Gesù era lì già da prima, anche se essi "non lo vedono". Egli è presente fin dall'inizio, ma rimane "abitualmente invisibile". L'autore sacro vuole comunicare che l'evento non riguarda tanto il manifestarsi del Risorto, quanto il fatto che sono mutati gli occhi dei discepoli. Rispetto alla loro esperienza terrena con il Maestro, avviene una rottura. La sua fine ignominiosa e dolorosa provoca, infatti, paura e nascondimento. Dopo l'arresto di Gesù i discepoli erano tutti come scomparsi dalla scena. Di conseguenza, il rendersi conto della presenza di Gesù vivo in mezzo a loro, dopo la morte, non fa altro che provocare smarrimento e stupore: colui che avevano abbandonato non li aveva mai abbandonati, ma era stato sempre presente fra loro. Il Risorto, da parte sua, vuole mostrare ai discepoli il mistero che è accaduto chiedendo, addirittura, "di essere toccato" per dissipare ogni dubbio (cf. Lc 24,39). Egli chiede ai discepoli di porre in atto un gesto capace di permetter loro dì incontrarlo realmente come Risorto. Ne consegue che, secondo Barsotti, in questo racconto la vera esperienza del Cristo risorto non è un suo ritorno visibile verso i discepoli, ma piuttosto l'atto di "entrare", da parte discepoli, nel "mondo della risurrezione". In Gesù tutta la storia sacra si è compiuta. Egli ormai è la "Presenza"» [1]. Ora i discepoli cominciano a "vedere" realmente il Cristo. leggere...