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PROGETTO PER UN ANNO NUOVO ORIENTATO DA ALCUNI
PENSIERI DI MADRE SPERANZA
ESTRATTI DAI SUOI SCRITTI
La carità come distintivo
Vi devo dire che dove non c’è carità con il prossimo non c’è ombra di perfezione, né di santità. La santità, infatti, consiste essenzialmente nell’amare Gesù e questo amore ha come parte essenziale l’amore ai nostri fratelli.
Per sapere se veramente amiamo Gesù dobbiamo soltanto volgere lo sguardo ai fratelli e vedere se concretamente arde per loro nel nostro cuore la carità; così come è questa fiamma tale è il nostro vero amore. La carità deve essere il nostro distintivo e deve portarci ad amare i poveri come noi stessi.
Quanta consolazione ci può venire dal pensiero che in tutti i momenti della nostra vita possiamo servire il Signore nei nostri fratelli!
Evitiamo con cura, ad ogni costo, tutto quello che può indurre gli altri al peccato. Stiamo attenti a non ferire i nostri fratelli e, invece di parlare, con o senza fondamento, dei difetti degli altri, esaminiamoci e vediamo se noi stessi li abbiamo come quelli, o anche più gravi.
Amare senza distinzioni
Tante volte, anime desiderose di progredire nel cammino della propria santificazione, si chiedono quali occasioni si possono presentare per compiere atti di virtù.
Sono tutte le occasioni che ci permettono di fare il bene senza distinzioni, o meglio con preferenza per coloro che ci offendono e ci mortificano, per coloro che sono più antipatici e disgraziati.
Esercitandosi continuamente in ciò che più costa, si arriva a dominare la nostra natura e il nostro cuore impara a superare ogni resistenza.
La carità è tanto più meritoria quanto più è difficile. Meno amabile è la persona che si deve assistere, più ci si santifica amandola, con la sicurezza di amarla solo per Dio; ricordate che la condizione indispensabile per praticare la carità fraterna è saper vedere Gesù nei nostri fratelli.
Le esigenze dell’amore
L’unione con il nostro prossimo deve essere come quella delle membra del corpo che si aiutano scambievolmente nell’agire, nel perfezionarsi, in tutto; essa ci chiede di allontanare da noi tutto ciò che la può ostacolare. In particolare ci chiede di combattere i vizi mediante le virtù contrarie, soprattutto con l’umiltà.
Non bisogna invidiare nessuno; l’amore deve partire dal cuore ed essere manifestato nelle opere. Dobbiamo avere molta stima degli altri e parlarne sempre bene; non riferire ad altri quanto si è udito sul conto loro, tanto più se sono cose che li possono amareggiare. Usare sempre parole buone che favoriscano la carità; guardarsi dalle parole pungenti che possono ferire; astenersi dall’ostinazione, dal contraddire, dal riprendere quando non è opportuno.
Non basta compiere opere buone, ma bisogna compierle in modo che esprimano la nostra buona volontà.
Quando si verificasse uno screzio con gli altri, non rispondere nello stesso tono, ma dissimulare con umiltà.
Ricordiamo che quando qualcuno ci procura dei dispiaceri, dobbiamo:
tenere ben lontano da noi anche solo il desiderio della vendetta;
far sì che il nostro perdono non consista solamente nel non desiderare il male dell’altro, ma nel procurare che in noi non rimanga alcun residuo di amarezza o di fastidio;
non conservare avversione contro nessuno;
astenerci dai giudizi temerari, tanto più gravi quanto più lo è la cosa di cui in cuor nostro accusiamo l’altro;
non dimentichiamo che i giudizi temerari provengono in primo luogo dalla nostra superbia.
Quali effetti produce la carità nelle nostre anime?
Con la carità l’uomo giunge a possedere in sé il Bene infinito, perché gli si comunica lo stesso Spirito Santo, che è amore sostanziale e che infonde e dilata nel cuore del giusto la carità divina.
Sorprende il cumulo delle virtù morali di cui fa tesoro l’uomo santo; virtù eccellentissime in se stesse e che, possedute in grado soprannaturale, sorpassano per valore tutte le altre virtù a cui può giungere l’uomo.
Quale elevatezza di pensieri si manifesta nell’anima trasfigurata dalla santità, anche se priva di ciò che noi chiamiamo genio e cultura superiore!
Tali conquiste dello spirito non si ottengono mediante la conoscenza scientifica, ma con quella conoscenza più piena che deriva dal rapporto intimo e ineffabile dell’anima con Dio.
Ma non dobbiamo dimenticare che l’appetito dei beni sensibili è veemente in noi, ci abbaglia e ci turba e, quasi nostro malgrado, ci trascina sulla china del piacere, costringendoci a gemere: "Me infelice! Chi mi libererà dalla corruzione di questo corpo mortale? !".
Il peccatore, diminuito il violento impeto della passione e ritornato alla ragione, sentirà il rimorso, primo testimone della verità. Se poi lascia che la luce della grazia dissipi le nebbie del suo intelletto, allora vedrete quanto diverso sarà il suo modo di pensare e di sentire e come, pentito dei suoi errori, si rammaricherà delle sue insensate pazzie e confesserà di non averne mai tratto una vera gioia, perché solo nell’osservanza dei comandamenti del Signore sta il segreto della vera felicità.
La persona che ama il Signore si sente felice al pensiero che il suo Dio ha dato a se stesso il nome di Padre e di Pastore e che vuol tenere tra le sue braccia proprio le pecorelle più deboli e malate.
Credo che non ci sia un comandamento più dolce di quello della carità, così come sgorga spontaneo dal cuore del nostro Gesù: "Amatevi gli uni gli altri, questo è il mio comandamento...".
Facciamo del bene a tutti, senza distinguere buoni e cattivi, amici e nemici, parenti o estranei.
Facciamo tutto il bene possibile senza mai spegnere in noi il desiderio di fare felici gli altri.
La carità di Gesù non diminuisce mai, non dice mai basta e non fa distinzioni tra amico e nemico: tutti ama e per tutti muore.
Gesù mio, che la conoscenza di me stessa insieme con la conoscenza di Te favorisca sempre più l’unione intima e affettuosa dell’anima mia con il mio Dio; che ogni momento si compia in me la tua divina volontà, e che io badi solo a Te e non a quello che potrebbero dire gli uomini.