domingo, 15 de janeiro de 2017

don Divo Barsotti, DESIDERIO DI VEDERE DIO


Prima meditazione: 

DESIDERIO DI VEDERE DIO 

Questo Dio che cosa sarà mai? E’ un essere impersonale? Così hanno pensato spesso le religioni orientali quando , non potendo avere una rivelazione più alta, hanno però sentito la dipendenza dal fatto di essere stati creati, dal fatto di trovarsi di fronte a un qualche cosa di cui non sapevano parlare.
L’hanno chiamato Dio, ma questo Dio è ben diverso dal Dio della Rivelazione ebraica e cristiana, poichè in quest’ultima Dio ha già un carattere personale, è Persona. Di fatto però anche la rivelazione al di fuori dell’Ebraismo e Cristianesimo tende ad una conoscenza di un Dio personale: nel libro più bello, più grande dell’Induismo si parla di visione di Dio. Egli già acquista caratteri personali: l’autore lo vede e questo Dio gli parla. Un Dio impersonale non può parlare, nè tanto meno ha una forma. D’altra parte al di fuori del Cristianesimo vi sono gli idoli, e ciò vuol dire che inconsciamente l’animo umano tende di per sè a voler riconoscere in questo mistero un carattere personale a Dio. 
Siccome però la persona, come ci insegnano i filosofi, di per sè dice una definizione – però non è più così quando si tratta di Dio – allora non c’è più il Dio unico, ma ci sono gli idoli; ecco allora Vishnu, Shiva e le sue innumerevoli incarnazioni; ecco allora il Giappone, in cui tutto è Dio: la foresta, l’albero, la cascata, il sasso in terra ….. Questa fede iniziale tende a voler stabilire con questa potenza, con questo mistero, un rapporto.
E il rapporto dell’uomo è anche un rapporto personale, perciò tende anche alla persona: siccome tu vivi un rapporto con questa potenza, tu devi dargli una forma. Così è anche per il paganesimo: i Greci parlavano di Afrodite, di Ares, i Romani di Venere, di Marte. E Marte lo rappresentavano come un uomo, Venere come una donna. Siamo già nella fede, una luce iniziale che tende di per sè ad una rivelazione più alta, una rivelazione nella quale il divino prende forma di persona. Tale rivelazione poi diviene più chiara nell’Ebraismo e finalmente nel Cristianesimo.

II

LA LUCE INIZIALE
Che cosa è questa luce nella quale noi entriamo in comunione con Lui? E’ la luce di una fede che ci fa entrare nel mistero divino, in tal modo che il mistero divino non rimane più estraneo alla vita interiore di noi cristiani.
Viviamo e respiriamo nel mondo divino, viviamo alla presenza di Dio. Hanno un senso queste parole? Se hanno un senso vuol dire che la nostra fede non è la fede di quelli che si dicono atei e nemmeno quella dei religiosi dell’India o tanto meno dei buddhisti.
Abbiamo una fede che ci fa penetrare nel mondo di Dio e ci dà un’esperienza che non dipende da una conclusione logica e nemmeno dalla visione degli occhi. Se vediamo e conosciamo, tuttavia questa conoscenza e questa visione trascendono il modo naturale di vedere e di conoscere.
Stamani il mio medico mi riferiva che per sant’Agostino, una qualunque vecchietta dei suoi tempi, era molto più sapiente di Platone.
Questo, non certo sul piano della natura, per cui la vecchietta non sapeva fare nemmeno i conti, ma in relazione a quella luce che è superiore alla conoscenza razionale, quella luce che è superiore alla pura visione oculare; in relazione a tale luce, la vecchietta era molto superiore a Platone.
Infatti Platone credeva ad un dio impersonale, come all’idea ultima che assumeva tutte le idee, il Bene. Platone forse arrivava ad un certo monoteismo, ma mai personale e, invece, quella vecchietta parlava a Dio tranquillamente!

LA LUCE PERMETTE DI VEDERE

Che cos’è questa luce, dunque, che è diversa dalla luce, ma non contraria, non in opposizione alla luce per la quale vediamo le cose e il  mondo? E’ quella luce per la quale noi entriamo nel mondo divino e il mondo divino diviene intimo alla nostra esperienza totale, sia alla nostra esperienza sensibile che a quella intellettuale. Lo vediamo nei santi: san Camillo de Lellis prendeva nelle sue mani le lenzuola sudice dei malati e andava in estasi: attraverso quelle cose vedeva, entrava in rapporto con la realtà divina. Santa Maria Maddalena de’ Pazzi andava in giardino, coglieva un fiore e andava in estasi: “Dio lo ha preparato per me”, diceva. Non vede semplicemente un fiore, ma vede subito Dio. 
Per san Camillo Dio si manifestava alla sua anima attraverso i malati: egli entrava in rapporto col Cristo che nel malato si fa presente. C’è una penetrazione immediata. All’inizio del cammino di fede, le cose rimangono per noi opache, non riusciamo a vedere oltre le cose. Ma, man mano che cresciamo  nella fede, tutto per noi acquista una valenza che ci rivela il divino. Noi siamo già in paradiso, eppure, come un bambino appena nato, non riusciamo a vedere il mondo circostante. 
Ecco, è una luce per la quale cambiamo noi, entriamo nel mondo divino, ma non entriamo soltanto, abbiamo anche la percezione di questo mondo divino; ecco il perchè dei santi che vivono sempre come nel paradiso. Le cose, il mondo per noi sono diventati opachi, siamo diventati ciechi, non possiamo vedere Dio, vediamo le cose e non vediamo Lui, mentre per Adamo, prima del peccato, tutto era segno e sacramento di Dio. 
Ma ancora tutto rimane sacramento di Dio, perchè le cose non sono cambiate, sei cambiato tu!


4-VEDERE DIO, OVUNQUE E SEMPRE

Dovremmo cambiare gli occhi, ossia avere una fede talmente viva da far acquistare alle cose la loro trasparenza e, attraverso tutto, noi vivremmo al cospetto di Dio. Dio vivrebbe con noi quando siamo in cucina a fare le patate lesse, ma anche quando siamo a scuola, quando siamo nella strada e anche quando ci scippano! Quello che distingue i santi è che Lo vedono ovunque.
Quando acquistiamo una fede per la quale veramente le cose fisiche acquistano una loro trasparenza, divengono tutte sacramento del Signore, sacramento del suo amore, della sua bellezza, sacramento della sua presenza.
Voi dovete essere per me segno di Dio, io devo essere per voi segno di Dio, tutto è per noi questa presenza.
Ecco allora quello che diceva Guardini (Romano Guardini, sacerdote e teologo, 1885-1968): “Le cose non dicono soltanto se stesse, dicono sempre qualcosa di più”, e questo qualcosa di più dipende dalla capacità dell’occhio – ossia una fede più o meno viva – perchè nella misura che la tua fede diverrà sempre più viva, le cose diverranno per te paradiso. Ecco quello che vivono i santi. Più c’è una maturità di santità interiore, più l’uomo ritorna nel paradiso di Dio.
Don Divo Barsotti