Missa Gregoriana no Mundo . SANTIDADE

 

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  • E senti o espírito 00000001inundado por um mistério de luz que é Deus   e N´Ele vi e ouvi -A ponta da lança como chama que se desprende, toca o eixo da terra, – Ela estremece: montanhas, cidades, vilas e aldeias com os seus moradores são sepultados. - O mar, os rios e as nuvens saem dos seus limites, transbordam, inundam e arrastam consigo num redemoinho, moradias e gente em número que não se pode contar , é a purificação do mundo pelo pecado em que se mergulha. - O ódio, a ambição provocam a guerra destruidora!  - Depois senti no palpitar acelerado do coração e no meu espírito o eco duma voz suave que dizia: – No tempo, uma só Fé, um só Batismo, uma só Igreja, Santa, Católica, Apostólica: - Na eternidade, o Céu! (escreve a irmã Lúcia a 3  de janeiro de 1944,  em "O Meu Caminho," I, p. 158 – 160 – Carmelo de Coimbra)
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quarta-feira, 28 de novembro de 2018

Hymn for Mother of God of St.Nectarius of Aegina in church-slavonic. St.Sergius & Herman of Valaam church. Valaam. Russia. 1998.

IL METODO DELLA PREGHIERA ESICASTA



 
     1)  Introduzione al metodo
     2)  Come iniziare
     3)  Il metodo

 
Ci riteniamo in dovere di esporre, a questo punto, nella misura delle nostre modeste conoscenze e della nostra esperienza limitata, l’insegnamento dei santi Padri sul modo di coltivare “con arte” la preghiera di Gesù. Indicheremo chiaramente quale è il modo di praticare la preghiera e quale forma della preghiera della mente e del cuore siano alla portata di tutti i cristiani senza eccezione, ivi compresi i principianti, e quale forma sia invece riservata a quanti per la benevolenza e grazia di Dio hanno fatto progressi su questa via.

1) INTRODUZIONE AL METODO

Metodo di Giovanni Climaco.

Senza alcun dubbio, fra tutti i metodi il primo posto spetta a quello raccomandato da Giovanni Climaco. Tale metodo, infatti, è particolarmente pratico e no presenta alcun pericolo: è necessario e addirittura indispensabile per l’efficacia della preghiera; esso è alla portata di tutti i cristiani che vivono con pietà e cercano la salvezza, siano essi monaci o laici. Giovanni Climaco, grande guida dei monaci, parla di tale metodo in due punti della sua Scala che conduce dalla terra al cielo: nel gradino che tratta dell’obbedienza e in quello sulla preghiera. Il fatto stesso che egli esponga il primo metodo nel capitolo consacrato alla dottrina riguardante l’obbedienza dei monaci cenobiti, mostra chiaramente che esso è concepito anche per i monaci. L’esposizione di tale metodo è poi ripresa nel lungo capitolo consacrato alla preghiera, dopo le istruzioni concernenti gli esicasti; è rivolta quindi anche ai monaci più avanzati nel cammino spirituale. Lo ripetiamo: il suo grande merito consiste nel fatto che esso dà piena soddisfazione evitando qualsiasi pericolo. “Rinchiudi il tuo pensiero nelle parole”.
Nel gradino sulla preghiera Giovanni Climaco dice: “Sforzati di ricondurre o esattamente di rinchiudere il pensiero nella preghiera. Se, dato il suo stato d’infanzia, il tuo pensiero viene a mancare e si disperde, riconducilo. La mente tende all’instabilità. Ma colui che mette ordine in tutte le cose può darle stabilità. Se tu perseveri in questa attività e la custodisci costantemente, colui che stabilisce in te dei limiti al tuo mare verrà e le dirà durante la tua preghiera: “Fin qui giungerai e non oltre”(Gb 38.11).
Non è possibile legare lo spirito; ma là dove si trova il creatore di tale spirito, tutto si sottomette a lui”. La fase iniziale della preghiera consiste  nel respingere i pensieri fin dal loro nascere,  mediante la preghiera; la fase centrale si ha invece quando la mente rimane esclusivamente nelle parole pronunciate vocalmente o mentalmente; il coronamento, infine, è il rapimento della mente verso Dio. Nel gradino sull’obbedienza, Giovanni afferma: “Lotta costantemente con il tuo pensiero e fallo ritornare a te ogni volta che prende il volo. Dio non esige dai novizi una preghiera totalmente libera dalle distrazioni; non affliggerti se derubato, ma resisti e fai costantemente ritornare la mente verso di te. Pregare con attenzione. Il metodo esposto qui consiste nel pregare con attenzione, sia che lo si faccia vocalmente che mentalmente. Quando si prega con attenzione, il cuore non può estraniarsi, come ha detto Marco l’Asceta: “La mente che prega senza distrazione rende il cuore contrito”. Così, dunque, colui che prega secondo il metodo esposto da Giovanni Climaco pregherà con le labbra, con la mente e con il cuore; e chi avrà progredito in questo modo di pregare possiederà la preghiera della mente  e de cuore e attirerà su di sé la grazia divina, come si può vedere dalle parole del grande maestro dei monaci. Che desiderare di più? Nulla, certamente.
Quando si pratica la preghiera di Gesù in questo modo, in quale illusione si potrebbe incorrere? Si rischia solo una cosa: lasciarsi trascinare nelle distrazioni. Ma questo è un difetto che appare chiaramente: è inevitabile nei principianti, ma lo si può immediatamente correggere facendo ritornare il pensiero alle parole della preghiera. Infine può essere completamente eliminato, grazie a alla misericordia e all’aiuto di Dio, e al prezzo di un costante sforzo ascetico.

Come Giovanni Climaco parla della preghiera del cuore.

Certuni si chiederanno forse se un Padre tanto illustre e vissuto in un’epoca in cui l’orazione mentale era fiorente non abbia detto niente della preghiera compiuta dalla mente nel cuore. Ne parla sì ma in un modo così velato che soltanto coloro che conoscono per esperienza tale preghiera possono comprendere di che cosa si tratti. Il santo ha agito così in quanto guidato da quella sapienza spirituale con cui tutto il suo libro è stato scritto. Dopo aver esposto a riguardo della preghiera l’insegnamento più sicuro possibile e che può condurre chi lo pratica a uno stato di grazia, Climaco si espresse in modo allegorico su ciò che si compie quando la grazia viene a coronare la fatica della preghiera. “Una cosa”, dice, “è volgersi frequentemente verso il proprio cuore [....], pregare con attenzione, con la partecipazione del cuore; altra cosa è, però,  discendere con la mente nel tempio del proprio cuore e offrirvi una preghiera mistica piena della forza e della grazia di Dio: la seconda tuttavia procede dalla prima. L’attenzione della mente durante la preghiera attira la  partecipazione del cuore; quando l’attenzione aumenta, la partecipazione Del cuore alla mente si trasforma in unione del cuore con la mente; quando infine si opera la ‘fusione dell’attenzione e della preghiera, la mente discende nel cuore per compiervi il vastissimo servizio sacro dell’orazione. Tutto ciò si realizza sotto la direzione della grazia di Dio, secondo il suo beneplacito e il suo giudizio.
Ricercare  il secondo stato prima d’aver realizzato il primo è non soltanto inutile, ma può anche causare grossi danni. Per salvaguardare il lettore da un tale rischio, il mistero della preghiera, in questo libro destinato all’uso comune dei monaci, viene protetto contro la curiosità  e la leggerezza di spirito. In  quei tempi benedetti, in cui numerosissimi ricettacoli  della grazia, si poteva ricorrere ai loro consigli ogniqualvolta le circostanze lo richiedessero.

Linguaggio simbolico dei Padri

Fra i monaci di Raito, per i quali il beato Giovanni scrisse la  Scala, l’orazione mentale era fiorente sotto la direzione di guide spirituali esperte. Il santo scrittore vi fa nuovamente allusione, in modo velato, nella sua “Lettera al pastore”. Ecco come si esprime: “Innanzitutto, venerabile padre, noi abbiamo bisogno di forze spirituali per poter prendere per mano come fossero bambini e poter liberare dalla folla dei pensieri coloro che desideriamo condurre nel Santo dei Santi e ai quali speriamo di mostrare il Cristo che riposa sul loro altare mistico e segreto, e questo quando si trovano nell’anticamera di quel luogo, allorché vediamo che la folla li stringe e  li spinge nell’intento di impedire loro l’entrata desiderata. E se questi bambini sono estremamente deboli e nudi, bisogna che ce li mettiamo sulle spalle e li portiamo fino a che abbiano raggiunto la porta d’entrata. So benissimo che lì abitualmente ci si accalca e scoppiano risse di ogni genere. Ecco perché c’è chi ha detto a questo proposito: Questa fatica è dinanzi a me fino a che io non entri nel santuario di Dio (Sal 72.16-17). La fatica, però, dura solo fino all’entrata.

Isacco il  Siro

“Colui che desidera vedere il Signore in se stesso si sforza di purificare il proprio cuore con l’incessante memoria. Il paese spirituale di un uomo la cui anima è pura si trova dentro di lui, il sole che vi brilla è la luce della santa Trinità, l’aria che vi respirano i suoi abitanti è lo Spirito Santo, la gioia, l’esultanza di quel paese è Cristo, Luce dalla Luce che è il Padre. Questa è la Gerusalemme, il regno di Dio nascosto in noi di cui parla il  Signore (cf. Lc  17.21). Quel paese è la nube della gloria  di Dio: solo coloro che sono puri di cuore vi entreranno per vedere il Volto del loro Maestro e per avere la mente illuminata dai raggi della sua luce”. “Sforzati di entrare nella cella che è in te e vedrai la cella celeste. L’una e l’altra  sono una sola: è attraverso un’unica entrata che penetri in entrambe.  La scala che porta al regno dei cieli dei cieli è in te: essa è misteriosamente issata nella tua anima. Entra nel profondo dite stesso, lontano da ogni peccato, e là troverai i gradini per salire in cielo”.

Barsanufio

Barsanufio fu un monaco che raggiunse le più alte vette della vita spirituale e seppe introdurre i propri discepoli nel santuario della preghiera del cuore mossa dalla grazia e negli stati cui essa conduce. Fra le sue istruzioni leggiamo ora quella che egli diede  a un esicasta che si trovava sotto la sua direzione: “Dio, che solo è senza peccato e che salva quanti sperano in lui, renda forte l’amore col quale tu lo servi nella santità e nella giustizia tutti i giorni della  tua vita nel santuario e sull’altare dell’ uomo interiore, là dove sono offerti a Dio sacrifici spirituali, l’oro, l’incenso e la mirra, dove è sacrificato il vitello grasso, dove è sparso il sangue prezioso dell’Agnello senza macchia e dove risuonano gli inni armoniosi dei santi angeli.   “Allora si offriranno vitelli sul tuo altare (Sal 50.21). Allora... quando, dunque? Quando verrà il nostro Signore, questo sommo sacerdote che offre e che riceve il sacrificio non  cruento; quando,  nel suo Nome, lo storpio seduto alla porta Bella sarà giudicato degno di udire l’annuncio gioioso: ‘Alzati e cammina (At3.6). Egli entrerà allora nel santuario camminando, saltando, lodando Dio. Allora avrà fine il sonno della negligenza e ignoranza; allora si ritirerà dalle palpebre la sonnolenza dell’acedia e della pigrizia; allora le cinque vergini sagge accenderanno le loro lampade (cf. Mt 25.3) ed esulteranno con lo sposo nella santa camera nuziale, cantando a una sola voce e senza turbamento: “Gustate e vedete quanto è buono il Signore: beato l’uomo che mette in lui la sua speranza” (Sal 33.9).  Allora avranno fine le lotte, i turbamenti, i monti; allora regnerà la pace della santa Trinità; il tesoro sarà sigillato e resterà al sicuro. Prega, perché tu possa comprendere e realizzare tutto questo,  e rallegrarti in Cristo, nostro Signore”.

Pregare alla porta del santuario.

La maniera grandiosa con cui i Padri descrivono la di­sciplina spirituale della preghiera del cuore ispira in noi la grande riverenza per essa. Questa riverenza e la stessa prudenza esigono da noi che rinunciamo a ogni sforzo prematuro, presuntuoso e scriteriato di entrare nel santuario segreto; esse ci insegnano a perseverare nella preghiera attenta, nella preghiera del pentimento,  stando alla porta del tempio. L’attenzione e la contrizione di spirito: ecco la cella offerta come rifugio ai peccatori che si pentono. E’ l’anticamera del santuario: vi troveremo riparo, vi ci rinchiuderemo, lontano dal peccato. Si radunino in questa Betzaeta tutti coloro che soffrono di paralisi, tutti i lebbrosi, tutti i ciechi e i sordi, in una parola tutti coloro sono malati di peccato e “che attendono l’agitarsi dell’acqua” (Gv 5.3), cioè l’azione della misericordia e della grazia di Dio. Il Signore in persona, e lui solo,  nel tempo a lui noto, concederà, secondo la sua insondabile benevolenza, la guarigione e l’ingresso nel santuario.“ Io conosco quelli che ho scelto (Gv 13.18), dice il signore. “Non voi avete scelto me”, dice ai suoi eletti, “ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio Nome ve lo conceda” (Gv 15 16)


 
2)    COME INIZIARE

Lo ieromonaco Doroteo, asceta e autore spirituale russo, ha proposto un metodo eccellente per imparare la preghiera di Gesù: “Colui che prega con le labbra”, scrive questo autore, “ma trascura la sua anima e non custodisce il suo cuore, fa salire le sue preghiere in aria, ma non verso Dio, e s’affatica invano, perché Dio è attento allo spirito e allo zelo e non alla molteplicità delle parole. Bisogna pregare con grande fervore: con tutta l’anima, con tutto lo spirito, con tutto il cuore, con timor di Dio e con tutte le proprie forze. L’orazione mentale non permette di entrare nella cella interiore né alle fantasie né ai cattivi pensieri. Vuoi imparare a praticare la preghiera della mente e del cuore? Te la insegnerò. Sta bene attento, amico e obbediscimi. Per cominciare, devi dire la preghiera vocalmente, cioè con le labbra, la lingua e la voce, forte quanto basta perché tu possa udire te stesso. Quando le labbra, la lingua e i sensi saranno sazi della preghiera detta vocalmente, la preghiera vocale cessa e si comincia a dirla in un sussurro. Dopo di ciò si deve imparare a fissare costantemente la propria attenzione sulla zona della gola. Allora, a un segno, la preghiera della mente e del cuore comincerà a sgorgare spontaneamente e incessantemente: si presenterà da sè e agirà in ogni momento, durante qualsiasi attività e in qualsiasi luogo”.

L’insegnamento di Serafim di Sarov

    Il beato starec e ieromonaco Serafim di Sarov prescrive al principiante, in conformità a un costume già stabilito nel “deserto” di Sarov, di dire incessantemente la preghiera: “SIGNORE GESU’ CRISTO, FIGLIO DI DIO, ABBI PIETA’ DI ME, PECCATORE”. “Durante la preghiera”, insegna lo starec, “sii presente a te stesso, cioè raccogli la tua mente e uniscila alla tua anima. All’inizio, per uno o due giorni o anche più, fa’ questa preghiera con la sola mente, staccando le parole e fissando la tua attenzione su ciascuna di esse in particolare. Quando il Signore riscalderà il tuo cuore con il calore della sua grazia e unificherà il tuo essere in un solo spirito, questa preghiera si metterà a sgorgare in te incessantemente: essa sarà sempre con te e ti porterà gioia e nutrimento”. E’ proprio questo il senso delle
parole pronunciate dal profeta Isaia: ‘La rugiada che è con te è guarigione per loro’ (Is 26.19). [...] Taci, custodisci costantemente il silenzio, ricordati sempre della presenza di Dio e del suo Nome. [...] Quando sei seduto a tavola [...] sii attento a te stesso e nutri la tua anima con la preghiera”.Dopo aver dato questa istruzione al principiante che conduce la vita attiva ed avergli insegnato la pratica della preghiera adatta a lui, l’anziano gli proibisce di slanciarsi in modo prematuro e scriteriato verso la vita contemplativa, perché è impossibile arrivare alla seconda senza passare per la prima. La vita attiva ci purifica dalle nostre passioni peccaminose, ci fa salire fino alla perfezione attiva e, per ciò stesso, ci spiana la strada che porta alla vita contemplativa. Non possono avvicinarsi se non coloro che si sono purificati dalle proprie passioni e hanno ricevuto una formazione completa nella vita attiva, come si può vedere dalle parole della Sacra Scrittura: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5.8) e da quelle di Gregorio Teologo: “Possono avvicinarsi alla contemplazione solo coloro che hanno acquisito un’esperienza perfetta nella vita attiva. E’ necessario avvicinarsi alla vita contemplativa con timore e tremore, con cuore umile e contrito, scrutando a lungo le Sante Scritture e sotto la direzione di una guida esperta - se se n’è potuta trovare una - e non con temerarietà e di propria iniziativa. A detta di Gregorio Sinaita, l’uomo temerario e presuntuoso ricerca uno stato spirituale elevato che lo supera e si sforza con orgoglio di raggiungerlo prematuramente. E ancora, se, ispirato da un desiderio satanico e non autentico, qualcuno sogna con la sua fantasia di raggiungere uno stato elevato, il diavolo lo prenderà nelle sue reti e lo farà suo schiavo”. [...]

Vigilanza e preghiera incessante

“Solo coloro che hanno l’attività interiore e che vigilano sulla propria anima”, afferma Serafim, “ricevono i doni della grazia”. Quelli che hanno realmente deciso di servire Dio devono esercitarsi alla memoria Dei e alla preghiera incessante al Signore Gesù Cristo, dicendo in spirito: “SIGNORE GESU’ CRISTO, FIGLIO DI DIO, ABBI PIETA’ DI ME, PECCATORE”. A condizione che ci si metta al riparo dalle distrazioni e che si custodisca la pace dell’anima, questa pratica permette di avvicinarsi a Dio e di unirsi a Lui. Secondo le parole di Isacco il Siro, non possiamo avvicinarci a Dio se non mediante la preghiera incessante.
(Questa prima parte dello studio sul metodo è tratta in gran parte dalla preziosa opera di IGNATIJ BRJANCANINOV, Preghiera e lotta spirituale, ed. Gribaudi, a cui rimandiamo vivamente per un serio approfondimento).


3) IL METODO

Nil Sorskij prescrive di far silenzio interiormente, proibendo a se stessi non soltanto di pensare a qualcosa di peccaminoso o di vano ma anche a qualcosa di apparentemente utile o di spirituale. Invece di pensare, bisogna guardare incessantemente nelle profondità del proprio cuore e dire: ”SIGNORE GESU’ CRISTO, FIGLIO DI DIO, ABBI PIETA’ DI ME, PECCATORE”. Si può pregare in piedi, seduti, coricati. Coloro che sono robusti e in buona salute preghino stando in piedi; i deboli, invece, possono pregare anche stando coricati, perché in questa preghiera l’ascesi spirituale prende il sopravvento su quella del corpo. Bisogna dare al corpo una posizione che procuri allo spirito ogni libertà per l’attività che gli è propria.
Tuttavia, è da tenere presente che qui si parla del modo di agire dei monaci che, mediante un’ascesi corporale adeguata, hanno messo ordine nelle proprie inclinazioni corporali e che, in seguito ai progressi già compiuti, sono passati dall’ascesi del corpo a quella dell’anima.

Controllo del respiro

Nil Sorskij raccomanda di rinchiudere la mente nel cuore e di controllare, per quanto è possibile, il respiro, per non respirare troppo spesso. In altre parole, bisogna respirare molto adagio. In generale, bisogna reprimere tutti i movimenti del sangue e mantenere il corpo e l’anima in uno stato di tranquillità, di silenzio, di adorazione, di timor di Dio; altrimenti l’attività propriamente spirituale non può manifestarsi in noi: essa lo fa quando tutti i movimenti e i ribollimenti del sangue si sono placati. L’esperienza insegnerà che il controllare il fiato, cioè il respirare con minor frequenza e lentamente, contribuisce molto a farci entrare in uno stato di calma e a ricondurre la mente dal suo vagabondare. “ Vi sono molte opere virtuose”, dice Nil, “ma sono tutte parziali; LA PREGHIERA DEL CUORE, invece, E’ LA SORGENTE DI TUTTI I BENI: essa irriga l’anima come fosse un giardino. Quest’opera, che consiste nel mantenere la mente nel cuore senza nessun pensiero, è estremamente difficile per coloro che non hanno imparato a praticarla; [...]. Ma quando l’uomo riceve la grazia, allora prega senza sforzo e con amore, perché è da essa consolato. Allorché sopraggiunge l’attività della preghiera, essa attira a se la mente, la riempie di allegrezza e la libera dalle distrazioni.
Per abituarsi al metodo raccomandato da Nil Sorskij è molto utile combinarlo con quello di Giovanni Climaco e pregare senza nessuna fretta.

La tecnica di Niceforo l’Esicasta

Nella seconda metà del XIII secolo, l’eremita Niceforo l’Esicasta è il primo che attesti un legame tra la preghiera di Gesù e una tecnica di respirazione.  Dopo aver chiarito la funzione del cuore e i suoi rapporti con il respiro, egli insegna il raccoglimento dello spirito che devE essere introdotto nelle narici e spinto sin dentro al cuore contemporaneamente all’ aria inspirata. Quando lo spirito, placato, è entrato nel cuore, bisogna gridare dentro di sé: “SIGNORE GESU’ CRISTO, FIGLIO DI DIO, ABBI PIETA’ DI ME!”.
Su Niceforo è degna di nota la testimonianza di san Gregorio Palamas: “Niceforo che aveva confessato la vera fede (antiunionista) e per questa ragione fu condannato all’esilio dal primo imperatore Paleologo che accettò il pensiero dei latini; che era di origine italica, ma riconosciuta l’eresia di quelle genti, raggiunse la nostra chiesa ortodossa.... qui venuto, adottò la vita più rigorosa, quella dei monaci, e scelse come abitazione quel luogo che porta il nome della santità, cioè l’Athos, casa della virtù, posta al limite del mondo e del soprannaturale. Dimostrò subito di saper obbedire sottomettendosi ai padri più eminenti, dopo un lungo tempo dette loro la prova della sua umiltà; allora anche lui ricevette da loro L’ARTE DELLE ARTI,  cioè l’esichia come esperienza (Triadi II, 2,2).  Nel suo celebre scritto sulla pratica esicastica, Trattato della sobrietà e della custodia del cuore, Niceforoinvita i lettori ad imparare la TECNICA D’ORAZIONE e afferma: “Ritorna dunque, o più esattamente torniamo, cari fratelli, a noi stessi, rigettando col massimo disprezzo il consiglio del serpente [....].
Perché non vi è che un mezzo per accedere al perdono e alla familiarità con Dio; prima di tutto, ritornare per quanto è possibile in noi stessi”. Niceforo fa seguire poi un Elenco di brani patristici che invitano all’attenzione e alla custodia del cuore e nell’ultima parte dello scritto parla della preghiera e del METODO: “Prima di tutto la tua vita sia tranquilla, libera da ogni preoccupazione, in pace con tutti....Orbene: in quanto a te siediti, raccogli il tuo spirito, introducilo – lo spirito intendo - nelle narici; è appunto questa la via di cui si serve il respiro per arrivare al cuore. Spingilo, forzalo a discendere nel tuo cuore insieme con l’aria inspirata. Quando vi sarà, tu vedrai quale gioia ne consegue: non avrai nulla da rimpiangere... Fratello mio, abitua dunque il tuo respiro a non essere sollecito a uscirne. Agli inizi gli manca lo zelo... per questa reclusione e questo sentirsi alle strette. Ma una volta che abbia contratta l’abitudine, non proverà più alcun piacere a circolare al di fuori, PERCHE’ IL REGNO DI DIO E’ DENTRO DI NOI e a chi volge verso di lui i suoi sguardi e lo ricerca con preghiera pura, tutto il mondo esterno diviene vile e spregevole. Se fin dall’inizio riesci a penetrare con lo spirito NEL LUOGO DEL CUORE che ti ho mostrato, sia ringraziato Dio! Glorificalo, esulta e attaccati unicamente a questo esercizio. Esso ti insegnerà ciò che ora ignori. Sappi che mentre il tuo spirito si trova là, tu non devi né tacere né stare inerte. Ma non avrai altra preoccupazione che quella di GRIDARE: “SIGNORE GESU’ CRISTO, FIGLIO DI DIO, ABBI PIETA’ DI ME”.
Ma fratello mio, se malgrado tutti gli sforzi, non giungi a penetrare nei luoghi del cuore pur seguendo le mie indicazioni, fà come ti dico e, con l’aiuto di Dio, arriverai allo scopo. Tu sai che la ragione dell’uomo ha sede nel petto.... Dopo aver bandito da questo luogo ogni pensiero (lo puoi, basta volerlo), donagli l’invocazione “SIGNORE GESU’ CRISTO ABBI PIETA’ DI ME”  e costringiti a gridare interiormente queste parole, escludendo ogni altro pensiero. quando, col tempo, sarai reso padrone di questa pratica essa ti aprirà senz’altro l’entrata nel luogo del cuore.
All’esicasta dunque che vuole avvalersi di un metodo psicofisico nella sua vita di preghiera, Niceforo consiglia una strada che comprende una pluralità di esigenze: scegliersi una guida esperta; sedersi, creando calma, anzitutto fisica, in se stessi; concentrare l’attenzione sulla respirazione, costringere la mente a seguire il respiro che scende verso il luogo del cuore. Infatti la mente dispersa nelle cose esteriori può essere raccolta solo facendola scendere nel cuore, centro di tutto l’uomo. Quando la mente sarà discesa nel cuore, sgorgherà la preghiera. Il metodo d’altra parte non opera da solo. E’ per questo che Niceforo invita a legare ad esso la
recita interiore della preghiera di Gesù. Infatti è la ripetizione del NOME DI GESU’  la vera arma contro il demonio e l’autentica via per elevarsi all’amore e al desiderio di Dio. Tale metodo pur esprimendo una condizione della preghiera dell’esicasta, non ne costituisce né l’essenza né lo scopo.
La Preghiera del cuore, pur legata alla respirazione, non può tuttavia essere separata da una mistica sacramentaria e da una teologia della grazia.


Gregorio il Sinaita

In Gregorio il Sinaita la preghiera di Gesù è esplicitamente accompagnata da pratiche volte alla concentrazione dello spirito: «A partire dal mattino, siediti su una seggiola bassa, spingi il tuo spirito dalla mente nel cuore e mantienivelo […]; faticosamente chino, con vivo dolore  al petto, alle spalle e alla nuca,  griderai senza posa nel tuo spirito o nell’animo: “SIGNORE GESU’ CRISTO ABBI PIETA’ DI ME!”. In seguito, a causa della costrizione e del disagio dovuto alla persistenza, trasporterai il tuo spirito sulla seconda metà dicendo: “FIGLIO DI DIO ABBI PIETA’ DI ME!”.
Le indicazioni sono più precise, e va notato come l’atteggiamento del corpo che viene suggerito si diversifichi dalle posizioni per la meditazione codificate in Asia. A parte questo, sono doverosi degli accostamenti per quel che riguarda l’uso ed il controllo della respirazione. Gregorio prescrive una posizione che rende tale respirazione difficoltosa in quanto «la tempesta del respiro che proviene dal cuore oscura lo spirito e agita l’ anima, la distrae, rendendola soggetta all’oblio….” Ne scaturirà l’esigenza di calmare il ritmo respiratorio per difendersi dall’oblio. Citando Evagrio egli precisa che un monaco deve avere il « ricordo di Dio» per respirazione e perseverare in cuor suo nella ricerca del Signore. Controllare i moti dell’ anima e concentrare lo spirito costituiscono i due primi obiettivi per colui che desidera dedicarsi alla preghiera d’invocazione del nome. Non viene precisato che occorre sincronizzare la ripetizione della formula con il ritmo della respirazione.

Simeone il Nuovo Teologo

A Simeone il Nuovo teologo viene attribuito dalla tradizione un piccolo opuscolo dal titolo: Metodo della santa preghiera e attenzione e che invece sembra essere di un autore sconosciuto che una parte degli studiosi ha chiamato Pseudo-Simeone. L’autore inizia il suo scritto descrivendo tre metodi o forme di preghiera. Invita a scegliere quindi lo stato migliore al fine di raggiungere la sobrietà del cuore e l’attenzione.  Infatti la preghiera e l’attenzione sono “vere e senza errore” solo quando “la mente, pregando, custodisce il cuore e ritorna sempre all’interno di questo e dal suo profondo fa risalire le sue domande verso il Signore. Allora la mente, avendo gustato quanto è buono il Signore, non è più espulsa dal soggiorno del cuore”. il transito della mente verso il cuore avviene  soprattutto con l’invocazione del Nome di Gesù: “Quando la mente trova il posto nel cuore, vede subito quello in cui non avrebbe mai creduto: vede l’aria all’interno del cuore e se stessa tutta luminosa e piena di discernimento; appena spunta un pensiero, prima che si completi e prenda forma, lo scaccia e lo annienta con l’invocazione di Gesù Cristo. Allora la mente piena di risentimento nei confronti dei demoni, desta la collera secondo natura e colpisce, cacciandoli, i nemici spirituali. Il resto lo apprenderai con l’aiuto di Dio, nella custodia della mente, mantenendo Gesù nel cuore”.
L’autore consiglia infine UN METODO NATURALE  PER L’INVOCAZIONE DEL NOME e la custodia del cuore: “Quindi, seduto in una cella tranquillo, in disparte, in un angolo, fa’ quello che ti dico: chiudi la porta, ed eleva la tua mente al di sopra di ogni oggetto vano e temporale. quindi appoggia la barba sul petto, volgi il tuo occhio corporeo, assieme a tutta la mente, nel centro del tuo ventre, cioè nell’ombelico. Comprimi l’inspirazione che passa per il naso, in modo da non respirare agevolmente ed esplora mentalmente all’interno delle viscere, PER TROVARE IL POSTO DEL CUORE ove sono solite dimorare tutte le potenze dell’animo. Dapprima troverai oscurità e una durezza ostinata, ma, PERSEVERANDO IN QUEST’OPERA NOTTE E GIORNO, troverai, oh meraviglia!, una felicità infinita.
Il METODO raccomanda, durante la ripetizione della preghiera “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me”, una posizione rilassata: “seduto in una cella tranquilla”; una disciplina della respirazione; una pratica immaginale alla ricerca del luogo del cuore nelle viscere: Sembra che questa tecnica avesse un preciso significato: “L’ombelico, secondo l’anonimo – che seguiva un’antichissima concezione già attestata nel Timeo di Platone – era la sede della concupiscenza. La trasmutazione che viene operata con questo metodo, il raffreddamento delle potenze dell’anima, non va intesa come repressione o annientamento di qualche parte, ma come UNA TRASFORMAZIONE DELLE DIVERSE COMPONENTI PSICHICHE. Di qui la necessità di una discesa nella zona ombelicale, per poi risalire nel luogo del cuore. Ma sarà proprio questa concezione a suscitare polemiche e difficoltà.
Tale metodo psicofisico sembra infatti mostrare più di una affinità con le tecniche yoga dell’estremo oriente sia di derivazione indiana (tanta induista), sia di derivazione tibetanae cinese (tantra buddhista, zen, taoismo) che mirano, appunto, alla trasformazione delle energie interne in vista dell’illuminazione e/o della lunga vita. La stessa alchimia occidentale, nel suo risvolto mistico-spirituale, opera con delle tecniche simili che mirano alla trasmutazione delle energie sessuali in vista del cosiddetto “corpo di luce”. Paralleli importanti si ritrovano, infine,
anche nell’ambito della mistica islamica (sufismo) sia sotto il profilo della tecnica (dihkr), che dal punto di vista teorico-concettuale.




C’é qualche ateo qui? / Are there any atheists here? (ita-eng) – Don Divo Barsotti

Don Divo Barsotti (1914 - 2006)

C’é qualche ateo qui? / Are there any atheists here? (ita-eng) – Don Divo Barsotti

C’è qualche ateo qui? Bene, si ammazzi, perché fin tanto che non si ammazza non è ateo. È nell’atto soltanto che ci si ammazza che noi siamo degli atei veri. Perché se non ti ammazzi tu accetti la vita, e la vita che cos’è? A chi ti affidi quando ti affidi alla vita? Tu credi…
27 Maio 2015 in Religione, Spiritualità.

Il pericolo della vita religiosa / The Danger of Religious Life (ita-eng) – Don Divo Barsotti

Ecco il pericolo della vita religiosa; tanto più è grande la vita religiosa tanto più è pericolosa – lo sapevate? – perché il cammino della vita religiosa tende sempre più a superare i formalismi, cioè i segni. Ma tu, se li superi tutti, cadi nel vuoto, allora non ti rimane più né l’uomo che conosce…
23 Maio 2015 in Religione, Spiritualità.

Il credere è un rapporto / Believing is a Relationship (ita-eng) – Don Divo Barsotti

Il credere è un rapporto che stabilisci non con una cosa o con un avvenimento, ma con una persona sola; si ha fede soltanto in una persona che entra in rapporto con te. Vedete, se la vita religiosa si inizia anche prima della vocazione di Abramo (la vita religiosa è da che l’uomo è uomo,…
4 Maio 2015 in Religione, Spiritualità.

Niente amore, niente fede / No Love, no Faith (ita-eng) – Don Divo Barsotti

«Non si crede se non si ama», diceva il Cardinale Newman [John Henry Newman, teologo, filosofo e cardinale inglese, 1801-1890; beatificato nel 2010], e prima di lui sant’Agostino, perché quando io non amo non m’interessa nulla se anche quell’altro vuole intervenire nella mia vita; non voglio riconoscerlo, non accetto che egli mi scelga. Qual è…
23 Abril 2015 in Spiritualità.

L’evoluzione dell’espressione della fede / The Evolution of Faith Expression (ita-eng) – don Divo Barsotti

Voi capite che se noi volessimo studiare la fede nella Sacra Scrittura si imporrebbe non un solo corso di studio sulla fede nella Bibbia, ma direi un corso per ogni libro della Sacra Scrittura. Ora per capire quello che in ogni libro della Sacra Scrittura è il senso, la densità di questa parola, è indubbio…

ESICASMO





Introduzione

La vocazione all'esichia

Fuge: esichia come solitudine

Tace: esichia come silenzio

Quiesce: rimani nella pace interiore

La Tradizione e i Padri


Introduzione


La comunità apostolica, riprendendo una tradizione antico-testamentaria, ha posto, fin dall'inizio, una attenzione tutta particolare per il Nome che ha assunto il Figlio di Dio al momento della sua incarnazione: Gesù, che significa Jhwh è salvezza. Inoltre tre testi mettono in evidenza la venerazione della Chiesa primitiva verso il nome di Gesù: Fil 2,9-10; At 4,10-12; Gv 16,23-24.
Tuttavia la Preghiera del cuore, radicata nel Nuovo Testamento, viene assunta da una «corrente» propria della spiritualità orientale antica che è stata chiamata esicasmo. Il nome proviene dal greco hesychìa che significa: calma, pace, tranquillità, assenza di preoccupazione. L'esicasmo può essere definito come un sistema spirituale di orientamento essenzialmente contemplativo che ricerca la perfezione (deificazione) dell'uomo nella unione con Dio tramite la preghiera incessante.
Tuttavia ciò che caratterizza tale movimento è sicuramente l'affermazione della eccellenza o della necessità della stessa hesychia,della quiete, per raggiungere la pace con Dio. In un documento del monastero di Iviron del monte Athos, si legge questa definizione: «L'esicasta è colui che solo parla a Dio solo e lo prega senza posa».
Gli esicasti, inserendosi nella tradizione biblica, esprimeranno l'esperienza della preghiera. contemplativa attraverso l'invocazione e l'attenzione del cuore al Nome di Gesù, per camminare alla sua presenza, essere liberati da ogni peccato e rimanere nel dolce riposo di Dio in ascolto della sua parola silenziosa.

segunda-feira, 26 de novembro de 2018

PREGHIERA MONOLOGICA PURA

source
Ai discepoli più avanzati nella vita esicastica, alcuni startsi consigliano, dopo attento discernimento, la pratica della "preghiera monologica" che consiste nella semplice ripetizione/invocazione del Nome santo:Gesù... Gesù... Gesù...E' questa la vera preghiera monologica che, a seconda dei casi e del metodo seguito, può assumere diverse forme e varianti tecniche:
Prima variante: PREGHIERA MONOLOGICA SEMPLICEche può essere di due tipi:
- VOCALE
- MENTALE

Seconda variante: PREGHIERA MONOLOGICA SINCRONIZZATA CON IL RESPIRO

A. SEMPLICE (con o senza trattenuto): si tratta di abbinare semplicemente il ritmo respiratorio nelle sue varie fasi con il Nome di Gesù
Possibile sequenza:
1. INSPIRAZIONE <> GESU'
2. (TRATTENIMENTO DEL RESPIRO <> GESU') - facoltativo
3. ESPIRAZIONE <> GESU'
B. MEDIATA: in questo secondo caso la precedente sequenza viene preceduta e favorita dalla "discesa della mente nel cuore" attraverso la fase di inalazione che favorisce un maggiore raccoglimento e permette di approfondire il contatto della mente con il cuore, secondo le indicazioni di Gregorio Sinaita. L'invocazione/grido interiore del Nome Gesù... Gesù... Gesù... viene emessa solo dopo aver stabilito questo contatto.

Terza variante: PREGHIERA MONOLOGICA DIRETTA E SINCRONIZZATA COL BATTITO CARDIACO
Come per la preghiera di Gesù estesa ("Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore") si può:
A. Far discendere direttamente la mente/spirito nel "luogo del cuore" senza l'ausilio della fase inspiratoria e dare il via all'invocazione incessante del Nome di Gesù...
B. Far discendere direttamente la mente/spirito nel "luogo del cuore" ( sempre senza l'ausilio della fase inspiratoria) e dare il via all'invocazione incessante del Nome di Gesù... accordandola però col battito cardiaco.
Questa modalità più avanzata e difficile richiede la capacità di "sentire" la pulsazione ritmica del proprio cuore (evidentemente in una situazione di isolamento, silenzio e buio) e di associare ad ogni battito il Nome o una parte del Nome. Se si abbina il Nome intero di Gesù alla pulsazione, la ripetizione monologica diventa naturalmente più rapida rispetto alla tecnica basata sull'associazione del Nome santo alle fasi del respiro (essendo queste più lente nella loro durata e frequenza rispetto al ritmo cardiaco). Si ha anche l'impressione che la preghiera diventi sempre più profonda, interiorizzata e silenziosa, più "collegata" col cuore. Quando parliamo di "preghiera del cuore" facciamo quindi riferimento, da un punto di vista antropo-fenomenologico, a tre elementi strettamente connessi:

- al trasporto di amore verso Gesù invocato, proveniente dal nostro cuore;
- al "luogo" dove avviene l'invocazione, il "centro spirituale" della nostra persona;
- ad un collegamento in qualche modo fisiologico del Nome santo alle pulsazioni del stesso cuore.

Il tutto espresso anche attraverso una postura fisica possibilmente "ripiegata" che favorisca l'unificazione di tutte le dimensioni della nostra persona (la mente, il corpo, l'affettività, la volontà, la vocalità esteriore o interiore) attorno al centro del Cuore-Nome.
Nulla vieta di integrare le varie tecniche presentate, iniziando, ad esempio, a far discendere la mente nel cuore con l'ausilio del processo inspiratorio per, poi, risiedere più stabilmente nel "luogo del cuore" e unificare mente, parola e battito cardiaco, lasciando scorrere la respirazione secondo un ritmo profondo e rilassato che favorisce e accompagna questa unificazione nel nostro centro.

Dopo anni di pratica e di ascesi sotto la continua direzione di un padre spirituale, e nei tempi e modi stabiliti dalla Sapienza divina, può avvenire, "per grazia", il "trapasso" del Nome di Gesù nella sfera fisiologico-corporea e lo "sprofondamento" di tutto il composto umano (corpo-mente-cuore) in una dimensione spirituale caratterizzata dall'unione trasformante con la Persona invocata (Gesù Cristo) e da uno scambio d'Amore che via via diventa sempre più intenso e indicibile. E' la porta dell'estasi e del "rapimento" che prelude allaPREGHIERA PURA e ineffabile, intessuta solo di silenzio e beatitudine.
In questo stadio, i momenti estatici, non potendo essere "trattenuti" e prolungati oltre un certo limite, sono intrecciati, quasi racchiusi e avvolti in una PREGHIERA CONTINUA più lunga e spontanea che non richiede più sforzo, tecnica, volontarietà, in quanto è lo stesso Spirito deificante che mormora incessantemente come un ruscello nelle profondità del nostro essere, innalzando una lode perenne a Dio anche durante il sonno. Questo melodioso alternarsi di "preghiera continua" e "preghiera pura" - divina liturgia che si (ri)celebra sull'altare del nostro cuore - costituisce il massimo di felicità e di gaudio a cui un essere umano possa aspirare su questa terra, il Regno dei Cieli già pregustabile in questa vita.

La Preghiera del Cuore

La Preghiera del Cuore   

source
La preghiera di Gesù è la seguente: Κύριε Ιησού Χριστέ, Yιέ Θεού ελέησον με τον αμαρτωλό : Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio abbi pietà di me, peccatore. In origine, la si diceva senza la parola peccatore; questa è stata aggiunta più tardi alle altre parole della preghiera. Tale parola esprime la coscienza e la confessione della caduta.
IL NOME DI GESU:


Evagrio dice: “la preghiera è una conversazione dell’intelletto con Dio”, e S. Macario l’Egiziano dice: “l’inesprimibile ed incomprensibile Dio si è abbassato: nella sua bontà ha rivestito le membra del corpo ed ha posto lui stesso un limite alla sua gloria, nella sua clemenza e nel suo amore per gli uomini si trasforma e s’incarna, si unisce profondamente ai Santi, ai pii, ai fedeli e diviene uno stesso Spirito con essi”.
"Qualunque cosa chiederete al Padre nel mio Nome", dice ai suoi apostoli il Signore, "la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio Nome, io la farò"
(Gv 14.13-14). "In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio Nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio Nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena" (Gv 16.23-24).
“In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati"'(At 4.7-12), “chiunque invocherà il Nome del Signore sarà salvato" (Rm 10.13), nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra" (Fil 2.8-10).
La preghiera di Gesù unifica il Divino e l’umano anche per la Rivelazione divina che in essa è contenuta.
La Preghiera del cuore, radicata nel Nuovo Testamento, viene assunta da una «corrente» propria della spiritualità orientale antica che è stata chiamata esicasmo. Il nome proviene dal greco ησυχία: hesychìa che significa: calma, pace, tranquillità, assenza di preoccupazione.Questo stato di quiete designa contemporaneamente due diverse scopi; il primo è relativo a chi tende ad abbandonare il mondo e allude ad una uscita dal transeunte, il secondo è il raggiungimento della meta stessa, cioè la pace interiorizzata.
 L'esicasmo può essere definito come un sistema spirituale di orientamento essenzialmente contemplativo che ricerca la perfezione (deificazione) dell'uomo nella unione con Dio tramite la preghiera incessante.
 La tradizione esicasta può considerarsi il vero cuore del monachesimo ortodosso.
In un documento del monastero di Iviron del monte Athos, si legge questa definizione: «L'esicasta è colui che parla a Dio solo e lo prega senza posa».
La storia dell'esicasmo inizia con i monaci del deserto d'Egitto e di Gaza. «A noi, piccoli e deboli, non ci resta altro da fare che rifugiarci nel Nome di Gesù», dice uno di loro. Si afferma poi al monastero del Sinai, con san Giovan'm Climaco.
In genere esichia significa quiete, ma può anche voler esprimere la pace profonda del cuore.
Nella letteratura monastica esichia rivela almeno due significati. Prima di tutto tranquillità, quiete e pace come stato d'animo, e condizione stabile del cuore necessaria per la contemplazione. Significa ancora distacco dal mondo nella doppia accezione di solitudine e silenzio.
L'esichia espressa nella pace, quiete, solitudine e silenzio interiore, che viene raggiunta attraverso la solitudine e il silenzio esteriore, si presenta tuttavia come un mezzo eccellente per raggiungere il fine dell'unione con Dio nella contemplazione, attraverso la preghiera o l'orazione ininterrotta.
Questa è un mezzo éccellente, un cammino di amore autentico, vissuto nel silenzio e nella solitudine al fine di raggiungere la preghiera vera e l'autentica contemplazione.
L'esichia in definitiva è l'atteggiamento di chi nel proprio cuore si pone alla presenza di Dio.
Per cogliere i vari aspetti dell'esichia che il monaco è chiamato ad esprimere possiamo riferirci alla vita di padre Arsenio, il padre degli anacoreti.
Ecco come viene raccontata la sua vocazione all'esichia:
«Abbà Arsenio, quando ancora abitava nel palazzo imperiale, pregò Dio con queste parole: "Signore mostrami la strada che conduce alla salvezza". E una voce si rivolse a lui e gli disse: "Arsenio fuggi gli uomini e sarai salvato".
Lo stesso, divenuto anacoreta, nella sua condizione di eremita, di nuovo rivolse a Dio la stessa preghiera, e intese una voce che gli disse:"Arsenio fuggi (il mondo), resta in silenzio e riposa nella pace (esichia). È da queste radici che nasce la possibilità di non peccare"»(Arsenio 1.2).
Quest'ultima frase è all'inizio della vocazione degli esicasti: «Fuge, Tace, Quiesce: Fuggi, Taci, Riposa». La fuga dal mondo, il silenzio e la pace interiore sono i tre atteggiamenti che danno forma allo stato di vita del monaco, in particolare dell' anacoreta.

A. LO SCHEMA DELLA INVOCAZIONE DEL NOME

1  - L'invocazione di Gesù può essere fatta in molti modi. Ognuno deve trovare la forma più consona alla sua preghiera personale. Ma, qualsiasi formula venga usata, il cuore e il fulcro dell'invocazione dovrà essere il Sacro Nome stesso, la parola «Gesù », nella quale risiede tutta la forza dell'invocazione.

2 - Il Nome Gesù può essere usato da solo, od inserito in una frase più o meno sviluppata. Nell'Oriente la frase più comune è: «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore ». Uno potrebbe semplicemente dire: « Gesù Cristo », o «Signore Gesù ».
L'invoca­zione può essere ridotta anche alla sola parola « Gesù ».

3 - Questa ultima forma, cioè il solo nome Gesù, è il modello più antico dell'invocazione del Nome.
E’ la più breve e la più semplice e, crediamo, la più facile. Quindi, senza deprezzare le altre forme, suggeriamo l'uso della sola parola « Gesù ».

4 - Così, quando parleremo della invoca­zione del Nome, intendiamo la frequente e de­vota ripetizione del Nome stesso, « Gesù», senza altre aggiunte. Il Sacro Nome è la pre­ghiera.

5 - Il nome di Gesù può essere pronun­ziato o pensato silenziosamente. In ambedue i casi vi è una vera invocazione del Nome: orale nel primo, puramente mentale nel secondo. Questa preghiera favorisce un facile passaggio dall'orazione orale a quella mentale; la ripeti­zione mentale del nome, se è lenta e pensosa, fa sì che si giunga alla preghiera mentale e pre­dispone l'animo alla contemplazione.


B. L'USO DELLA INVOCAZIONE DEL NOME

6 - L'invocazione del nome può essere pra­ticata ovunque ed in qualsiasi momento; pos­siamo pronunciare il Nome di Gesù nelle stra­de, dove lavoriamo, nella nostra stanza, in chiesa, ecc.... Possiamo ripetere il nome mentre camminiamo. Oltre a questo libero uso del nome, non determinato o limitato da nessuna regola, buona cosa è stabilire un tempo e un luogo per una regolareinvocazione del Nome.
Chi è avanzato in questa forma di preghiera può fare a meno di tali adattamenti, che riman­gono però una quasi necessaria condizione per i principianti.

7 - Se vogliamo consacrare, ogni giorno, qualche pò di tempo alla invocazione del Nome (oltre alla libera invocazione che dovrebbe essere fatta il più frequentemente possibile) dobbiamo seguire la norma di praticarla, circostanze permettendo, in un posto solitario e quieto. - Quando tu preghi, entra nel segreto della tua stanza, e, chiusa la porta, allora pre­ga il tuo Padre che è nel segreto -.
La posi­zione del corpo non ha molta importanza: si può camminare, sedere, stare distesi o in gi­nocchio. La migliore posizione è quella che produce una maggiore quiete fisica e concentra­zione interiore. La posizione esprimente umil­tà e adorazione dà aiuto.

8 - Prima di iniziare l'invocazione del nome di Gesù mettiti in pace con te stesso, concentrati e domanda l'ispirazione e la guida dello Spirito Santo. «Nessun uomo può dire: Gesù è il Signore, se non mediante lo Spirito Santo ». Il Nome di Gesù non può mai pene­trate nel cuore che non è ricolmo del purifican­te soffio della fiamma de]lo Spirito. Lo Spirito stesso abiterà e accenderà in noi il Nome del Figlio.

9 - A questo. punto, semplicemente co­mincia; per camminare si deve fare il primo passo; per nuotare ci si deve gettare nell'ac­qua. Lo stesso accade per l'invocazione del Nome. Principia a rispettarlo con adorazione e amore, afferrati a lui, pronuncialo con frequen­za. Non pensare di stare invocando il Nome, pensa soltanto a Gesù. Dì il suo nome piano, dolcemente, quietamente.

10 - Un errore comune a tutti i princi­pianti è il desiderio di associare l'invocazione del Sacro Nome ad una profonda e intensa emozione, tentando di pronunciarlo con gran forza. Ma il nome di Gesù non è fatto per es­sere urlato, o formulato con violenza, ancorché interiore. Quando ad Elia fu comandato di stare davanti al Signore, si scatenò un grande e forte vento, ma il Signore non era nel vento; e dopo il vento venne il terremoto, ma il Signo­re non era nel terremoto; e dopo il terremoto un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Do­po il fuoco venne una sommessa piccola voce. E fu così che quando Elia la udì nascose la sua faccia nel mantello, e uscì fuori e rimase in adorazione.
Lo strenuo sforzo e la ricerca di uno stato di tensione non giovano. Nel ripetere il Sacro Nome, raccogli quietamente, a poco a poco, i tuoi pensieri, le tue sensazioni, la tua volontà attorno ad esso: ricomponi su di lui il tuo intero essere. Lascia che il Nome penetri la tua anima, come una macchia d'olio si diffonde ed impregna un pezzo di stoffa.
Non permettere che alcuna parte di te sia distratta, rendi il tuo essere recettivo e circon­dalo col Nome.           


11 - Anche durante l'invocazione del Nome, la sua ripetizione orale non deve essere continua; il Nome pronunciato deve essere in­terrotto e differito da secondi o minuti di pau­sa silenziosa e di concentrazione. La ripetizio­ne del Nome può essere paragonata al battito delle ali col quale l'uccello si alza nell'aria.
Così, l'anima, giunta al pensiero di Gesù e ricolma del ricordo di lui, può interrompere la ripetizione del Nome e riposare in Nostro Signore.
La ripetizione sarà ripresa, quando altri pensieri minacciano di espellere il pensie­ro di Gesù; allora l'invocazione comincerà di nuovo al fine di ottenere più fresco vigore.

12 - Protrai l'invocazione quanto a lungo desideri o puoi. La preghiera viene naturalmente interrotta dalla stanchezza; non cercare di insistere. Ma ricominciala di nuovo quando e dove ti senti disposto. A suo tempo sentirai il nome di Gesù salire alle labbra spontaneamen­te, e rimanere, quasi costantemente, presente alla mente in modo silente e pacato. Perfino il tuo sonno sarà avvolto dal Nome e dal ricor­do di Gesù. «Io dormo ma il mio cuore ve­glia » (Cantico dei Cantici).

13 - Quando siamo impegnati nella invo­cazione del Nome, è naturale che si speri e si insista per ricevere qualche « positivo » o « tangibile » risultato e cioè sentire che abbiamo stabilito un reale contatto con la perso­na di Nostro Signore: « Se io potessi sfiorare appena il tuo manto, sarei guarito » (Matteo, 9-21). Questa felicissima esperienza è l'acme desiderato dell'invocazione del nome. « Io non ti lascerò andare, se non mi benedici ». Ma dobbiamo evitare una troppa inquieta attesa per tale esperienza: l'emozione religiosa può facilmente diventare un mascheramento e cau­sa di una pericolosa bramosia e passione. Non pensiamo affatto che l'aver trascorso un certo tempo nell'invocazione del Nome, senza « provare » qualcosa, sia tempo speso male e losforzo sia infruttifero; al contrario, questa apparentemente sterile preghiera, può essere più gradita a Dio dei momenti di rapimento, essendo scevra da ogni egoistica ricerca di gaudio spirituale; essa è la preghiera della pura, nuda volontà. Dobbiamo continuare a consa­crare ogni giorno un certo regolare e prestabi­lito tempo all'invocazione del Nome, anche se ci sembra che questa preghiera lasci freddi e aridi. Questo accurato esercizio della volontà, questa calma veglia nel Nome non può manca­re di apportarci benedizione e forza.

14 - Inoltre, l'invocazione deI Nome ra­ramente ci lascia in uno stato d'aridità. Coloro che hanno una qualche esperienza di ciò convengono che viene spesso accompagnata da uno stato d'animo di gioia, tepore e luce. Uno ha l'impressione di muoversi e camminare nel­la luce. In questa preghiera non vi è né pesan­tezza, né stanchezza, né sforzo. « Il tuo Nome è come unguento sparso... Trascinami, correre­mo dietro a te » (Il Cantico dei Cantici).

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