Ci sono uomini di fede capaci di parlar chiaro, inafferrabili,
autenticamente controcorrente, non per vezzo, né per orgoglio,
ma profondamente liberi. Così si può dire di Don Divo Barsotti
considerato un grande mistico del ‘900, fondatore della
Comunità dei Figli di Dio, instancabile cercatore della Verità e
capace di risvegliare spiriti assopiti fossero etichettati di “destra”
o di “sinistra”. In questo forse un certo ruolo l’avrà giocato il suo
“temperamento toscano”, quel carattere che il Card. Biffi –
estimatore del Barsotti – ha definito “insofferente agli equivoci e
amante delle posizioni chiare”
1
.
A testimonianza di questa sua libertà di pensiero e di azione si può ricordare la profonda
amicizia con La Pira, il non facile rapporto con Dossetti, l’intenso incontro con Von
Balthasar e le parole scritte a prefazione di un saggio sull’opera di Romano Amerio: “Io
vedo il progresso della Chiesa a partire da qui, dal ritorno alla Santa Verità alla base di
ogni atto”
2
. Queste parole scritte a 91 anni, poco prima della morte avvenuta nel
febbraio 2006, sono di grande significato anche per risolvere la questione del
“rinnovamento nella continuità” come chiave interpretativa del Vaticano II e
probabilmente rappresentano l’ultimo avvertimento della “sentinella”.
La figura di Don Barsotti si offre in tutta la sua complessità: mistico, letterato, teologo,
monaco, missionario, poeta, sacerdote, la sua vita è stata tutto questo, una vita
attraversata dalla continua ricerca della volontà di Dio e perciò santamente travagliata. A
colpo d’occhio la sua esistenza appare come divisa da un cancello da attraversare, un
passaggio mistico tramite cui far comunicare il visibile con l’invisibile, in qualche modo
fisicamente rappresentato dal cancello di Casa S. Sergio sulle colline di Firenze, cuore
della Comunità da lui fondata e dove oggi riposano le sue spoglie mortali.
Don Divo nasce nel 1914 a Palaia in provincia di Pisa, settimo di nove figli; entrò in
seminario all’età di undici anni e nel 1937, dopo un certo travaglio interiore, divenne
sacerdote. Fino al 1947, anno della prima consacrazione in quella che diverrà la
Comunità dei Figli di Dio, la sua vita si potrebbe sintetizzare con questa frase: “Dammi
una missione, o Signore”
3
. Una notte di ottobre del 1944, fece un sogno in cui si trovò
davanti ad un cancello con uno splendido glicine, ad aprirgli un monaco, alto, solenne,
dai tratti orientali, che gli impedì di entrare, ma gli fece cenno di ascoltare un canto
dolcissimo che proveniva dall’interno della casa, Don Divo riconobbe quel monaco in
San Sergio di Radonez4
. Dodici anni dopo, nel 1956, alla ricerca di una sede per la
neonata Comunità, fece un sopralluogo ad una casetta nei pressi di Settignano, giunto
davanti al cancello della casa Barsotti restò impietrito: il cancello era identico a quello
del sogno, glicine compreso, inutile dire che quella fu scelta come dimora della ... LEGGERE...