domingo, 30 de maio de 2010

Dal DIARIO della Beata Madre M. Pierina De Micheli Apostola del Volto Santo


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Di Madre M. Pierina De Micheli Apostola del Volto Santo

Madre M. Pierina De Micheli religiosa della Congregazione delle Figlie dell'Immacolata Concezione di Buenos Aires
dal DIARIO (1940-1945) 


ANNO 1940

Ave Maria
Tutto per piacere a Gesù, glorificare Dio, salvare anime!


Settembre

11 - Il nemico gettò più volte a terra le immagini del S. Volto.
19 - Mi schiacciò al muro e voleva promessa di non più comunicare col Rev. Padre... Mi tormentò molto in Cappella. Gesù tutto quello che vuoi! ...
22 - Giunse il conio della medaglia del S. Volto, la gettò da tutte le parti e mi suggestionò tanto, che credetti di perdere la ragione.


Ottobre

1 - Voleva sputassi sopra l'immagine del S. Volto. La baciai facendo ripetuti atti di amore e ne ebbi un forte schiaffo.
6 - Mi si presentò come angelo di luce, inducendomi a cessare la preghiera e riposarmi, accortami dell'inganno al nome di Maria sparì.
12 e 13 - Sono stata a Lucca, la città del Volto Santo! Veramente si prova un benessere soprannaturale, si sente sensibilmente la presenza di Gesù! Mi sento come schiacciata da tante grazie! Le parole di Gesù: - Non ho bisogno d'intermediari per mostrarmi alle anime a me dilette - mi hanno rapita nella dolce contemplazione del Suo Volto Divino, che passò? ... Grazie Gesù... Dammi la Tua croce, le Tue pene... dammi anime d'offrirTi, tante anime, tutte le anime! ... che Suor Pierina sia immolata nel silenzio e nel nascondimento. Ho sen­tito con certezza che la medaglia farà un gran bene, che il nemico ruggirà ancora molto, ma sarò sostenuta dalla grazia e dalla ubbidienza. Veramente dopo questo, non avevo più interesse a far scoprire il S. Volto, ma lo feci per la mia compagna Suor M. Paola, e a porte chiuse si ottenne di vederlo. Il nemico in questa chiesa di San Martino, mi gettò a terra con rabbia.
15 - Oggi 27 anni sono entrata in Religione! quante grazie! ... quante lotte!... quante miserie! quante! quante!... Anima mia, confidenza, ab­bandono, umiltà... non più vita personale, ma vivere unicamente per la gloria di Dio. Tutto posso in Gesù, niente posso senza di Lui; sono un guastamestieri. Adorazione continua di Dio, uniformità ai Suoi Voleri.


Novembre

19 - Ho una volontà debole oggi, il nemico rugge; Maria, aiutami Sono entrata in S. Ignazio per confessarmi, m'inginocchiai, vedendo entrare un Padre in confessionale... era il nemico... col segno della croce sparì.
27 - Quanto è buono Gesù coi miserabili! Ieri ho sentito un impulso straordinario a mandare le Suore alla Chiesa dei Padri, per onorare S. Silvestro, Santo a me sconosciuto, e con un po' di sacrificio sono riuscita a mandarle tutte. Sentendo poi raccontare il sermone udito e vedendo nella preghiera dell'immagine, come fosse devoto dei SS. Sacramento e della Madonna, mi sentii spinta a raccomandarmi a Lui con confidenza. Mi trovavo a colloquio con Lui, raccomandando i miei bisogni, quando me lo trovai davanti e poggiandomi la mano sul capo mi disse: - Sta tranquilla, non temere il nemico. Tenterà tutti i mezzi per chiuderti il cuore, ma io ti assisterò. - Tu sii sempre can­dida col Padre e ubbidiente se vuoi riportare vittoria. - Poi guardandomi con un sorriso, che mai dimenticherò e benedicendomi soggiunse: - Vedi questa veste splendente? È la veste di quelli che operano pu­ramente per la gloria di Dio. - Sii sempre fedele al tuo voto e sarà anche la tua. - Disparve lasciandomi in cuore il paradiso. Oh, Gesù, così ripaghi tante infedeltà e miserie! ... Nonostante tutto, voglio es­sere una lode della maggior gloria di Dio! Che giunga al Creatore fra il rumore della tempesta, della lotta, o fra le inebrianti delizie dello spirito, poco importa. Quello che importa è che sia la lode della vo­lontà divina. Umiltà e abbiezione assoluta. Maria!


Dicembre

1 - Oggi Gesù mi ha dato una grande consolazione! L'Immacolata in questa Sua novena, mi procurò la forza di lottare contro il nemico che non mi dà tregua! Gesù esposto, che gioia! Quante grazie! Ed io che farò?
Azioni non parole - Propositi: approfittare di tutte le tentazioni, di tutte le prove, per mostrare a Gesù che l'amo... per la gloria di Dio, per la salvezza delle anime.
Carità soprannaturale con le mie Suore. Attingerla dal Cuore di Dio e darla senza misura. Combattere - usque ad mortem. -
6 - Non ne posso più! Maria aiutami! Non ho che afferrarmi alla speranza ed abbandonarmi in Dio! Che non ti offenda o Gesù! Il nemico mi fa proposte spaventose, mi suggestiona terribilmente! Coraggio anima mia, abbandono, abbandono! Gesù, Gesù, Gesù!
7 - Questa notte il nemico mi tentò un altro tiro fra i molti di questi giorni... Quanta lotta, Maria, non ne posso più! Oh, Gesù, tutto quello che Tu vuoi, ma aiuta la mia debolezza!
10 - Ho bisogno, estremo bisogno di ricorrere al medico dell'anima mia... Ho il cuore stretto, duro, ribelle... Non ne posso più... anche il fisico pare ceda alla violenza del nemico... Maria, non lasciarmi sola!
14 - Quanta bontà mi à usata Gesù coi mandarmi il Padre, che dopo avermi ridata la pace, mi cibò della S. Eucaristia! Ho compreso come Gesù mi vuole completamente abbandonata in Lui per mezzo dell'ub­bidienza. Costi quello che costi devo ubbidire. Occhi chiusi per nulla vedere, capire. Umiltà e confidenza - solo così potrò essere forte contro il nemico... Nell'esterno - vigilanza, perché sia sempre padro­na di me stessa, reprimere anche il più piccolo moto d'impazienza. Mi costerà assai, ma Gesù lo vuole, mi aiuterà. - Fino al presente ho pensato che, questi difetti esterni mi servivano per umiliarmi davanti alla Comunità e ne godeva... ora Gesù vuole diversamente. - A Lui mi affido.
18 - Ho lottato assai in questi giorni, mi sono attaccata all'ubbidienza e Gesù ha vinto in me... Cerco di stare calma... mi pare di cadere in un precipizio... a me la sofferenza, alle anime luce e perdono. Voglio chiedere ogni giorno alla Madonna la grazia di vivere in un abbando­no gioioso, per compiere perfettamente la SS. Volontà di Dio.
20 - Il Padre non c'è ... ci sei Tu, Gesù, c'è la mia Mamma Immaco­lata che metteranno in fuga il nemico... abbandono assoluto in Dio, anima mia... ricorda le parole dell'ubbidienza... tutto per le anime. Asciugare le lagrime di Gesù con la lotta e la sofferenza!
23 - La confessione mi ha dato la pace... quanto è buono Gesù, con me, tanto ribelle! Ora anima mia sappi conservarla, ubbidendo. O Gesù sono Tua, perché devo temere? Mamma mia Immacolata aiuta­mi! Dilexit et tradidit semetipsum pro me, et ego dilígam Te, et tradam me ípsum pro Te.
Santa Notte - dopo la Santa Comunione Gesù si è impossessato di tutta me stessa. Che passò... non lo so dire... fu la festa dell'Amore! Mi mostrò il mio cuore nel Suo e mi disse: VEDI COME TI AMO. DAL GIORNO DELLA TUA la COMUNIONE TI HO SEMPRE TENUTA COSÌ VICINA... poi mi parlò di altri cuori a lui consacrati, e soggiunse - TU Mi SARAI FEDELE, MI CONSOLERAI? e dicendoGli io, un po' turbata, se mai dubitasse della mia fedeltà, ri­spose - NON TURBARTI, PIÙ TARDI, SAPRAI PERCHÉ VOGLIO DA TE RIPETUTE CONFERME DI FEDELTA’. Quando mi riebbi, una pace profonda invadeva l'animo mio, e mi parve strano, il ritrovarmi ancora su questa terra. O Gesù, così ripaghi le mie infedeltà? Spogliami di tutto e di me stessa, perché Tu solo e pienamente abbia a regnare in me.
Niente per me, tutto per la gloria di Dio. Fedeltà alla grazia, stima della grazia. Da mihi hanc aquam.
27 - Quanto amor proprio!... hai ragione di umiliarti anima mia! non ho avuto il coraggio di troncare un discorso, in cui il mio io era accarezzato, perché le Suore non se ne avvedessero... dopo tante gra­zie! Perdono Gesù! Mi studierò di stritolare questo amore smodato di me stessa, umiliandomi in tutte le occasioni che Gesù mi presenta.
29 - Giorno di ritiro - Gran pace. Durante la meditazione: Gesù tutto cuore, Gesù tutto amore - grandi slanci, grandi desideri di amare Gesù come non è stato amato. Attenta, anima mia, ... Amore reale, fatto di rinunce di sacrificio, di lotte, di patire... Per Te, o Gesù tutto, tutto. Davanti a Gesù esposto ho goduto una profonda intimità, coi mio Diletto. Gesù mi ha partecipato le sue pene, i suoi desideri... mi vuole con Lui nel Getzemani, mi domanda se accetto... mi prevede grandi sofferenze... O Gesù caro, che Ti posso io dare se non un cuore desideroso d'amarti, e una volontà risoluta, a voler tutto quello che Tu vuoi? Conosco la mia miseria, la mia superbia, lo spirito d'indi­pendenza che mi domina, lascia dunque che Ti dica - Sì Gesù, accetto tutto, ma sempre, se il Padre lo permette. Gesù è stato più contento di questa mia sottomissione, che dell'accettazione di ogni sofferenza. Caro Gesù, Tu sai quanto la mia volontà ha guastato i tuoi doni. Io sono il niente - Gesù è il tutto.


Ave Maria!

     sfonte:http://www.preghiereagesuemaria.it

Beatificada la madre Pierina, una vida de oración por la santificación de los sacerdotes

http://www.cicbue.com/images/PIERINA.JPG
Domingo, 30 may (RV).- Este domingo 30 de mayo, solemnidad de la Santísima Trinidad, fue beatificada en la basílica de Santa María la Mayor de Roma, a las 10 de la mañana, la madre Pierina de Micheli, hija de la Congregación de la Inmaculada Concepción de Buenos Aires. Nacida en Milán, en 1890, con el nombre de Giuseppina, hija de una familia numerosa y humilde, vivió en su ciudad natal y en Roma una vida breve pero intensa en la fe.
En la misa de beatificación, presidida por monseñor Angelo Amato, prefecto de la Congregación para la Causa de los Santos, participaron miles de fieles, muchos de ellos provenientes de Argentina y otros países de Suramérica. En su homilía, el prelado vaticano puso de relieve que la beatificación de la madre Pierina ha tenido lugar en el día en que celebramos la Fiesta de la Santísima Trinidad, que no es sólo la revelación del misterio de Dios como comunión de caridad sino la manifestación de la gran dignidad del ser humano creado a imagen y semejanza de Dios Trinidad.
Por lo tanto afirmó monseñor Amato, todo ser humano tiene un sello trinitario como hijo del Padre celeste, hermano de Jesucristo y templo del Espíritu Santo. Un esplendor trinitario que es mayormente visible en los santos, en los que se refleja la multiforme sabiduría de Dios y en los que se manifiesta el Espíritu Santo, el espíritu de verdad, para guiarlos a la verdad plena. Los santos son los auténticos evangelizadores de la humanidad porque en ellos hay armonía entre la palabra leída, escuchada, meditada y vivida. 
Es en este contexto donde se ubica la beatificación de la Sierva de Dios María Pierina de Micheli, explicó el prefecto de la congregación para la causa de los santos, “una criatura trinitaria, plasmada por la misericordia del padre, redimida por el Hijo Crucificado y enriquecida por la gracia del Espíritu de santidad”.
Monseñor Amato hizo una breve biografía de la nueva beata en la que destacó en particular el espíritu de independencia y de libertad que la acompañó en la infancia y en la adolescencia y que incluso, en un momento de su vida hizo que se revelara contra el llamado del Señor por temor a perderlas, al punto de hacer una novena para “perder la vocación”. No obstante, Jesús la atraía cada vez más, y al final la joven Pierina decide pronunciar el “si” de su consagración religiosa.

En la carta apostólica de beatificación, el Papa Benedicto XVI, coloca tres característica de la santidad de Pierina, que monseñor Amato enumeró: la piedad mariana, la devoción al Santo Rostro de Jesús Crucificado y la entrega de su vida de oración y sufrimiento por la santificación de los sacerdotes. 

En primer lugar, perteneciendo a una congregación mariana, la devoción a la Inmaculada es un aspecto característico de su espiritualidad, al punto que el último día de mayo de 1938, la madre Pierina vio que la Inmaculada tenía entre sus manos un escapulario con la imagen del Rostro Santo por una parte, y una ostia radiante en la otra. La beta virgen le dijo que el escapulario es un arma de defensa y una prenda de amor y de misericordia que Jesús da al mundo. Un mes después de esta visión, la beata expresa a su padre espiritual el deseo de imprimir en su pecho el Rostro de Jesús Crucificado. Desde entones, en lugar de un crucifico llevaba la esfinge del Santo Rostro.

La tercera característica de la espiritualidad de la beata Pierina Michelli fue su deseo de ofrecer la propia vida de oración y sufrimiento por la santificación de los sacerdotes. Sus numerosos sufrimientos los ofrecía por su santificación pues advertía que contra los ministros de Dios se desencadenaban las potencias de las tinieblas. Con sus oraciones y sus penitencias la beata se proponía atender a las debilidades de los ministros del Señor y evitar así las traiciones al amor de Jesús. 

El prefecto de la Congregación para las Causas de los Santos concluyó su homilía reconociendo que al final, la pasión más viva de madre Pierina era su deseo de santidad. Invitaba abiertamente a sus hermanas a la santidad y les decía que no habían sido llamadas a una vida buena sino a una vida santa. “No mujeres buenas sino santas”. “Transfigurada por la gracia y a pesar de la fragilidad y opacidad propia de la criatura, la beata Pierina de Michelli deja en la historia una huella concreta de Dios Trinidad y nos invita a todos a ver lo atractivo de la belleza divina.


fonte:ecclesia digital

LA CRISI DELLA VITA DEVOTA E LE RESPONSABILITÀ DEL CONCILIO 2. RESPONSABILITÀ DEL CONCILIO

il Concilio e la crisi della vita devota (2)




Dobbiamo addossare al Vaticano II anche la colpa dell’attuale crisi della devozione, in tutte le sue forme, e in particolare in quella rappresentata dalla pietas privata dei fedeli? A prima vista la cosa non sembrerebbe possibile, dal momento che il Concilio ribadisce la necessità e l’importanza della preghiera personale e propugna il mantenimento delle tradizionali pratiche della devozione cattolica. Del resto, avrebbe forse potuto passarle sotto silenzio?

Ciò risulta, in particolare, dagli articoli 11, 12 e 13 della Sacrosanctum Concilium, la costituzione che ha stabilito i princìpi della riforma della liturgia.Tuttavia i testi conciliari mostrano omissioni e sfumature, non prive di ambiguità, che sembrano voler svalutare l’ importanza di queste forme tradizionali di pietà, inglobandole nella liturgia, contro l’ insegnamento tradizionale del Magistero.

La dottrina tradizionale richiamata da Pio XII nella Mediator Dei

Sappiamo che l’enciclica Mediator Dei di Pio XII, del 20 novembre 1947, dedicata alla sacra liturgia, analizzava a fondo il rapporto tra il culto esterno ed il culto interno, mostrando la necessità del loro intimo equilibrio alla luce del concetto che “l’elemento essenziale del culto deve essere quello interno”, al quale appartiene la pietà privata tipica della vita devota. Se così non fosse, la religione diventerebbe “un formalismo senza fondamento e senza contenuto”.

Il culto interno deve naturalmente attuarsi sempre “in intima congiunzione con il culto esterno”. La Mediator Dei condannava perciò l’errore dei panliturgisti, apparso già in alcune componenti del Movimento Liturgico alla fine degli anni venti del secolo XX, secondo il quale errore a contare era soprattutto la cosiddetta “pietà oggettiva”, quella cioè che si attuava nel culto esterno e pubblico, grazie all’efficacia ex opere operato dei Sacramenti e del Sacrificio dell’altare, a scapito del culto privato o pietà sprezzantemente detta “soggettiva”. Incentrando tutta la pietà cristiana “nel mistero del Corpo Mistico di Cristo, senza nessun riguardo personale e soggettivo”, costoro ritenevano, precisava l’enciclica, “che si debbano trascurare le altre pratiche religiose non strettamente liturgiche e compiute al di fuori del culto pubblico”.

Ai panliturgisti il Papa ricordava che i Sacramenti e il Sacrificio dell’altare, “per avere la debita efficacia esigono le buone disposizioni dell’anima nostra”, tant’è vero che “nessuno può ricevere validamente e tanto meno degnamente e con frutto un Sacramento se non è nelle condizioni necessarie” (Allocuzione ai sacerdoti e predicatori della Quaresima, tenuta il 17.2.1945 a Roma, in La Liturgie, Les Enseignements Pontificaux, Desclée, 1961, pp. 304-306). Non bisogna mai dimenticare, proseguiva, che “l’opera della redenzione, in sé indipendente dalla nostra volontà, richiede l’intimo sforzo dell’anima nostra (internum animi nostri nisum) perché possiamo conseguire l’eterna salvezza”. Questo “intimo sforzo”, al quale il nostro libero arbitrio non può sottrarsi e che la tradizione cattolica ha sempre concepito ed attuato nel giusto equilibrio di ragione, volontà e sentimento religioso, l’enciclica lo illustrava e chiarificava in una pagina esemplare per chiarezza e perspicuità di analisi: “Se la pietà privata e interna dei singoli trascurasse l’augusto Sacrificio dell’altare e i Sacramenti e si sottraesse all’influsso salvifico che emana dal Capo nelle membra, sarebbe senza dubbio riprovevole e sterile; ma quando tutte le previdenze e gli esercizi di pietà non strettamente liturgici (sed cum omnia pietatis consilia et opera, quae cum Sacra Liturgia arcte non coniunguntur) fissano lo sguardo dell’animo sugli atti umani unicamente per indirizzarli al Padre che è nei cieli, per stimolare salutarmene gli uomini alla penitenza e al timor di Dio e, strappatili all’attrattiva del mondo e dei vizi, per condurli felicemente per arduo cammino al vertice della santità, allora sono non soltanto sommamente lodevoli, ma necessari, perché scoprono i pericoli della vita spirituale, ci spronano all’acquisto delle virtù e aumentano il fervore col quale dobbiamo dedicarci tutti al servizio di Gesù Cristo.

La genuina pietà, che l’Angelico chiama “devozione” e che è l’atto principale della virtù della religione col quale gli uomini si ordinano rettamente, si orientano opportunamente verso Dio, e liberamente si dedicano al culto [ST, II-II, q. 82, a. 1], ha bisogno della meditazione delle realtà soprannaturali e delle pratiche spirituali perché si alimenti, stimoli e vigoreggi, e ci animi alla perfezione. Poiché la religione cristiana debitamente praticata richiede soprattutto che la volontà si consacri a Dio e influisca sulle altre facoltà dell’anima. Ma ogni atto di volontà presuppone l’esercizio dell’ intelligenza, e, prima di darsi a Dio per mezzo del sacrificio, è assolutamente necessaria la conoscenza degli argomenti e dei motivi che impongono la religione, come, per esempio, il fine ultimo dell’uomo e la grandezza della divina maestà, il dovere della soggezione al Creatore, i tesori inesauribili dell’amore col quale Egli ci vuole arricchire, la necessità della grazia per giungere alla meta assegnataci, e la via particolare che la divina Provvidenza ci ha preparata unendoci tutti come membra di un Corpo a Gesù Cristo” (Mediator Dei, cit., pp. 30-32).

Il Concilio fa sparire il concetto di “culto interno”

Il Concilio, cosa ha mantenuto di tutto questo? L’articolo 12 della Sacrosanctum Concilium (=SC), pur esprimendosi in termini molto più generici di quelli della Mediator Dei, sembra indubbiamente contenere un forte e tradizionale richiamo alla necessità della preghiera personale.

E tuttavia si cercherebbe invano, nei testi del Concilio, un concetto fondamentale come quello secondo il quale “l’elemento essenziale del culto deve essere quello interno”: at praecipuum divini cultus elementum internum esse debet. Dell’esistenza di un culto esterno ed interno non si parla nemmeno e la nozione di “culto interno” sembra del tutto scomparsa. Non solo. I “distinguo” introdotti nei testi conciliari tendono a svalutare la pietà privata nei confronti della liturgia e a far prevalere la pietà cosiddetta “oggettiva” su quella “soggettiva”, andando quindi proprio nella direzione condannata dalla Mediator Dei.

Cominciamo dall’art. 11 della SC. Esso afferma esser indispensabili “le disposizioni di un animo retto” al fine di ottenere la “piena efficacia” del culto pubblico. Nella nozione di queste “disposizioni” è forse racchiusa quella del culto interno? Lo si può ritenere, pur trattandosi in ogni caso di un riferimento che resta generico, visto che la SC di “culto interno” non parla mai. Tuttavia, si nota, a mio avviso, un’ambiguità di fondo. Secondo l’insegnamento tradizionale, ribadito da Pio XII, nessuno, come si è visto, può ricevere validamente, degnamente e con i dovuti frutti un Sacramento, se non si trova nelle “condizioni necessarie”, condizioni ovviamente costituite ad opera del culto interno, mediante la vita devota. Nel testo della SC si parla, invece, di “piena efficacia” : le “disposizioni di un animo retto”, che vuole “cooperare con la grazia”, non sarebbero condizioni di valida e degna recezione del Sacramento, ma lo sarebbero solo della sua “piena efficacia”.

Non mi sembra che in tal modo la dottrina tradizionale sia qui resa fedelmente. Infatti, un conto è affermare, senza sfumature di sorta, che la disposizione interiore del soggetto è condizione di valida e degna recezione del Sacramento, che solo in tal modo può quindi essere efficace per chi lo riceve; un altro è affermare che è condizione della sua “piena efficacia”. Con la seconda formulazione, si verrebbe di fatto ad ammettere questa interpretazione: che il Sacramento, per esempio l’Eucaristia, è comunque di per sé efficace anche se in modo non pieno e quindi (se ne deve concludere) anche se il credente lo riceve con animo non retto. Si è visto che, secondo la Mediator Dei, i Sacramenti, “per avere la debita efficacia (debitam efficaciam) esigono le buone disposizioni dell’anima nostra (rectae animae nostrae dispositiones)”. La SC, al posto della “debita efficacia”, ci propone la “piena efficacia”. Mi sembra che l’ambiguità nasca proprio dall’uso di questo aggettivo: piena. Il culto interno, anonimamente riproposto nell’art. 13 della SC, risulta pertanto alquanto sminuito rispetto alla concezione tradizionale perché la funzione che ora gli viene attribuita non è più quella di concorrere in modo decisivo all’ efficacia dei Sacramenti, non è più quella di essere “l’elemento precipuo” della Liturgia, senza il quale essa decade a vuoto “formalismo” (vedi sopra), ma è solo quella di contribuire alla “piena efficacia” del culto e quindi dei Sacramenti.

Il culto interno, o ciò che ne resta, sembra perciò ridotto a un semplice ausiliare, utile unicamente per raggiungere la “piena efficacia” dei Sacramenti, i quali manterrebbero comunque un’efficacia, anche se non “piena”, in quanto atti del culto pubblico esterno. Ma come si dovrebbe intendere il concetto di un’efficacia non piena dei Sacramenti? Ad ogni modo, il culto interno viene posto in posizione subordinata rispetto a quello esterno, pubblico; esso viene anzi oscurato in modo sostanziale nella SC, risultando del tutto assente dalla definizione della Liturgia. Per meglio dire: assente dalla sua descrizione, poiché la SC (artt. 6-10) non ha voluto dare una vera definizione della liturgia, semplicemente descritta, invece, tramite immagini nell’insieme tradizionali, nelle quali si sente, però, alitare uno spirito nuovo, quello degli ammodernanti. Nella Mediator Dei, invece, come si è visto, il culto interno era parte integrante della definizione stessa della Liturgia, e quindi del suo concetto, del quale veniva addirittura a costituire “l’elemento precipuo”.

(tratto da Sì Sì No No del 15 febbraio 2009)

continua...
 
fonte:una Fides

Santa Missa na Forma Extraordinária no CEN - "Final".A dimensão sensível na liturgia

 
 
 
 

Publicamos aqui a parte final da desta Santa Missa, desde a Purificação dos Vasos, pós-comunhão. As fotos completas podem ser vistas no flickr, clicando nos links, no final desta postagem.

Purificação dos Vasos sagrados

O pós-comunhão - Detalhe para a posição de "ação de graças" e piedade dos membros do coro


Posicionamento dos Diáconos e Acólitos durante o término da purificação dos vasos
O coro dos Seminaristas

O Lavabo

"Ite, missa est!"
A Bênção final

As palavras finais de Dom Rifan e Agradecimentos
"Na Santa Missa todos os dias é Sexta-feira da Paixão e Domingo de Páscoa:
renovamos o Sacrifício do Senhor e nos alegramos por Sua Ressurreição."

O Coral entoando o "Aleluia", de Händel:



Os Bispos que se fizeram presentes

A Saída

No final, Dom Rifan acolheu cada um que quis ir ter com ele.



Veja mais fotos no flickr (Parte 1)
                                flickr (Parte 2)

A dimensão sensível na liturgia

Não se pode estudar o homem desconhecendo que se trata de um ser profundamente integralizado por suas diferentes facetas. O aspecto espiritual reflete-se no intelectual, bem como no cultural, no sentimental, e assim por diante. Uma análise que queira ter sucesso nesse campo precisa, desse modo, ser necessariamente uma análise integral.
Se é assim em qualquer campo de estudo, o é também na liturgia. Embora culto a Deus, a liturgia é culto a Deus oferecido por pessoas e, sendo atividade humana, também nela estão presentes as distintas dimensões do homem.
Nesse sentido, a sensibilidade é uma área que não pode ser descurada. Sim, a finalidade do culto público é a adoração a Deus, mormente pela Santa Missa, na qual Cristo renova Sua entrega ao Pai pelo perdão dos pecados da humanidade. Todavia, há um aspecto secundário mesmo nas ações dirigidas primariamente a Deus, que é a edificação do homem. Quando cultua o Senhor, volta o homem edificado. E essa edificação é, como ação humana, refletida em todas as suas dimensões, incluindo a sensível.
A narração do esplendor das cerimônias católicas, antes do período de crise por que passsaram a partir dos anos 70, nos mostra almas que, adorando a Deus, edificavam-se espiritualmente também pelo entusiasmo diante da beleza. O Cardeal Ratzinger, em sua vasta literatura sobre teologia litúrgica, não hesita em conferir à sensibilidade e à estética do culto um papel importante na evangelização dos povos. É bem verdade, repetimos, que o apostolado não é o fim da liturgia, porém dela pode decorrer aquele, sem sombra de dúvida.
O fausto nas Missas pontificais, a beleza das velas e tochas em uma procissão de Corpus Christi, a sobriedade solene do canto gregoriano, o espetáculo espiritual da polifonia sacra, o profundo gosto estético de paramentos bem escolhidos, a delicadeza na composição das orações litúrgicas, o cuidado com cada gesto cerimonial, o aparato externo da celebração, bem como o contexto de todo o drama litúrgico, sobretudo o que desemboca no Calvário renovado pela Missa, fala claramente à dimensão sensível do homem. É por isso que, para combater a excessiva austeridade do culto protestante, a Igreja incentivou a arte barroca que, com certos exageros lícitos, procurava cativar o homem e impedi-lo de ser seqüestrado pela frieza da liturgia da Reforma.
Evidentemente que, historicamente, a liturgia dos primórdios não era tão elaborada quanto a que se desenvolveu nos anos imediatamente anteriores à Idade Média. Todavia, nunca foi semelhante ao rigor impassível e, diria, desumano, do protestantismo. A ação de Cristo na Sexta-feira Santa, morrendo no Calvário, não foi algo normal, e sim revestido de profundo impacto externo: a batalha dramaticamente espiritual no Getsêmani, a vigília a ponto de sua sangue, terremoto e céus escurecendo, mortos ressuscitando e andando por Jerusalém, o véu do Templo se rasgando de alto a baixo, o perdão de São Dimas. Mesmo a antecipação da Cruz na última ceia não foi um culto frio à moda protestante, mas algo que recordou o ricamente elaborado ritual judaico da Páscoa, e com uma multitude de sinais: o lava-pés, as palavras que indicavam que o pão e o vinho eram agora Seu Corpo e Seu Sangue, e o convite à oração no horto. Definitivamente, a liturgia católica nasceu simbólica.
Ademais, por sua raiz gnóstica, o protestantismo vê um eterno conflito, sem possibilidade de armistício, entre a matéria e o espírito, e, se quer salvar o último, sacrifica o primeiro. Daí o desprezo, cada vez mais freqüente, à medida em que avançam as distintas seitas protestantes, pelo aspecto mais pomposo do cerimonial litúrgico. Nós, católicos, não desvinculamos o homem de seus múltiplos aspectos. O homem que deve ser salvo é o homem inteiro, espírito e matéria. Daí que nossa liturgia, ao prestar culto a Deus, presta-o com toda a sua integralidade humana: é a adoração, como pedia Cristo, em espírito e em verdade. E, se o homem todo cultua ao Senhor, o homem todo volta edificado desse encontro em que precisa até mesmo descalçar as sandálias.
Foi por desconhecer ou ignorar todo esse pensamento, que acompanhou a Igreja desde os primórdios – lembremos que a luta contra a heresia do gnosticismo foi a primeira a ser travada pelos teólogos católicos –, que se introduziu, a partir da segunda fase do movimento litúrgico (pelos anos 30 em diante), certos elementos puristas que desejaram uma liturgia desapegada de certos conteúdos mais sensíveis.
A motivação desses liturgistas estava certa: a liturgia não se pode imiscuir irresponsavelmente com outros aspectos da vida espiritual a ponto de desvalorizar o que é essencial. Entretanto, as conclusões tiradas esse desvio – chamado por isso, liturgicismo – são equivocadas: tudo o que não é essencial (como as devoções privadas, o terço, os belíssimos paramentos, o esplendor do culto, as explicações alegóricas dos ritos etc) é ruim. Ora, isso passa claramente dos limites, pois ignora o desenvolvimento da liturgia e o próprio fato de que nasceu distinta do mover-se comum do homem.
É do liturgicismo que nasce o que se costuma chamar minimalismo litúrgico. Se o essencial na liturgia é o sacrifício de Cristo e, por extensão, aquilo que diretamente a ele se refere, sendo todo o resto (beleza dos paramentos, uso generoso do incenso, canto gregoriano, orações ao pé do altar, último Evangelho) meramente acidental, então esses acidentes devem ser removidos. O minimalismo litúrgico, impregnado de liturgicismo, considera o acidental um mal, e essa postura deriva da mesma matriz gnóstica que originou o protestantismo. Ela antagoniza o acidental ao essencial, e até mesmo não distingue, entre os acidentes, que alguns são mais importantes do que outros, e que a linguagem simbólica da liturgia existe para que o homem saiba o que está fazendo ao cultuar a Deus e, secundariamente, seja edificado em sua integralidade.
Do minimalismo litúrgico não está livre, é verdade, a reforma conduzida por Mons. Bugnini. Sem embargo, esse equívoco em termos de liturgia se fez presente menos nas rubricas do Novus Ordo do que num comportamento geral de liturgistas impregnados dos erros liturgicistas. Se as instruções advindas da reforma davam a opção de escolher entre o vernáculo e o latim, entre o versus populum e o versus Deum, entre o uso ou não do incenso, sempre se passou a escolher, salvo raríssimas exceções – como no Vaticano ou em grupos tidos como mais conservadores – pela alternativa menos pomposa. Até mesmo as permissões pontuais para, em situações excepcionais, se usar ministros leigos na distribuição da Comunhão Eucarística ou do sacerdote trajar túnica e estola ao invés de alva, amito, cíngulo, estola e casula, se tornaram a regra, ainda que contra a lei.
O pensamento liturgicista foi além do que diziam as rubricas – pouco claras, é verdade, e que, no dizer de alguns, foram imprecisas o suficiente para que se adotassem as opções mínimas na quase totalidade dos casos.
Diziam: o altar é essencialmente para o sacrifício? Removam-se as velas, que, aliás, na sua idéia, estavam em demasia, e todos os demais objetos. Assim, para o deleite dos gnósticos liturgicistas, o altar digno e simbólico de Cristo e Sua soberania, se tornou nada mais do que uma mesa de banquete, à moda protestante, e, em casos mais radicais, um cubo amorfo perdido no presbitério.
Outro exemplo é o dos acólitos. Precisa-se apenas de um ou dois que exerçam, de fato, funções bem claras, e, em Missas mais solenes, alguns outros para ajudar o Bispo. Todos os demais, que serviam para embelezar, dar solenidade ao rito, ou despertar nos jovens a vocação sacerdotal, deveriam ser eliminados, pois acidentais. E o acidente, para o liturgicista, é algo a ser evitado. Em celebrações solenes, era comum, pela própria dignidade da celebração, colocar vários acólitos. Era um modo de dignificar, de solenizar, de chamar a atenção. A função não é apenas pragmática, mas de embelezamento. Mas, claro, o minimalismo litúrgico não “casa” bem com esse tipo de pensamento...
A arquitetura eclesiástica e a arte litúrgica também sofreram com o liturgicismo e sua aversão à beleza tradicional e às devoções – rechaço de imagens do Sagrado Coração, por exemplo.
O apego à letra das rubricas, desconectando-as do espírito litúrgico tradicional que permeou nosso rito, também é um fruto do minimalismo.
O resultado disso foi a frieza de certas celebrações litúrgicas, que já se delineavam nos anos 50 e 60, e passaram a dominar os ambientes, europeus e norte-americanos sobretudo, nos 70 e início dos 80.
Não tardou a reação. O homem, desejoso de simbolismo, vindo a perdê-lo na liturgia católica, buscou-o em outro local.
E o próprio protestantismo, outrora tão frio e austero, já trilhava um caminho de recuperação simbólica, ainda que, por desvinculado da verdade, com sinais um tanto quanto estranhos. Daí, em níveis mais comedidos, os coros gospel das igrejas batistas de negros americanos, ou o southern gospel profundamente enraizado na mentalidade dos cowboys brancos presbiterianos e batistas, a vivacidade dos reavivamentos, sobretudo metodistas, e, em ambientes mais radicais, a histeria de certos grupos pentecostais, seus gritos, suas unções, suas “quedas” no Espírito Santo.
No seio do catolicismo, essa perda do simbolismo foi sentida de tal forma que movimentos do tipo “encontrista” procuraram em seus retiros e reuniões, recuperar o senso de sagrado. Isso se viu, por exemplo, nas “orações de mãos dadas”, nos momentos de espiritualidade com luzes apagadas (para gerar um ambiente emocional), nas canções religiosas de conteúdo adocicado e intimista, e, nos últimos anos, pela invasão do pentecostalismo católico, com suas palmas na Missa, seu pop-rock, seus êxtases.
Minou o minimalismo litúrgico a expressão sensível da fé, e, em sua falta, se a buscou em outros ambientes, sedento que estava o homem da mesma. Como disse, informalmente, o Prof. Carlos Ramalhete:
O efeito que os carismáticos procuram com um violão com pedal de delay arpejando acordes menores enquanto uma voz empostada proclama inanidades é uma caricatura patética do efeito de um coral gregoriano em uma igreja na penumbra, com incenso flutuando no ar. Quando eles tiverem acesso às riquezas da liturgia clássica, é extremamente provável que encontrem nelas a busca do sensível que os move a destruir a liturgia moderna.
É por isso que, embora a maioria dos mais velhos de hoje – que eram jovens rebeldes nos anos 60 – não goste da liturgia romana em sua forma extraordinária, ou, quando se trata da forma ordinária, desprezam o latim, o canto gregoriano, e tudo o que lembra algum viés tradicional, o gosto por todas essas riquezas se acha presente entre muitos jovens. Sofreram demais a frieza e não gostaram do inverno litúrgico. Alguns buscam “aquecer-se” na distorção do sensível dos templos neopentecostais – com suas rosas ungidas, suas correntes de prosperidade com pastores impondo as mãos sobre o povo, seus exorcismos fantásticos –, ou na versão católica da busca por espiritualidade “palpável”. Outros, em contato com a Missa pós-conciliar bem feita – ainda que sem desvincular-se totalmente de alguns defeitos do liturgicismo –, ou com a Missa tridentina, consideram-nas a melhor proteção contra a geada minimalista que cai sobre suas cabeças.
Nesse diapasão, a promoção da liturgia bem feita, com farto uso de latim, incentivo ao gregoriano, paramentos bonitos, efeitos estéticos visualmente aferíveis, constitui-se, sim, em poderosa ferramenta de evangelização. Ainda que o motivo principal por que defendemos a Missa tradicional e a Missa moderna de acordo com as rubricas seja outro – a inclusão no desenvolvimento orgânico da liturgia, a melhor expressão da fé católica no sacrifício da Missa e nos dogmas eucarísticos, o culto a Deus como Ele quer ser cultuado –, não se pode olvidar desse aspecto acessório que muito lembra o velho conselho: a beleza salvará o mundo!
fonte:salvem a liturgia

La forma de comulgar

 
La Oficina para las Celebraciones Litúrgicas del Sumo Pontífice ha publicado en la web de la Santa Sede una serie de profundizaciones litúrgicas.  Ofrecemos a continuación una de ellas  sobre la forma de comulgar de rodillas y en la boca. La traducción ha sido realizada por la web “La Buhardilla de Jerónimo”. Ojalá, en nuestra Diócesis de Canarias y en toda la Iglesia, se vuelvan a rehabilitar los comulgatorios para que todos aquellos que desean recibir  a Jesucristo Sacramentado, según la norma universal de la Iglesia,  puedan hacerlo.
“La más antigua práctica de distribución de la Comunión fue, muy probablemente, la de dar la Comunión a los fieles en la palma de la mano. Sin embargo, la historia de la Iglesia evidencia también el proceso, iniciado tempranamente, de transformación de esta práctica. Desde la época de los Padres, nace y se consolida una tendencia a restringir cada vez más la distribución de la Comunión en la mano y a favorecer la distribución en la lengua. El motivo de esta preferencia es doble: por una parte, evitar al máximo la dispersión de los fragmentos eucarísticos; por otra, favorecer el crecimiento de la devoción de los fieles hacia la presencia real de Cristo en el sacramento.
A la costumbre de recibir la Comunión sólo sobre la lengua hace referencia también santo Tomás de Aquino, el cual afirma que la distribución del Cuerpo del Señor pertenece sólo al sacerdote ordenado. Esto, por diversos motivos, entre los cuales el Doctor Angélico cita también el respeto hacia el sacramento, que “no es tocado por nada que no esté consagrado: y, por eso, están consagrados el corporal, el cáliz, y también las manos del sacerdote, para poder tocar este sacramento. A ningún otro, por lo tanto, le es permitido tocarlo, fuera de casos de necesidad: si, por ejemplo, estuviera por caer al suelo u otras contingencias similares” (Summa Theologiae, III, 82, 3).
A lo largo de los siglos, la Iglesia siempre ha tratado de caracterizar el momento de la Comunión con sacralidad y suma dignidad, esforzándose constantemente por desarrollar de la mejor manera gestos externos que favorecieran la compresión del gran misterio sacramental. En su atento amor pastoral, la Iglesia contribuye a que los fieles puedan recibir la Eucaristía con las debidas disposiciones, entre las cuales figura el comprender y considerar interiormente la presencia real de Aquel que se va a recibir (cf. Catecismo de san Pío X, nn. 628 e 636). Entre los signos de devoción propios de los que comulgan, la Iglesia de Occidente estableció también el estar de rodillas. Una célebre expresión de san Agustín, retomada en el n. 66 de la Sacramentum Caritatis de Benedicto XVI, enseña: “Nadie come de esta carne [el Cuerpo eucarístico] sin antes adorarla [...], pecaríamos si no la adoráramos” (Enarrationes in Psalmos, 98,9). Estar de rodillas indica y favorece esta necesaria adoración previa a la recepción de Cristo eucarístico.
En esta perspectiva, el entonces cardenal Ratzinger había asegurado que “la Comunión alcanza su profundidad sólo cuando es sostenida y comprendida por la adoración” (Introducción al espíritu de la liturgia). Por eso, él consideraba que “la práctica de arrodillarse para la santa Comunión tiene a su favor siglos de tradición y es un signo de adoración particularmente expresivo, del todo apropiado a la luz de la verdadera, real y sustancial presencia de Nuestro Señor Jesucristo bajo las especies consagradas” (cit. en la Carta This Congregation de la Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos, del 1° julio de 2002).
Juan Pablo II, en su última encíclica, Ecclesia de Eucaristia, escribió en el n. 61: “Al dar a la Eucaristía todo el relieve que merece, y poniendo todo esmero en no infravalorar ninguna de sus dimensiones o exigencias, somos realmente conscientes de la magnitud de este don. A ello nos invita una tradición incesante que, desde los primeros siglos, ha sido testigo de una comunidad cristiana celosa en custodiar este «tesoro». [...] No hay peligro de exagerar en la consideración de este Misterio, porque «en este Sacramento se resume todo el misterio de nuestra salvación»”. En continuidad con la enseñanza de su Predecesor, a partir de la solemnidad del Corpus Domini del 2008, el Santo Padre Benedicto XVI comenzó a distribuir a los fieles el Cuerpo del Señor, directamente en la lengua y estando arrodillados.”

O MISTÉRIO DA SANTÍSSIMA TRINDADE

O MISTÉRIO DA SANTÍSSIMA TRINDADE

Introdução

O segredo divino mais importante da Fé que Jesus Cristo nos revelou é o MISTÉRIO DA SANTÍSSIMA TRINDADE. Jesus falou de seu Pai, que é Deus; do Espírito Santo, que também é Deus; e afirmou que ELE E O PAI SÃO UMA MESMA COISA (João 10,30), porque é o Filho de Deus. O Pai, o Filho e o Espírito Santo são um único Deus –não três deuses – porque tem a mesma natureza divina, ainda que sendo três Pessoas realmente distintas.

Que Deus é UM em essência e TRINO em pessoas é a revelação de sua vida íntima, maior e mais profundo de todos os mistérios; além de ser o mistério fundamental de nossa fé e de nossa vida cristã. Temos de procurar conhece-Lo e vive-Lo! O Credo, ou Símbolo é a explicação do mistério trinitário: o que Deus é e o que fez por suas criaturas ao cria-las, ao redimi-las e ao santifica-las.

Idéias principais

A Trindade, mistério de um só Deus e três Pessoas realmente distintas.

Nunca poderemos compreender os MISTÉRIOS, porque nós somos limitados e eles nos superam; sem dúvida, temos de tentar conhece-los cada vez melhor, para que nossa fé seja firme e operativa.

O Mistério da Santíssima Trindade consiste em que, em Deus há uma ÚNICA ESSÊNCIA e TRES PESSOAS DISTINTAS: Pai, Filho e Espírito Santo, cada uma das quais é Deus, sem ser três deuses, mas um único e só Deus.

Podemos comparar este Mistério com o sol: o sol está no céu e produz luz e calor; a luz e o calor não são distintos do sol. A Trindade é algo parecido: o Filho e o Espírito Santo são iguais em natureza ao Pai, mas são um só Deus. O Pai é Deus, o Filho é Deus e o Espírito Santo é Deus. Três pessoas e um único Deus.

A salvação, obra da Trindade

Todas as coisas criadas foram feitas por Deus, Uno e Trino. Deus criou o mundo, ainda que a criação seja atribuída ao Pai; Deus realizou a Redenção, ainda que só a segunda Pessoa – O Filho – se fez homem e morreu na cruz; Deus nos santifica, ainda que a santificação seja atribuída ao Espírito Santo. Assim, pois, quando agradecemos a Deus tudo o que fez por nós e em nós, temos de agradecer a Deus Pai, a Deus Filho e a Deus Espírito Santo.

Inabitação da Trindade na alma em estado de graça

Ainda que não seja fácil de explicar, é esta uma verdade que nos enche de alegria o saber que o homem que vive em estado de graça (sem pecado mortal) é TEMPLO VIVO DA SANTÍSSIMA TRINDADE BEATÍSSIMA (João 14,23). Desde o dia de nosso Baptismo, se não recusamos a Deus através do pecado mortal, vive em nossa alma Deus Pai, Deus Filho e Deus Espírito Santo.

Temos a Deus dentro de nós para nos santificar, para nos ajudar, para estar connosco, porque nos ama. Podemos falar com a Trindade Beatíssima, sabendo que nos escuta e atende nossas súplicas. Sabemos disto pela Fé e, ainda que não O vejamos, nem O sintamos, é esta a verdade. Quando estamos na Graça de Deus, SOMOS TEMPLO DE DEUS!

No céu, “veremos” a Santíssima Trindade

Aqui na terra sabemos que Deus está em nossa alma em estado de graça e que a vida cristã é uma luta constante para evitar o pecado. Se formos fiéis e nos esforçamos por amar a Deus cada vez mais, Ele nos concederá a maior coisa que poderíamos desejar: vê-Lo face a face, tal como Ele é. O grande prémio do céu consiste em ver a Deus: contemplar, louvar, amar e gozar por toda a eternidade da Trindade Beatíssima. Toda a grandeza, toda a beleza, toda a bondade de Deus se volta sobre estas pobres criaturas que somos cada um de nós.

No monte Sinai, Moisés pediu para ver o rosto de Deus, e o Senhor lhe respondeu que nenhum homem pode vê-Lo sem morrer. Não obstante, no céu, a alma terá a possibilidade de VER o que Moisés quis ver na terra: a majestade de Deus.

Temos de louvar a Santíssima Trindade

Pela fé, damo-nos conta de que ser cristãos é algo maravilhoso. Deus nos ama de uma maneira incrível: nos criou por amor, nos remiu de nossos pecados morrendo por nós, vive em nossa alma em estado de graça e nos preparou – se somos fiéis – um céu eterno. Nos deixou a Igreja e os Sacramentos para que possamos facilmente saber o que temos de fazer e viver sempre como bons cristãos, sendo cada vez mais santos. Temos de corresponder a tanto amor, e a vida cristã precisa ser um constante louvor à Trindade Santa.

Professamos nossa fé na Santíssima Trindade quando fazemos o sinal da cruz ou quando nos persignamos dizendo: “EM NOME DO PAI + E DO FILHO+ E DO ESPÍRITO + SANTO”; quando rezamos o GLÓRIA ou o CREDO na Santa Missa, e ao final da Oração Eucarística. Temos de procurar rezar estas orações e louvores à Trindade com fé viva e consciente, de modo que toda a nossa vida seja um constante louvor a Deus Pai, Deus Filho e Deus espírito Santo.

Propósitos de Vida cristã

APRENDER O CREDO E RECITA-LO COM DEVOÇÃO

CONSIDERAR NA ORAÇÃO, QUE A SANTÍSSIMA TRINDADE – DEUS MESMO – ESTÁ NA ALMA EM ESTADO DE GRAÇA, PORTANTO, VIVER EM ESTADO DE GRAÇA (SEM PECADO MORTAL) É A ÚNICA COISA VERDADEIRAMENTE IMPORTANTE NESTA VIDA.

(Autor: Jayme Pujoll e Jesus Sanches Biela / Fonte: Livro “Curso de Catequesis” do Editorial Palavra, España / Tradução: Pe. Antônio Carlos Rossi Keller / http://www.presbiteros.com.br)

Iconografia sobre a Santíssima Trindade

http://www.pastoraldafamilia.com.br/temas/santosesantas/fig_santos05_arquivos/san_sstrindade01.jpghttp://baixadaevangelizada.files.wordpress.com/2010/01/santissima_trindade_de_van_balen.jpgPré-visualizar
santissima trindade espirito santo jesus cristo deus pai igreja 
catolica franciscanoshttp://www.wga.hu/art/c/coecke/trinity.jpghttp://www.paroquia-smbelem.pt/images/santissima_trindade_2.jpghttp://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/4/41/Adora%C3%A7%C3%A3o_da_Sant%C3%ADssima_Trindade.jpg/529px-Adora%C3%A7%C3%A3o_da_Sant%C3%ADssima_Trindade.jpg

Santíssima Trindade: Comunidade de Amor


Santíssima Trindade
A comunhão com Deus é o fim supremo da nossa vida. Deus vem ao nosso encontro e se manifesta como Senhor, mas cheio de bondade e misericórdia, rico em graça e fidelidade. Manifesta seu amor sem limites pelo mundo no dom de seu Filho único e derrama sobre todos a sua graça em Cristo e os chama à comunhão com ele no Espírito Santo.
A Trindade, Comunidade de Amor, é, realmente, o valor último, o único fim de todos nós, uma vez que Deus, e somente Deus, é a plenitude de toda perfeição. A Trindade Santa é verdadeiramente mistério, realidade que supera absolutamente toda compreensão humana. Deus jamais deixará de causar admiração do ser humano, e nunca ninguém penetrará na vida de Deus se não estiver disposto a ultrapassar as fronteiras de suas limitações e de suas seguranças. A Trindade é, pois, o verdadeiro futuro da pessoa humana, porque somente essa Comunidade de Amor pode assegurar ao homem e a mulher um plano de vida sem limites, porque é capaz de superar até a morte.
Por isso, Santo Agostinho, grande santo e estudioso da Santíssima Trindade, afirma: "Deus é tão inesgotável que quando encontrado ainda falta tudo para encontrá-lo". Isso significa que quem deseja viver com Deus, Comunidade de Amor, não se encontra diante de uma conclusão, mas sempre diante de um início, novo como cada novo dia. Mon. Sergio Conrado.

fonte:http://www.religiaocatolica.com.br/

Celebrar a Santíssima Trindade é querer descobrir que o nosso Deus é uma comunhão de amor. Deus revela-se na Trindade como um mistério de amor e porque vive numa comunhão de amor quer amar-nos sempre e quer introduzir-nos na sua família.Adoremos – a Santíssima Trindade e o amor infinito que esta tem por cada um de nós. Amemos – a Trindade que primeiro nos amou e constantemente permanece em nós. Imitemos – a Trindade e vivamos para amar e em comunhão com todos.

Domingo da Santíssima Trindade.

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Conta-se que Santo Agostinho andava certo dia a passear na praia a meditar sobre este mistério da Santíssima Trindade: um Deus em três pessoas distintas… Enquanto caminhava, observou um menino que carregava um pequeníssimo balde com água. A criança ia até o mar, trazia a água e deitava-a dentro de um pequeno buraco que havia feito. Após ver repetidas vezes o menino fazer a mesma coisa, resolveu interrogá-lo sobre o que pretendia. O menino, olhando-o, respondeu com simplicidade: -”quero colocar a água do mar neste buraco”. Santo Agostinho sorriu e respondeu-lhe: -”mas tu não percebes que isso é impossível mesmo que trabalhes toda a vida? O mar é infinitamente grande. Jamais o irás conseguir colocar aí todo dentro desse pequeno buraco…”.

Então, novamente olhando para Santo Agostinho, o menino respondeu-lhe: “ora, é mais fácil a água do mar caber nesse pequeno buraco do que o mistério da Santíssima Trindade ser entendido por um homem!”. É mais fácil colocar toda a água do mar aqui dentro deste buraco que o homem conseguir entender o mistério da Santíssima Trindade. O homem é infinitamente pequeno e Deus é infinitamente grande!

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Menina na areia

Há 15 dias atrás celebramos a festa da glorificação do Filho (a 2ª Pessoa) – Ascensão de Jesus ao Céu;


Há 08 dias celebramos a festa da descida do Espírito Santo (a festa da 3ª Pessoa) – Pentecostes;


E hoje celebramos o Domingo da Santíssima Trindade – Queremos hoje contemplar a Deus como uno na diversidade de três pessoas. – O Pai, o Filho e o Espírito Santo.


Esta festa não é essencialmente um convite a decifrar ou interpretar o “mistério” que se esconde por detrás de “um Deus em três pessoas”, mas deverá ser uma oportunidade para contemplar o nosso Deus, que é amor, que é família, que é comunidade e que criou os homens para os fazer comungar nesse mistério de amor que é ELE próprio.
Não é fácil falar de Deus… pela grandeza que Ele tem e pela nossa pequenez! Deus permanecerá sempre como mistério impossível para nós de abarcar, interpretar na totalidade!

Jamais poderemos interpretar toda a densidade e profundidade deste mistério que é Deus uno e trino; no entanto, podemos e deveremos, procurar crescer no seu conhecimento. Só conheceremos e entenderemos Deus na medida em que pessoalmente o quisermos levar para o nosso dia a dia.


Para termos acesso a essa intimidade com Deus temos como auxílio especial a Sagrada Escritura que nos revela quem é Deus em Jesus Cristo, hoje presente no Espírito Santo.


Celebrar a Santíssima Trindade é muito mais que querer entender um Deus uno que vive e se manifesta em três pessoas. Celebrar a Santíssima Trindade é querer descobrir que o nosso Deus é uma comunhão de amor.

Permiti-me que partilhe uma das histórias de Santo Agostinho.
Conta-se que Santo Agostinho andava certo dia a passear na praia a meditar sobre este mistério da Santíssima Trindade: um Deus em três pessoas distintas… Enquanto caminhava, observou um menino que carregava um pequeníssimo balde com água. A criança ia até o mar, trazia a água e deitava-a dentro de um pequeno buraco que havia feito. Após ver repetidas vezes o menino fazer a mesma coisa, resolveu interrogá-lo sobre o que pretendia. O menino, olhando-o, respondeu com simplicidade: -”quero colocar a água do mar neste buraco”. Santo Agostinho sorriu e respondeu-lhe: -”mas tu não percebes que isso é impossível mesmo que trabalhes toda a vida? O mar é infinitamente grande. Jamais o irás conseguir colocar aí todo dentro desse pequeno buraco…”.

Então, novamente olhando para Santo Agostinho, o menino respondeu-lhe: “ora, é mais fácil a água do mar caber nesse pequeno buraco do que o mistério da Santíssima Trindade ser entendido por um homem!”. É mais fácil colocar toda a água do mar aqui dentro deste buraco que o homem conseguir entender o mistério da Santíssima Trindade. O homem é infinitamente pequeno e Deus é infinitamente grande!

È uma “históriazinha” cheia de verdade. Só poderíamos compreender perfeitamente a Santíssima Trindade se nós próprios fossemos ‘deuses’.

Queremos ser “deuses” e queremos limitar Deus às nossas capacidades intelectuais. Queremos que ele “caiba” dentro da nossa capacidade de raciocínio… IMPOSSIVEL! Deus é infinitamente maior.


Podemos, contudo, por meio da razão iluminada pela fé, chegar a um conhecimento ainda que limitado.

O conhecimento que podemos ter terá de ser feito tendo por base comparações, que são sempre, por natureza imensamente limitadas e às vezes até infelizes.

A Santíssima Trindade é como o fogo que queima, que ilumina e que aquece, sendo apenas fogo. É sempre apenas uma coisa – fogo – mas manifesta-se de diversas formas… assim Deus também… é sempre Deus – mas manifesta-se como Pai Criador, como Filho Redentor/Salvador, como Espírito Santo, auxiliador!

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A Santíssima Trindade é superior à capacidade humana de entendimento, mas não contraria a razão. Dizer que existe “um Deus em três pessoas” faz sentido… já dizer que “há um Deus em três

deuses!” não faz sentido e contraria a razão humana.


Deus revela-se na Trindade como um mistério de amor e porque vive numa comunhão de amor quer amar-nos sempre e quer introduzir-nos na sua família.

Em nós está o Pai, que nos chamou do nada, que insuflou o seu sopro de vida e nos chama a realizar a nossa vocação pessoal de Filhos de Deus.

Em nós está o Filho, que entregou a sua vida por nós.

Em nós está o Espírito Santo que constantemente nos ilumina e nos chama a caminhar ao encontro do Deus amor.

Nós fazemos parte da Santíssima Trindade – podemos de alguma forma dizer que nós somos a 4ª pessoa da Trindade Divina.“PELO MENOS É A PROPOSTA QUE JESUS NOS FAZ em São João Cap. 17”, Deus vive em comunhão de amor para nos convidar a amar! Se vivermos para amar fazemos parte da família de Deus – vivemos em Deus.

Adoremos – a Santíssima Trindade e o amor infinito que esta tem por cada um de nós.

Amemos – a Trindade que primeiro nos amou e constantemente permanece em nós.

Imitemos – a Trindade e vivamos para amar e em comunhão com todos.

Sejamos reflexos da Trindade, isto é, sejamos sinais de comunhão, de partilha, de esperança para este mundo tão dividido, individualista e sem esperança.

fonte:http://presentepravoce.wordpress.com/

Festa da Santíssima Trindade

 

Mateus 28, 16-20
Os onze discípulos foram para a Galiléia, para a montanha que Jesus lhes tinha designado. Quando o viram, adoraram-no; entretanto, alguns hesitavam ainda. Mas Jesus, aproximando-se, lhes disse: Toda autoridade me foi dada no céu e na terra. Ide, pois, e ensinai a todas as nações; batizai-as em nome do Pai, do Filho e do Espírito Santo. Ensinai-as a observar tudo o que vos prescrevi. Eis que estou convosco todos os dias, até o fim do mundo.

João 3, 16-18
Porque Deus amou tanto o mundo que lhe deu seu Filho único, para que todo o que nele crer não pereça, mas tenha a vida eterna. Pois Deus não enviou o Filho ao mundo para condená-lo, mas para que o mundo seja salvo por ele. Quem nele crê não é condenado, mas quem não crê já está condenado; por que não crê no nome do Filho único de Deus.

João 16, 12-15
Disse Jesus aos seus discípulos: Muitas coisas ainda tenho a dizer-vos, mas não as podeis suportar agora. Quando vier o Paráclito, o Espírito da Verdade, ensinar-vos-á toda a verdade, porque não falará por si mesmo, mas dirá o que ouvir, e anunciar-vos-á as coisas que virão. Ele me glorificará, porque receberá do que é meu, e vo-lo anunciará. Tudo o que o Pai possui é meu. Por isso, disse: Há de receber do que é meu, e vo-lo anunciará.

A DOUTRINA DA SNATA IGREJA CATÓLICA

Qual é o mistério central da fé e da vida cristã?
O mistério central da fé e da vida cristã é o mistério da Santíssima Trindade. Os cristãos são batizados em nome do Pai e do Filho e do Espírito Santo

O Mistério da Santíssima Trindade pode ser conhecido pela pura razão humana?
Deus deixou alguns vestígios do seu ser trinitário na criação e no Antigo Testamento, mas a intimidade do seu Ser como Trindade Santa constitui um mistério inacessível à pura razão humana e até mesmo à fé de Israel antes da Encarnação do Filho de Deus e da missão do Espírito Santo. Esse mistério foi revelado por Jesus Cristo e é a fonte de todos os outros mistérios.

Como a Igreja exprime a sua fé trinitária?
A Igreja exprime a sua fé trinitária ao confessar um só Deus em três Pessoas: Pai, Filho e Espírito Santo. As três Pessoas divinas são um só Deus porque cada uma delas é idêntica à plenitude da única e indivisível natureza divina. Elas são realmente distintas entre si pelas relações que as põem em referência umas com as outras: o Pai gera o Filho, o Filho é gerado pelo Pai, o Espírito Santo procede do Pai e do Filho.

Como operam as três Pessoas divinas?
Inseparáveis na sua única substância, as Pessoas divinas são inseparáveis também em suas operações: a Trindade tem uma só e a mesma operação. Mas no único agir divino cada Pessoa está presente segundo o modo que lhe é próprio na Trindade. “Ó meu Deus, Trindade que adoro... pacifica a minha alma; faz dela o teu céu, a tua morada amada e o lugar do teu repouso. Que eu não te deixe jamais só, mas que eu esteja ali, toda inteira, completamente vigilante na minha fé, toda adoradora, toda entregue à tua ação criadora” (Bem-aventurada Elisabete da Trindade).
fonte:http://flordocarmelo.blogspot.com/