quinta-feira, 29 de novembro de 2018
18 momenti in cui Dio è presente nella nostra vita quotidiana
18 momenti in cui Dio è presente nella nostra vita quotidiana
Catholic Link | Mar 19, 2015
“Dio agisce nell'umiltà e nel silenzio, il suo stile non è lo spettacolo” (papa Francesco)
di Silvana Ramos
Non di rado ho sentito dire “Dio mi ha abbandonato”, “Dio non mi ascolta” o “Non so dove sia Dio”.
Viviamo di fretta, immersi nella routine e nelle migliaia di attività che il mondo di oggi ci richiede. Tante cose possono farci perdere il senso della nostra vita, e in qualche momento possiamo arrivare a sentirci disorientati, soli.
Dio, nostro creatore, è sempre presente, anche se non riusciamo a sentirlo. Se prestiamo un po’ più di attenzione e ci soffermiamo a pensare un po’, possiamo renderci conto che in effetti a ogni passo che facciamo, in ogni situazione che viviamo, positiva o negativa, Dio è lì, aspettando che lo ascoltiamo e rallegrandosi quando lo troviamo.
Credo che molti noi credano erroneamente di poter incontrare Dio solo nei momenti straordinari, momenti di preghiera profonda o miracoli soprannaturali. Dio è presente in quei momenti, ma è al nostro fianco anche a ogni nostro passo, aspettando che gli apriamo la porta e ascoltiamo la sua voce, le sue cure, i suoi insegnamenti e perfino il suo senso dell’umorismo. Ecco 18 situazioni della vita quotidiana in Dio ci rivela la sua presenza.
“Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” – Mt 28, 20
1) QUANDO MI SVEGLIO E IL MIO PRIMO PENSIERO E’ RIVOLTO A DIO
Aprire gli occhi e riconoscere che la mia vita è un regalo di amore infinito, malgrado i momenti difficili e di prova.
2) QUANDO I MIEI DONI SI RENDONO PRESENTI
Ci sono momenti in cui riconosco capacità che sono solo mie, da poter dare un buon consiglio ad aggiustare qualcosa, cantare, sorridere… doni che mi rendono unico e irripetibile, così come Dio mi ha pensato.
Ci sono momenti in cui riconosco capacità che sono solo mie, da poter dare un buon consiglio ad aggiustare qualcosa, cantare, sorridere… doni che mi rendono unico e irripetibile, così come Dio mi ha pensato.
3) QUANDO SONO ASSALITO DALL’IRA E ALL’IMPROVVISO PRENDO COSCIENZA DI COSA MI STA CAPITANDO
La presenza di quella riflessione nella mia vita è un segno del fatto che c’è qualcosa di più che mi muove, che non sono semplicemente impulsi. La coscienza rivela la presenza di Dio in me.
La presenza di quella riflessione nella mia vita è un segno del fatto che c’è qualcosa di più che mi muove, che non sono semplicemente impulsi. La coscienza rivela la presenza di Dio in me.
4) QUANDO MI SENTO SOLO E UN’IMMAGINE MI CONFORTA
Spesso nei momenti di solitudine o disperazione guardare la Croce di Cristo dà senso ai miei dolori e ai miei dispiaceri. Egli si è preso tutto sulle spalle prima di me.
Spesso nei momenti di solitudine o disperazione guardare la Croce di Cristo dà senso ai miei dolori e ai miei dispiaceri. Egli si è preso tutto sulle spalle prima di me.
Don Divo Barsotti. La conversione, condizione necessaria di vita cristiana
Don Divo Barsotti. La conversione, condizione necessaria di vita cristiana
Il Signore ci ha detto stamane una grande parola: "convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino". Noi dobbiamo cercare di comprendere queste parole del Signore perché sono parole di esortazione, sono parole che implicano da parte del Signore anche una volontà che s'impone al nostro spirito, e noi dobbiamo obbedire. Sono le prime parole che Gesù rivolge iniziando la sua missione pubblica di Salvatore del mondo: sono dunque anche le parole più importanti, le più decisive, le parole senza le quali tutto l'insegnamento di Gesù sarebbe come campato in aria
http://vangelodelgiorno.blogspot.it/2013/01/don-divo-barsotti-la-conversione.html
http://vangelodelgiorno.blogspot.it/2013/01/don-divo-barsotti-la-conversione.html
DIVO BARSOTTI. L’ULTIMO MISTICO DEL ‘900
Buongiorno a tutti. Diamo inizio a questo incontro di presentazione che prende spunto dalla mostra
titolata: “Divo Barsotti: un mistico del ‘900”, curata dalla Comunità dei Figli di Dio che è stata fondata da don Divo, come molti di voi sanno. E’ una mostra molto interessante, rivolta alla presentazione e alla diffusione della conoscenza di don Divo Barsotti, una personalità molto sfaccettata che io stesso ho sempre sentito nominare da don Giussani, ma che conosco in fondo da tempo breve, perché mi sono messo con un certo impegno e anche con una certa sistematicità, purtroppo interrotta da mille faccende, a leggere i testi di Barsotti dal maggio del 2006, quando a Bologna Sua Eminenza l’Arcivescovo Cardinale Caparra, insieme ad altri - Padre Serafino Tonietti, che è priore della comunità - fecero un primo ricordo pubblico di don Divo, scomparso poco meno di un anno avanti. Da allora mi sono messo un po’ a leggere testi di una produzione enorme: ho letto che sono 150 le pubblicazioni di un certo corpo, più, credo, una miriade di interventi sporadici che invito a conoscere quanto più è possibile, perché è veramente un mistico del ‘900, con tutta la concretezza, la consistenza, la forza anche terrena dei mistici.
http://www.meetingmostre.com/rx_mostre/2007-03/2007-03ap.pdf
sabato 30 marzo 2013
La Santa Madre di Dio
La Santa Madre di Dio -
Tognetti Padre Serafino 01/01/2013
Catechesi file audio mp3 su RADIO MARIA
di Padre Serafino
Mistero cristiano nella Liturgia.
PREFAZIONE
CARLO CARD. CAFFARRA
Più leggo e studio l'opera di don Divo, più resto conquistato dalla sua unità interiore, da una "logica intrinseca" che tiene assieme un'impressionante ricchezza di temi. Che cosa pone in essere questa unità? Se ho visto bene, la contemplazione instancabile dell'Atto di Cristo, l'Atto con cui Cristo dona se stesso sulla Croce. Da qui la centralità dell'Eucarestia e della Liturgia: del "Mistero cristiano nella Liturgia". Speriamo che quest'opera segni l'inizio di una conoscenza più ampia, non limitata a qualche pubblicazione o congresso". (dalla Prefazione del card. Carlo Caffarra)
J. S. Bach - Passacaglia in c-Moll BWV 582 | Leon Immanuel Sowa#16
L'invocazione di Gesù può essere fatta in molti modi.
LO SCHEMA DELLA INVOCAZIONE DEL NOME source
1 - L'invocazione di Gesù può essere fatta in molti modi. Ognuno deve trovare la forma più consona alla sua preghiera personale. Ma, qualsiasi formula venga usata, il cuore e il fulcro dell'invocazione dovrà essere il Sacro Nome stesso, la parola «Gesù », nella quale risiede tutta la forza dell'invocazione.
2 - Il Nome Gesù può essere usato da solo, od inserito in una frase più o meno sviluppata. Nell'Oriente la frase più comune è: «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore ». Uno potrebbe semplicemente dire: « Gesù Cristo », o «Signore Gesù ».
L'invocazione può essere ridotta anche alla sola parola « Gesù ».
3 - Questa ultima forma, cioè il solo nome Gesù, è il modello più antico dell'invocazione del Nome.
E’ la più breve e la più semplice e, crediamo, la più facile. Quindi, senza deprezzare le altre forme, suggeriamo l'uso della sola parola « Gesù ».
4 - Così, quando parleremo della invocazione del Nome, intendiamo la frequente e devota ripetizione del Nome stesso, « Gesù», senza altre aggiunte. Il Sacro Nome è la preghiera.
5 - Il nome di Gesù può essere pronunziato o pensato silenziosamente. In ambedue i casi vi è una vera invocazione del Nome: orale nel primo, puramente mentale nel secondo. Questa preghiera favorisce un facile passaggio dall'orazione orale a quella mentale; la ripetizione mentale del nome, se è lenta e pensosa, fa sì che si giunga alla preghiera mentale e predispone l'animo alla contemplazione.
B. L'USO DELLA INVOCAZIONE DEL NOME
6 - L'invocazione del nome può essere praticata ovunque ed in qualsiasi momento; possiamo pronunciare il Nome di Gesù nelle strade, dove lavoriamo, nella nostra stanza, in chiesa, ecc.... Possiamo ripetere il nome mentre camminiamo. Oltre a questo libero uso del nome, non determinato o limitato da nessuna regola, buona cosa è stabilire un tempo e un luogo per una regolareinvocazione del Nome.
Chi è avanzato in questa forma di preghiera può fare a meno di tali adattamenti, che rimangono però una quasi necessaria condizione per i principianti.
7 - Se vogliamo consacrare, ogni giorno, qualche pò di tempo alla invocazione del Nome (oltre alla libera invocazione che dovrebbe essere fatta il più frequentemente possibile) dobbiamo seguire la norma di praticarla, circostanze permettendo, in un posto solitario e quieto. - Quando tu preghi, entra nel segreto della tua stanza, e, chiusa la porta, allora prega il tuo Padre che è nel segreto -.
La posizione del corpo non ha molta importanza: si può camminare, sedere, stare distesi o in ginocchio. La migliore posizione è quella che produce una maggiore quiete fisica e concentrazione interiore. La posizione esprimente umiltà e adorazione dà aiuto.
8 - Prima di iniziare l'invocazione del nome di Gesù mettiti in pace con te stesso, concentrati e domanda l'ispirazione e la guida dello Spirito Santo. «Nessun uomo può dire: Gesù è il Signore, se non mediante lo Spirito Santo ». Il Nome di Gesù non può mai penetrate nel cuore che non è ricolmo del purificante soffio della fiamma de]lo Spirito. Lo Spirito stesso abiterà e accenderà in noi il Nome del Figlio.
9 - A questo. punto, semplicemente comincia; per camminare si deve fare il primo passo; per nuotare ci si deve gettare nell'acqua. Lo stesso accade per l'invocazione del Nome. Principia a rispettarlo con adorazione e amore, afferrati a lui, pronuncialo con frequenza. Non pensare di stare invocando il Nome, pensa soltanto a Gesù. Dì il suo nome piano, dolcemente, quietamente.
10 - Un errore comune a tutti i principianti è il desiderio di associare l'invocazione del Sacro Nome ad una profonda e intensa emozione, tentando di pronunciarlo con gran forza. Ma il nome di Gesù non è fatto per essere urlato, o formulato con violenza, ancorché interiore. Quando ad Elia fu comandato di stare davanti al Signore, si scatenò un grande e forte vento, ma il Signore non era nel vento; e dopo il vento venne il terremoto, ma il Signore non era nel terremoto; e dopo il terremoto un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco venne una sommessa piccola voce. E fu così che quando Elia la udì nascose la sua faccia nel mantello, e uscì fuori e rimase in adorazione.
Lo strenuo sforzo e la ricerca di uno stato di tensione non giovano. Nel ripetere il Sacro Nome, raccogli quietamente, a poco a poco, i tuoi pensieri, le tue sensazioni, la tua volontà attorno ad esso: ricomponi su di lui il tuo intero essere. Lascia che il Nome penetri la tua anima, come una macchia d'olio si diffonde ed impregna un pezzo di stoffa.
Non permettere che alcuna parte di te sia distratta, rendi il tuo essere recettivo e circondalo col Nome.
11 - Anche durante l'invocazione del Nome, la sua ripetizione orale non deve essere continua; il Nome pronunciato deve essere interrotto e differito da secondi o minuti di pausa silenziosa e di concentrazione. La ripetizione del Nome può essere paragonata al battito delle ali col quale l'uccello si alza nell'aria.
Così, l'anima, giunta al pensiero di Gesù e ricolma del ricordo di lui, può interrompere la ripetizione del Nome e riposare in Nostro Signore.
La ripetizione sarà ripresa, quando altri pensieri minacciano di espellere il pensiero di Gesù; allora l'invocazione comincerà di nuovo al fine di ottenere più fresco vigore.
12 - Protrai l'invocazione quanto a lungo desideri o puoi. La preghiera viene naturalmente interrotta dalla stanchezza; non cercare di insistere. Ma ricominciala di nuovo quando e dove ti senti disposto. A suo tempo sentirai il nome di Gesù salire alle labbra spontaneamente, e rimanere, quasi costantemente, presente alla mente in modo silente e pacato. Perfino il tuo sonno sarà avvolto dal Nome e dal ricordo di Gesù. «Io dormo ma il mio cuore veglia » (Cantico dei Cantici).
13 - Quando siamo impegnati nella invocazione del Nome, è naturale che si speri e si insista per ricevere qualche « positivo » o « tangibile » risultato e cioè sentire che abbiamo stabilito un reale contatto con la persona di Nostro Signore: « Se io potessi sfiorare appena il tuo manto, sarei guarito » (Matteo, 9-21). Questa felicissima esperienza è l'acme desiderato dell'invocazione del nome. « Io non ti lascerò andare, se non mi benedici ». Ma dobbiamo evitare una troppa inquieta attesa per tale esperienza: l'emozione religiosa può facilmente diventare un mascheramento e causa di una pericolosa bramosia e passione. Non pensiamo affatto che l'aver trascorso un certo tempo nell'invocazione del Nome, senza « provare » qualcosa, sia tempo speso male e losforzo sia infruttifero; al contrario, questa apparentemente sterile preghiera, può essere più gradita a Dio dei momenti di rapimento, essendo scevra da ogni egoistica ricerca di gaudio spirituale; essa è la preghiera della pura, nuda volontà. Dobbiamo continuare a consacrare ogni giorno un certo regolare e prestabilito tempo all'invocazione del Nome, anche se ci sembra che questa preghiera lasci freddi e aridi. Questo accurato esercizio della volontà, questa calma veglia nel Nome non può mancare di apportarci benedizione e forza.
14 - Inoltre, l'invocazione deI Nome raramente ci lascia in uno stato d'aridità. Coloro che hanno una qualche esperienza di ciò convengono che viene spesso accompagnata da uno stato d'animo di gioia, tepore e luce. Uno ha l'impressione di muoversi e camminare nella luce. In questa preghiera non vi è né pesantezza, né stanchezza, né sforzo. « Il tuo Nome è come unguento sparso... Trascinami, correremo dietro a te » (Il Cantico dei Cantici).
quarta-feira, 28 de novembro de 2018
MISTICA Esicasmo
Esicasmo
L’esicasmo può essere definito come un sistema spirituale di orientamento essenzialmente contemplativo che ricerca la perfezione (deificazione) dell’uomo nella unione con Dio tramite la preghiera incessante.
Tuttavia ciò che caratterizza tale movimento è sicuramente l’affermazione della eccellenza o della necessità della stessa hesychia, della quiete, per raggiungere la pace con Dio. In un documento del monastero di Iviron del monte Athos, si legge questa definizione: «L’esicasta è colui che solo parla a Dio solo e lo prega senza posa».
Gli esicasti, inserendosi nella tradizione biblica, esprimeranno l’esperienza della preghiera. contemplativa attraverso l’invocazione e l’attenzione del cuore al Nome di Gesù, per camminare alla sua presenza, essere liberati da ogni peccato e rimanere nel dolce riposo di Dio in ascolto della sua parola silenziosa.
La storia dell’esicasmo inizia con i monaci del deserto d’Egitto e di Gaza. «A noi, piccoli e deboli, non ci resta altro da fare che rifugiarci nel Nome di Gesù», dice uno di loro. Si afferma poi al monastero del Sinai, con san Giovan’m Climaco. Un esponente di spicco è sicuramente Simeone il Nuovo Teologo. Rinascerà al Monte Athos nel sec. XIV.
Tuttavia ciò che caratterizza tale movimento è sicuramente l’affermazione della eccellenza o della necessità della stessa hesychia, della quiete, per raggiungere la pace con Dio. In un documento del monastero di Iviron del monte Athos, si legge questa definizione: «L’esicasta è colui che solo parla a Dio solo e lo prega senza posa».
Gli esicasti, inserendosi nella tradizione biblica, esprimeranno l’esperienza della preghiera. contemplativa attraverso l’invocazione e l’attenzione del cuore al Nome di Gesù, per camminare alla sua presenza, essere liberati da ogni peccato e rimanere nel dolce riposo di Dio in ascolto della sua parola silenziosa.
La storia dell’esicasmo inizia con i monaci del deserto d’Egitto e di Gaza. «A noi, piccoli e deboli, non ci resta altro da fare che rifugiarci nel Nome di Gesù», dice uno di loro. Si afferma poi al monastero del Sinai, con san Giovan’m Climaco. Un esponente di spicco è sicuramente Simeone il Nuovo Teologo. Rinascerà al Monte Athos nel sec. XIV.
Il termine greco hesychìa viene tradotto in latino con quies, pax, tranquillitas, silentium.
In genere esichia significa quiete, ma può anche voler esprimere la pace profonda del cuore. L’etimologia è incerta: forse il verbo da cui deriva, hèsthai, significa essere assiso, stare seduto. leggere...
In genere esichia significa quiete, ma può anche voler esprimere la pace profonda del cuore. L’etimologia è incerta: forse il verbo da cui deriva, hèsthai, significa essere assiso, stare seduto. leggere...
Barsanufio il Grande e la tradizione dell’esicasmo
Barsanufio il Grande e la tradizione dell’esicasmo
L’esicasmo, quale pratica mistico-monastica tipica della Chiesa d’Oriente, ebbe una particolare diffusione tra i monasteri in cui era praticata una vita spirituale molto interiorizzata che lasciava poco spazio per la preghiera comunitaria, preferendo invece che il monaco fosse libero di concentrarsi su Dio, di essere solo con Dio, a tu per tu con Lui, senza intermediari. La regola, se ve ne era una, era unicamente quella della preghiera. Dice infatti Barsanufio: «Un esicasta non possiede regole. Dunque non desiderare regole, perché non voglio che tu sia soggetto ad una legge ma unicamente alla grazia. È detto infatti: ‘Non c’è legge per il giusto’ ed io voglio che tu sia con i giusti. Tieniti al discernimento come un timoniere che governa una nave contro i venti» (Lettera 33). La preghiera era l’unica voce che scandiva le ore della giornata. Ciò non solo per Barsanufio, ma per ogni eremita che volesse intraprendere questa particolare vita ascetica. Dice ancora Barsanufio in risposta a chi gli chiedeva informazioni maggiori su come poter misurare questa preghiera: «Quando conoscerai la venuta dello Spirito, essa ti insegnerà ogni cosa. E ti istruirà anche a proposito della preghiera. Dice infatti l’Apostolo: ‘Noi non sappiamo pregare come si deve, ma lo Spirito intercede per noi’».
Il non partecipare alla vita comunitaria, da parte dell’eremita, non vuol dire che egli non debba partecipare alla liturgia: la salmodia, la lettura meditata, la preghiera recitata ad alta voce sono alcuni dei modi con i quali egli celebra una sua liturgia personale, quella che una volta affinata lo condurrà ad avere il perfetto controllo di sé. Allora le parole della preghiera non scaturiranno più dalle labbra ma direttamente dal cuore. Pregare direttamente con il cuore e non con la lingua «è proprio dei perfetti che sono capaci di governare il proprio intimo e custodirlo per Dio. Ma colui che non riesce a mantenere il suo spirito in presenza di Dio, deve aggiungervi la meditazione e la preghiera con le labbra».
Per fare meglio capire questo non facile concetto, Barsanufio usa questo esempio: «Guardate quelli che nuotano nel mare: i nuotatori esperti si gettano in acqua con coraggio, sapendo che il mare non può inghiottire i validi nuotatori. Al contrario, colui che sta solo imparando a nuotare, quando si sente affondare nell’acqua, temendo di annegare esce subito dal mare e si ritira sulla riva. Poi, riprendendo coraggio si immege di nuovo nell’acqua. Così fa dei tentativi per imparare a nuotare bene, finchè non abbia raggiunto la perfezione dei nuotatori esperti».
La preghiera per il monaco esicasta è l’unica preoccupazione e a tale proposito vorrei citare un brevissimo e grazioso aneddoto relativo ad un altro dei padri del deserto, il beato Epifanio vescovo di Cipro, al cui monastero in Palestina un giorno si affacciò un monaco di un altro monastero con una missiva del suo abate: «Grazie alle tue preghiere non abbiamo trascurato la nostra regola e con fervore recitiamo l’ora prima, la terza, la sesta e la nona insieme all’ufficio del Lucernario». Ma egli li rimporoverò con queste parole: «Evidentemente trascurate le altre ore del giorno astenendovi dalla preghiera. Un vero monaco deve avere incessantemente nel cuore la preghiera e la salmodia».
Usando una espressione tipica dell’Oriente, Barsanufio dice che il monaco — ma a questo punto il cristiano, aggiungo io — deve «tagliare la propria volontà» e questo taglio della volontà è reso possibile soltanto da una disposizione dell’anima, cioè dall’umiltà: «Ama di più quelli che ti mettono alla prova. Anch'io spesso ho amato quelli che mi mettevano alla prova. Infatti, se ci pensiamo bene, sono tali persone che ci fanno progredire. Sii obbediente e umile ed esigilo da te stesso ogni giorno» (Lettera 21).
«I pensieri istigati dal demonio sono tempestosi e pieni di tristezza: in modo subdolo e di soppiatto ti trascinano all’indietro. Se l’uomo non muore alle opere della carne, non può resuscitare alla vita secondo lo Spirito» (Lettera 124). e ancora «Tagliare la volontà è disprezzare il sollievo della natura e il procurarsi il benessere sempre e in ogni cosa. Fare la volontà di Dio è recidere la volontà che viene dai demoni, cioè la mania di giustificare e di confidare in se stesso. È allora che si è presi in trappola» (Lettera 173). Nei consigli che Barsanufio dà a quanti li chiedono, ci si accorge di non essere mai soli: con noi c’è il pubblicano del Vangelo, quello che vorrebbe non farci dire ogni volta: «Ho fatto bene, sono il migliore». La strada dell’ascesi mistica tuttavia è lunga ed impervia ed è in buona parte sostenuta da quella che Barsanufio chiama «la fatica del cuore», senza la quale tuttavia non arriverà mai il momento dell’incontro con Dio: «L’operazione interiore compiuta con la fatica del cuore porta con sé la purificazione e questa porta la vera pace. Per quanto è in tuo potere, rendi umili i tuoi pensieri e Dio aprirà gli occhi del tuo cuore in modo da vedere la vera luce e comprendere cosa significa dire ‘Per grazia sono stato salvato da Gesù Cristo nostro Signore’».
Non è comunque solo il monaco che deve perseverare, passo passo, nel suo umile sforzo di ascesi e di preghiera. Pur rivolgendosi prevalentemente ad interlocutori della comunità monastica, Barsanufio vuole fare arrivare il messaggio della mistica esicasta ad ogni uomo che voglia accostarvisi. Non è necessario essere monaci per farlo.