DOVE CERCARE LA DOTTRINA MARIANA DEL CURATO D’ARS? - La vita del Curato d’Ars è essa stessa la migliore predica mariana che ci abbia data. Possiamo nondimeno cercare di cogliere l’essenziale dell’insegnamento che ricevevano i parrocchiani ed i pellegrini che lo sentivano parlare della Santa Vergine. Le fonti alle quali dobbiamo ricorrere per questo sono, è vero, poco abbondanti. Sono essenzialmente le note prese da diversi ascoltatori nel corso dei suoi famosi catechismi od al seguito delle sue predicazioni. La migliore di queste note figura nella raccolta manoscritta di Faure de la Bastie, che l’abate Monnin ha utilizzato, trasponendolo un poco e completandolo con l’aiuto di quaderni oggi scomparsi, nel suo prezioso opuscolo: Lo spirito del Curato d’Ars. Dalla mano stessa del Santo, noi non possediamo che i sermoni dei suoi primi dieci anni di ministero. Ve ne sono tre che sono consacrati alla Madonna: uno celebra la Natività della Vergine; ...
... un altro, le grandezze di Maria e la sua Assunzione; l’ultimo, il santo Rosario. Restano, i sermoni che trattano la misericordia di Dio, la speranza, la purezza, che costituiscono una fonte apprezzabile riguardo alla Madre di Cristo. Questi testi autografi costituiscono, a prima vista, delle fonti più sicure dei quaderni dei fedeli abitudinari del pellegrinaggio. Eppure all’esame, sembra che le pagine manoscritte del Curato d’Ars sono il più sovente le annotazioni di frammenti contrapposti delle raccolte di sermoni e delle opere religiose del tempo. Da questo fatto, non si saprebbe estrarre il succo di una dottrina originale. Ciò non significa affatto che si debbano considerare queste composizioni come prive d’interesse. Per importante che sia la parte presa e copiata da altri che vi si scopre, esse sono esattamente quello che, per degli anni, il santo pastore ha predicato. Egli le ha, per quanto poteva, fatte sue, dando loro qui e là l’impronta della sua maniera da curato di campagna, del suo stile scorretto e maldestro, riuscendo così a comunicare loro qualcosa del suo personale accento. Venne il giorno, del resto, in cui il predicatore, trattenuto quasi in maniera costante nel confessionale, non ebbe più il tempo di preparare i suoi sermoni. Egli parlò in abbondanza, e quello che si conosce delle sue improvvisazioni manifesta, senza dubbio, che s’ispirasse alle sue laboriose compilazioni anteriori. Le reminiscenze vi abbondano. Egli ha fatto delle sue concentrazioni la sua dottrinale riserva. Da quel momento, nulla è vietato nel cercare nei suoi poveri quaderni uno scorcio di quello che manca nelle troppo brevi relazioni che possediamo delle sue improvvisate lezioni di catechismo delle ore 11. I sermoni manoscritti del santo sono stati pubblicati, ma gli editori non hanno creduto poterli consegnare ai lettori nel loro stato originale. Li hanno emendati, messi in ordine, parzialmente ricomposti, togliendo loro con ciò stesso quello che già permette di riconoscervi il Curato d’Ars che ci è familiare.
MARIA E LA SANTA TRINITÁ
Il Curato d’Ars non si atteggiava da teologo. La sua devozione alla Madonna appare comunque fin dagli inizi ai suoi occhi in evidente riferimento alla Trinità.
- “Le tre Persone divine, egli diceva, contemplano la Santa Vergine. Ella è senza macchia, ornata di tutte le virtù che la rendono così bella e così piacevole alla Santissima Trinità”.
- “Il Padre, aggiungeva, si compiace nel guardarla come l’opera uscita dalle sue mani: si ama sempre la propria opera, soprattutto quando è ben fatta, il Figlio, come la sua Madre benamata, e lo Spirito Santo come proprio tempio”.
- Ed ancora, parlando del cuore della Vergine: “Questo cuore così puro, così bello, così buono, opera e delizia della Santissima Trinità”.
Vi sono là dei proponimenti registrati da testimoni. Se prendiamo il sermone manoscritto sulle “grandezze di Maria” – che deve taluni passaggi al sermone sull’Assunzione delle “Istruzioni familiari” dell’abate Bonnardel – noi vi troviamo questo linguaggio:
- “Solo Maria ha la gioia incomparabile di essere la figlia del Padre eterno ed è anche quello di essere la Madre del Figlio e la sposa dello Spirito Santo. Da queste incomparabili dignità, ella si vede associata alle tre Persone della Santa Trinità per formare il corpo adorabile di Gesù Cristo”.
- “Il Padre l’arricchisce coi doni del cielo in proporzione alla gradezza della dignità alla quale doveva innalzarla, forma in lei un tempio vivente delle Persone della Santissima Trinità”.
Si scorgeranno alcuni svarioni nelle espressioni del Curato d’Ars. Eppure per maldestro che sia quando vuol parlare dell’in-abitazione della Trinità in Maria, è con evidente gioia che si sforza di evocare l’ineffabile intimità con cui le tre Persone divine hanno favorito la Santa Vergine di Nazareth.
- “Le tre Persone divine, egli diceva, contemplano la Santa Vergine. Ella è senza macchia, ornata di tutte le virtù che la rendono così bella e così piacevole alla Santissima Trinità”.
- “Il Padre, aggiungeva, si compiace nel guardarla come l’opera uscita dalle sue mani: si ama sempre la propria opera, soprattutto quando è ben fatta, il Figlio, come la sua Madre benamata, e lo Spirito Santo come proprio tempio”.
- Ed ancora, parlando del cuore della Vergine: “Questo cuore così puro, così bello, così buono, opera e delizia della Santissima Trinità”.
Vi sono là dei proponimenti registrati da testimoni. Se prendiamo il sermone manoscritto sulle “grandezze di Maria” – che deve taluni passaggi al sermone sull’Assunzione delle “Istruzioni familiari” dell’abate Bonnardel – noi vi troviamo questo linguaggio:
- “Solo Maria ha la gioia incomparabile di essere la figlia del Padre eterno ed è anche quello di essere la Madre del Figlio e la sposa dello Spirito Santo. Da queste incomparabili dignità, ella si vede associata alle tre Persone della Santa Trinità per formare il corpo adorabile di Gesù Cristo”.
- “Il Padre l’arricchisce coi doni del cielo in proporzione alla gradezza della dignità alla quale doveva innalzarla, forma in lei un tempio vivente delle Persone della Santissima Trinità”.
Si scorgeranno alcuni svarioni nelle espressioni del Curato d’Ars. Eppure per maldestro che sia quando vuol parlare dell’in-abitazione della Trinità in Maria, è con evidente gioia che si sforza di evocare l’ineffabile intimità con cui le tre Persone divine hanno favorito la Santa Vergine di Nazareth.
MARIA, MADRE DEL REDENTORE
E’ in vista della funzione che doveva compiere nella realizzazione dell’Incarnazione che la Vergine, in virtù dei meriti di Colui di cui lei sarebbe diventata la madre, è stata preservata dalla macchia originale.
“Ella nasce per essere la Madre di Dio”, leggiamo nella prima pagina del sermone del Curato d’Ars sulla Natività della Madonna. Così bene, questa maternità di Maria dovette avere un grande posto nell’insegnamento del Santo.
Questi intraprende a parlare della venuta in questo mondo della figlia di Anna e di Gioacchino, non è il fatto stesso in sé che trattiene lungamente la sua attenzione; già il suo spirito si porta su quello che sarà Maria. Egli la considera “come un bello specchio in cui noi vediamo un modello compiuto di ogni tipo di virtù”. Un momento, egli si sofferma per constatare che, conformemente al volere divino, “la nascita della Santa Vergine non ebbe nulla di straordinario; ella nasce in uno stato di debolezza, la sua culla è arrossata di lacrime come gli altri bambini che sembrano prevedere nascendo le miserie con cui saranno accasciati durante la loro vita”. Ma quello che, ben presto, fa l’oggetto della sua riflessione, è che la bambina ch’egli celebra è la figlia di Eva, tra tutte le altre scelta per dare alla terra il suo Redentore.
“Quando i nostri progenitori ebbero la disgrazia di cadere nel peccato che ha fatto una strage così spaventosa nel mondo, Dio (vide) nei nostri progenitori il loro pentimento ed il desiderio che avevano, se fosse stato possibile, di riparare il male che avevano fatto trasgredendo i suoi comandamenti; per consolarli, predisse loro e promise loro che sarebbe giunto un giorno in cui sarebbe nata una vergine che avrebbe dato alla luce un figlio che riparerebbe le loro disgrazie che il loro peccato aveva causate”.
I profeti, a loro volta, avevano parlato, annunciando, anch’essi, “che una Vergine avrebbe partorito un figlio che sarebbe stato il Figlio dell’Altissimo, che Dio Padre avrebbe inviato per riscattare il mondo che Adamo aveva perduto col suo peccato”.
Passando così, di colpo, dalla Natività di Maria alla sua maternità, il Curato d’Ars che, senza dubbio, utilizza in quel sermone spunti di diversi autori, si compiace molto particolarmente nel farci intravedere le ore dolorose della Passione. La Vergine di Betlemme e di Nazareth gli parla al cuore, ma non può impedirsi di contemplarla sognando che sarà più tardi la Vergine del Calvario.
“Se Gesù Cristo ha effuso il suo sangue prezioso per salvarci, chi ha prodotto quel sangue adorabile? Non è Maria? Purtroppo, se seguiamo le tracce della sua vita mortale, quanti rimpianti, quanti dolori, quante angosce, non ha passate… Come i profeti l’avevano designata sotto il nome di Madre di dolore, il suo divin Figlio, per compiere questa profezia, volle farle conoscere fin dall’inizio tutte le sofferenze, gli oltraggi, i tormenti che il suo divin Figlio doveva provare prima di morire. Tutte le volte che poggiava i suoi piedi e le sue mani adorabili, ella diceva in se stessa: purtroppo, questi piedi e queste mani che, per trentatre anni, non saranno occupati che a portare le grazie e le benedizioni, saranno un giorno coperti di sporchi sputi, il suo volto più bello del Cielo, verrà un giorno che sarà tutto martoriato dai colpi che gli si daranno. Tutto questo corpo dovrà essere flagellato con tanta crudeltà che sarà quasi impossibile riconoscerlo per un uomo. Questa testa così raggiante di gloria sarà forata da una crudele corona di spine”.
Il Curato d’Ars segue Maria passo passo in questa visione anticipata del dramma del venerdì santo. Egli la sente, che si parla a se stessa. “Quando lei passava attraverso le vie di Gerusalemme: verrà un giorno in cui io vedrò quest’asfalto tutto arrossato del suo sangue prezioso; si, sarà steso sull’albero della croce, sentirò inchiodare, anche senza poter dargli soccorso. Qual dolore inesprimibile!”.
“Ella nasce per essere la Madre di Dio”, leggiamo nella prima pagina del sermone del Curato d’Ars sulla Natività della Madonna. Così bene, questa maternità di Maria dovette avere un grande posto nell’insegnamento del Santo.
Questi intraprende a parlare della venuta in questo mondo della figlia di Anna e di Gioacchino, non è il fatto stesso in sé che trattiene lungamente la sua attenzione; già il suo spirito si porta su quello che sarà Maria. Egli la considera “come un bello specchio in cui noi vediamo un modello compiuto di ogni tipo di virtù”. Un momento, egli si sofferma per constatare che, conformemente al volere divino, “la nascita della Santa Vergine non ebbe nulla di straordinario; ella nasce in uno stato di debolezza, la sua culla è arrossata di lacrime come gli altri bambini che sembrano prevedere nascendo le miserie con cui saranno accasciati durante la loro vita”. Ma quello che, ben presto, fa l’oggetto della sua riflessione, è che la bambina ch’egli celebra è la figlia di Eva, tra tutte le altre scelta per dare alla terra il suo Redentore.
“Quando i nostri progenitori ebbero la disgrazia di cadere nel peccato che ha fatto una strage così spaventosa nel mondo, Dio (vide) nei nostri progenitori il loro pentimento ed il desiderio che avevano, se fosse stato possibile, di riparare il male che avevano fatto trasgredendo i suoi comandamenti; per consolarli, predisse loro e promise loro che sarebbe giunto un giorno in cui sarebbe nata una vergine che avrebbe dato alla luce un figlio che riparerebbe le loro disgrazie che il loro peccato aveva causate”.
I profeti, a loro volta, avevano parlato, annunciando, anch’essi, “che una Vergine avrebbe partorito un figlio che sarebbe stato il Figlio dell’Altissimo, che Dio Padre avrebbe inviato per riscattare il mondo che Adamo aveva perduto col suo peccato”.
Passando così, di colpo, dalla Natività di Maria alla sua maternità, il Curato d’Ars che, senza dubbio, utilizza in quel sermone spunti di diversi autori, si compiace molto particolarmente nel farci intravedere le ore dolorose della Passione. La Vergine di Betlemme e di Nazareth gli parla al cuore, ma non può impedirsi di contemplarla sognando che sarà più tardi la Vergine del Calvario.
“Se Gesù Cristo ha effuso il suo sangue prezioso per salvarci, chi ha prodotto quel sangue adorabile? Non è Maria? Purtroppo, se seguiamo le tracce della sua vita mortale, quanti rimpianti, quanti dolori, quante angosce, non ha passate… Come i profeti l’avevano designata sotto il nome di Madre di dolore, il suo divin Figlio, per compiere questa profezia, volle farle conoscere fin dall’inizio tutte le sofferenze, gli oltraggi, i tormenti che il suo divin Figlio doveva provare prima di morire. Tutte le volte che poggiava i suoi piedi e le sue mani adorabili, ella diceva in se stessa: purtroppo, questi piedi e queste mani che, per trentatre anni, non saranno occupati che a portare le grazie e le benedizioni, saranno un giorno coperti di sporchi sputi, il suo volto più bello del Cielo, verrà un giorno che sarà tutto martoriato dai colpi che gli si daranno. Tutto questo corpo dovrà essere flagellato con tanta crudeltà che sarà quasi impossibile riconoscerlo per un uomo. Questa testa così raggiante di gloria sarà forata da una crudele corona di spine”.
Il Curato d’Ars segue Maria passo passo in questa visione anticipata del dramma del venerdì santo. Egli la sente, che si parla a se stessa. “Quando lei passava attraverso le vie di Gerusalemme: verrà un giorno in cui io vedrò quest’asfalto tutto arrossato del suo sangue prezioso; si, sarà steso sull’albero della croce, sentirò inchiodare, anche senza poter dargli soccorso. Qual dolore inesprimibile!”.
MARIA MADRE DEGLI UOMINI
Il Curato d’Ars aveva una particolare devozione per l’Apostolo san Giovanni: “Io lo amo molto, egli diceva, perché ha avuto buona cura della Santa Vergine”. E’ al discepolo benamato che era stata rivolta, dall’alto della croce, da Cristo, la sconvolgente parola: “Figlio, ecco tua madre”. Egli si compiaceva nel citarla. San Giovanni gli insegnava la dottrina della maternità universale di Maria. Lui stesso si faceva una gioia nel ricordarla a tutti quelli che venivano a sentirlo. “Sì, esclamava, Gesù Cristo, dopo averci dato tutto quello che poteva darci, ossia il merito di tutti i suoi lavori, delle sue sofferenze, della sua morte dolorosa, che dire ancora, del suio corpo adorabile, del suo sangue prezioso, per servire da cibo alle nostre anime, volle ancora farci l’offerta di quanto aveva di più prezioso, qual è la sua Santa Madre. Non sembra dirle: Ah, madre mia, poiché occorre che io ritorni al Padre mio e che lasci i miei figli, prevedo che il demonio farà tutto quello che potrà per perderli, ma (quello che) mi consola, (è) che ve ne prenderete cura, che li difenderete, e che (li) consolerete nelle loro pene”.
Alle parole del Crocifisso, la Vergine risponde: “No, Figlio mio, non smetterò di averne cura finchè non siano giunti nel tuo Regno che hai acquisito loro con le tue sofferenze”.
A queste frasi imbarazzate, si preferirà senza dubbio il testo più denso, citato dall’abate Monnin: “La Santa Vergine vi ha generati due volte, nell’Incarnazione ed ai piedi della croce; ella è dunque due volte madre nostra”.
Questo punto della dottrina è evidentemente uno di quelli che il Curato d’Ars sviluppa con più fervore.
“Il cuore di Maria è così tenero che quelli di tutte le madri riunite non sono che un pezzo di ghiaccio vicino al suo”.
“Ella è ben migliore della migliore delle madri; poiché la migliore delle madri punisce talvolta il suo bambino che le fa rimpianto,anche se lei lo picchia; ella crede di far bene. Ma la Santa Vergine non fa così: ella è così buona che ci tratta sempre con amore e non ci punisce mai”.
“Più noi siamo peccatori, più lei ha tenerezza per noi e compassione. Il bambino che è costato più lacrime ad una madre è il più caro al suo cuore; non corre sempre verso il più debole? Un medico, in un ospedale, non ha più attenzione per i più malati?”.
Alle parole del Crocifisso, la Vergine risponde: “No, Figlio mio, non smetterò di averne cura finchè non siano giunti nel tuo Regno che hai acquisito loro con le tue sofferenze”.
A queste frasi imbarazzate, si preferirà senza dubbio il testo più denso, citato dall’abate Monnin: “La Santa Vergine vi ha generati due volte, nell’Incarnazione ed ai piedi della croce; ella è dunque due volte madre nostra”.
Questo punto della dottrina è evidentemente uno di quelli che il Curato d’Ars sviluppa con più fervore.
“Il cuore di Maria è così tenero che quelli di tutte le madri riunite non sono che un pezzo di ghiaccio vicino al suo”.
“Ella è ben migliore della migliore delle madri; poiché la migliore delle madri punisce talvolta il suo bambino che le fa rimpianto,anche se lei lo picchia; ella crede di far bene. Ma la Santa Vergine non fa così: ella è così buona che ci tratta sempre con amore e non ci punisce mai”.
“Più noi siamo peccatori, più lei ha tenerezza per noi e compassione. Il bambino che è costato più lacrime ad una madre è il più caro al suo cuore; non corre sempre verso il più debole? Un medico, in un ospedale, non ha più attenzione per i più malati?”.
MARIA MEDIATRICE
Nell’insegnamento del santo Curato, Maria, malgrado il privilegio della sua Immacolata Concezione, ci è mostrata sottomessa alla legge della morte.
Ma la morte non fu che una gioia per lei. “Oh, bella morte, oh morte beata, oh morte desiderabile. Quanto Maria è ben ripagata da questo torrente d’umiliazione e di dolore con cui la sua anima è stata inondata durante la sua vita mortale. Ella rivede il suo divin Figlio ben differente dal tempo in cui ella l’aveva visto durante la sua dolorosa Passione, tra le mani dei boia, recante la sua croce, coronato di spine, sentendolo inchiodare sulla croce senza poter dargli sollievo. No, no, non è più quel triste spettacolo… ma lei lo vede, dico io, tutto brillante di luce, rivestito d’una gloria che (costituisce) tutta la gioia e tutta la felicità del cielo”.
“Fu Gesù stesso che l’introdusse nel suo palazzo reale e la pose sul più alto trono del suo regno, e le tre Persone della Santa Trinità le misero una brillante corona sulla testa e le resero depositaria di tutti i tesori del cielo”.
Da quel momento, Maria compie la sua funzione di mediatrice.
La mediazione della Vergine, nel pensiero del Curato d’Ars, non si sostituisce per nulla alla mediazione di Cristo. Maria resta la serva del Signore, ma, con la sua intercessione, ella ottiene che la grazia ci sia donata. “Tutto quello che il Figlio chiede al Padre gli è accordato. Tutto quello che la Madre chiede al Figlio le è ugualmente accordato”.
Le immagini vengono, numerose, allo spirito del Santo, per esprimere il ruolo assegnato alla Vergine.
“Quando si chiede qualcosa ad un ricco, ci si rivolge al suo economo. Ve ne sono che dicono: “Amo di più rivolgermi a Dio che ai santi”; ma non è così: quando si vuole offrire qualcosa ad un grande personaggio, lo si fa presentare dalla persona a lui gradita.
“Quando si vuole entrare in una casa, ci si rivolge al portiere affinché ci apra. La Santa Vergine è la portinaia del Cielo, non possiamo entrarvi senza il suo soccorso”.
“Se il peccatore invoca questa buona Madre, ella lo fa entrare in qualche modo dalla finestra, come per imbrogliare il Figlio disarmato da un sì bel gesto di misericordia”.
“Occorre far passare tutte le nostre preghiere attraverso le mani di Maria, affinché siano più gradite al suo divin Figlio. e’ come se rimettessimo un bouquet di fiori ad una persona perché ella lo profumi, prima di presentarlo ad un’altra. Maria profuma le nostre preghiere”.
E’ stata fatta allusione prima all’immagine della scala che s’innalza fino al cielo, e di cui la Vergine protegge la sommità. Il Curato d’Ars riprende il paragone, riferendosi a fra Leone, il compagno di san Francesco d’Assisi. Questi “ebbe una visione in cui vi erano due scale, una rossa ed una bianca”. Il Signore rivelò al veggente: “la rossa sono io; la bianca è mia Madre”. Ora, “quelli che salivano attraverso la bianca salivano rapidamente”. In effetti, “è impossibile non salvarci se si ha devozione alla Santa Vergine, e ve ne sono pochi che si salvano senza questa”.
Il simbolo non deve essere evidentemente preso a detrimento della fede nel Signore. Ma il Santo illustrava più perfettamente il suo pensiero prestando un significato accomodante alla parabola dell’albero sterile al quale il padrone del giardino accorda un tempo di grazia su richiesta del giardiniere.
“Noi leggiamo nel Vangelo che un contadino aveva un albero piantato nel suo giardino: vi andò al momento dei frutti per vedere se quell’albero ne avesse; non ne trovò, e vi (andò una) seconda, (una) terza volta, senza trovarne. Egli disse al giardiniere: “Ecco sono tre volte che io vengo per cercare del frutto senza trovarne; perché lasciate quest’albero che occupa il posto di un altro che ne porterebbe? Strappalo e gettalo nel fuoco!”. E che fa il giardiniere? Si getta ai piedi del suo padrone per pregarlo di aspettare ancora qualche tempo, ch’egli raddoppierà le sue cure, che lavorerà la terra che è intorno, che la concimerà e che non dimenticherà nulla per fargli portar frutto”. Ma se, l’anno prossimo, quando verrete, non ve ne sarà affatto, lo si taglierà e lo si getterà nel fuoco”. Immagine sensibile di ciò che accade tra Dio e la Santa Vergine e noi.
“Il padrone del giardino è Dio stesso; il giardino è tutta la sua Chiesa, e noi stessi siamo quegli alberi piantati nel suo giardino”.
Giunge il giorno in cui Dio “comanda che si tagli quell’albero e che lo si getti nel fuoco”.
Ma che fa Maria? Purtroppo, ella fa quello che fece quel buon giardiniere. (Si) getta ai piedi del suo divin Figlio. “Figlio mio, gli dice, grazia ancora per qualche tempo a questo peccatore, forse si convertirà, forse farà meglio di quanto non abbia fatto… Figlio mio, gli dice ad ogni istante, ancora alcuni giorni, forse si pentirà”.
La credenza nella funzione mediatrice della Vergine essendo così solidamente fondata, il Curato d’Ars propone che la si metta avanti nel momento in cui si fa ricorso alla Madonna.
“Una preghiera ben gradita a Dio, è pregare la Santa Vergine di offrire al Padre eterno il suo divin Figlio tutto sanguinante, tutto umiliato, per chiedere la conversione dei peccatori. E’ la migliore preghiera che le si possa fare, perché infine, tutte le preghiere si fanno in nome e per i meriti di Gesù Cristo… Figli miei, ascoltate bene questo: tutte le volte che ho ottenuto una grazia, l’ho ottenuta in questa maniera: ed essa non mi ha mai deluso”.
Il Curato d’Ars viene dal consegnarci quello ch’egli considera come il segreto dell’efficacia della sua preghiera. Egli detta allora una formula di supplica, rivolta a Dio stesso, i cui termini sono ispirati dall’assicurazione che gli dona la mediazione mariana: “O mio buon Padre che sei nei cieli, io vi offro in questo momento il vostro caro Figlio, tale come lo si è preso, lo si è disceso dalla croce, lo si è deposto tra le braccia della Santa Vergine e Lei ve l’ha offerto in sacrificio per noi. Io vi offro il suo santissimo corpo e attraverso la bocca della sua santa Madre, vi chiedo la remissione dei miei peccati”.
Già si è notato, quello che preme nello spirito del Curato d’Ars, quando parla di Maria mediatrice, non sono favori materiali o d’ordine temporale come ad esempio guarigioni da malattie: quello che conta prima di tutto per lui, è che i peccatori ottengano la grazia della conversione e la salvezza eterna.
Se celebrava con tenerezza tutta filiale “il Sacro Cuore di Maria”, è che “nel cuore di questa buona Madre” egli non vedeva “che amore e misericordia”. Egli diceva: “Dio ci ha amati fino a morire per noi; ma nel cuore di Gesù, vi è la giustizia come attributo di Dio; in quello di Maria, null’altro che la misericordia. Suo Figlio è pronto a punire un peccatore; Maria si lancia, ferma la spada, chiede grazia per il peccatore. Madre mia, le dice Gesù, io non posso rifiutarvi nulla”.
La teologia del Sacro Cuore non si adatta forse che a metà di talune di queste espressioni, ma la purezza dello zelo mariano del Curato d’Ars ha reso finalmente queste capaci di toccare più di un peccatore e così di convertirlo.
Ma la morte non fu che una gioia per lei. “Oh, bella morte, oh morte beata, oh morte desiderabile. Quanto Maria è ben ripagata da questo torrente d’umiliazione e di dolore con cui la sua anima è stata inondata durante la sua vita mortale. Ella rivede il suo divin Figlio ben differente dal tempo in cui ella l’aveva visto durante la sua dolorosa Passione, tra le mani dei boia, recante la sua croce, coronato di spine, sentendolo inchiodare sulla croce senza poter dargli sollievo. No, no, non è più quel triste spettacolo… ma lei lo vede, dico io, tutto brillante di luce, rivestito d’una gloria che (costituisce) tutta la gioia e tutta la felicità del cielo”.
“Fu Gesù stesso che l’introdusse nel suo palazzo reale e la pose sul più alto trono del suo regno, e le tre Persone della Santa Trinità le misero una brillante corona sulla testa e le resero depositaria di tutti i tesori del cielo”.
Da quel momento, Maria compie la sua funzione di mediatrice.
La mediazione della Vergine, nel pensiero del Curato d’Ars, non si sostituisce per nulla alla mediazione di Cristo. Maria resta la serva del Signore, ma, con la sua intercessione, ella ottiene che la grazia ci sia donata. “Tutto quello che il Figlio chiede al Padre gli è accordato. Tutto quello che la Madre chiede al Figlio le è ugualmente accordato”.
Le immagini vengono, numerose, allo spirito del Santo, per esprimere il ruolo assegnato alla Vergine.
“Quando si chiede qualcosa ad un ricco, ci si rivolge al suo economo. Ve ne sono che dicono: “Amo di più rivolgermi a Dio che ai santi”; ma non è così: quando si vuole offrire qualcosa ad un grande personaggio, lo si fa presentare dalla persona a lui gradita.
“Quando si vuole entrare in una casa, ci si rivolge al portiere affinché ci apra. La Santa Vergine è la portinaia del Cielo, non possiamo entrarvi senza il suo soccorso”.
“Se il peccatore invoca questa buona Madre, ella lo fa entrare in qualche modo dalla finestra, come per imbrogliare il Figlio disarmato da un sì bel gesto di misericordia”.
“Occorre far passare tutte le nostre preghiere attraverso le mani di Maria, affinché siano più gradite al suo divin Figlio. e’ come se rimettessimo un bouquet di fiori ad una persona perché ella lo profumi, prima di presentarlo ad un’altra. Maria profuma le nostre preghiere”.
E’ stata fatta allusione prima all’immagine della scala che s’innalza fino al cielo, e di cui la Vergine protegge la sommità. Il Curato d’Ars riprende il paragone, riferendosi a fra Leone, il compagno di san Francesco d’Assisi. Questi “ebbe una visione in cui vi erano due scale, una rossa ed una bianca”. Il Signore rivelò al veggente: “la rossa sono io; la bianca è mia Madre”. Ora, “quelli che salivano attraverso la bianca salivano rapidamente”. In effetti, “è impossibile non salvarci se si ha devozione alla Santa Vergine, e ve ne sono pochi che si salvano senza questa”.
Il simbolo non deve essere evidentemente preso a detrimento della fede nel Signore. Ma il Santo illustrava più perfettamente il suo pensiero prestando un significato accomodante alla parabola dell’albero sterile al quale il padrone del giardino accorda un tempo di grazia su richiesta del giardiniere.
“Noi leggiamo nel Vangelo che un contadino aveva un albero piantato nel suo giardino: vi andò al momento dei frutti per vedere se quell’albero ne avesse; non ne trovò, e vi (andò una) seconda, (una) terza volta, senza trovarne. Egli disse al giardiniere: “Ecco sono tre volte che io vengo per cercare del frutto senza trovarne; perché lasciate quest’albero che occupa il posto di un altro che ne porterebbe? Strappalo e gettalo nel fuoco!”. E che fa il giardiniere? Si getta ai piedi del suo padrone per pregarlo di aspettare ancora qualche tempo, ch’egli raddoppierà le sue cure, che lavorerà la terra che è intorno, che la concimerà e che non dimenticherà nulla per fargli portar frutto”. Ma se, l’anno prossimo, quando verrete, non ve ne sarà affatto, lo si taglierà e lo si getterà nel fuoco”. Immagine sensibile di ciò che accade tra Dio e la Santa Vergine e noi.
“Il padrone del giardino è Dio stesso; il giardino è tutta la sua Chiesa, e noi stessi siamo quegli alberi piantati nel suo giardino”.
Giunge il giorno in cui Dio “comanda che si tagli quell’albero e che lo si getti nel fuoco”.
Ma che fa Maria? Purtroppo, ella fa quello che fece quel buon giardiniere. (Si) getta ai piedi del suo divin Figlio. “Figlio mio, gli dice, grazia ancora per qualche tempo a questo peccatore, forse si convertirà, forse farà meglio di quanto non abbia fatto… Figlio mio, gli dice ad ogni istante, ancora alcuni giorni, forse si pentirà”.
La credenza nella funzione mediatrice della Vergine essendo così solidamente fondata, il Curato d’Ars propone che la si metta avanti nel momento in cui si fa ricorso alla Madonna.
“Una preghiera ben gradita a Dio, è pregare la Santa Vergine di offrire al Padre eterno il suo divin Figlio tutto sanguinante, tutto umiliato, per chiedere la conversione dei peccatori. E’ la migliore preghiera che le si possa fare, perché infine, tutte le preghiere si fanno in nome e per i meriti di Gesù Cristo… Figli miei, ascoltate bene questo: tutte le volte che ho ottenuto una grazia, l’ho ottenuta in questa maniera: ed essa non mi ha mai deluso”.
Il Curato d’Ars viene dal consegnarci quello ch’egli considera come il segreto dell’efficacia della sua preghiera. Egli detta allora una formula di supplica, rivolta a Dio stesso, i cui termini sono ispirati dall’assicurazione che gli dona la mediazione mariana: “O mio buon Padre che sei nei cieli, io vi offro in questo momento il vostro caro Figlio, tale come lo si è preso, lo si è disceso dalla croce, lo si è deposto tra le braccia della Santa Vergine e Lei ve l’ha offerto in sacrificio per noi. Io vi offro il suo santissimo corpo e attraverso la bocca della sua santa Madre, vi chiedo la remissione dei miei peccati”.
Già si è notato, quello che preme nello spirito del Curato d’Ars, quando parla di Maria mediatrice, non sono favori materiali o d’ordine temporale come ad esempio guarigioni da malattie: quello che conta prima di tutto per lui, è che i peccatori ottengano la grazia della conversione e la salvezza eterna.
Se celebrava con tenerezza tutta filiale “il Sacro Cuore di Maria”, è che “nel cuore di questa buona Madre” egli non vedeva “che amore e misericordia”. Egli diceva: “Dio ci ha amati fino a morire per noi; ma nel cuore di Gesù, vi è la giustizia come attributo di Dio; in quello di Maria, null’altro che la misericordia. Suo Figlio è pronto a punire un peccatore; Maria si lancia, ferma la spada, chiede grazia per il peccatore. Madre mia, le dice Gesù, io non posso rifiutarvi nulla”.
La teologia del Sacro Cuore non si adatta forse che a metà di talune di queste espressioni, ma la purezza dello zelo mariano del Curato d’Ars ha reso finalmente queste capaci di toccare più di un peccatore e così di convertirlo.
Don Marcello Stanzione