sábado, 23 de fevereiro de 2013

SERVO DI DIO don Giuseppe Canovai : SACERDOZIO MESSA E BREVIARIO

Canovai

SACERDOZIO MESSA E BREVIARIO - Messa


Andare all'Altare e sentire che stanchezza e digiuno e debolezza e sforzo ci fanno lasciare all'Altare un piccolo frammento di vita! Oh, gioia che supera ogni senso!
È il continuo rinnovarsi in ogni istante dell'ebbrezza del martirio, l'unica gioia compiuta perché non c'è gioia e verace fuori del dono della vita!
La preparazione alla S. Messa: l'interiore donazione e offerta al mistero che devo celebrare. La preparazione non deve essere una qualunque preghiera, un generico raccogliersi, né una prosecuzione della meditazione; deve essere tutta orientata alla grande offerta in attesa amorosa dell'imminente mistero; un umiliarsi intimo dell'anima, un pentirsi amaro, una coscienza viva e pungente della propria indegnità, ma consolata e rasserenata sempre dalla confidenza che la mia offerta sarà accettata, che il Padre mi vede avvolto nel Sangue preziosissimo del suo Unigenito, e una grande letizia del perdono, quello che torno ad impetrare cotidianamente nel pane della Vita e nel sangue della Redenzione.
Sarà però intimamente ispirata e nutrita dal pensiero della mia meditazione e quasi il suo ultimo e intero fiorire: allora la veste della mia meditazione, il pensiero attraverso cui l'anima ha ottenuto l'adesione all'informulato mistero della carità si attenua e quasi scompare del tutto; perché quella interiore unione intima alla divina carità del Signore, avvicinata, posta nell'imminenza del grande mistero, si rinnova, si fa più ardente, più vasta, più penetrante, brucia e consuma e si fa tutto fiamma e vita per unificarsi al Sacrificio del Maestro.
Non è dunque tanto un vedere il nesso tra il pensiero, la verità, le esteriori forme concepibili di ciò che ho meditato e il Sacrificio, se non piuttosto un penetrare, un affondarmi di più nell'unione interiore al mistero vivo della carità del mio Maestro.



SACERDOZIO MESSA E BREVIARIO - Sacerdozio


Sento fremere, palpitare in me immenso, augusto, celeste il potere del Sacerdozio, lo sento travalicare i limiti della mia anima, giungere fino ai Cieli ove reca sull'altare eterno la Vittima immacolata, abbracciare tutto l'universo cui dona la pace del perdono e la parola della vita, spingersi fino alle soglie della morte ove salva nella effusione universale della misericordia crocifissa: esso sboccia, come un albero secolare che ha le sue chiome nei cieli, ai piedi della Croce dalle zolle bagnate del sangue di Dio e le anime redente lo rallegrano con la gioia dei canti della vita. È una creatura viva, la sento palpitare, vivere, crescere dentro di me... la sento che mi consuma, mi invade, mi afferra da ogni parte... Dio mio che mi prenda tutto, che mi divori nel caldo del tuo amore, nella luce del tuo Verbo, nel lavacro del tuo sangue, nel fuoco del tuo spirito, nella purezza dolce della Madre tua. Mio Dio voglio essere Sacerdote in tutto, per tutto, in ogni attimo della vita, in ogni momento della mia giornata, in ogni atteggiamento del mio spirito... voglio che tutto sia Sacerdozio e cioè distruzione di me, glorificazione di Te, donazione di misericordia e di pace alle anime...
Centuplica la potenza del mio Sacerdozio, che giunga ad ogni anima, che arrivi ad ogni cuore, che pervada di misericordia tutta la terra.
Intensifica, o mio Dio, centuplica il fuoco che mi brucia, che non mi lascia pace, affretta la consumazione e la fine affinché sul grano disfatto trionfi la Tua Croce, si irradi la Tua luce, si aprano le sorgenti della Vita e le anime trovino misericordia e il tuo nome gloria..



SACERDOZIO MESSA E BREVIARIO - Breviario


Poche cose sono così santificanti come il recitare il Breviario lentamente, solennemente avanti al SS.mo Sacramento esposto: mi sembra che Cristo entri nell'anima per tutte le vie, per le parole, per gli occhi, per le orecchie e soprattutto per una donazione silente, interiore, continua, che sgorga dall'unificarsi della nostra preghiera alla sua silenziosa offerta.

Bello è far risuonare la preghiera del Breviario avanti al SS.mo esposto: sembra di dare le labbra al Cristo fatto silenzioso nell'offerta della Croce, affinché Egli continui ad onorare, glorificare il Padre; risuonano così soavi le preghiere dell'inizio e poi Pater, Ave, Credo: in queste mi unifico a Lui intimamente: Egli non disse il Pater, perché Egli non domandò mai perdono, ma lo insegnò, e io mi unifico, nel recitarlo, alla carità infinita con cui Egli si degnò di insegnarci come si parla con il Padre; e se Egli non disse forse le stesse parole dell'Ave, Egli ne visse l'ispirazione, lo spirito, perché Egli anche lodò e glorificò in sé la perfezione della Madre sua, come io mi rallegro ed esulto pensando alle virtù dei miei cari; ed Egli non disse "Credo", perché Egli non credette ma vide; però manifestò fuori di sé la gioia che gli ispirava la visione delle opere del Padre "Ti benedico, o Padre, perché hai rivelato...".
Ed io mi unisco a quella benedizione di Dio e glorifico nel Credo l'economia dei misteri divini e della loro rivelazione a me: e gli occhi si affissano in Lui; e l'anima è soavemente invasa dalla comunione della sua preghiera; e l'anima si unifica a Lui sollevandosi fuori di sé, in una unione dolce e unificante; poi, come scintilla di luce viva, scocca su quelle alture la parola della lode liturgica "Jam lucis orto sidere...".

Letizia indicibile nella strada stringendo al mio cuore il Breviario: è il dono del Padre nel dì delle mie nozze... mi diede la voce del Figlio Suo affinché la mia, velata e raccolta in quella, gli potesse essere gradita: mi sembrava di stringere a me una persona viva, lo era infatti: era la viva preghiera dell'Unigenit Cristo mio, intessuta degli inni di giubilazione e dei gemiti della Passione.

DIARIO - Sacerdozio


Sabato 16.11. 1929 - In seminario all’Almo Collegio Capranica
Stasera ho avuto da Mons. C. la risposta affermativa di S. Em. il Vicario, potrò quindi entrare giovedì al Seminario Capranica.
Signore io ti ringrazio delle gioie che così immeritatamente mi concedi! Ti ringrazio perché mi hai condotto alla soglia del tuo altare e mi approssimi al tuo santuario.
Signore nel nome santo di Maria che io cominci una novella vita!

Domenica 8.III.31 – Verso il Diaconato
Questa mattina non ho potuto studiare, corrisp., poi mia madre a cui ho dovuto comunicare la notizia dell'ordinazione di Diacono a Pasqua. Poi il pomeriggio sono andato a S. Lorenzo ad invocarne l'intercessione per il mio diaconato, poi a vedere il Russico per far compagnia a Del Mestri e agli altri.Quindi in collegio Macch. e Brandol.
Mi accorgo sempre più della diminuzione delle mie facoltà mentali! Mio Dio questa è la più grande delle croci; pazienza, fiat, fiat.

Domenica 5.IV.1931 – Pasqua prima dell’ordinazione
Rimarrà incancellabile per tutto l'avvenire questa santa giornata Pasquale rallegrata dell'esercizio dell'Ordine e dalle prime gioie eucaristiche. Oh intimità santa e ineffabile unione d'amore con Gesù Eucaristico, come è dolce all'anima approssimarsi a Dio!
Ma quanto timore. quanto tremore vicino al Santo dei Santi, quanto venerandi e tremendi i misteri Eucaristici "Onnipotente tremende colende"! Tremendo! Quando mi accosto all'Altare mi pare essere sulla cima del Sinai, e mi meraviglio come abbia il coraggio di rimanerci! Come è grande il Signore! E mentre l'anima è invasa dal più grande timore e dalla riverenza più profonda è insieme attratta da una forza irresistibile a immolarsi, a darsi e gusta l'intimità dell'amicizia divina!
Mistero! Come possono sussistere insieme questi due sentimenti? Eppure li ho sentiti insieme così profondi così potenti. Temevo, amavo e mi sprofondavo nel mio nulla. Come è bello essere nulla davanti al Signore ed essere onnipotente nell'amore Come è bello dire al Signore "Dominus non sum dignus ut intres .." Ed insieme abbracciarsi a lui come un figliolo alla mamma, Quanto è tremendo e quanto è buono il Signore!

22 aprile 1931
Il 21 appresi la notizia della mia Ord. per il 3 da Mons. Rettore verso le 11,30! Ho passato questi giorni in una attesa piena di letizia. Stamani Diac. a S. Caterina poi altre piccole cosucce che ho avuto da sbrigare, cara visita di mia madre e di Lenti, il pomeriggio caro saluto ai compagni e cara visita di Luigi, più caro, più amabile che mai. Ed ora son qui, eccomi a Te ho Signore.

20 maggio 1931 – don Giuseppe Canovai scrive:
Spero da oggi di riprendere di far bene la meditaz. e le cose di spirito. Intanto sono sempre ripieno dei ricordi dei giorni trascorsi delle giornate così grandi passate! Di queste non dico niente, esse vivono nell'interno dell'anima passano silenziose tra me e Dio.
Quanto amore mi ha mostrato il Signore, quanta misericordia. Sento che il dovere più forte che ho per corrispondere è difendere generosamente la pace, allontanare i pensieri che turbano, combattere la dissipazione, esser fedele ai propositi degli esercizi, conservare sempre la pace, essere sempre "Homo Dei"!
Da oggi dunque spero di riuscire nei miei propositi, e sollevarmi, essere più libero e più forte, più fedele. Ah il Signore lo vede, in gran parte è tutto frutto della mia estrema debolezza: non sono più capace del minimo sforzo intellettuale, gli occhi mi bruciano le gambe mi dolgono, la mia croce segue il suo corso il corpo è sfinito!
Tu vedi ho Signore cosa posso darti io? E dire che le persone parlano di me come di persona che può far qualcosa; io solo sento ho Signore con evidenza che non potrò far nulla, che sono finito!
Ma neppur questo mi abbatte, tu solo basti, in nomine tuo laxabo retes!
Sarò fedele ho mio Signore, te lo prometto con tutte queste povere misere forze che rimangono, tu lo vedi sono nulla ma sono per te!

http://www.dongiuseppecanovai.it/spiritualita.htm

I Santi e l’Eucaristia

 
Dopo aver assistito alla Messa di Padre Pio, un sacerdote disse: “Io non ho sentito alcun profumo, non ho avuto rivelazioni, non mi sono accorto che egli conoscesse i segreti della mia anima. Ma ho assistito alla sua Messa, e quella Messa io non la dimenticherò mai”.
A un amico che esprimeva meraviglia nel vederlo piangere durante la Messa, Padre Pio rispose:“Che cosa sono quelle poche lacrime di fronte a ciò che avviene sull’altare? Torrenti di lacrime ci vorrebbero!”.
Un suo figlio spirituale gli chiese: “Padre, come dobbiamo partecipare alla Messa?”. Rispose: “Come la Madonna, san Giovanni e le pie Donne sul Calvario, amando e compatendo”.
E a un altro:“Nell’assistere alla Messa incentra tutto te stesso nel tremendo mistero che si sta svolgendo sotto i tuoi occhi: la Redenzione della tua anima e la riconciliazione con Dio”.
Gli fu detto: “Padre, quanto le tocca soffrire nello stare per tutta la Messa in piedi, poggiando sulle piaghe sanguinanti dei piedi!”. E il Padre rispose:“Durante la Messa non sto in pedi: sto appeso”. Con Gesù sulla Croce, crocifisso con Lui!
Chi ha assistito alla Messa di Padre Pio ricorda quelle sue lacrime brucianti, quella sua imperiosa richiesta ai presenti di seguire la Messa in ginocchio. Ricorda il silenzio impressionante che avvolgeva il sacro rito e la sofferenza crudele che si sprigionava dal volto del Padre quando sillabava a strappi violenti le parole della Consacrazione, mentre i presenti lo seguivano in silenzio per più di un’ora.
A volte stentava visibilmente a toccare l’Eucaristia perché se ne riteneva indegno. LEGGERE...

“Uma Santa Missa tem mais valor que todos os tesouros do mundo”.São Leonardo de Porto Maurício Padroeiro


A Santa Missa é o sacrifício do Corpo e do Sangue de Nosso Senhor e Salvador Jesus Cristo oferecido, em nossos altares, em memória do sacrifício da Cruz.


O Santo Sacrifício da Missa é oferecido:


1º Para odorar e glorificar ao Senhor bom Deus;
2º Para agradecer a Deus os benefícios recebidos;
3º Para obter de Deus o perdão dos pecados;
4º Para pedir a Deus graças e favores. “Na hora da morte, as Missas a que houveres assistido serão a tua maior consolação”.


Um dos fins da Santa Missa é alcançar para ti o perdão dos teus pecados. Em cada Missa, podes diminuir a pena temporal devida aos teus pecados, pena essa que será diminuída na proporção do teu fervor. Assistindo com devoção à Santa Missa, prestas a maior das honras à Santa Humanidade de JESUS CRISTO. Ele compadece de muitas das tuas negligências e omissões.
Perdoa-te os pecados veniais não confessados, dos quais, porém, te arrependes; preserva-te de muitos perigos e desgraças que te abateriam. Diminui o império de Satanás sobre ti mesmo. Sufraga as Almas do Purgatório da melhor maneira possível.


Uma só Missa a que houveres assistido em vida, será mais salutar que muitas a que os outros assistirão por ti depois da morte. “Será ratificada no Céu a bênção, que do Sacerdote recebes na Santa Missa”, afirma o grande Doutor e Bispo da Igreja Santo Agostinho de Hipona. “O renomado pregador, denominado “O Boca de Ouro”, Doutor e Patriarca de Constantinopla São João Crisóstomo escreveu: “Estando Jesus morto e ainda pregado na cruz, diz o evangelista, um soldado aproximou-se, feriu-lhe o lado com uma lança, e imediatamente saiu água e sangue: a água, como símbolo do batismo; o sangue, como símbolo da eucaristia. O soldado, transpassando-lhe o lado, abriu uma brecha na parede do templo santo, e eu, encontrando um enorme tesouro, alegro-me por ter achado riquezas extraordinárias. Assim aconteceu com este cordeiro. Os judeus mataram um cordeiro e eu recebi o fruto do sacrifício”.


O ínclito teólogo e Doutor da Igreja Santo Tomás de Aquino disse: “O martírio não é nada em comparação com a Santa Missa”. Pelo martírio, o homem oferece o Deus dá o seu Corpo e o seu Sangue em Sangue em sacrifício para os homens. Se o homem reconhecesse devidamente esse mistério, morreria de amor. A Eucaristia é o milagre supremo do SALVADOR; é o dom soberano do Seu amor”. Foi de forma magistral que a magnífica mística e Doutora da Igreja Santa Teresa de Ávila disse: “Sem a Santa Missa, que seria de nós? Tudo perecia neste mundo, pois somente ela pode deter o braço de Deus”. “Jesus Cristo na Santa Missa é médico e remédio” afirmou o fundador da Congregação do Santíssimo Redentor, Bispo e Doutor da Igreja Santo Afonso de Ligório.


Preciosidades


Pedras preciosas sempre fascinaram por sua beleza, raridade e durabilidade, sem contar os milhões que podem representar. A maioria dessas preciosidades, também chamadas de gemas, são minerais ou rochas formadas a partir de condições especiais e pouco frequentes na natureza. “Cada mineral tem seu modo particular de formação. O diamante, por exemplo, se forma a partir do carbono, com pressões e temperaturas elevadas, só encontradas no interior da terra a grandes profundidades”, diz o geólogo e gemólogo Nelson Luiz Chodur, do Departamento de Geologia da Universidade Federal do Paraná. O total de ouro no mundo, na superfície e já processado é de 163.000 toneladas. Todo esse ouro, com todas as pedras preciosas, junto com todo dinheiro e outras riquezas no mundo, não valem nada diante da Santa Missa. “Pois sabeis que não foi com coisas perecíveis, isto é, com prata ou com ouro, que fostes resgatados da vida fútil que herdastes dos vossos pais, mas pelo sangue precioso de Cristo, como de um Cordeiro sem defeitos e sem mácula” (1 Pd 1, 18). O maior valor que existe na face da terra é a Santa Missa. É a Santa Missa o verdadeiro culto de louvor, oblação, glorificação e adoração a Santíssima Trindade.


Fonte: shalom.org

CURSO DE LITURGIA PE. JOÃO BATISTA REUS, S. J.

CURSO DE LITURGIA
PE. JOÃO BATISTA REUS, S. J.
PROFESSOR DO SEMINÁRIO CENTRAL DE SÃO LEOPOLDO, R. G. S.
I PARTE.
LITURGIA GERAL
CAPÍTULO I.
AS SANTAS PALAVRAS
CAPÍTULO II.
OS SANTOS SINAIS
Art. I. Atitudes
Art. II. Elementos materiais
CAPÍTULO III.
OS SANTOS LUGARES
CAPÍTULO IV.
O TEMPO SACRO
Art. I. O ciclo do Natal
Art. II. O. ciclo Pascal
 
LITURGIA GERAL
CAPÍTULO II.
OS SANTOS SINAIS
Artigo I. Atitudes
§ 31. POSIÇÕES DO CORPO
107. Não há dúvida que a atitude exterior do corpo influi sobre a atitude interior e que, aproveitando a alma o seu corpo, procura imprimir-lhe posição tradutora dos seus pensamentos.
1. De pé.
1) Significação: Ficar em pé revela reverência, prontidão, alacridade, afeição, confiança, alegria: Se estais de pé em oração (Mc 11, 25), em sinal de reverência. Aarão está de pé diante de Deus e serve-O (Dt 18, 5), em razão do ministério sacerdotal e sua dignidade. Aarão estava de pé entre os mortos e vivos (Nm 16, 45), servindo de intercessor. Os ministros estavam de pé ao serviço do rei. (Est 7, 9.)
2) Uso. O celebrante está de pé no sacrifício e na maior parte das funções sacerdotais, como intercessor e medianeiro. O povo está de pé para ouvir o evangelho (prontidão, alegria) e rezar o Credo; também durante o tempo da páscoa e no domingo, que é renovação semanal da ressurreição; e no ofício aos cânticos Benedictus e Magnificat, por serem partes do evangelho. (Durandus V, c. 4, n. 28.)
3) Barrete. De pé, em desempenho de uma função litúrgica, nunca se põe o barrete, com exceção do sermão. Por isso, durante a missa solene é litúrgico primeiro sentar-se, depois cobrir a cabeça, ou vice-versa tirar primeiro o barrete, depois levantar-se. Tirar o barrete é a primeira coisa que se faz, ao chegar ao altar, pôr o barrete a última, ao sair do altar. Para se cobrir ou descobrir, serve-se da mão direita, pega-se no barrete pelo lado direito, e põe-se na cabeça, de modo que a ponta dobrada fique do lado esquerdo. (Baldeschi, Martinucci.)
108. 2. Genuflexão.
1) Explicação. Permanecer de joelhos durante a oração é símbolo de adoração, de humildade e de angústia, de penitência. A genuflexão é simples ou dupla.
2) A genuflexão ordinária ou simples faz-se dobrando o joelho direito, sem inclinação da cabeça nem do corpo, sem demora, tocando o chão próximo ao calcanhar esquerdo. Sendo prescrita ao pronunciar muitas palavras, p. ex., Et incarnatus est, a genuflexão se faz devagar.
a) Os que estão revestidos de paramentos fazem a genuflexão sôbre os degraus, exceto à chegada e à retirada do espaço do côro (d. 2682 ad 49; 4198 ad 3); os ministros inferiores dobram sempre o joelho até o chão.
b) Saúda-se por uma genuflexão simples a 'cruz do altar nas funções litúrgicas (in actu functionis tantum, d. 3792 ad 11), a cruz da procissão durante a absolvição dos defuntos com exceção do celebrante, bispo, cônego.
c) Nunca se dobra um só joelho, quando não se tem de levantar imediatamente.
d) Só o celebrante faz a genuflexão pondo as mãos sobre o altar, e fá-lo sempre assim.
109. 3) A genuflexão dupla faz-se pondo em terra, primeiro o joelho direito, depois o esquerdo, segue-se inclinação medíocre do corpo e, por fim, levantar-se. (d. 4179 ad 1.) Faz-se diante do SS. Sacramento exposto ao entrar e ao sair do espaço do côro; ou, para mudar os paramentos, passando-se do meio do altar para a credência ou de lá voltando ao meio do altar. (d. 2682 ad 49.) Fora disso, usa-se a genuflexão simples.
3. Prostração.
Fazer prostração quer dizer lançar-se de bruços no chão. É considerada como sinal de humildade, da dor mais profunda, da súplica de maior instância. Esteve em uso na antiguidade; Nosso Senhor (Mt 26, 39) "caiu sobre a sua face". No rito romano é cerimônia rara, p. ex., no principio das funções da sexta-feira santa, na missa do sábado santo e vigília de pentecostes, na colação das ordens maiores.
110. 4. Assentar-se.
1) Significação. Sentar-se em solenidades é sinal de dignidade, mas também de condescendência dos prelados; compete às autoridades eclesiásticas e civis.
2) O bispo está sentado no ato do batismo solene, da confirmação e da ordenação; desde os primeiros séculos o bispo tinha a sua cadeira na Abside da igreja.
3) O sacerdote está assentado na administração do sacramento da penitência como juiz, no rito de absolver da excomunhão fora da confissão, na missa solene durante o kyrie, glória, seqüência, credo.
§ 32. POSIÇÕES DE PARTES DO CORPO
111. I. A inclinação.
1) Etimologia. Deriva-se da palavra latina inclinare = dobrar, diminuir, abater, humilhar.
2) Interpretando as expressões do missal, do cerimonial dos bispos e os decretos da S. Congregação dos Ritos, p. ex.: alirluantulum inclinatus, inclinatus, pro f undies inclinatus, caput inclinat, os autores distinguem três classes:
a) a inclinação profunda do corpo, inclinando-se os ombros de tal forma que as mãos em cruz possam facilmente locar os joelhos;
b) a inclinação medíocre ou média do corpo, de sorte que, ficando em pé, se possa ver a ponta dos pés; estando de joelhos, faça-se uma inclinação profunda da cabeça com inclinação dos ombros (d. 4179 ad 1) ;
c) a inclinação da cabeça, subdividindo-se em três classes: a profunda, ao nome de Jesus, Gloria Patri, Oremus: é sinal de adoração; a média, ao nome de Maria: é hiperdulia, devida à mãe de Deus; a mínima, ao nome de um santo ou do papa reinante: é símbolo de veneração e respeito.
3) Uso.
a) A inclinação profunda da cabeça faz-se à cruz do altar (no evangelho ao livro); na exposição do SS. Sacramento e depois da consagração a inclinação da cabeça se faz ao SS. Sacramento, também no evangelho (d. 3875 ad 4).
b) A inclinação da cabeça, devida ao nome de Maria e dos santos, faz-se em geral ao livro, isto é, ao nome nele contido. Se, porém, a imagem principal (não lateral) representa a Virgem SS. ou o santo respectivo, a inclinação faz-se a esta imagem. (d. 3767 ad 25.)
Em alguns lugares a rubrica não menciona a inclinação devida nu SS. Nome de Jesus: Rit. cel. t. VII n. 4 (Ofertório); t. X n. 2 e 6 (fração da hóstia e comunhão do sacerdote); Rituale t. IV c. 2 n. 5 (comunhão dos fiéis). Daí alguns autores derivam a regra, que o sacerdote pode omitir a inclinação ao SS. Nome de Jesus, quando está ocupado com outra cerimônia. A S. R. C. prescreveu (d. 2850 ad 1) a inclinação num destes casos, na comunhão do sacerdote. (t. X n. 6.) Por isso outros autores prescrevem a inclinação em todos os casos mencionados. Referem-se além disso ao C. E. (1. II c. VIII n. 46) que diz: cum profert nomen leso, vel Marice inclinat se."
112. c) Ao nome de Maria e do papa faz-se inclinação em todas as missas, também nas de réquie, sempre que ocorrerem; ao nome dos outros santos, quando se diz a missa deles ou comemoração propriamente dita (d. 2572 ad 20; não na oração A cunctis, nem ao nome de Cosme e Damião na oração ferial da quinta-feira depois do 3.° domingo da quaresma), e isto sempre que ocorrer, menos no título da epístola e do evangelho. (d. 3767 ad 25.) Vale isso também para as missas votivas e da vigília (d. 4281 ad 2), porém não de réquie. Ainda que a comemoração de um santo, durante a oitava da sua festa se deva omitir por causa da ocorrência de uma festa de 2.a cl., contudo, ao nome do santo, se faz inclinação (d. 4116 ad 1) ; é uma espécie de comemoração. Se, porém, a festa de um santo se omite, também a inclinação ao seu nome se deixa. Ocorrendo vários nomes, faz-se inclinação prolongada.
d) Não se faz inclinação se o nome não designar o santo senão no sentido acomodatício; por conseguinte, não se faz ao nome de Jesus na 3.a antífona das vésperas do SS. Nome de Jesus, nem ao nome de Maria no evangelho e na comunhão da festa da assunção da Virgem (d. 2872 ad 6), nem ao nome de José na epístola da festa do seu patrocínio; tão pouco ao nome Trinitas, Spiritus Sanctus, S. Angelorum; o antigo n. 40 do d. Tuden. (d. 2572), em que a inclinação ao nome da SS. Trindade se chamou conveniente, foi ab-rogado pelos Decr. authent. (Schober, Missa S. Alf., p. 42.)
e) Ao nome do bispo faz-se inclinação na oração do aniversário da eleição e sagração, se ele assiste à missa. (d. 2049 ad 3. Solans 1 n. 167, que cita S. Afonso, Merati, Cavalieri, Baldeschi, etc.)
113. f) Se se está de joelhos, não se faz inclinação da cabeça (p. ex., ao nome de Jesus, Gloria Patri) a não ser que esteja prescrita, p. ex., ao Et incarnatus est na missa solene (d. 4179). É uso romano fazer inclinação ao Tantum ergo até veneremur cernui inclusive, para que a posição do corpo combine com as palavras do hino. (Gardellini, Clement. 24, n. 9.)
114. II. Os olhos.
Levantar os olhos é recorrer a Deus que está nas alturas, confiar nEle: A vós que estais no céu, levantei os olhos. (Sl 122, 1.) Baixá-los é sinal de humildade: o publicano não ousava levantar os olhos (Lc 18, 13); Nosso Senhor levantou os olhos. (Jo 11, 41.)
115. III. O ósculo litúrgico. (Beijo Litúrgico)
1. Significação.
a) Em geral é símbolo e expressão da caridade sobrenatural, de veneração e reverência. (Jesus e Simão, Lc 7, 45.)
b) na Liturgia, significa caridade fraterna na missa antes da comunhão e na ordenação sacerdotal.
c) veneração denota o Ósculo do altar consagrado que representa Jesus Cristo, do evangeliário (Laus tibi, Christe, símbolo de Cristo), da patena, da cruz na sexta-feira santa, das velas, dos ramos.
d) é sinal de reverência o Ósculo na mão do bispo ou sacerdote, nas funções litúrgicas;
e) revela gratidão o ósculo na mão, quando se recebe alguma coisa do bispo ou sacerdote.
f) o costume de beijar o do papa deriva-se provavelmente do costume das nações orientais. Inocêncio III explica (1. II, c. 27) "tit summo pontifici summam exhibeant reverentiam et eum ithus ostendant vicarium esse, cujus pedes osculabatur nuttier."
2. Uso.
a) Recebendo um objeto, beija-se primeiro a mão daquele de quem se recebe, depois o objeto recebido; oferecendo-se alguma coisa, beija-se primeiro esta, depois a indo do celebrante.
b) Ao receber a vela ou o ramo bento, beijam-se primeiro estes objetos bentos, depois a mão do celebrante, por causa da veneração devida a eles em conseqüência da bênção.
c) Os ósculos do incenso e do barrete omitem-se em presença do SS. Sacramento exposto.
116. IV. As mãos.
1) Estender e elevar as mãos.
a) Origem. Este gesto de oração é geral em todas as nações. É expressão da alma aflita ou necessitada ou jubilosa, que se dirige a Deus, para pedir alguma coisa, confiar nEle, agradecer-Lhe. Por isso também os cristãos o conservaram. Nas catacumbas ainda existem pessoas representadas com este gesto, as chamadas Orantes. Os cristãos viam nesta atitude a imitação de Nosso Senhor, que morreu na cruz com os braços abertos.
b) Uso. No rito romano se emprega durante a missa nas partes mais antigas: orações, prefácio, cânon; na consagração da igreja, do altar e outras funções pontificais. Mas, no oficio e na administração dos sacramentos e sacramentais, foi suplantado pelo gesto das mãos postas.
c) História. Na idade média o sacerdote, depois da consagração, estendia os braços horizontalmente, representando assim a imagem de Jesus Cristo crucificado. Os dominicanos, os cartuxos e a igreja de Lião ainda conservam esta atitude. Um vestígio dela se conserva no rito romano no uso de cruzar os polegares.
2. Pôr as mãos.
a) Origem. Este gesto era desconhecido na Liturgia até ao século VIII. Na vida pública, p. ex., na Alemanha, era sinal de homenagem e sujeição. O vassalo prometia fidelidade ao rei pondo as mãos juntas nas mãos dele. Já no século 12 este modo de rezar era geral.
b) Uso. Este gesto liturgicamente se faz, juntando as duas mãos estendidas e cruzando os polegares diante do peito. O outro modo de juntar as mãos com os dedos entrelaçados não é litúrgico.
117. 3. Imposição das mãos.
a) Origem. Usava-se no antigo testamento; em o novo, Nosso Senhor muitas vezes se servia desta cerimônia.
b) Significação. Em geral denota comunicação de graças. aa) É rito visível do sacramento da confirmação e da ordem. bb) É sacramental, comunicando conforto espiritual e corporal, no rito da visita aos doentes (Ritual). cc) É exorcismo no rito do batismo e do exorcismo solene. dd) É símbolo da oblação de si mesmo e do povo em união com o sacrifício de Nosso Senhor no Hanc igitur.
4. Bater no peito.
a) É símbolo da consciência culpada; já era conhecido pelos israelitas. (Lc 18, 3.)
b) Usa-se na missa, ao Confiteor, Nobis quoque, Agnus Dei, Domine non sum dignos; fora da missa, nas ladainhas e ao Confiteor. Faz-se com a mão direita, quer estendida, quer meio aberta, sem ruído.
118. 5. Sinal da cruz.
a) Origem. Desde os primeiros tempos cristãos os fiéis usaram o sinal da cruz, o qual, segundo Tertuliano, remonta aos apóstolos e foi provavelmente instituída por Nosso Senhor. (Suarez in 3 q. 58, art. 4, disp. 51, sect. 2; Lapide, Ben. XIV.) Ele conta que os cristãos empregavam a cada passo o sinal da cruz.
b) Modo de fazê-lo. No principio, provavelmente com referência ao Apocalipse (7, 2 e 9, 4), faziam a cruz com um dedo da mão direita sobre a fronte, no século IV sobre a fronte e a boca, no século XII, na fronte, na boca e no peito. Faz-se agora (persignar-se) com a polpa (e não com a unha) do polegar. A grande cruz (desde a idade média) faz-se passando a mão estendida (Rubr. Miss.) da fronte ao peito no meio, e do ombro esquerdo ao ombro direito.
Maldonado, natural da Espanha, diz que os três sinais da cruz se fizeram por causa dos arianos, outrora muito numerosos naquele país. Os católicos quiseram declarar por todos os modos, que não eram arianos; por isso fizeram o mesmo sinal da cruz três vezes, professando desta forma a igualdade das três pessoas divinas. (zacaria II, 2 disp. II § XIV.)
119. c) Uso. A pequena cruz emprega-se na recitação do evangelho, no rito do batismo, no exorcismo e em todas as unções. A grande cruz faz-se em todas as bênçãos e frequentemente na missa; na missa solene 53 vezes. A fórmula Trinitária que acompanha a cruz remonta até idade média (c. século VI). Nas funções litúrgicas emprega-se relativamente raras vezes e só, se não são prescritas outras palavras.
d) Significação. É sacramental e comunica a graça de Deus e proteção contra os perigos, doenças e o demônio. Símbolo da fé na SS. Trindade e na redenção. Depois da consagração da missa, relembra que no sacrifício da missa se renova o sacrifício da cruz. Portanto, não é, nem pode ser ato de benzer a Nosso Senhor presente na santa hóstia (ver n. 511). A cruz sobre o evangeliário diz que a fonte do evangelho é o crucificado. O povo faz o sinal da cruz também, pronunciando o Gloria Patri. Com toda a razão. Pois é fórmula Trinitária e conclusão de parte da oração, imitando a cruz no fim dos Hinos glória e credo.ler...