segunda-feira, 17 de junho de 2019
Pensieri del di don Divo Barsotti , tratti dagli esercizi spirituali che fece nel 1969 a Greggio; uno è sulla fede e l’altro sul martirio.
Il linguaggio è quello della
predicazione orale.
Vi ringrazio di cuore assicurandovi la mia e la nostra preghiera.
Il Signore vi benedica!
In Lui,
p.Serafino
Beato chi non si scandalizzerà di me
Dobbiamo sapere che possedere la fede non è mai senza rischio, non mai senza un dover
andare controcorrente: “Beato chi non si sarà scandalizzato di me” (Lc 7,23). La
tentazione contro la fede è più grave della persecuzione che ci muove il mondo, perchè
nella tentazione contro la fede è il mondo che ci vuole assorbire, è il mondo che ci vuole
sottrarre alla presenza del Cristo.
Io non posso credere in Cristo se non credo che quello che Egli mi ha detto si ademipirà;
io sto a guardare perchè avvenga quello che Lui dice, perchè se dipendesse da me... No,
faccia Lui. Che cosa voglia fare, non so, ma so che avverrà.
Credere semplicemente: abbandono umile e sereno, qualunque cosa ci avvenga. Io sono
sicuro che il Signore abbia voluto la Comunità e che l’abbia voluta precisamente come
risposta al bisogno del mondo di oggi; sono sicuro che questa Comunità risponderà a
questo bisogno, sono sicuo che la Comunità dovrà rendere una testimonianza vera della
presenza di Dio nel mondo di oggi.
Ci sarebbe da dire che sono mezzo pazzo, no? Tutti i cristiani in fondo sono pazzi, perchè
si fidano di un Dio il quale sta zitto, ti dice una cosa poi ti lascia solo, ti dice una cosa
poi ti abbandona nella tua povertà, ma proprio qui si prova la tua fede, quando, come
abbandonato da Dio, come solo, sembra che tutto per te si sfasci e rovini, e tu rimani
semplicemente e serenamente nelle sue mani.
Credere quando le cose vanno bene, è credere in noi stessi, è credere alle cose, non è
credere a Dio. La fede deve superare questi motivi. La beatitudine, dunque, di coloro che
non provano scandalo in Cristo, è la beatitudine della Chiesa, la quale sa di compiere la
missione voluta da Cristo, pur facendo acqua da tutte le parti.
Non dobbiamo essere angosciati. Se si crede in Nostro Signore, che cosa volete che sia la
rovina del mondo nei confronti dell’onnipotenza divina, nei confronti dell’onnipotenza
dell’amore di Dio? Le difficoltà, diceva santa Francesca Saverio Cabrini, sono come dei
giochi da ragazzi, di fronte a Dio. Sappiamo che Davide con una fionda, che era un
gioco, riuscì a stendere un gigante. Non temiamo. Temere significa avere poca fede. Noi
si cammina sempre sull’acqua, ma si cammina però! Guai se credi di affondare; tu
affondi davvero. Non dobbiamo affondare. Credere! E credere significa camminare
sull’acqua.
I martiri
Come hanno interpretato bene i primi cristiani, fino al secolo XIII, che cioè il vero
cristiano non è altro che il martire. Sì, ci sono i santi, anche, che non sono martiri ma
entrano proprio per la porta di servizio in Paradiso. Oggi abbiamo la concezione che i
veri santi siano quelli che vivono sempre nell’eroismo delle virtù. Niente affatto. Secondo
il cristianesimo primitivo, il vero santo è soltanto il martire. Degli altri diranno, infatti,
che vivono un martirio quotidiano: quello della castità ad esempio, o quello della
povertà. Ce li fanno entrare per la porta di servizio, dicevo. Il vero cristianesimo è quello
che, vivendo una partecipazione totale al mistero di Cristo, ne vive esattamente la morte
come morte volontaria, come accettazione volontaria di una morte per il suo Nome.
Ecco perchè non mancheranno mai nella Chiesa i martiri: ecco perchè la Chiesa si fonda
sui martiri. Non soltanto la Chiesa romana, ma la Chiesa coreana, ma la Chiesa cinese,
degli Stati Uniti, dell’America del Sud, della Germania, la Chiesa francese, spagnola,
dell’Africa, dell’Oceania.
Lo vedete: all’inizio non sono mai i Vescovi che fondano la Chiesa, ma il sangue dei
martiri. Forse non lo fanno apposta, perchè queste cose non le sanno più a Roma, però le
sa Nostro Signore, ed ecco perchè il primo santo di tutta la Chiesa dell’Oceania e il
patrono è un martire: san Pietro Chanel. Per questo anche gli unici beati che ha la Cina
sono martiri [ora sono santi, ma all’epoca in qui questo brano è stato scritto erano beati,
ndr], e unici santi che ha per ora l’Africa nera sono i martiri dell’Uganda; rimangono
sempre i martiri, coloro che veramente realizzano, nel modo più pieno, l’imitazione del
Cristo.
Dunque vedete un fatto estremamente importante che riguarda la santità: noi crediamo
che la santità consista in un processo nostro di impegno, di fare propositi, poi
impegnarsi, eccetera. I martiri non hanno fatto nessun proposito di essere martiri; è
veramente un fatto libero. La grandezza della partecipazione alla vita divina non
dipende da noi, quanto dalla libera scelta di Dio. E’ un fatto: se il vero santo è il martire,
il martire non si fa da sè. Ecco perchè l’ultima beatitudine di Luca, ma anche l’ultima in
Matteo, è quella della persecuzione a causa del suo Nome. E’ in questa persecuzione per
il suo Nome che la partecipazione, l’insegnamento del Signore acquista il suo ultimo
sigillo; è veramente la “promozione agli esami”, la vera promozione, il martirio.
Nessuno somiglia tanto al Cristo come il martire.