Don Divo Barsotti, la Chiesa oggi celebra, la Concezione Immacolata della Vergine
8 dicembre 1988 Ritiro di Roma
Dio non ha voluto l'incarnazione per sé, ma per noi
Prima di fermarci a meditare sul mistero che la Chiesa oggi celebra, la Concezione Immacolata della Vergine, sarà opportuno dire due parole in generale sul mistero di Maria.
Dice Pio IX nella Bolla Ineffabilis con la quale proclama il dogma della Concezione Immacolata di Maria, che Dio fin dall'eternità, prima di ogni altra cosa, ha voluto l'incarnazione del Verbo e la Vergine.
Perché Dio ha voluto associare così fin dall'eternità Maria al Figlio nel mistero dell'incarnazione che doveva essere il compimento di tutte le opere di Dio ad extra? Sembra abbastanza chiara la risposta, se pensiamo a quello che la Chiesa proclama nel simbolo Niceno-Costantinopolitano. In questo simbolo, si dice che Dio è disceso dal cielo e si è fatto uomo propter nos et propter nostram salutem.
Dio non ha voluto l'incarnazione per sé, ma per noi. Questo significa che il disegno divino, sin dall'eternità, è stato uno solo: l'unione ineffabile della creazione con Dio. Quindi, non soltanto l'incarnazione in quanto assunzione della natura umana, ma l'assunzione della natura umana in ordine al dono di sé, che il Verbo divino intendeva fare ad ogni persona creata.
L'incarnazione poteva sollevare a Dio la nostra natura ma non stabiliva ancora un rapporto fra la persona del Verbo e le persone create.
Questo ce lo possiamo spiegare se consideriamo chi è Dio. Dio è unico, ma sussiste in tre persone distinte: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Perciò Dio non è uno nella natura che per essere trino nelle persone. Ed è trino nelle persone perché è amore. Quando San Giovanni ci dice che Dio è amore, in questa espressione si vuole sottolineare l'attributo essenziale e costitutivo della divinità: egli è essenzialmente amore. Ma non potrebbe essere amore se fosse un Dio solitario, se fosse unico anche come persona. Se ama, ci deve essere in Dio stesso un amante e un amato; perciò in Dio ci deve essere la distinzione delle persone.
Come dunque Dio si rivela a noi in questa comunione ineffabile ed infinita di amore che passa dal Padre al Figlio e dal Figlio al Padre nell'unità dello Spirito Santo, così nelle opere ad extra, Dio non ha voluto tanto l'unità di tutta la natura umana assunta dal Verbo, quanto l'assunzione di questa natura umana perché il Verbo potesse poi comunicarsi ad ogni persona creata. Cioè Dio ha voluto l'alleanza, ha voluto questo mistero di amore per il quale egli entra in rapporto con l'uomo e l'uomo ora, entra in rapporto con Dio.
Dio ha voluto dire: "Tu sei mia Mamma"
Ho detto altre volte che la cosa più grande nell'incarnazione del Verbo non è tanto l'incarnazione in se stessa, quanto il fatto che mediante questa incarnazione Dio ha dovuto dire – pensate, ha dovuto dire! Naturalmente, perché Egli ha scelto questa via per farsi uomo – allora ha dovuto dire ad una figliola di sedici anni, ad una bambina che nessuno conosceva: "Tu sei la mia mamma". E questa fanciulla ha potuto dire al suo Dio: "Tu sei mio figlio". Cioè il dialogo eterno ed infinito di amore che passa dal Padre al Figlio e dal Figlio al Padre nel seno della divina Trinità, diviene ora il dialogo di una persona divina con una persona creata, la Vergine. Sono le stesse parole. "Tu sei il mio Figlio" dice il Padre; "Tu sei mio figlio" dice Maria. "Tu sei mio Padre" dice il Verbo divino alla prima persona della Trinità; "Tu sei la mia mamma" dice il Verbo incarnato a Maria.
E la stessa cosa, ma bisogna intendersi. Tutto Dio nel Verbo è relazione di amore al Padre; tutto Dio nel Padre è relazione di amore al Verbo. Il Padre in sé e per sé non è; è tutto nel Figlio e per il Figlio. Ed egli è tutto nel Padre e per il Padre.
Ogni persona divina è pura, assoluta e infinita relazione di amore all'altra persona correlativa. Altrettanto è vero e questa è una cosa che fa tremare cielo e terra, tra il Verbo incarnato e la Vergine, tra la Vergine e il Verbo incarnato. Anche Maria è tutta per Gesù in tal modo che Gesù non è figlio di una madre e di un padre, ma della sola madre. Come nella sua natura divina è figlio soltanto del Padre così, nella sua natura umana, è figlio della sola madre.
Nella sua natura umana egli dipende totalmente da lei, perché solo da lei riceve di essere uomo. Nella sua incarnazione il Verbo è tutto relazione di amore alla madre. Per questo la persona della Vergine è associata nel modo più intimo, più personale, più totale al Verbo divino fatto carne. Non al Verbo nella sua natura divina, ma al Verbo di Dio fatto uomo per noi. E tutto per lei.
Ma è anche vero che Maria Santissima è tutta relazione di amore al Figlio suo. Tanto questo è vero che Maria Santissima non può essere madre che di un solo figlio, come il Padre. Perché come il Padre esaurisce la fecondità infinita dell'essere divino nella generazione del Verbo, così la Vergine esaurisce la fecondità di tutta la creazione nella generazione del Cristo. E come la Vergine è puro, totale rapporto di amore al Verbo incarnato, così il Verbo incarnato è pura, totale relazione di sé alla Vergine sua madre.
Tutto questo è bene espresso da quel testo patristico che dice: Totius gratiae plenitudo quae in Christo est, venit in Mariam, quamquam aliter. Tutta la grazia che è in Cristo viene comunicata a Maria. Non tutta la grazia che è in Cristo in quanto egli è Figlio di Dio, perché la santità infinita di Dio è incomunicabile. Qui si parla della santità del Verbo divino in quanto si fa uomo, tutta la sua santità come capo della Chiesa, tutta si comunica alla Vergine. Ecco perché ella può essere madre di tutta la Chiesa.
Noi non partecipiamo che della santità di Maria. Non in quanto è una santità originaria, perché ella stessa riceve questa santità dal Verbo divino ma perché la riceve tutta. E tutti noi perciò, viviamo nel seno della Vergine, tutti noi viviamo nel cuore di Maria, partecipiamo alla sua santità.
Allora il Verbo divino, nella sua natura umana assunta, come capo della Chiesa, tutto si ordina alla Vergine, è tutto per lei. E si capisce perché Dio, fin dall'eternità, ha voluto prima di ogni altra cosa il Cristo e la Vergine: perché la Vergine santa esaurisce in sé, tutto il mistero di un Dio che si comunica al mondo. Ella è veramente la nuova creazione di Dio, ella è veramente colei che, in sé, comprende l'universo.
La grandezza di Maria
È questo un punto che dovremo meditare profondamente, perché quello che ci rimproverano coloro che non credono, è il fatto che sembra che non ci sia proporzione fra quello che la storia vuol dirci e quello che in realtà la teologia ci insegna.
Come è possibile pensare che quella bambina di forse sedici anni, nata in una borgata sconosciuta anche agli stessi giudei; quella bambina che non aveva nessuna grandezza umana e che è vissuta nell'oscurità, debba essere poi, secondo quello che ci dice la teologia, la Madre di Dio? Colei che in sé, aduna tutta la grazia? Colei che, come madre di tutta la Chiesa, può comunicare a ciascuno di noi parte di quella grazia che in lei soltanto è piena? Come unire queste due cose? L'umiltà della sua condizione umana, della sua vicenda storica, con la grandezza ineffabile e quasi infinita della sua santità e della sua dignità di Madre?
E qui il mistero del cristianesimo stesso, miei cari fratelli. Ci può essere qui fra di noi una persona che vale più di tutto l'universo per il Signore. Ci può essere; dipende da noi in quanto crediamo al suo amore. Perché in fondo, la santità di ogni anima non è altro che la santità di Dio comunicata a ciascuno. E la misura della comunicazione che Dio può fare di sé stesso a ciascuno di noi, è la fede che ci apre ad accogliere il dono divino. Non possiamo presentare a Dio nulla; possiamo soltanto ricevere da Lui. La santità nostra, non è altro che una partecipazione alla sua santità.
A Dio, noi, non possiamo offrire che i nostri peccati; non può ricevere altro da noi. Tutto ciò invece che è positivo, noi lo riceviamo da lui. Noi non abbiamo altro che questo da dare: la nostra povertà, la nostra indigenza e purtroppo, anche i nostri peccati. Questo egli vuole da noi! Ma vuole che ci doniamo a lui, in un atto di fede assoluta nel suo amore, per poter accogliere questo amore infinito che non ha altra misura che la nostra fede. La misura del dono divino non può essere in Dio, perché Dio è infinito. La misura del dono di Dio sta nella fede che abbiamo nel suo amore.
La grandezza di Maria è tutta qui; non c'è altra grandezza nella Madonna.
Santa Elisabetta lo proclama quando Maria va da lei: "Beata tu che hai creduto!": tutta la grandezza di Maria sta nella fede per la quale ella si apre totalmente ad accogliere Dio, pur essendo una poverissima figliola. La grandezza sua è la grandezza della sua fede. Tutta la grandezza di Maria sta in questa fede per la quale ella si abbandona totalmente all'amore inconcepibile e immenso di Dio.
Gesù e Maria associati fin dall'eternità. Il Padre celeste non ha voluto il Cristo senza volere Maria; ha voluto il Cristo per Maria e Maria per il Cristo, perché ha voluto l'alleanza. Ha voluto cioè che la creatura umana fosse associata alla vita stessa di Dio e per questo egli ha dovuto farsi uomo. Però, anche facendosi uomo, nessuna persona creata avrebbe potuto vivere questa comunione di amore; ma facendosi uomo da una donna, nell'incarnazione medesima, egli vive un rapporto di amore. Dio non è rapporto con la creazione. Indipendentemente dalla sua volontà, assolutamente libera, Dio vive una infinita, eterna solitudine. La sua trascendenza infinita di per sé, esige la solitudine assoluta di Dio. Nessuna creatura può violare questa solitudine. Ma Dio stesso vuole amarci e per questo si fa uomo e lo fa attraverso una donna.
La sua incarnazione suppone già un rapporto di amore, perché sceglie una bambina per nascere da lei. E guardate che non è soltanto lui che sceglie questa bambina, ma questa bambina dà a lui tutta la sua carne e il suo sangue. C'è veramente un rapporto reciproco già nell'incarnazione. Ed è questo il mistero più grande, mistero che poi per noi suppone la morte di croce.
Anche per Maria Santissima suppone la morte di croce, perché anch'essa avrebbe dovuto subire almeno il peccato originale. Come dice la bolla Ineffabilis Maria è preservata dal peccato intuitu meritorum Christidebitum anche per Maria: anche lei doveva soggiacere al peccato originale e col peccato originale forse anche ad altri peccati, come tutti noi.
Dio l'ha preservata in vista della morte di croce del Figlio; però l'ha preservata fin dal suo concepimento, in modo che nessun peccato ha potuto mai sfiorarla. E in questo è diversa da noi.
Che differenza fra noi e Maria?
Noi invece viviamo il rapporto con Cristo, non tanto per l'incarnazione del Verbo, anche se questa è condizione perché ci sia un rapporto fra Dio e noi. Il nostro rapporto di amore con Cristo, è stato da lui stabilito con la sua morte di croce. Questo si spiega perché per noi, egli deve assumere il nostro peccato, mentre per Maria Santissima non lo assume.
Il Cristo vive con lei, già nell'atto stesso della sua incarnazione, un ineffabile rapporto di amore. Per noi invece, il Cristo ha dovuto assumere, non più la nostra natura umana soltanto, ma anche il nostro peccato. E assumendo la responsabilità del nostro peccato, egli è divenuto colui che come amico, come sposo, ci ha donato il suo sangue, ci ha donato la sua vita, ci ha donato la sua santità. Ma con Maria Santissima, è fin dal primo istante dell'incarnazione del Verbo che si è stabilito un rapporto reale e personale della seconda persona della Santissima Trinità con una persona creata, una bambina: e di questa bambina col Verbo di Dio.
Allora se il mistero dell'associazione del Cristo alla Vergine e della Vergine a Cristo conclude ed abbraccia tutto il mistero dell'economia, tutto il mistero per il quale Dio ha operato al di fuori di sé, ne viene che Maria è all'inizio, al centro e alla fine di tutta quanta la storia della salvezza.
E all'inizio, perché Dio ha voluto lei col Cristo fin dall'eternità. Questo lo dice il papa nella bolla con la quale proclamava la sua Concezione Immacolata. Il papa dice che Dio ha voluto Maria e Cristo con un atto che precede ogni suo disegno nei riguardi del mondo.
Maria è al centro, perché al centro di tutto c'è l'incarnazione del Verbo; e senza Maria questa incarnazione non c'è. Dio ha scelto di farsi uomo assumendo la natura umana da lei; e lei gliel'ha data. Non è come Adamo. Adamo fu creato direttamente da Dio, ma Gesù no. Gesù è figlio di Maria. E soltanto per lei che egli è uomo; soltanto per lei! Non c'entra nessun'altra creatura. Solo per la Vergine!
Maria è alla fine di tutto il mistero cristiano perché, come il pensiero di Dio fin dall'eternità abbraccia tutta la creazione per renderla partecipe della sua santità, così l'assunzione di Maria e la sua glorificazione sono la promessa sicura, l'anticipazione reale di quella che sarà la glorificazione di tutta la creazione.
Perché Cristo risorge?
Che ruolo ha allora, la resurrezione di Gesù? Essa è la glorificazione della natura umana del Verbo divino. Era impossibile che il Verbo divino non dovesse essere glorificato.
Era quasi inconcepibile che Dio potesse assumere la natura umana, e questa non venisse immediatamente glorificata. Come è possibile che Dio possa far sua una natura umana e questa natura umana debba conoscere la fame, la stanchezza, il dolore, l'oltraggio, la morte? Per noi questo è il mistero supremo.
Lo si spiega perché c'è di mezzo il peccato, e Gesù fin dalla sua nascita assume una natura umana che a causa del peccato va soggetta alla morte, perché egli vuole esserne il salvatore. Ma di per sé l'assunzione della natura umana implicava necessariamente e nel modo più assoluto una glorificazione di questa natura. Infatti, è mai possibile che uno si getti in una fornace e non bruci? Ed è possibile che la natura umana, assunta dal fuoco della divinità, immediatamente non bruci? Cioè che non venga immediatamente glorificata da Dio? Perciò, la glorificazione di Gesù non mi dice ancora la mia glorificazione, perché io sono distinto dal Verbo divino. E nella natura umana assunta dal Cristo, è il Verbo divino che vive; perciò era assolutamente necessario che questa natura fosse glorificata.
Maria Santissima invece è una persona umana come me; pertanto la glorificazione di Maria è veramente promessa e anticipazione di una glorificazione che investe tutti noi. Come la sua santità implica la nostra santità, perché la nostra santità è una partecipazione della sua, così la sua glorificazione anticipa e dà a me la sicura speranza di una mia glorificazione futura. È vero che sono un pover'uomo, perché sono una persona creata ma la glorificazione di Maria è sicura promessa di una mia glorificazione.
In Gesù è Dio che si comunica; in Maria è Dio che si è comunicato
Così Maria si trova all'inizio, al centro e alla fine di tutte le cose. Non indipendentemente dal Verbo, perché fin dall'eternità Dio ha voluto associare sempre il Verbo divino e la Vergine. Il Verbo, come sorgente prima di tutta la vita soprannaturale; Maria, come colei che riceveva da lui tutta questa vita. In Gesù è Dio che si comunica, in Maria è Dio che si è comunicato.
Allora possiamo comprendere la verità delle parole di sant'Andrea di Creta, colui che fra tutti i Padri della Chiesa ha più glorificato Maria. Egli afferma: "Dopo Dio tu sei Dio"; un secondo Dio! Ed è vero, come è vero che noi tutti dobbiamo divenire Dio per grazia. La Vergine non è Dio per natura, ma nel Verbo incarnato, Dio tutto si dona alla Vergine e la Vergine tutto lo accoglie in sé come suo figlio. Pertanto ella è veramente Dio dopo Dio, come dice sant'Andrea di Creta. Per questo la patristica può dire che è un secondo Dio: non Dio per natura, ma Dio comunicato. Dio che si comunica è il Cristo, Dio comunicato è la Vergine. Ora noi, essendo persone, siamo coloro che devono accogliere il dono di Dio.
La realtà è segno del mistero
Come si supera lo scandalo, che per molti che non hanno fede costituisce un ostacolo insuperabile, della povertà sul piano visibile di quello che invece, sul piano teologico, ha una portata di grandezza immensa? Per noi cattolici la cosa è molto semplice e chiara.
Noi crediamo che sotto le specie del pane e del vino, è presente il Figlio di Dio; eppure c'è un segno più deludente di queste specie nelle quali noi crediamo presente colui che è l'immenso, colui che è l'infinito? Se noi possiamo credere alla presenza reale del Cristo nel mistero eucaristico, possiamo credere anche che tutto quello che è visibile non è che segno di un mistero immenso che lo sovrasta. Questo non è vero soltanto per la Madonna, è vero anche per Gesù. Pensate alla morte di Gesù: tutta l'umanità che vive forse da 600.000 anni, dipende da questa morte! La salvezza di ogni uomo come quella di tutti i popoli e di tutta la creazione, anzi persino l'elevazione degli angeli allo stato soprannaturale, secondo gran parte dei teologi, dipende da questo uomo di cui sul piano storico sappiamo ben poco. Di lui sappiamo soltanto che è stato crocifisso ed è morto a Gerusalemme; perché tutto quello che dicono i vangeli è vero, ma dai vangeli non si può ricostruire una vita nel senso vero e proprio di Gesù. Di tutta la sua esistenza, prima dell'inizio della vita pubblica, ci vengono riferiti solo alcuni spezzoni ma così divisi fra loro che non possiamo ricostruire una storia della sua infanzia, della sua giovinezza e anche della sua età matura fintanto che egli non inizia la vita pubblica. Con due parole l'evangelista se la cava: Et erat subditus illis, ed era soggetto a loro. Di nostro Signore sappiamo pochissimo per quanto riguarda la sua vita umana quaggiù. Così la storia del Cristo e tanto più la storia di Maria, appare come qualcosa d'insignificante, così come insignificanti sono le specie del pane, se vogliamo proporzionare il segno alla realtà significata.
Ricordiamoci una legge fondamentale della vita religiosa: siccome Dio è l'infinito, il segno tanto più lo rende presente quanto più esso stesso quasi scompare. E all'opposto, quanto più il segno è espressivo, tanto meno Dio si fa presente. Lo vediamo nella rivelazione cosmica, dove segno di Dio è tutta la creazione. Anche oggi. la maggior parte degli uomini vivono una vita religiosa più in rapporto alla creazione che in rapporto a Gesù e alla Chiesa. L'immensità del mare, la maestà dei monti ci riempiono di stupore. Questo è tanto vero, e la cosa sta dimostrare come sia diminuita la nostra fede, che perfino i santini, quelle piccole immagini che si possono trovare nei negozi di articoli religiosi, raffigurano prevalentemente monti, mari o fenomeni naturali. E sapete perché? Perché Dio oggi, si sente più attraverso la creazione che non attraverso rivelazioni più alte di Dio stesso. La creazione dà il senso dell'immensità di Dio, ma ti dice che Dio ti ama? Quando vedi un fiume, hai la percezione che vi è un Dio che ti ama? Così se contempli l'immensità del mare, pensi che vi è un Dio che ti ama? No. perché non è ancora un Dio personale quello che ci dà la rivelazione cosmica.
Il cristianesimo è rapporto personale con Dio
Quando invece Dio diviene personale, entra in rapporto con l'uomo: con Abramo, col popolo giudaico. Però anche questo non è un rapporto pienamente personale; è il rapporto di Dio che crea la storia di un popolo. È soltanto alla vigilia del cristianesimo che la preghiera nel giudaismo diviene una preghiera personale. Ma anche allora non è una preghiera che implichi un rapporto personale pieno di Dio con l'uomo. Il cristianesimo sta in questo: Dio ama me! Per me egli è morto! Dilexit me et tradidit semetipsum pro me. Per questo per Iddio, io valgo più di tutto l'universo; io sono, per Iddio, più di tutta la creazione; egli mi ama!
Se l'amore di Dio è un amore personale, implica che Dio si ordini a ciascuno di noi; ed essendo egli infinito non può amarmi per parte, perché Dio non ha parti, essendo semplicissimo.
Perciò Egli mi ama con tutto se stesso; ognuno di noi è termine di un amore infinito. Ognuno di noi! Ecco allora il cristianesimo. Il segno è poverissimo, è Gesù. E dopo di lui, saranno le specie eucaristiche. Sono io, povero uomo come sono, segno di questo amore immenso.
Eppure Dio amandoci che cosa fa? Mi ha reso forse più giovane? No. perché sono invecchiato lo stesso, anche se Dio mi ama. Dio mi ama e posso avere il mal di gola, posso essere raffreddato. Dio ci lascia nel nostro nulla. Sembra che non ci sia nessuna prova di questo amore infinito che egli ci porta. Per questo tante volte gli uomini si ribellano: "Dio non è giusto perché mi ha fatto morire il marito", "perché ha fatto morire mia moglie". Ci si ribella, perché vogliamo proporzionare l'amore di Dio a delle cose umane, storiche, mentre su questo piano Dio è come assente. La fede che dobbiamo avere in lui trascende assolutamente tutte le manifestazioni che egli può darci di sé. Credete forse che Dio ami meno me di quanto egli ama il papa? Dio ama tutti di un amore infinito. La misura dipende dalla fede che io ho nel suo amore, dalla fede che il papa ha nel suo amore. Tutto dipende da questa fede, perché la misura dell'amore di Dio non è in Dio che ci ama, come vi ho detto all'inizio, ma è in noi che nella fede ci apriamo ad accogliere questo amore.
E per questo che la cosa più difficile per noi cristiani non è tanto l'esercizio delle virtù. Le virtù vengono esercitate anche nelle altre religioni. Se conoscete la morale buddista, non potete negare che sia una morale grandissima e nobilissima. Se conoscete lo stoicismo, non potete negare la nobiltà di quella morale, anche di pagani come Seneca ed Epitteto. Questo è tanto vero che si voleva fare di Seneca quasi un cristiano, talmente nobile è tutto quello che egli insegna. Ma quello che manca a queste persone è la fede, quella fede che apre la creatura ad accogliere Dio. Fintanto che esercitiamo le virtù, le virtù fanno parte della morale umana perché, anche indipendentemente dalla fede, uno deve essere retto ed onesto. Sarà più difficile essere onesti e retti, però dobbiamo esserlo lo stesso. La morale fa parte della natura umana come tale. Ma è nella fede che ci apriamo ad accogliere Dio. Intendiamoci! Non basta la fede; ma con la fede, se viviamo l'amore di Dio, avremo anche le virtù che sono la conseguenza naturale dell'avere accolto Dio in noi, perché dice il vangelo che: "Uno solo è buono, Dio". Dio però che vive in ciascuno di noi. Perciò dobbiamo partecipare alla bontà di Dio, ma vi partecipiamo nella misura che accogliamo Dio in noi e Dio vive in noi la sua medesima vita.
Maria segno di Dio
Allora che rapporto vi è fra tutto quello che di Maria dice la teologia e la storia di questa umile donna di cui sappiamo così poco? Di questa donna che è vissuta nel nascondimento più grande? Che non ha avuto nessuna importanza, non dico per il giudaismo, ma nemmeno per il suo paese natale? Che rapporto vi è? Vi è il rapporto del segno con la realtà significata.
La realtà significata in Maria era Dio stesso in quanto, nella sua fede, ella lo aveva accolto in sé. Da questo, noi possiamo comprendere perché il sommo pontefice nell'enciclica sulla Madonna, che è un enciclica fra le più belle che il papa abbia scritto, insiste tanto sulla fede di Maria; perché la grandezza di Maria è pari alla fede che ella ha avuto in Dio. E la fede che ci apre ad accogliere la sua onnipotenza: è la fede che ci apre ad accogliere soprattutto il suo amore.
Con questa prima meditazione noi volevamo fare il punto su quello che è la Madonna e abbiamo detto: la Madonna è nel piano divino colei che riassume tutto il mistero dell'economia, cioè tutto quello che Dio ha compiuto al di fuori di sé. La Madonna tutto in sé lo esaurisce; non indipendentemente dal Cristo, perché senza il Cristo la Madonna non è nulla, ma la Madonna col Cristo, il Cristo e la Madonna. Così le parole di papa Pio IX nella bolla Ineffabilis sono pienamente vere. Non solo per quanto riguarda l'intenzione prima di Dio: egli ha voluto fin dall'eternità, come prima cosa dice il papa, il Cristo e la Vergine. Ma quello che egli ha voluto fin dall'eternità si è compiuto nel tempo e tutta la storia si riassume nell'incarnazione del Verbo, nella quale Cristo e la Vergine sono associati nel modo più intimo: né Gesù senza Maria, né Maria senza Gesù.
Centro di tutto il mistero dell'economia. Ma Maria è anche alla fine, perché anche alla fine non posso pensare a Gesù solo. Come non posso pensare a Gesù solo per la sua incarnazione, così non posso pensare a Gesù solo, nella sua glorificazione finale, perché la glorificazione di nostro Signore è necessaria; non è un fatto libero, non è un fatto gratuito. Egli deve essere glorificato perché è Dio. E vero che ha assunto una natura umana passibile perché si è fatto uno con tutti i peccatori però, come Dio, non poteva non essere glorificato. E anzi un mistero grandissimo il fatto che questa glorificazione sia stata rimandata alla fine della sua vita. Nell'atto stesso in cui egli assumeva la natura umana, questa natura umana doveva essere glorificata e divinizzata. E quello che avviene a noi: quando saremo totalmente liberati da ogni imperfezione, immediatamente saremo trasformati in Dio. Anche prima della morte, secondo San Giovanni della Croce; secondo me no, perché, una volta identificati col Cristo, allora ancor più dobbiamo vivere per la redenzione del mondo. Non ci si può dissociare dalla creazione tutta intera. È l'insegnamento che ci ha dato Santa Teresa di Gesù Bambino correggendo San Giovanni della Croce. Per San Giovanni della Croce una volta che l'anima è purificata, se ne va subito in paradiso in un'estasi beata. No, dice Santa Teresa di Gesù Bambino; io voglio morire come Gesù nella desolazione e nell'abbandono. Perché? Perché vuole essere la tavola a cui si aggrappano i peccatori per essere salvati. Questo è uno dei temi fondamentali della spiritualità di Santa Teresina.
Noi non possiamo dissociarci dai nostri fratelli. Quanto più saremo santi e tanto più dovremo somigliare a Gesù il quale liberamente, gratuitamente, ha voluto assumere il peso di tutto l'universale peccato e lo ha portato sopra la croce per redimere il mondo. Così anche noi. Però di per sé, una volta che siamo liberi da ogni peccato, come Gesù, così anche noi dovremmo essere subito glorificati. Invece è rimandata la nostra glorificazione, che però ha una sicura promessa e un'anticipazione reale nell'Assunzione di Maria.
Le tre grandi feste della Madonna
Ed ecco allora le tre grandi feste della Madonna, tutte e tre feste di precetto: l'Immacolata Concezione, la Maternità di Maria e l'Assunzione. Perché si celebra l'Immacolata Concezione nell'avvento, all'inizio dell'anno liturgico? Perché è la prima cosa che Dio ha voluto. L'avvento inizia con la volontà di Dio di associare fa Vergine e Cristo. Perché poi con il Natale si celebra la Maternità di Maria? Perché è impossibile celebrare il Natale senza pensare alla Vergine. Gesù non può nascere se non nasce dalla Madonna. E perché al termine dell'anno liturgico, dopo cioè tutte le feste che contemplano gli eventi salvifici di Dio, perché dopo la Pentecoste, c'è l'Assunzione di Maria? Perché è il termine di tutto. Assunzione che anticipa ed è promessa della glorificazione di noi tutti in Maria e con Maria.
Ecco dunque, chi è la Madonna. Allora comprendiamo come non si possa negare qualche cosa alla Vergine senza compromettere il mistero cristiano. Infatti esso è il mistero di un Dio che si comunica al mondo e che è accolto tutto dalla Vergine pura. Ed è per questo che io non posso pensare al Cristo senza di lei; e non posso pensare a lei senza il Cristo. Nessuno è così associato al Verbo come Maria; e nessuno è associato a Maria come il Cristo.
"… per opera dello Spirito Santo"
Si diceva all'inizio: come il Padre è totalmente, eternamente ed infinitamente in rapporto di amore al Figlio, così il Figlio lo è al Padre. E si deve dire ugualmente: come il Verbo incarnato tutto si ordina all'uomo così in Maria, l'uomo tutto si ordina a Cristo. Si ripete nel mistero dell'economia, nel mistero della creazione, quello che è il mistero della vita intima di Dio. Come nella vita intima di Dio il rapporto del Padre al Figlio e del Figlio al Padre si consuma nell'unità dello Spirito Santo, così si consuma l'unione di Cristo alla Vergine e della Vergine a Cristo nello Spirito Santo: "Discenderà sopra di te lo Spirito del Signore".
È lo Spirito Santo che unisce ineffabilmente Maria a Gesù, perché Maria diviene Madre del Cristo per opera dello Spirito Santo. Ed è per lo Spirito Santo che il Figlio di Dio si comunica al mondo, perché si comunica in quell'atto di amore per il quale egli si dona.
Il mistero cristiano ripete analogicamente il mistero stesso della Trinità, con la differenza che nella Trinità tutto è necessario, essenziale, eterno; mentre tutto è libero nel mistero dell'economia cioè dell'opera ad extra di Dio.
Totale riferimento al Cristo lo è solo una persona creata: la Vergine pura. Per questo è vero che totius gratiae quae in Christo est plenitudo venit in Mariam, quamquam aliter. Tutta la pienezza della grazia che è nel Cristo, tutta venne in Maria, ma in modo diverso, perché in Cristo vi è come la sorgente, mentre in Maria vi è come il lago che raccoglie tutte le acque della grazia.
Ecco che cos'è la Vergine santa. Non potremo mai esagerare la sua grandezza. È una grandezza totalmente gratuita, che dipende cioè dall'amore di Dio; ma è una grandezza reale. Ella veramente è più grande di tutta la creazione. La creazione stessa è segno di lei, di lei che è la nuova creazione nella quale inabita Dio. Se siamo in grazia, Dio che è l'infinito, inabita nel nostro cuore. E se ci sta lui, ci può stare anche tutta la creazione!
La grandezza dell’uomo
Ecco la potenza dell'uomo! Piccola cosa in sé, l'uomo è creato per essere più grande della creazione intera. Oggi siamo parte di questa creazione. Sul piano fisico siamo nulla, ma sul piano reale ognuno di noi può essere più vasto di un continente. Se la Vergine è madre di tutta la Chiesa, questo significa che tutti gli uomini vivono della sua grazia; da lei ricevono quella grazia che ha origine in Dio e di cui lei, in dipendenza dal Cristo, è la mediatrice. Perciò ella abbraccia tutta l'umanità, anzi tutta la creazione. Se di fatto è mediante l'incarnazione, come insegnano molti Padri, che anche gli angeli sono stati elevati alla vita soprannaturale, perfino il mondo angelico ella abbraccia nella sua mediazione, in dipendenza da Cristo. Ella non è parte della creazione; è la creazione che diviene parte di lei!
Questo è vero anche per ognuno di noi nella misura della nostra fede. Ognuno di noi nella misura della propria fede è più vasto del mare, più alto dei monti, raggiunge il cielo e può aprirsi tanto da abbracciare tutta la terra. La carità che Dio ci comunica, per sé non ha altro limite che quello della fede nella quale noi accogliamo questa carità che è diffusa nei nostri cuori per lo Spirito Santo che c'è stato dato, come dice San Paolo nella Lettera ai Romani. Ed ecco allora che anche per noi, povere creature come siamo, è vero che, amati da Dio, nella misura che con cui accogliamo questo amore divino, viviamo già la salvezza. Che cos'è la salvezza? E la liberazione, è il superamento dei condizionamenti propri della natura umana. Se noi viviamo soltanto nel tempo, noi siamo digeriti. Fra cinquanta anni chi mi ricorderà più? È come se non fossi mai nato. Ma se sono amato da Dio, io tocco l'eternità; il tempo non ha nessuna capacità di distruggermi. Io emergo dal tempo e tocco l'eternità.
E ugualmente: che cosa mai sono io in questo mondo? Sono nulla anche in Italia; figuriamoci nel mondo! E che cosa sono nella creazione intera? Ma se io tocco Dio, se nella fede vivo un rapporto reale con Dio, io vivo l'immensità stessa di Dio. La creazione è una cosa qualunque nei confronti della mia grandezza, perché la salvezza del cristiano è una partecipazione alla vita stessa di Dio che a noi si comunica mediante il Verbo incarnato. Ma a noi si comunica nella misura di una fede che in noi è sempre povera, che in noi è sempre ben misera, anche quando l'abbiamo. Nella Vergine invece, è una fede che non ha conosciuto altro limite che quello che può avere un atto umano, perché lei rimane una creatura umana. Perciò la santità di Maria non è una santità infinita, ma si può dire, con Sant'Andrea di Creta, che è quasi infinita perché non ha altro limite che la possibilità stessa della nostra natura di essere assunta da Dio, di essere capax Dei, capace di accogliere Dio stesso.
Di qui ne deriva il nostro stupore, ma anche la nostra gioia di sapere che una nostra sorella è stata elevata a così grande dignità, e che è stata glorificata da Dio con una glorificazione così immensa. Che cosa meravigliosa non è mai il cristianesimo!
Sequela Christi
In Maria soltanto, noi contempliamo l'opera di Dio. Nell'incarnazione del Verbo vediamo un Dio che si fa uomo, ma era Dio anche prima. Non ha aggiunto nulla alla sua divinità, il fatto di essersi incarnato; ma l'incarnazione diviene condizione perché ciascuno di noi possa elevarsi fino a lui. Infatti per l'incarnazione Dio non entra in rapporto soltanto con Maria, ma anche con noi. Ed ecco la sequela Christi. Posso essere il discepolo di Gesù, posso essere suo compagno e suo fratello, posso essere il suo amico: posso essere la sua sposa!
C'è qui una novizia che è chiamata ad essere la sposa del Verbo. Che cos'è mai tutta la storia del mondo nei confronti di quello che lei dovrà vivere? Una sciocchezza qualunque! Sposa! Che vuol dire sposa? Vuol dire che lo sposo si ordina alla sposa, perché il matrimonio esige il dono reciproco dell'uno all'altro. Ebbene quella figliolina lì, darà a nostro Signore la sua povertà, la sua impotenza; e nostro Signore le darà tutto quello che è. Mediante l'incarnazione anche noi viviamo questo rapporto, ed è in questo rapporto che consiste la vita cristiana.
Rendiamoci conto che le virtù di per sé non sono la vita cristiana. Non c'è vita cristiana senza le virtù, intendiamoci bene; ma le virtù sono un effetto naturale del nostro rapporto col Cristo e del rapporto del Cristo con noi. Quello che è essenziale prima di tutto è il fatto che Dio mi ama e io lo amo; è il fatto cioè che si entra in un rapporto vivo con il Verbo incarnato. Questo rapporto non sarà mai come quello della Vergine con Gesù, ma sarà sempre una partecipazione a quello stesso rapporto.
Parleremo dell'Immacolata Concezione di Maria durante la Messa, ma prima era bene dare questa visione complessiva e sintetica della grandezza di Maria. Perché tante volte la si pensa come una parte; ma lei non è parte! Nessuno di noi è parte. Però noi, anche se per esempio siamo tutta la Chiesa, lo siamo ma non totaliter. Lo siamo secondo la misura della nostra fede; ed è sempre ben poca cosa, la nostra fede. Però resta il fatto che noi non possiamo essere parte, perché siamo un assoluto, perché Dio si ordine a ciascuno di noi! Come se io fossi solo al suo amore! Io realizzo questa mia grandezza assoluta nella misura che vivo il mio rapporto con Dio. Ecco perché, mentre nell'Antico Testamento vi è una storia del popolo ebraico, nel cristianesimo la storia della Chiesa non è una storia sacra. Quello che è sacro invece è la vita di ciascuno di noi. Ed ecco i santi, che tante volte sul piano umano hanno condotto una vita di una povertà estrema, come tante povere suore vissute nell'ombra: ma Dio le amava ed esse amavano Dio.
Questo ci insegna la Vergine.
"Io sono l’Immacolata Concezione"
In questa santa Messa, che viene celebrata in onore della Vergine santa, dobbiamo cercare di meditare che cosa significhi il mistero del suo concepimento immacolato.
Già San Massimiliano Kolbe aveva cercato di approfondire il perché del nome che Maria Santissima si era dato, quando aveva risposto a Santa Bernadette che glielo chiedeva su richiesta del suo parroco. La risposta della Vergine infatti, era piuttosto strana. Dio solo può dire: io sono la verità, io sono la sapienza. Egli solo cioè può affermare di sé, in senso assoluto, un qualche attributo. Per questo anche il parroco di Santa Bernadette rimase sconcertato, quando sentì dirsi che il nome richiesto era "Immacolata Concezione". Maria Santissima avrebbe potuto dire, in senso participiale, che era concepita immacolata; dunque concepita e non concezione.
San Massimiliano Kolbe mise in rapporto questo nome datosi dalla Vergine al nome che Dio dà di se stesso: io sono la verità; io sono l'Amore. E la Madonna è la Concezione Immacolata. Questo sta a dire, che la Madonna parla di sé in senso assoluto; ma parla di sé come creatura, perché se è stata concepita, questo significa che è una creatura.
Che cosa vogliono dire dunque queste parole? Che Maria Santissima è la creatura così come Dio poteva volerla e che Dio ha realizzato nella sua perfezione ultima. Ora, una creatura realizzata nella sua perfezione ultima è pura capacità di accogliere Dio. Null'altro. Maria è dunque, pura trasparenza. Concezione Immacolata di lei allora, vuol dire che la sua creazione dal nulla diveniva una capacità che accoglieva l'infinita santità di Dio, che accoglieva in sé tutto lo splendore e la luce dell'essere divino.
In che senso la Madonna è Dio?
Abbiamo chiuso la meditazione precedente, dicendo che si potevano accettare le parole di Sant'Andrea di Creta con le quali egli proclama che la Madonna, dopo Dio, è Dio ella stessa, un secondo Dio. Ora queste parole si devono giustificare meglio parlando della Concezione Immacolata della Vergine.
Che cosa ha voluto Dio quando ha voluto la creazione? Dio può volere altra cosa che se stesso infinito? No, e per questo, quando ha voluto la creazione, ha voluto se stesso infinito. Ma la creazione poteva essere lui? Sì, lo poteva essere perché quello che Dio è per necessità di natura, Dio stesso, per libera gratuità di amore, ha voluto che lo fosse la creazione. E di fatto è questo che ci insegnano San Gregorio Nazanzieno, San Gregorio di Nissa, Sant'Ippolito e che ripeterà San Massimo il confessore, come pure San Giovanni della Croce: l'uomo deve divenire Dio per grazia, deve divenire Dio per partecipazione di amore. Questa è la ragione dell'essere suo.
Queste parole sembrano bestemmie, talmente sono grandi e sproporzionate alla nostra povertà, ma vogliono dire che noi siamo una pura possibilità che si apre ad accogliere Dio. Se Dio si dona, noi dobbiamo essere un abisso capace di accogliere l'infinito.
Ricordate le parole che il Padre celeste dice a Santa Caterina da Siena nel Dialogo della Divina Provvidenza? "Come io sono infinito nell'atto", dice Dio Padre alla santa, "così tu, che sei creatura, sei infinita nel desiderio". Dio ci ha creato come pura capacità per accoglierlo. Siamo come un nulla che si apre ad accogliere in sé l'infinito.
Santa Teresa in genere non è una grande poetessa, anche perché scriveva le sue poesie solo per la ricreazione delle sue monache. Ne ha però scritta una davvero meravigliosa dove manifesta il suo stupore per il fatto che Dio possa unirsi al nulla e come il nulla possa accogliere l'infinito di Dio. "Tu leghi quello che non è", ella dice, "con quello che è". Come si fa a legare insieme quello che è con quello che non è? Eppure la creatura è questo: possibilità reale di essere Dio. Ecco che cosa ci ha fatto il Signore!
Noi non siamo più che questa possibilità reale di essere Dio: ma per essere Dio per grazia, bisogna che l'anima nostra viva l'umiltà più profonda dell'essere creato. Bisogna che sappia, senta e viva di non essere se non in dipendenza da Dio. L'essere della creatura non è mai un essere autonomo. In sé e per sé la creatura non è. Ella è in Dio e per Dio e in lui e per lui è quello che Dio vuole che essa sia. Siccome abbiamo detto che Dio non può volere altro che se stesso, la creatura sarà dunque una capacità che accoglie Dio e si trasforma in Dio stesso divenendo Dio per grazia.
Chi ha realizzato questo mistero ineffabile, questa vocazione straordinaria dell'amore divino? Una sola creatura, la Vergine. Proprio per questo ella è la tutta santa, perché nessun peccato l'ha mai sfiorata: nessun limite, che implica ogni senso di proprietà, ella ha opposto al dono di Dio.
L’orgoglio dell’uomo
Il peccato più grave è crederci autonomi nei confronti di Dio. È ergerci contro Dio che è il nostro creatore. Il pretendere di essere indipendentemente da Dio non è una bestemmia; è una stupidità perché siamo creature.
Senza Dio noi non siamo; se siamo, siamo in Dio. L'essere stesso ci viene partecipato. Non siamo, ma abbiamo l'essere, cioè lo riceviamo. In sé e per sé la creatura non è; è in Dio e per Dio. È nella ragione stessa del peccato che l'uomo affermi se stesso. Invece i santi, i mistici cristiani per esempio, hanno soltanto un desiderio, una fame, una volontà: quella di sparire, di morire a se stessi. Il cammino dell'anima verso Dio, per noi che ci siamo allontanati da lui, è il cammino dell'umiltà. Non si tratta di ascendere il monte Carmelo, né di salire la scala del paradiso, di scendere nel più profondo dell'abisso del nulla. Solo il nulla può accogliere Dio che è il tutto. Nella misura che tu sei, Dio non è, ci insegnano i santi; nella misura che Dio è, tu non sei. E infatti indipendentemente da Dio noi non siamo. "La creazione e Dio", dice San Giovanni della Croce, "è Dio". Non può sommarsi la creatura a Dio, perché altrimenti Dio non sarebbe più l'unico, Dio non sarebbe più Uno. Egli è solo: Videte quod ego sim solus, considerate come io sono solo, l'unico. Unità e unicità di Dio. L'unica creatura che può perfettamente proclamare l'unità di Dio è la Vergine, perché ella vive in un abisso di umiltà senza fondo. Ella non si appropria di nulla. Non solo non ha peccato, ma non ha neppure quelle imperfezioni che dipendono dal fatto che la creatura possa sentirsi come autonoma. Ella vive in questo nulla e può accogliere tutto lo splendore del cielo, tutta l'infinita santità di Dio. Ecco la Concezione Immacolata di Maria!
Vi ho detto che concezione implica creazione. Ed è questo che distingue la Madonna da Dio: il fatto che ella non era ed ora è. Però è anche Dio per partecipazione di amore, perché non pone alcun limite alla volontà divina. E la volontà divina è Dio stesso, perché Dio non può volere che sé.
Il cammino della santità
Anche i mistici cristiani ci insegnano questo.
C'è un cammino nella vita spirituale che implica vari gradi. Prima di tutto c'è l'obbedienza alla legge, ci sono i comandamenti di Dio; ma sembra che questa obbedienza sia ad una legge estranea a noi. Infatti fu scritta su tavole di pietra. Dio appare come un padrone: "Io sono il Signore Dio tuo". Bada bene! Così iniziano i comandamenti di Dio. Ma Dio, se è creatore, non è estraneo a te, ma più intimo a te di te stesso.
Qual è la legge del cristiano? È lo Spirito Santo che vive nel nostro cuore. Non ci sono più le tavole di pietra; non esistono più i comandamenti di Dio secondo San Paolo e anche secondo San Tommaso d'Aquino, perché la legge del cristiano è lo Spirito Santo che vive in lui. Certo, se andiamo contro i comandamenti di Dio, vuol dire che lo Spirito Santo non vive in noi; però questi comandamenti non vengono imposti a noi dal di fuori, perché Dio già vive nei nostri cuori. All'obbedienza allora subentra la docilità del figlio che vive la volontà stessa del padre e la vive per amore.
Ma non basta. Il termine ultimo è l'abbandono totale di sé alla potenza di Dio, è la rinunzia ad ogni propria volontà perché in noi viva, unica, la volontà divina.
Che cosa dunque vive l'anima che vive veramente la santità? La morte di sé, perché è soltanto nell'annientamento di sé che Dio si fa presente nel cuore dell'uomo. Tutto il cammino della perfezione consiste in questo annientamento di sé. Se leggete il Breve Compendio della Perfezione scritto da Gagliardi, uno dei più importanti autori della mistica italiana, è nell'annientamento di sé che consiste il cammino della perfezione. Ed è questo che ci dice anche San Paolo della Croce, che ci ripete San Giovanni dalla Croce e con loro tutti i santi. L'uomo deve sparire perché si faccia presente in lui Dio solo, egli che è l’unico.
Allora la creatura non è? No, ella è perché acconsente a Dio: ma è appunto la creatura stessa ad acconsentire a lui! Infatti, l'uomo può anche non aprirsi; ed ecco il peccato. Tu puoi non acconsentire a questa presenza divina che tutto cancella nella sua luce infinita: puoi non acconsentire o acconsentire male. È allora, che tu poni un limite a questa divina presenza. Ma nella Vergine, che nulla vuole se non Dio solo, egli domina sovrano. In lei Dio è davvero l'unico, così come noi lo proclamiamo.
Divenire puro riflesso di Dio
Noi lo proclamiamo, ma a parole. Dire tutti i giorni lo Shemà, come noi facciamo, vorrebbe dire essere veramente Dio, perché Dio solo può dire di essere l'Unico. Se ci sei anche tu, allora siete in due! È l'insegnamento che danno anche i musulmani per il taqlid: "Dio è Dio e Maometto è il suo profeta". Che ci fa Maometto? Se Dio è Dio, basta! Maometto è qualcosa in più. Ed è lo stesso per te se dici: "Ascolta, Israele, il Signore è il tuo Dio, il Signore è Uno". Se il Signore è Uno, tu non sei. Tu sei, ma in lui; tu sei, ma per lui. E se sei in lui e per lui, allora tu sei lui stesso che a te si dona. Ti ha creato infatti come un nulla che può accogliere l'infinito.
Ecco che cos'è la creazione, ecco che cos'è la vocazione dell'uomo. Tutto questo però per noi non si realizza, perché non possiamo dire di essere la Concezione Immacolata. Con il fatto stesso di essere creature, già abbiamo contratto il peccato, quel peccato che in qualche modo ci ha separato da Dio. È una separazione psicologica e non ontologica. Infatti, se fosse ontologica noi non saremmo, ci sarebbe l'annientamento vero e proprio dell'essere creato. Ma l'annientamento psicologico è avvenuto; quell'annientamento che implica per noi l'essere pura capacità di accogliere il Signore.
Quando si parla della Vergine, noi non vediamo la Vergine. Quando io guardo un cristallo puro, non vedo il cristallo, ma vedo attraverso il cristallo quello che il cristallo stesso mi fa vedere. Se lo pongo di fronte ad un muro, vedrò il muro. E se questo cristallo è il cristallo di un'anima, noi non vediamo più l'anima, vediamo Dio solo.
Anche nei mistici antichi, in Evagrio per esempio, la visione di Dio è una visione speculare: l'anima vede Dio riflesso nella propria anima. Noi siamo come lo specchio che riflette il volto di Dio. Se noi siamo liberi da ogni macchia, allora Dio si rifletterà in noi nella sua purezza infinita, nella sua santità. Però noi siamo nati nel peccato, si è detto, e abbiamo poi commesso altri peccati attuali. Tutto questo impedirà sempre, più o meno, una santità come quella della Vergine, perché il peccato, anche se perdonato, lascia come reliquia un sentimento di proprietà, lascia come reliquia la incapacità di vivere questo nulla originario che è proprio della creatura.
Che cosa si impone allora per noi se vogliamo vivere una certa imitazione della Vergine? Dobbiamo discendere negli abissi del nulla. Gli antichi Padri della Chiesa dicevano che la vita cristiana comincia quando tu ti metterai sotto i piedi di tutti, quando ti sentirai più peccatore di tutti e scenderai nell'abisso più fondo. Ed era questa, la ricordate, la pena di Charles de Faucauld: Dio è sceso così in fondo, che io non riuscirò mai a scendere tanto in basso come lui. Certo, perché lui era Dio; ma questo è vero anche per la Madonna ed è vero anche per nostro Signore in quanto creatura, in quanto cioè ha assunto la natura umana.
Vivere la divina presenza che ci cancella
Dio ha potuto assumere la natura umana proprio perché essa è tale per cui nulla riserva per se stessa. Infatti in Gesù non c'è una persona umana, non c'è un "io" umano, ma Dio solo vive in lui. Nella Vergine non è la persona del Verbo che sussiste, ma una persona creata; persona creata che vive soltanto la contemplazione di questa divina presenza, vive soltanto questo aprirsi ad accogliere Dio.
Altre volte vi ho detto che per me l'unica ragione del turbamento di Maria quando viene salutata dall'angelo è il fatto di venire salutata. Ella dunque esisteva? Chiamata, ella emerge dall'abisso di questo silenzio, dall'abisso di questa umiltà nella quale continuamente ella vive nella contemplazione del Signore.
Noi invece possiamo distrarci perfino in chiesa! E qualche volta perfino facendo la comunione! Che abisso di miseria noi siamo! Dio ci sembra lontano, mentre non soltanto è vicino, ma è la presenza stessa.
E noi, sentiamo che il paradiso è qui, in questo luogo, in questo attimo che viviamo? Se non lo sentiamo, vuol dire che in noi c'è ancora dell'impurità dalla quale dobbiamo liberarci.
Egli è! E non è che lui! Non è che Dio! Noi non siamo che in lui e perciò non dovremmo vivere che questa divina presenza che ci cancella.
Quante volte vi ho detto: avete potuto mai contare le stelle, sul mezzogiorno, nel mese di agosto, in pieno sole? La luce del sole cancella ogni altra luce; così, la presenza divina cancella per noi ogni altro pensiero, ogni altro desiderio, ogni altra aspirazione, ogni ricordo. Non rimane che Dio. Questa è la Vergine Maria. Io non vedo la Vergine, non vedo che Dio in lei. Non tolgo nulla a Dio nel celebrare la Vergine, perché ella nulla trattiene per sé. Maria è come un puro cristallo attraverso il quale ogni lode, ogni amore giunge al suo Figlio, giunge a Dio. Pertanto, mi sembra davvero poco intelligente pretendere che quello che noi diamo alla Vergine venga sottratto al Signore. Anzi, passare attraverso la Madonna, è il mezzo migliore per far giungere a Dio la nostra lode. Noi possiamo trattenere qualche cosa, ma ella non trattiene proprio nulla di quello che a lei doniamo. Tutto passa a quel Dio che, solo, vive nell'anima sua.
Ecco che cos'è la Concezione Immacolata di Maria: condizione di questa purezza infinita che fu tutta la sua vita, condizione di questa divinizzazione, usiamo pure questo termine dato che lo usano i Padri, che è unica in lei e per la quale ella, dopo Cristo, è la rivelazione più alta che abbiamo di Dio. Non vi è in lei nessuna entità che sia sua propria, ma la santità di Dio in lei tutta risplende. Non vi è in lei nessuna bontà che sia sua propria, ma la bontà di Dio è in lei in pienezza. Non vive in lei che il Signore. Ecco che cos'è la Concezione Immacolata di Maria.
Questo è il cammino che la Vergine santa apre per voi che oggi fate la consacrazione o emettete i voti. E un cammino di purificazione in tal modo che voi diveniate veramente uno specchio della santità di Dio. Speculum justitiae è la Vergine; specchio della santità di Dio è la Vergine pura; e anche voi dovete essere tali! Non siete stati creati anche voi a immagine e somiglianza di Dio? Questa immagine è stata velata da tante imperfezioni, è stata coperta da tante infedeltà. Liberate la vostra anima da ogni incrostazione, da ogni macchia e risplenda in voi tutta la luce di Dio, tutto lo splendore della sua santità. E questo il cammino della santità cristiana per tutti noi. Ma non vi fidate di voi perché se così faceste, questo già vi porterebbe lontano. E una presunzione pensare di poter fare qualcosa da soli sul piano soprannaturale. Lasciatevi portare da lui! Lasciatevi possedere da lui!
Lasciamoci purificare dallo Spirito Santo
E notatelo bene: non possiamo esser di Dio se Dio non ci trasforma in sé. Dio, come si è sempre detto, è infinitamente povero; egli non ha, ma è. Se dunque vogliamo esser di Dio, bisogna che egli ci trasformi in sé. Perché egli ci possieda, noi dobbiamo essere Dio, divenirlo per grazia. Che il Signore faccia questo miracolo e ci faccia santi.
Preghiamo gli uni per gli altri perché si realizzi in noi tutti il mistero di questa trasformazione in Dio per una purezza totale.
Diceva Cassiano, il più grande maestro della spiritualità occidentale fino a San Tommaso, che la puritas cordis si identifica alla agape. Nella misura cioè, che ti purifichi da ogni peccato, nella stessa misura risplendi di tutta la santità di Dio nell'amore. L'agape è la vita divina, è l'amore. Tu divieni l'amore nella misura che ti liberi da ogni proprietà, da ogni egoismo, da ogni legame a te stesso.
Fiat voluntas tua: lo diciamo tutti i giorni. Che si faccia davvero la sua volontà! La volontà di Dio è Dio stesso. Dio non può volere altro che sé, come vi ho detto prima.
Tante volte si dice che è volontà di Dio spazzare le scale o essere assistente generale: non è vero nulla! La volontà di Dio è Dio. Certo che questo essere Dio si incarna poi nell'essere a San Sergio piuttosto che nella casa delle Canossiane; oppure nell'essere nella casa delle Canossiane invece che in Indonesia. Si incarna in queste cose, ma ricordate che attraverso queste cose noi tutti dobbiamo vivere solo Dio, dobbiamo essere il sacramento della sua presenza di amore.
Che il Signore realizzi tutto ciò in noi!
Maria è tutto quello che la Bibbia ci insegna
L'inno dell'Acathistos, che abbiamo recitato, risale all'ottavo secolo ed è stato scritto da Romano il Melode, che forse è il più grande lirico che ha avuto la Chiesa. Sarebbe importante studiarlo, come sarebbe importante studiare le omelie di Sant'Andrea di Creta. Un insegnamento ci viene da questo inno, come da quelle omelie: Maria è la interpretazione di tutta la Bibbia, Maria è tutto quello che la Bibbia ci insegna.
Avete sentito come nell'Inno, ci si richiami al tempio per dirci che Maria è più santa del santo dei santi, più santa del propiziatorio; lei è il carro che porta Dio sulla terra, lei è più grande del segno cherubico, più splendente del segno serafico. Lei è colei per la quale il faraone viene sommerso dalle acque; lei è il nuovo paradiso di Dio. Qui sono i primi capitoli della Genesi che vengono realizzati in Maria.
Che cosa ci insegna dunque tutta l'antica patristica a proposito della Vergine? Che essa è, come il Verbo di Dio, l'interpretazione e l'adempimento di tutti i temi della Scrittura. Vi dicevo nella prima meditazione, che Maria Santissima è più grande di tutto l'universo, perché tutto lo abbraccia: non sul piano di una realtà fenomenica, ma sul piano della realtà escatologica. E quello che è vero per quanto riguarda la creazione, è vero anche per quanto riguarda tutta la Bibbia.
Che cos'è la Bibbia? È l'annuncio, la promessa, la profezia di quello che Dio avrebbe compiuto con l'incarnazione del Verbo per la redenzione del mondo. Ebbene, se la Bibbia è questa promessa, se la Bibbia è questo annunzio, essi si adempiono nel Verbo incarnato e in Maria Santissima. Allora non c'è nulla di più grande anche in Maria.
Noi occidentali siamo più razionalisti degli orientali e vogliamo una esegesi filologica accurata che a volte spoglia la Bibbia della sua profondità e della sua vera ampiezza. Ma per questi antichi Padri, per tutta la Chiesa d'oriente, l'Acathistos infatti è un canto che fa parte della liturgia orientale, tutta la Bibbia ha una sola spiegazione ed è Cristo. E come tutta la Bibbia ha una spiegazione nel Cristo così, anche, tutta la Bibbia ha una spiegazione ed è Maria. Come Maria e Cristo sono associati intimamente e profondamente tra loro nel compimento del disegno divino, così Maria e Cristo sono infine, termine ultimo di tutta la Bibbia. Ed essi sono anche spiegazione, chiarificazione di quanto la Bibbia contiene in sé di segreto, nel suo annuncio profetico, della sua promessa divina.
Ecco quello che ci può insegnare l'Acathistos. Potevano darvi noia tutte quelle ripetizioni, ma quale ricchezza non suppongono! Tutti i temi della Scrittura trovano il loro compimento in una sola creatura, in Maria, Vergine e Madre del Verbo di Dio.
Al termine ci sarà solo il Cristo
Di qui comprendiamo quello che insegnava Dionigi l'Areopagita, un grande mistico orientale del secolo quinto di cui non conosciamo neppure il nome. Lo si chiama Dionigi il Mistico, ma non sappiamo chi egli sia realmente. Nell'interpretazione della Sacra Scrittura si avvera quello che dice questo grande mistico: che quanto più ci si allontana da Dio e tanto più abbiamo bisogno di parole, di termini; mentre quanto più ci si avvicina a lui e tanto più tutto si riduce ad una sola verità, alla semplicità di un evento unico che è termine e compimento di tutta la storia di Dio: Cristo e la Vergine.
Che cos'è più grande: la Bibbia o l'Eucarestia? Che cos'è più grande l'Eucarestia o il Cristo glorioso, a cui noi tendiamo attraverso la nostra vita? Voi mi rispondete: è lo stesso. Ed è vero; però nella Bibbia il Cristo ci si presenta attraverso innumerevoli fatti. Già nella sua vita terrestre tutti questi temi della Scrittura si fanno presenti attraverso un solo mistero, perché tutta la storia diviene soltanto la vita di Gesù. Più ancora: la vita di Gesù diviene soltanto la sua passione, morte e resurrezione. E tutto nella morte e resurrezione non solo ha compimento, ma tutto si realizza in questo atto. Così è vero che la Bibbia non è più dell'Eucarestia, né l'Eucarestia è più della Bibbia. Ma anche nell'Eucarestia verrà meno il velo e rimarrà unico il Verbo incarnato. Notate bene: il Verbo incarnato, ma non il Verbo incarnato da solo, perché l'Eucarestia, come tutti i sacramenti, è propter homines. Al termine sarà il Cristo solo, ma nel Cristo glorioso anche noi tutti, che saremo con lui un solo Cristo. Cosa questa che ancora non la si vive, perché attraverso la comunione si vive sempre più un essere assunti nell'unità del Cristo.
L'unità in Cristo per noi non si realizza ancora in modo perfetto, perché abbiamo sempre un corpo che da lui ci separa, viviamo in un tempo e in un luogo che da lui ci separano. Quando invece noi usciremo da questo mondo, allora saremo con lui un solo corpo davvero e vivremo in lui una sola vita che è la sua vita gloriosa. Rimarrà la distinzione delle persone nostre dal Verbo incarnato, ma nell'unità di un solo corpo e di un solo spirito, perché unica sarà la vita. Tutto tende a questa unità.
Ecco come l'Acathistos è interpretazione di tutta la Bibbia. E non so se l'esegesi di tutti i nostri professori di Sacra Scrittura ha una profondità maggiore di quella che ha avuto questo cantore, che ha veduto tutta la Bibbia farsi presente nella Vergine santa nel suo compimento ultimo.
Non sono soltanto immagini. Tante volte, leggendo questo Inno, si ha l'impressione che si moltiplichino le immagini poetiche. No, non è soltanto questo Non sono immagini poetiche; realmente l'autore ispirato dell'Inno ha veduto in Maria il compimento di quello che prima era soltanto profezia, ha veduto in Maria la verità di quello che prima en soltanto ombra, come dice San Tommaso nell'inni Lauda Sion: Umbram fugat veritas, la verità scaccia l'ombra. E l'ombra è tutto 1'Antico Testamento. La verità, la luce della presenza della Vergine e del Cristo, fa scomparire la profezia, perché la profezia trova il suo adempimento in lei.
Siamo ancora pellegrini nel tempo
Allora perché rimane ancora la Bibbia? Perché viviamo ancora in un tempo parzialmente profetico. Parzialmente, perché in sé e per sé il compimento è avvenuto in Gesù e in Maria; ma noi dobbiamo ancora realizzare questo compimento. Infatti vivendo nel tempo e nello spazio e conducendo una vita ancora separata da Cristo, noi viviamo ancora un certo cammino verso di lui che pure è presente. Ma nella misura che egli si fa presente, viene meno anche la Bibbia. Ed ecco quello che diceva il Grandmaison, basandosi sulla seconda Lettera di San Pietro, in cui si afferma che tutto l'universo terminerà nell'incendio di ogni cosa. Allora, afferma il Grandmaison, tutte le cose verranno meno in un incendio in cui la fiamma più pura sarà l'incendio di tutte le bibbie perché, di fronte alla presenza del Verbo divino finalmente svelato, la parola viene meno, rimane soltanto la visione.
Già: però nell'inno, noi vediamo questa riduzione di tutti i temi, di tutta la storia a una sola presenza, quella della Vergine; ad un solo evento che, nell'inno dell'Acathistos, è l'incarnazione. Se c'è un difetto nell'Acathistos è che termina nell'incarnazione. La storia evangelica qui finisce con Simeone e i Magi, mentre la Madonna è presente anche ai piedi della croce. La storia sacra non termina con l'incarnazione, ma con la morte di croce, in cui Gesù è sulla croce e Maria ai piedi della croce. È per questo che noi occidentali abbiamo avuto, specialmente in questi ultimi secoli, una devozione viva per la Vergine addolorata. Perché non basta vedere Maria nell'atto in cui genera il Figlio e lo presenta al mondo; dobbiamo riconoscere che il mistero di Maria, come il mistero di Gesù, ha il suo compimento nella morte e nella resurrezione del Cristo. Perciò l'associazione di Maria alla passione del Cristo, la Vergine Addolorata e poi la Vergine gloriosa, l'Assunzione.
A Gesù per Maria
Di qui ne consegue una cosa meravigliosa: non solo sul piano dell'esegesi ma anche su quello dell'insegnamento, noi dobbiamo vedere come tutto si raccoglie nella presenza del Cristo e di Maria. Dobbiamo però anche renderci conto che la nostra vita spirituale deve sempre più semplificarsi nell'unione col Verbo incarnato, per vivere anche noi la nostra identificazione col Cristo, per vivere sempre più una profonda assimilazione a Gesù benedetto e alla Vergine Maria.
Anzi la nostra identificazione col Cristo si compie nella nostra unione con la Vergine.
Perché? Perché la nostra identificazione col Cristo ci farà vivere una sola vita con lui, una sola morte e una sola resurrezione ma nella distinzione delle persone: la sposa e lo sposo. La sposa non sarà mai lo sposo, né lo sposo sarà mai la sposa; rimangono due. E anche noi vivremo la vita del Cristo, ma la vivremo così come la sposa vive la stessa vita dello sposo, cioè in una unione di amore che lasci intatta la distinzione delle persone. Se non ci fosse questa distinzione delle persone, per noi non ci sarebbe salvezza perché con la morte cesserebbe ogni distinzione personale dal Verbo e non ci sarebbe più nulla di noi. Ci sarebbe il Cristo, ma non ci saremmo più noi. Mentre invece, c'è un solo Cristo ma, nell'unità del Cristo, io e lui; la sposa e lo sposo.
Io e lui: la Madre e il Figlio. Così l'associazione al Cristo, alla quale è stato chiamata la Vergine con la sua vocazione divina, non termina con la vita presente, perché Maria vive ora gloriosa insieme a Gesù una medesima gloria, pur rimanendo distinta da lui. E come la madre rimane distinta dal figlio e la sposa dallo sposo, così ciascuno di noi rimarrà distinto dal Verbo divino, pur vivendo col Verbo incarnato, una medesima morte e una medesima vita.
Vedete come tutto termina in un solo mistero e tutta la vita dunque, altro non è che essere una sola cosa col Cristo nella distinzione delle persone. L'unione col Cristo: anche Maria Santissima ha vissuto questo e non altro. La Vergine non ha vissuto un'altra vita dalla vita del Figlio, ma l'ha fatto come madre, nella distinzione dal figlio: così come la sposa nella distinzione dallo sposo.
Ed è mirabile quello che diceva Dionigi il Mistico: tutto si riassume nell'unità. Non ci sono tante dottrine, tanti misteri: c'è un solo mistero ed è quello ineffabile dell'amore per il quale una sola è la vita come uno solo è l'uomo in Cristo, come dice San Paolo nella Lettera ai Galati.
Sì, un solo uomo perché anche gli sposi, stando alla Genesi, sono una sola carne; così allora, anche tutti noi e il Cristo siamo uno solo.
Perché la devozione a Maria
Però, dicevo, rimaniamo distinti come persone. È questo che ci insegna 1'Acathistos e di qui si comprende perché l'oriente cristiano ami tanto questo inno, perché ci dice, forse più di tanta teologia mariana, che cos'è la Vergine. Ce lo dice con una ricchezza poetica anche troppo esuberante per il nostro gusto occidentale, ma questa ricchezza, è in ordine ad insegnarci come tutto l'Antico Testamento prefiguri la Vergine. Ella è il tempio; ella è il giardino irrigato, il paradiso terrestre; ella è l'esercito di Dio che vince tutte le battaglie: Maria è la figlia di Davide. Tutto l'Antico Testamento è lei sola!
Questo insegnamento mi sembra molto importante perché, se noi non lo realizziamo, non si capisce più nemmeno la devozione della Chiesa nei confronti della Vergine. Ha una giustificazione sola questa devozione: il fatto che la Chiesa vede in Maria, come insegna anche la Lumen Gentium, il tipo di tutta la Chiesa. Non perché la Chiesa superi la Vergine e neppure perché la Vergine superi la Chiesa. Se ognuno di noi è tutta la Chiesa, secondo l'insegnamento di San Pier Damiani e di San Bonaventura, è però vero che ciò, si realizza in modo pieno, definitivo e perfetto, solo in Maria. E se Maria davvero è tutta la Chiesa, allora si capisce come tutto l'insegnamento della rivelazione divina si faccia presente nel mistero della Vergine. Non indipendentemente da Cristo ma in quanto lei e Cristo sono il mistero dell'alleanza, sono la berit. Una alleanza suppone sempre due parti, non ci può essere alleanza di uno solo. È il Verbo divino che si unisce a Maria ed è Maria che si unisce al Verbo divino; unione che mantiene distinte le persone, ma nell'unità di una medesima vita.
Ecco giustificata la devozione a Maria. Se io vivo il mio rapporto con lei, debbo realizzare in questo rapporto con la Vergine tutta la Bibbia. Non si tratta soltanto di un insegnamento, si tratta di vedere come la Bibbia, come la Parola di Dio che si incarna, trova il suo compimento ultimo in Maria. Maria poi, mi associa a sé, ecco la mia devozione e mi fa partecipe del suo mistero. Non sono forse anch'io una persona che deve unirsi a Cristo Signore come gli si è unita la Vergine? Ed ecco allora che la vita di Maria diviene la causa esemplare della nostra santità.
Non dobbiamo dunque sentirci estranei alla Bibbia; io sono lì dentro! Sono anch'io partecipe di una divina maternità; sono anch'io partecipe dell'unione nuziale della Vergine col Cristo. Sono anch'io ,partecipe di tutto quello che la Vergine ha realizzato in se stessa. In lei tutto si è compiuto in un modo perfetto, in un modo trascendente nei confronti di ogni altra creatura umana. In me, c'è allora una certa partecipazione allo stesso mistero.
La vita cristiana, partecipazione alla maternità di Maria…
Perché siamo partecipi anche noi di questa maternità? Perché il Cristo deve vivere in noi. È San Paolo che lo dice: il Cristo deve nascere nei nostri cuori. Ed è tutta la tradizione cristiana che vede nella vita cristiana come il concepire nella nostra anima il Verbo, che trae a sé il nostro medesimo corpo per vivere attraverso di noi. Attraverso i nostri occhi è il Cristo che vuol vedere; attraverso il nostro cuore è il Cristo che vuole amare; attraverso le nostre mani è il Cristo che vuole operare.
Avete presente quella poesia portoghese che piaceva tanto a Marcello Candia? "Io non ho più mani, dammi le tue mani. perché io possa operare; non ho più occhi, dammi i tuoi occhi perché io possa vedere". È una maternità divina perché prestiamo a lui la nostra natura umana perché, in questa nostra natura umana, egli viva. Maria Santissima dette un corpo a Gesù; noi gli diamo il nostro corpo perché egli viva in noi. In Maria Santissima c'è stato un parto che ha separato il figlio dalla madre; in noi questa separazione non avviene più. Rimane la distinzione, ma non avviene più la separazione. Se avviene una separazione, ciò si verifica soltanto nel caso in cui noi "partoriamo il Cristo" nelle altre anime, come dice San Paolo nella Lettera ai Galati.
Anche questo è uno dei temi fondamentali della spiritualità cristiana, che appare anche in San Francesco d'Assisi negli Avvisi e Massime. Noi dunque partecipiamo di una divina maternità e vi partecipiamo nello stesso modo in cui è stata vissuta da Maria. E Maria non è divenuta madre attraverso l'unione con un altro uomo, ma accogliendo la parola di Dio che è seme: Semen est Verbum Dei. Accogliendo la parola di Dio e conservandola in sé, ella diviene madre. E anche noi saremo partecipi di una divina maternità nell'accogliere la parola, che per ora è soltanto scritta. E una parola che dice riferimento alla cosa; ma a quale cosa si riferisce la parola di Dio? Al Verbo che deve nascere in ciascuno di noi, al Verbo che in noi deve farsi carne perché, se non si fa carne, rimane parola; una parola che non si è realizzata, una parola che non si è incarnata.
…e alla sua unione sponsale col Verbo
Allora come la Bibbia si realizza in Gesù e in Maria così, in dipendenza dalla Vergine e in una nostra unione con lei, la Bibbia si deve realizzare anche in ciascuno di noi. Ed è qui il mistero di una nostra partecipazione alla divina maternità. Noi, non solo partecipiamo a una divina maternità e si capisce anche da questo, come Maria sia causa esemplare di santità per tutti i cristiani: ma si realizza anche una nostra partecipazione all'unione nuziale con il Verbo. Infatti Maria Santissima in quanto dona un corpo, è madre; ma in quanto riceve tutta la santità del Verbo incarnato, è la sposa. Lo sposo dà tutto se stesso alla sposa; non il suo corpo, perché i corpi rimangono separati ma tutta la sua vita; le dà la sua stessa anima in un destino unico di vita. Ed è questo che fa il Cristo nei riguardi della Vergine: le dona tutta la ricchezza della sua santità.
La vita spirituale, è la tradizione della Chiesa che lo afferma, è stata sempre veduta come un compimento di nozze divine. L'ultimo atto della vita spirituale in San Giovanni della Croce e in San Bernardo, così come in Santa Teresa, è l'unione nuziale con il Cristo, l'unione trasformante. Ebbene anche in questa unione nuziale noi partecipiamo al mistero di Maria perché, come doniamo tutti noi stessi al Verbo, così riceviamo dal Verbo la sua santità. Nella misura che realmente ci doniamo a lui attraverso una nostra partecipazione alla maternità divina, egli si dona a noi come sposo perché noi viviamo la sua medesima vita.
Ecco come Maria diviene per noi causa esemplare di santità. È una santità che non importa più l'ascolto della parola, ma impegna l'anima ad incarnarla, a viverla: a far sì che questa parola non sia soltanto insegnamento, ma divenga carne in ciascuno di noi e viva della nostra medesima vita. E si impone che noi viviamo una nostra partecipazione al mistero di Maria anche accogliendo, nel Verbo, la santità stessa di Dio. Perché in quanto la Vergine dà un corpo a nostro Signore Ella è madre, ma non vive ancora la vita del Figlio; ma in quanto Ella è sposa, accoglie tutta la vita del Figlio e questa non è una vita semplicemente umana. La vita del Verbo di Dio è la grazia, è la vita divina; e la Vergine accoglie in sé questa vita divina e vive la vita stessa del Figlio di Dio.
Ecco Maria Santissima! Noi vediamo in Lei il termine ultimo di tutte le operazioni divine per le quali Dio si comunica al mondo, e in Lei vediamo la causa esemplare di tutta la nostra vita spirituale.
Vi sono alcuni libri nella storia della spiritualità cristiana che illuminano quanto vi ho detto. Vi è specialmente un carmelitano del 1600, padre Michele del Santissimo Sacramento, il quale ha scritto un libro proprio per chiarire come la vita di ogni anima religiosa, altro non sia che una certa imitazione della vita di Maria Santissima in quanto profondamente associata a Cristo e distinta da lui. Così anche noi dobbiamo vivere una nostra identificazione col Cristo, la vita stessa di Gesù ma in una nostra distinzione da Lui come la madre dal figlio, come la sposa dallo sposo. Quando la sposa o lo sposo muore, l'altra parte rimane vedova, non c'è più il matrimonio. Così non ci sarebbe più per noi la possibilità di vivere la nostra vita in Cristo, se noi non rimanessimo distinti da Lui. Questa distinzione è data dal mistero dell'alleanza, per il quale rimangono eternamente Gesù e Maria, Maria e Gesù.
Avere come modello Maria
Che cosa dire al termine di questo ritiro? Che non solo dobbiamo amare Maria, ma dobbiamo averla presente nelle sue disposizioni interiori, nel suo abbandono allo Spirito, nel suo raccoglimento, nel suo meditare costantemente la parola di Dio.
Che cosa dice il vangelo a proposito di Maria Santissima? Dice prima di tutto che Lei si abbandona totalmente alla parola che ha ascoltato: "Si faccia di me secondo la tua parola". La parola dunque non rimane parola: "si faccia" indica infatti una realizzazione. La parola, se rimane soltanto parola, ci condanna: "Non sono io che vi condanno; è la parola che avete udito che vi condannerà" dice Gesù nel quarto vangelo. Nella misura che ascoltiamo la parola, siamo impegnati a far sì che questa parola divenga carne in noi e si realizzi per mezzo nostro. Ecco la prima cosa che ha fatto la Madonna.
Ma poi che cosa dice il vangelo di lei? Dice che ella conservava tutte queste parole nel suo cuore e le andava meditando. Si tratta di avere un contatto continuo con la parola fintanto che in noi non si è incarnata.
Il vangelo ci parla anche di una associazione continua della Vergine, a tutti i misteri del Cristo. La troviamo nel tempio quando presenta il bambino; la troviamo alle nozze di Cana; la troviamo ai piedi della croce. Sempre Maria con Gesù e Gesù con Maria. Questo dice anche a noi come dobbiamo vivere costantemente insieme a Gesù. Gesù deve essere il compagno del nostro cammino, deve esser colui dal quale noi non possiamo mai separarci. E quello che diceva Sant'Ignazio di Antiochia: la nostra vita è inseparabile da Gesù. Questo è per noi il compito primo, questa è la prima legge del cristiano: vivere una dipendenza dallo Spirito di Dio come l'ha vissuta Maria, per vivere una unione sempre più viva, più intima e continua con Gesù.
Questo ci insegna Maria Santissima
Se noi ci dimentichiamo di nostro Signore, noi torniamo a vivere una vita umana priva di ogni senso, priva di un contenuto salvifico. Non è detto che noi commettiamo peccato; per fare un peccato infatti, bisogna andare contro la volontà divina, ma viviamo una vita senza valore, senza senso, senza ricchezza di grazia. La ricchezza di grazia, la pienezza dì santità nascono da questo continuo rapporto, vivo, con Gesù benedetto.
Allora, la prima cosa che si impone per essere cristiani, è il rapporto col Cristo, la sequela Christi. Seguire Gesù e fare la sua volontà ci fa suoi discepoli, suoi fratelli e amici, così come lo furono i Dodici, per essere poi, come Maria, la madre e la sposa del Cristo. L'unione nuziale col Verbo è il termine ultimo della nostra vita spirituale. Ma prima di giungere a questo, abbiamo bisogno di un apprendistato nella vita spirituale, non tanto per conoscere Lui, quanto per conoscere noi stessi e constatare quanto siamo differenti da Lui. È il cammino del discepolato, che sempre più ci introduce nell'amicizia del Cristo, che sempre più ci introduce nella intimità con lui. Quando questa intimità sarà piena, allora l'uno vivrà nell'altro, come ha detto Gesù agli apostoli: Manete in me et ego in vobis, dimorate in me e io in voi. Bisogna giungere ad essere l'uno nell'altro, ma questo è possibile soltanto con Gesù. Infatti, per fede, soltanto Lui può vivere in noi e noi possiamo vivere in Lui. L'intimità col Cristo ci porta a vivere l'immanenza reciproca dell'uno nell'altro: noi in Lui ed Egli in noi. Ma a questo si arriva soltanto attraverso un lungo apprendistato: il discepolato, l'amicizia, il legame di fraternità e infine attraverso il dono totale di noi stessi a Lui e di Lui a noi. Dono totale che fra gli uomini non può mai avvenire, perché rimaniamo divisi. Si può donare all'altro il nostro affetto, ma non ci può essere mai l'immanenza totale dell'uno nell'altro, il dono pieno di noi stessi agli altri. Ci si dona attraverso il corpo che però, mentre è mezzo di unione, è anche impedimento ad una unione piena. L'unione perfetta può avvenire solo fra gli spiriti. Il Cristo, che è divenuto spirito vivificante, può veramente vivere in noi. E anche noi vivremo in Lui, quando saremo stati trasformati dallo Spirito divino.
E questo l'insegnamento che ci viene dalla festa dell'Immacolata Concezione della Vergine: Maria modello di vita cristiana. Maria è questo modello prima ancora che per le sue virtù, per questa sua associazione al Cristo che la fa Madre del Verbo e sposa del Cristo.
La grandezza nascosta della nostra vita
Allora davvero tutta la vita cristiana si riassume nel rapporto col Verbo e nel rapporto del Verbo con ciascuno di noi. E la vita di ciascuno di noi non è meno grande di tutta la storia del mondo. Se tutta la storia del mondo è in ordine poi alla morte e resurrezione del Cristo nell'alleanza che Egli stabilisce con l'uomo, se io vivo questa alleanza, anche la mia vita ha la stessa ampiezza della vita dell'universo. Tante volte ci sembra di vivere una vita così povera, così misera! Non è vero. Non è assolutamente vero! Noi viviamo nella nostra vita, povera in senso fenomenico, una realtà che supera infinitamente tutta la storia del mondo, perché viviamo un rapporto con Dio che è l'eterno, perché viviamo un rapporto con Dio che è l'immenso.
Questo ci dice la vita di Maria che, all'apparenza, ha condotto una vita comune come ogni altra donna del suo tempo. Ma in questa vita di una umiltà senza fondo, la Vergine ha vissuto un rapporto perfetto col Verbo di Dio. Ed è questo rapporto che dice la grandezza della sua esistenza. Nella semplicità della sua vita, ella realizza tutta la Bibbia, ella compie tutto il mistero di Dio.
Viviamo dunque questo rapporto col Cristo per mezzo di Maria e in Maria. E questo l'insegnamento che ci dà il più grande devoto di Maria Santissima, San Luigi Maria Grignion de Montfort: Ad Jesum per Mariam. Noi dobbiamo fare questo cammino che ci porta all'intimità col Cristo condotti dalla Vergine, dal suo esempio, dall'imitazione di quello che ella ha vissuto.
Questo mi sembrava di dovervi dire questa sera, commentando brevemente 1'Acathistos. Spesso noi leggiamo questo Inno come un grande poema lirico, bellissimo, con tutte quelle immagini; e non ci si rende conto che esse vogliono essere l'insegnamento di una realizzazione di tutta la Bibbia. Maria soltanto basta per realizzare tutta la Bibbia, non però indipendentemente da Cristo. Cristo e Maria.