segunda-feira, 6 de maio de 2019
don Divo, Non si giunge a Dio attraverso un nostro sforzo: è Dio che viene a noi. Noi dobbiamo accoglierlo nella fede e nella semplicità.
31 marzo 1960
Mio caro figliolo grazie della tua lettera. Va bene così.
Non devi impegnarti a fare di più.
Se starai meglio potrai con maggiore fedeltà recitare qualche parte
dell’Ufficio divino, ma quello che importa è che tutta la tua vita interiore sia un atto di pura adesione e abbandono a Dio, che tu viva un desiderio di amore e di lode che consumi tutto l’essere tuo
nella pace.
Non si giunge a Dio attraverso un nostro sforzo: è Dio
che viene a noi. Noi dobbiamo accoglierlo nella fede e nella
semplicità.
Non devi pensare che la tua malattia ti tolga il modo, la possibilità
di giungere alla santità. Se la santità fosse il risultato dei nostri
sforzi, se fosse la conquista dell’uomo certo tu dovresti sentire
questo dislivello fra quello che vuoi e quello che puoi – ma la
santità rimane un dono di Dio. Tu puoi crescere sempre nell’abbandono, nell’amore, nell’umiltà e questo tuo crescere sarà la condizione per ricevere il Suo dono di amore.
Può darsi che tu sia chiamato al matrimonio – ma il matrimonio
non potrebbe e non dovrebbe essere mai per te il risultato di
un ripiegamento, una rinunzia alla perfezione. Tu, qualunque sia
la tua via, non puoi rinunziare alla perfezione della carità. La vocazione alla santità è in te chiara, forte, continua. Sii dunque tranquillo.
Sarà Dio che ti guiderà. Sarà quello che Dio vuole.
Quello che importa è che si faccia da parte nostra tutto quello che possiamo per poterci rimettere poi tranquilli nelle mani di Dio. Ti sentiamo tanto vicino, sempre.
Ti abbraccio con tanto, tanto affetto nel Signore.
Sac. Divo Barsotti
(dal libro Amatissimo dal Signore