacerdote di Sestri Levante e il vescovo ha dovuto mandarne uno da Chiavari?».
fonte:Papa Ratzinger blog1