Don Divo Barsotti. La fede: pietra miliare del rapporto con Dio
Don Divo Barsotti. La fede: pietra miliare del rapporto con Dio
Esercizi di Muzzano
(Luglio 1999)
Avete invitato l'assemblea a pregare e parto proprio da una invocazione, da una preghiera che voi avete fatto, che Dio cioè aumenti in noi la fede, la speranza e la carità.
Parlando dell'esperienza di Dio noi dobbiamo dire con ferma e assoluta certezza che soltanto la fede può stabilire un rapporto tra noi e Dio, fra Dio e noi.
Come non abbiamo un rapporto con le stelle fisse, così non potremmo avere un rapporto con Dio senza avere ricevuto il dono della fede.
Se non ci fosse la fede, saremmo nella impossibilità assoluta di pregare!
Anche se noi dicessimo le preghiere, le preghiere rimarrebbero, non salirebbero al di là delle nubi perché la nostra forza non è tale da poter spingerei al di là di tutto quello che è creato fino a Dio; pertanto, dobbiamo renderei conto, che una esperienza di Dio se esige le virtù teologali, le esige perché senza queste virtù l'uomo si trova nell'impossibilità di stabilire un qualsiasi rapporto con la divinità e il primo dono, il primo strumento che il Signore ci dà per stabilire con Lui un rapporto è la fede.
Se noi viviamo la vita religiosa, viviamo un certo contatto con Dio attraverso la fede, la fede che ci fa conoscere Dio, ci fa conoscere le sue esigenze. Ma l'anima ne ha paura. Siamo così poveri uomini, siamo creature cosi deboli, che rapporto possiamo avere con Dio? Egli ci chiede una santità che è al di fuori delle possibilità dell'uomo di essere raggiunta e tuttavia, anche se noi sentiamo che siamo dei poveri uomini, incapaci di tutto, ma soprattutto incapaci di rispondere alle esigenze di Dio, tuttavia noi ci sentiamo attirati da Lui e non possiamo fare a meno di Lui e quanto più lo conosciamo, tanto più ci attrae la Sua bellezza ci attrae il Suo amore e ci sentiamo come portati via, come trascinati da una forza alla quale non possiamo resistere, andiamo verso il Signore.
L'esperienza di Dio è prima di tutto questo!
Nasce dalla fede ed è insieme il timore e l'attrazione del desiderio. Sono due sentimenti che non sono mai l'uno senza l'altro! C'è sempre una certa paura, voi l'avete sperimentata prima di fare la consacrazione: quante volte ci sono delle persone che hanno fatto l'aspirantato per più di un anno, anche due anni e non sanno decidersi perché hanno paura.
Dove è la loro forza? Come fanno ad avere la sicurezza che poi saranno fedeli? Non riescono ad essere fedeli nelle piccole cose! Mancare di fedeltà a Dio una volta che ci si sia consacrati a Lui sembra tale cosa peccaminosa da far rifuggire la consacrazione e, tuttavia s'insiste, si continua a venire, si riesce a partecipare un po' alla vita della Comunità, perché, lo dicevo prima, ci sono sempre gli stessi due sentimenti: la paura e l'attrazione.
Questo distingue l'esperienza di Dio nella vita del cristiano. Conoscete voi Dio? Se voi non conoscete Dio non c'è né paura né attrazione: vivete una vita religiosa, si, però solo apparentemente: non vivete nulla, vivete soltanto una vita così, vuota, perché quel Dio a cui dovreste accedere è un Dio di carta, è un Dio che non è un Dio vivente, è un Dio che non fa paura perché è a vostra immagine e somiglianza, è un Dio che non vi attrae perché anche la vita religiosa che uno vive nei confronti di Dio è soltanto un riempire il vuoto della vita. Ma non è riempirla di amore, di un desiderio vivo di unione; si vivacchia, così, e non si vive né una vita umana, né una vita religiosa.
È il pericolo tante volte anche di coloro che vogliono vivere una vita religiosa, cioè che non vivono né una vita umana, né una vita religiosa; si trascinano giorno per giorno, anno per anno in una vita mediocre, una vita senza luce, senza desideri, senza aspirazioni, senza nemmeno paura, si va avanti come per forza di inerzia.Timore e ardore: sinonimi di vita nuova
Se c'è la fede, tutto nasce da lì: ecco, Dio non è più un Dio di carta, è il Dio vivente!
Lo conosci, ma lo conosci in quanto è una Persona, non lo conosci perché sai il catechismo, non lo conosci perché conosci la teologia, lo conosci perché l'hai veduto, perché Egli è entrato nella tua vita, perché Egli si è manifestato a te, e perché la manifestazione di Dio alla tua anima ha voluto dire per la tua anima un desiderio incoercibile di essere unita a Lui e, nello stesso tempo, una grande paura per il senso della tua debolezza, per il senso della tua impotenza, della tua povertà spirituale. Conoscenza di fede che è molto maggiore, molto più importante di una conoscenza teologica.
È soltanto così che nasce la vita religiosa, nasce da questa conoscenza di fede.
Un teologo può parlare della Santissima Trinità fumando una sigaretta, ed è una cosa spaventosa, se si pensa bene, ma lo può fare perché Dio è un Dio un po' di carta, un Dio con il quale si ragiona facilmente: è un Dio senza potenza, che non ha alcuna forza nella tua vita interiore. Perché? Perché la fede è poca, la fede è poca! Una persona, una donna, una semplice donna, magari analfabeta, che non conosce altro magari che un po' di catechismo può vivere una unione con Dio, può vivere una fede più viva, anche dei teologi.
Senza dubbio santa Teresa, o santa Gemma Galgani avevano più fede del vescovo della loro diocesi. Pensiamo santa Gemma Galgani e il vescovo di Lucca del tempo. È impressionante la differenza che vi è fra un vescovo buono ma mediocre, e questa anima che è totalmente presa dall'amore del Cristo, che non vede altro che Lui, che non pensa altro che a Lui, che vive una vita in cui veramente viene consumata dall'amore.
Certamente la fede di santa Gemma era molto più grande assai della fede del suo vescovo, anche se il vescovo era vescovo e Gemma Galgani era una povera scema, come lei si firmava.
Quello che conta nella vita religiosa, dunque, è la fede perché la fede è l'organo che ci mette in comunione con Dio. Vorrei sapere: è lo stesso guardare una fotografia della montagna o scalare la montagna?
Vi sembra la stessa cosa? Vediamo, vi sembra davvero la stessa cosa? Non credo davvero, ebbene quelli che vivono, che parlano anche di Dio possono essere come quelli che guardano una fotografia. Altro è guardare la fotografia, altro è scalare la montagna, altro è vivere un contatto vero con Dio.
Guardate bene che la fede vi deve mantenere in un contatto reale con una persona vivente. . Dio è, Dio esiste, Dio è qui!
Dio, con tutta la sua esigenza di amore, con tutta la pienezza della Sua santità: Egli è qui, e l'anima ha un trasalimento grande. Non riesce a vivere insieme a questo Dio così grande, ne ha quasi paura, eppure dicevo prima, questa paura di Dio si unisce nell'anima a una impossibilità di fuggire perché si sente, nello stesso tempo, attirata da Lui e tu senti che la tua vita è soltanto nella risposta a questa attrazione che provi e che il Signore esercita su di te.
È, direi, proprio questa l'esperienza fondamentale: quando si parla dell'esperienza di Dio dobbiamo pensare che quello che distingue questa esperienza sono questi due sentimenti, mai uno senza l'altro. Può essere che qualche volta prevalga non so l'attrazione alla paura, altre volte la paura o almeno il senso del rispetto invece dell'amore, ma questi due sentimenti sono sempre presenti. Se non c'è il timore dovete avere paura, se non avete paura dovete avere paura perché Dio non è proporzionato all'uomo.
Ti senti di vivere insieme a un gigante, ti senti di vivere una santità che ti brucia, che ti consuma: ti getteresti volentieri nel fuoco? Non credo! Non ti sei mai gettato nel fuoco, ecco, non ti senti anche di gettarti in questo Dio. Un senso di timore nasce sempre nell'anima. Che cosa mi chiederà il Signore? Che cosa vorrà da me? Come potrò vivere io un rapporto con Lui?
Ed ecco allora si cerca di vivere una vita anche buona, ma la vita buona che vogliamo vivere, le virtù, sono una difesa contro Dio: se Lui mi lascerà in pace cercherò di dire le mie preghierine, farò quest'altra cosa, quest'altra così e Dio sarà contento e io vivo la mia vita lo stesso. Quando io gli ho dato un po' di qualche cosa di mio, credo di averlo accontentato e posso così vivere la mia vita.
Non è così che possiamo vivere una vita religiosa: se conosci Dio non puoi fare patti con Lui, è Lui che fa i patti con te, ma tu non puoi fare i patti con Dio. Anche se siamo nella religione dell'alleanza non siamo sul medesimo piano. Da una parte c'è Dio, Dio che tutto può pretendere, tutto può volere perché Dio non è proporzionato all'uomo: dall'altra c'è l'uomo con la sua piccolezza, con la sua incapacità, con la sua povertà, con i suoi peccati.
Vivere con semplicità la vita cristiana nella fede e nella speranza
In questo rapporto così strano, perché veramente è strano se noi ci pensiamo bene, l'anima vive una vita del tutto nuova nei confronti della vita degli uomini che non hanno fede.
Per un'anima che ha fede è impossibile accantonare questo Dio. Anche se tu cerchi di allontanarti, per la paura che hai, non ce la fai perché nello stesso tempo Egli ti attira.
Ed allora che cosa avviene? Avviene che la tua vita è una vita drammatica: gli altri possono vivere nella pace, ma è la pace della morte. Noi non viviamo la pace!
Lui lo ha detto: "Io non sono venuto a portare la pace, ma la guerra"!
È un dramma quello che si vive, è una lotta terribile quella che l'uomo vive, non solo perché l'uomo è l'uomo e Dio è Dio, ma perché l'uomo non è mai autonomo: o è in dipendenza da Dio o è in dipendenza dal maligno, dal male, e la vita cristiana è un combattimento, il campo di battaglia è il tuo cuore!
Da una parte c'è Dio che però non combatte ma si fa presente e la sua presenza vince tutti gli orrori del male. Dall'altra parte però c'è il maligno che si insinua e ti combatte, vuole prendere possesso di te. Oltre dunque che essere sentimento di paura e di attrazione la vita religiosa cristiana, nella sua esperienza, è anche una esperienza di una lotta che si svolge nel tuo intimo. Altro che pace! La pace si avrà, ma sulla sommità, quando si è arrivati in cima ti puoi riposare, ma durante il cammino guarda di non fermarti perché è pericoloso, puoi sdrucciolare e precipiti giù.
Puoi guardare ed avere il senso della paura nel vedere i dirupi che da ogni parte ti circondano. Nella nostra vita religiosa viviamo un combattimento terribile.
È Dio che permette, ed è il maligno che in tutti i modi vuol prendere possesso di noi ma Dio ci protegge ad una condizione, però: che noi abbiamo fiducia.
Oltre dunque alla fede ci vuole la speranza, quello che ha detto quella nostra sorella nelle preghiere di questa sera: "aumenta in noi Signore la fede, la speranza e la carità".
La fede non può andare da sola perché la fede ci dice le esigenze di Dio, ma non ci dà la forza di compierle, noi abbiamo bisogno di aver fiducia nell'aiuto di Dio, vi è un bisogno di credere che Dio non ci abbandona, abbiamo bisogno di sapere che Egli sarà pronto ad aiutarci nei nostri bisogni, nei nostri pericoli: guai se perdiamo questa fiducia nel suo aiuto! Da noi soli non possiamo nulla.
Abbiamo bisogno oltre che della fede, di una speranza viva.
La fede senza la speranza è comunque la morte perché la fede non stabilisce una unità nell'amore.
Ci dà il senso della grandezza di Dio, il senso della pochezza dell'uomo, ma come unire questi due, l'uomo e Dio, se non hanno nulla in comune?
In comune è la fiducia, la comunione di vita è la fiducia che la crea, perché l'anima che ha veduto Dio, che ha sentito il bisogno di tendere a Lui, ora si affida alla sua provvidenza, si mette nelle mani di Dio, si lascia portare, ma a una condizione: deve avere in Lui una fiducia cieca!
Noi dobbiamo chiudere gli occhi, non aver paura: soltanto così si compiranno le opere di Dio.
Se voi leggete la vita dei santi voi potete capire come questa esperienza sia una esperienza comune nella vita spirituale.
Quale esperienza? L'esperienza che Dio ci soccorre nella misura che noi ci fidiamo di Lui.
La vita cristiana vissuta come vincolo di amore.
Da noi non possiamo far nulla, da noi siamo incapaci di fare anche il più piccolo passo, ma se ci mettiamo nelle mani di Dio possiamo attraversare anche il mare. Basta chiudere gli occhi ed ecco allora c'è lo Spirito Santo che, come dice il Libro dell'Esodo, apre le sue ali e così che noi possiamo salire sulla groppa dell'aquila e lasciarci portare dall'aquila stessa: ma questo è possibile se c'è la fiducia altrimenti non lo facciamo!
Noi riusciremo ad andare di là, cioè a salvarci nonostante la lotta, nonostante il pericolo se sapremo fidarci di Dio.
Da una parte dunque la fede, non la fede però senza la speranza, perché è sì la fede che ci fa vedere le cose, ma non ci dà la capacità di unirci a Dio; ci fa vedere Dio, ma non rende possibile per noi la nostra unione con Lui. È Dio che stabilirà quell'unione, ma la stabilirà nella misura che noi lasceremo che Egli possa operare in noi ed Egli opererà in noi nella misura che noi ci abbandoneremo alla sua forza.
Vedete come è semplice la vita cristiana?
È grande la vita cristiana, è grandissima, ma è anche estremamente semplice. Si tratta di conoscere Dio e rimanere conquistati dalla sua bellezza. E conoscendo Dio impariamo a conoscere anche noi stessi, ma scopriamo anche di non sapere come potranno unirsi questi due esseri talmente diversi: da una parte Dio l'Onnipotente, da una parte Dio la santità stessa, da una parte Dio l'Infinito e dall'altra parte questo omuncolo che siamo noi. Come unire i due esseri?
Li unirà la speranza, la fiducia, l'abbandono a Dio stesso che interviene nella nostra vita. La speranza non è atto dell'uomo, è un atto di Dio. Di un Dio che vive in te, di un Dio a cui devi abbandonarti, di un Dio dal quale devi lasciarti possedere. Allora se ti lasci possedere da Lui, tutto andrà bene, tutto si compirà secondo il tuo desiderio e secondo anche l'onnipotenza di Dio. Vedete come è chiara la vita religiosa nei suoi principi ed anche nelle sue forme? Non abbiamo bisogno di tante storie, di tanti discorsi, si tratta di conoscere, ma di conoscere Dio come un essere vero, non conoscerlo come da una cartolina, non conoscere Dio per sentito dire.
Ricordate come finisce il Libro di Giobbe? "Prima parlavo di Te per sentito dire, ma ora che ti ho conosciuto mi prostro nella polvere e nella cenere, in silenzio di fronte a Dio". Così anche per noi: avendolo conosciuto, sì, ora sappiamo che cosa voglia dire la vita religiosa, ma sappiamo anche che da noi non possiamo proprio fare nulla. È questo il passaggio dalla fede alla speranza, speranza che ci dona di poter essere portati a Lui e condotti dal Suo Spirito.
E poi la carità, che è il frutto di quello che la speranza avrà compiuto nella nostra anima, perché il desiderio e la speranza dell'anima non può essere che una sola cosa: che il rapporto che sembrava impossibile fra l'uomo e Dio si realizzi invece in una alleanza di amore. La vita cristiana è, dice San Tommaso D'Aquino: quaedam amicitia, è un legame di amore.
Di un amore che ha tutti i caratteri di ogni amore, di amore filiale da parte dell'uomo, di amore paterno da parte di Dio. È amore di sposo nei confronti di Dio che è lo sposo nei confronti dell'anima che è la sposa: è amore di amicizia perché Egli è un fratello nostro, Gesù si è fatto nostro fratello.
Tutti i rapporti che sono propri dell'uomo quaggiù e sono tantissimi, tutti sono realizzati nel nostro rapporto con Lui, talmente Dio ci prende totalmente, ci possiede e ci trasforma in Sé.
Accogliere l'amore per essere la gioia ed il fine di Dio
L' unione con Dio fa sì che noi siamo due in un solo corpo, siamo due in una sola vita.
Non si distrugge la distinzione personale di ciascuno di noi da Dio.
Io rimango Divo Barsotti anche dopo la morte; però non vivrò più la mia vita, vivrò la vita di Dio se avrò la fortuna, la gioia di poter andare in paradiso. Vivere la vita stessa di Dio!
Non avrò un mio essere particolare, il mio essere è Cristo perché sono inserito nel Cristo.
Il Cristo è glorioso, il Cristo è in Cielo, alla destra del Padre anche col suo corpo che è risorto. Allora se noi siamo nel Cristo voi capite che può continuare la vita anche corporale. In che senso possa avvenire questo è difficile capirlo, ma giustamente Rosmini aveva intuito che attraverso la morte l'uomo realizza il fatto di essere un solo corpo con Cristo Gesù.
Comunque quanto detto da Rosmini resta una affermazione che è sub judice, cioè non posso dire che sia la verità: si può studiare, può darsi che sia la verità, ma oggi come oggi la Chiesa non si pronunzia.
La cosa importante è però comunque un'altra: che attraverso la fede e la speranza l'uomo finalmente vive un rapporto di amore, di un amore che lo colma, di un amore che gli dona il senso di una pienezza, di una dolcezza ineffabile, il senso di una presenza viva di amore. L'anima si libera da ogni peso, non conosce più la propria povertà e i propri peccati, non conosce più che l'amore di Dio: tutta la sua vita è questa gioia di essere amata, tutta la sua vita è questa esperienza di essere il fine di Dio.
Sappiamo che Dio è il fine dell'uomo, che l'uomo non può trovare la sua pace e il suo fine che in Dio stesso ma una cosa molto più grande è vera: che noi siamo il fine di Dio perché se egli ci ama, l'amato per l'amante è il termine ultimo.
L'amante si ordina all'amato e Dio si ordina all'uomo e vive in tal modo che noi siamo, dobbiamo essere la sua ricchezza, e la sua gioia.
Dice sant'Ireneo, il più grande teologo dei primordi della Chiesa: Gloria Dei vivens homo, la gloria di Dio è l'uomo vivente. Perché?, Ma perché Dio vede nell'uomo il suo bene! Se veramente Egli ci ama non può non vedere in noi la Sua ricchezza.
Molte di voi sono sposate, vostro marito vi deve amare altrimenti non lo avreste nemmeno sposato, vostro marito si è innamorato di voi. Che cosa vuol dire innamorato di voi? Ha sentito che doveva realizzare la sua vita nell'unione con voi, perché voi eravate per lui la sua ricchezza e la sua gioia, senza di voi non poteva vivere! Quando si ama è così! Così è anche Dio, Egli ci ama, non può stare senza di noi, per questo si è fatto uomo, per questo ha vissuto la nostra vita, per questo vive anche oggi qui con noi ed è questa la carità come la viviamo nel tempo presente.
In paradiso ancora non so, non ho ancora l'esperienza della vita beata, ma ho l'esperienza della vita cristiana nel mondo. E qual è questa esperienza? Questa presenza di Dio come un amico, questa presenza di Dio come uno che mi ama, che vuole stare con me, che mi chiede soltanto di fargli posto nella mia vita, nel mio cuore: non mi disturba, non rende più pesante la mia vita, l'alleggerisce piuttosto, la colma di pace, dona alla mia anima un senso vivo di gioia; mi sento conosciuto e amato.
Dio si è fatto uomo come noi per farci una sola cosa con Lui
Noi avremmo avuto paura se non avessimo fatto questo cammino della fede, della speranza, fino all'amore, avremmo avuto paura di Dio: ma invece il cammino che ci ha condotto dalla fede alla carità ci fa vivere in unione con un Dio che si è fatto uomo come noi perché nessuna distanza ci separi da Lui, perché nessuna distanza separi noi da Lui e Lui da noi. E questa distanza è vinta perfino se noi siamo peccatori perché ha preso su di Sé il nostro peccato così che noi potessimo vivere con Lui senza timore: Egli è l'agnello che ha tolto, che toglie i peccati del mondo.
Quando io dico la Messa, subito prima della comunione, quando alzo il Corpo del Signore e dico: "Ecco l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo", ho l'impressione che in quel momento non esistano più peccati, non solo i miei, ma anche quelli di tutti gli altri uomini, né degli assassini, né degli adulteri: tutto è perdonato da parte di Dio!
Naturalmente c'è l'uomo, bisogna che accetti di essere amato, ci vuole un consenso dell'uomo che è libero di accogliere o meno: però da parte di Dio, tutto è già dimenticato perché Dio non vive che il suo amore senza limiti e senza misura; a noi resta soltanto aprirci a questo amore gratuito ed immenso!
Vogliamo essere amati? Vuoi essere amata? Vogliamo essere amati! Questa è la vita cristiana: aprirci ad accogliere Dio!
Un Dio che si fa uguale a noi, che prende sopra di Sé i nostri pesi, perché ha tolto da noi il nostro peccato per prenderlo sopra di Sé perché non voleva che noi fossimo accasciati sotto il peso delle nostre colpe, È L'amore, l'amore!
Dio ci ama in tal modo da essersi fatto uguale a noi, uno con noi. Domani Egli ci farà una sola cosa con Sé: ora Lui si è fatto uomo con noi. È un povero uomo, che vive per trenta anni nella casa di Nazareth; un predicatore itinerante che predica a degli umili contadini e pescatori; un uomo che è condannato a morte e muore sopra la croce. Ma domani Egli farà sì che noi siamo come Lui, nella gloria del Cielo, saremo figli di Dio in questa meravigliosa grandezza che ci è promessa, di essere veramente suoi figli. Non sappiamo che cosa questo voglia dire, però ci insegna San Giovanni nella Prima Lettera, che "allora lo vedremo così come Egli è perché saremo simili a Lui."
Ora è Dio che si fa uguale a noi povero, nascosto, sofferente, morto. Domani farà noi simili a Sé: la gloria, la ricchezza del Cielo, la gioia infinita dell'amore, di un amore eterno! Ecco che cosa è, miei cari fratelli, l'esperienza di Dio nel Cristianesimo.