Il quindici febbraio è morto, a più di novant'anni, don Divo
Barsotti, che la stampa ha definito come l'ultimo mistico
del nostro tempo. Probabilmente s'è cercato un titolo ad
effetto perché ad esempio don Dossetti, il priore della
comunità di Bose, uno morto e l'altro ancorà vivo, sono
pure dei mistici di grande rilievo, comunque don Barsotti è
stato un grande uomo di Dio e della chiesa che ha fatto
onore al suo sacerdozio e che merita d'essere ricordato. Il
fatto poi d'aver conosciuto personalmente questo sacerdote,
agli inizi del mio ministero sacerdotale più di mezzo
secolo fa mi spinge a presentare ai lettori de "L'incontro"
questo prète che fa onore ad una categoria che spesso è
critic~ta perché annovera anche mezze tacche, o
sacerdoti di poco spessore culturale e religioso. Mi pare
quindi più che giusto ed opportuno presentare questo
"campione" che possiamo annoverare tra i testimoni e
profeti più validi del nostro tempo. Ricordo due particolari
che mi sono rimasti ben impréssi e che mi stanno facendo
ancora bene anche se sono passati più di cinquant'anni
da questi incontri: Fin dal 1954 era stato assegnato alla
parrocchia di S. Maria del Rosario (volgarmente chiamata
dei Gesuati) che comprende il nucleo di case veneziane
che partendo dall'Accademia và a finire a punta in bacino
San Marco. Don Barsotti aveva colà una piccola comunità
di suoi discepoli, comunità che veniva a visitare un paio di
volte all'anno. Ricordo il sagrestano che non brillava per
devozione, il quale ogni volta che lo vedeva arrivare si
metteva le mani sui capelli perché le Messe di questo
prete superavano sempre un'ora di tempo. Erano visibili
la pietà e il profondo coinvolgi mento con i quali celebrava
io sacri misteri, s'awertiva che le messe di questo prete
non erano minimamente intaccate dall'abitudine, egli
celebrava veramente il sacrificio di Cristo e lo avvertivi
anche a livello emotivo. Il secondo particolare ebbe un
impatto ancora maggiore nella mia vita di prete. Esposi
qualche perplessità e dubbio che avevo a questo prete
quanto mai preparato e colto ed egli mi rispose convinto
"Quando hai dubbi. incertezze o tentazioni. inginocchiati
davanti al Cristo e digli con franchezza - Cosa debbo
fare? - Che ne pensi? - Vedrai che Gesù ti risponderà
subito e chiaramente!" Fu un suggerimento santo e
saggio che ho adottato spesso e che
mi sta ancora facendo molto del bene. Seguii poi da
lontano la vita di questo sacerdote fiorentino leggendo le
sue dispense di approfondimento sulla Sacra Scrittura,
apprendendo la sua attività di padre spirituale ai politici e
a molti deputati di matrice cristiana ed incontrando suoi
discepoli che con semplicità ed
umiltà ne seguono le orme vivendo una vita spirituale,
religiosa ed intensa, finché non ne appresi dai giornali la
morte. Ritengo utile trascrivere alcuni appunti sulla sua
vita prendendoli dal quindicinale "Il nostro tempo" di
Genova.
don Armando Trevisiol
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Il 15 febbraio scorso è morto don Divo Barsotti nel piccolo
eremo di "S. Sergio" a Settignano (FI), dove viveva da
oltre cinquant'anni. E' morto così, serenamente e dolcemente
come è dato a un cristiano che ha molto creduto e
molto amato. Si direbbe: è morto l'ultimo dei grandi, l'ultimo
dei preti carismatici e colti che hanno lasciato un segno
nella vita della Chiesa, dal secondo dopoguerra in
poi: l'ultimo dei preti che nel 1958 a Milano vennero chiamati
dal cardinale Montini per la grande missione popolare
nel capoluogo lombardo e che corrispondevano ai
nomi di don Mazzolari, padre Balducci, padre Davide
Turoldo, padre Nazareno Fabbretti e lui, il giovane don
Divo Barsotti che già a Firenze aveva fatto sentire la sua
voce, come predicatore e come scrittore.
Era nato a Pa/aia (Pisa) il 25 aprile del 1914 e venne
ordinato sacerdote nel 1937; nel 1945 si trasferì a Firenze,
al tempo in cui reggeva le sorti di quella chiesa il cardinale
Dalla Costa e si andava affermando l'astro spirituale
e culturale di Giorgio La Pirra. Don Divo Barsotti
aveva, benevolmente parlando, una doppia personalità:
quella di mistico e religioso e quella di poeta e critico
letterario. Su questi due binari si svolse tutta la sua vita.
La comunità dei Figli di Dio, da lui fondata nel 1956, che
oggi conta più di duemila aderenti sparsi nel mondo, gli
diede la spinta alla contemplazione e alla vita monastica,
dedita al/a preghiera e al lavoro, alla riflessione teologica
che non fosse solo scolastica, ma anche esistenziale.
D'altra parte la sua passione per la poesia e la letteratura
non poteva venire meno (come è giusto che sia in un
credente "mistico'?: lo accompagnò per tutta la vita e si
manifestò attraverso vari volumi, raccolte poetiche e saggi
critici.
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