L’uomo non è stato creato per la sofferenza ma per la gioia. Invece la situazione esistenziale di chi vive l’accidia è di sofferenza. Tutto è colpito nell’uomo: la sfera fisica, la sfera spirituale, la sfera psicologica. Al centro di ciò che costituiscono queste sfere di sofferenze si trova sempre un’esperienza del male, a causa del quale l’uomo soffre. Dio da il suo Figlio al mondo per liberarci dalle sofferenza, dalle ferite, dal peccato, dal demonio, dal male.
Ci sono forme di sofferenze e di tristezza che sono i risultato del peccato (come l’accidia), che Dio desidera togliere da noi. Pero ci sono diverse sofferenze che accompagnano la nostra vita, che ci aiutano nella nostra santificazione e che ci impulsano ad amare e imitare l’amore di Gesù morto per noi sulla Croce.
Queste sofferenze sono permesse da Dio nella misura che facilitano il rimuovere gli ostacoli ed elevare i nostri cuori verso le cose celesti. “E anche se la vittoria sul peccato e sulla morte, riportata da Cristo con la sua croce e risurrezione, non abolisce le sofferenze temporali dalla vita umana, né libera dalla sofferenza l’intera dimensione storica dell’esistenza umana, tuttavia su tutta questa dimensione e su ogni sofferenza essa getta una luce nuova, che è la luce della salvezza”61. La Croce di Cristo ha spezzato anche l’accidia. L’accidia è stata lavata nel Sangue dell’Agnello. La Croce guarisce l’accidia, ci libera dalla nostra disordinata sensualità e ci insegna ad amare gli altri.
Le difficoltà che possano sopraggiungere nella malattia dell’accidia vanno nel grande fondo della riparazione di Gesù Cristo. La Croce ci indica la via del cielo. La Croce, segno di vittoria, ci parla con quattro parole che escono dai quattro lati della Croce per vincere l’accidia. In quella parte verticale che va all’alto, la Croce ci parla dell’adorazione; in quella parte orizzontale orientata verso uno dei lati, la Croce ci parla della meditazione; in quell’orientamento verticale che va verso giù, la Croce ci parla di espiazione; in quella direzione che va verso l’altro lato orizzontale, la Croce ci parla della missione.
1. L’adorazione a Dio come rimedio alla fuga da Dio La fuga, nelle sue diverse forme, è un’illusione quando siamo insidiati dall’accidia. I monaci antichi insistevano nel resistere per vincere l’accidia, rimanere senza fuggire. L’accidia è un fuggire di ciò che si ha e un sognare ciò che non si ha; la persona viva ripiegata su se stessa incapace di comunione con Dio e di relazionarsi con gli altri. L’adorazione invece è l’orientamento fondamentale verso Dio, un atteggiamento ed un’impostazione di vita. Adorazione vuol dire “consegna di sé al proprio Creatore” , perché Lo riconosciamo come Dio.
Con la nostra intelligenza conosciamo Dio; con la volontà diciamo “si” a Dio; con il sentimento gioiamo d’amore perché siamo amati da Lui. L’adorazione è espressione dell’amore. Adoriamo Dio perché Lo amiamo. Adoriamo il Signore perché è “Amore infinito e Misericordioso”63. Adorare non è solo dedicare un’ora o un tempo quotidiano o settimanale a stare con Gesù eucaristico, ma esseri veri adoratori “in spirito e verità” (Gv 4,24). Con l’adorazione riconosciamo Dio nel nostro cuore e nella vita come l’unico Signore “Io sono il Signore, tuo Dio” (Esodo 20,2). Con l’adorazione ci mettiamo davanti al Signore Gesù, non soltanto fisicamente, ma anche mentalmente e spiritualmente. Con l’adorazione fissiamo l’attenzione nelle cose spirituali, alle quali l’accidia vuole scappare. Con l’adorazione consegniamo a lui la nostra anima ed esistenza. Con l’adorazione confessiamo che dobbiamo essere liberati dal ripiegamento su noi stessi, “dalla schiavitù del peccato e dall’idolatria del mondo64. Se Dio non è il Signore della nostra vita, l’“io” diventa il nostro signore, il centro assoluto del nostro mondo; e si comincia a valutare ogni cosa in funzione dei propri bisogni, della propria idea, dei propri desideri e giudizi.65 Le scelte operate dagli angeli nella loro prova spirituale sono una luce per le nostre scelte. Una parte degli angeli si rifiutò di adorare Dio, dissero «no» a Dio e alla Sua volontà, e “hanno voltato le spalle a Dio contro la verità della conoscenza che indicava in lui il bene totale e definitivo”66, e sono così diventati angeli ribelli, cattivi, che cercano l’adorazione per loro stessi (cf. Mt 4, 8-10). Invece i buoni, nella prova fondamentale di libertà, hanno scelto Dio “come Bene supremo e definitivo, conosciuto alla luce dell’intelletto illuminato dalla Rivelazione. Avere scelto Dio significa che si sono rivolti a lui con tutta la forza interiore della loro libertà, forza che è amore. Dio è divenuto il totale e definitivo scopo della loro esistenza spirituale”67. I santi angeli non sono niente che adorazione, stanno immersi 62 CCC n. 1078. 63 Ibid., n. 2096. 64 Ibid., n. 2097. Cf. M.-D., Du désespoir à l’adoration, in Famille Chrétienne, 1161 (13 avril 2000) 7-10. 65 A. Piovano, Accidia, 100. 66 San Giovanni Paolo II, Udienza generale, Dio creatore degli angeli , esseri liberi, 23 luglio 1986, n. 4. 67 Ibidem. 173 nell’adorazione a Dio, adorazione che per loro è la continuazione perenne del loro gioioso «sì» a Dio e alla Sua volontà. 2. La meditazione della Parola di Dio come rimedio alla fuga da se stesso L’animo e l’anima dell’accidioso, in balia dai pensieri più assurdi e degli episodi esteriori, girando continuamente su se stesso troverà molta difficoltà di sentire la presenza divina. Il demonio non solo ci vuole separare dall’unione con Dio ma “fa di tutto per distogliere l’uomo dalla preghiera”68. Evagrio consiglia contro la tentazione di accidia una preghiera ininterrotta e concisa, che comporta preghiera di richiesta, perdono dei peccati, azioni di grazie e “una preghiera breve e intensa69, semplice, continuamente ripetuta, la chiamata preghiera monologhistos. Si tratta di una preghiera con pochissime parole che ci piace; una sola parola spesso contribuisce al raccoglimento invece di molti parole che spesso distraggono nella preghiera, che fissa il ricordo abituale di Gesù e aiuta a combattere le fantasie, tentazioni e loghismoi (pensieri cattivi). La preghiera, afferma il Papa Francesco, non è chiedere questo o quello, ma è l’intercessione di Gesù, che davanti al Padre gli fa vedere le sue piaghe. La preghiera verso il Padre in nome di Gesù ci fa uscire da noi stessi; la preghiera che ci annoia è sempre dentro noi stessi, come un pensiero che va e viene. Ma la vera preghiera è uscire da noi stessi verso il Padre in nome di Gesù, è un esodo da noi stessi.70 Un altro antidoto contro l’accidia è l’Antírrhesis (da antírrhesis, «replica»). È una raccolta di risposte, confutazioni e repliche per tappare la bocca del demonio. Le risposte sono citazioni bibliche tra le cui fonte risaltano di frequenza il Deuteronomio, i Salmi, i Proverbi e le lettere di San Paolo. Eva dialoga con il demonio e viene sconfitta (cf. Gn 3, 1-7). Gesù invece è tentato nel deserto e risponde ad ogni attacco di Satana con la Parola di Dio (cf Mt 4, 1-11). La Parola di Dio ci trasmette la vita in Dio. La Parola di Dio forma la nostra vita, La Parola di Dio ci mostra la volontà di Dio. La Parola di Dio 68 CCC n. 2725. 69 E. Pontico, De oratione tractatus: PG 79, col. 1190. 70 Papa Francesco, Omelie da Santa Marta, La vera preghiera ci fa uscire da noi stessi, 11 maggio 2013. 174 meditata, coinvolgendo pensiero, immaginazione, emozioni e desideri, “è necessaria per approfondire le convinzioni di fede, suscitare la conversione del cure e rafforzare la volontà di seguire Gesù”71. La Parola di Dio è contemplata per essere guidati “alla conoscenza interiore del Signore per amarlo e seguirlo di più”72. Solo chi prega, medita, contempla può distinguere ciò che è buono e ciò che è male, ciò che Dio vuole da me. Il silenzio interiore orante è la premessa per aprire il cuore all’ascolto della Parola che ci chiede di seguirla: “Beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano” (Lc 11,28). I santi Angeli che, sono testimoni delle parole e delle azioni salvifiche di Dio nel corso della storia della salvezza, con le loro ispirazioni ci aiutano nella meditazione e contemplazione della Parola di Dio per il fatto che “vedono sempre la faccia del Padre (mio) che è nei cieli” (Mt 18,10) e nell’obbedienza alla Parola di Dio, giacché essi sono “potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola” (Sal 103,20). 3. L’espiazione come rimedio alla fuga dal momento presente L’accidia, lo abbiamo accennato prima, è la tentazione di allontanarsi alla limitatezza del presente per nascondersi nell’immaginazione: ogni ferita del passato lascia il suo segno nell’animo e nell’anima; il futuro è solo incertezza; le cose che tormentano sono tutte recenti, nel tempo presente, vissute nell’irrequietezza interiore, nel vagabondare dei pensieri come fuga dal presente. Sappiamo che “tutti i momenti del tempo sono presenti a Dio nella loro attualità”73. Il presente comunica a noi ciò che da noi Dio desidera, il passato si lascia alla Misericordia divina e il futuro si lascia alla sua Provvidenza. Dice Gesù: “Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena” (Mt 6,34). Il momento presente è il Kairos dell’unione di amore tra la volontà di Dio e la nostra volontà, la rivelazione della volontà di Dio per noi. Il tempo d’oggi è questo momento che passa, unico che si possiede. La vita presente, in realtà è l’attimo attuale, dato per camminare, vuol dire per unirci a Dio. Questo Dio però si nasconde sotto le specie del dovere 71 CCC n. 2708. 72 Idem, n. 2705. 73 Idem, n. 600. 175 quotidiano, del sacrificio attuale, della piccola rinuncia del momento e abbiamo bisogno della luce della fede per camminare, per guardare gli uomini, le cose, gli eventi, etc. ciò che Dio stesso guarda, unico modo di capirLo quanto oggi ascoltiamo la Sua voce.74 Giustamente il momento presente ha la grazia del momento presente che manifesta nel momento presente l’Amore di Dio e la sua Volontà. È nel momento presente che Dio ci guida con il Suo amorevole agire divino. “Mediante la sua obbedienza di amore al Padre «fino alla morte di croce (Fil 2,8)» diventato uomo realizza la missione espiatrice del Servo sofferente che giustifica molti addossandosi la loro iniquità”75. La Volontà divina è la nostra santificazione, “santità, quella che dobbiamo fare tutti i giorni, afferma il Papa Francesco, e che è una strada che si può percorrere solo se a sostenerla sono quattro elementi imprescindibili: coraggio, speranza, grazia, conversione”76. Volontà di Dio è che ognuno di noi prenda parte nell’opera redentrice e espiatoria di Cristo Gesù per completare “quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del Suo Corpo che è la Chiesa”(Col 1,14). Così l’imitare il Signore Gesù in spirito d’espiazione si vive nel quotidiano delle giornate; nell’impegno per realizzare bene i doveri di stato nella famiglia, nel lavoro, nella parrocchia; nel portare con gioia la croce; nell’accettare con serenità gli imprevisti; nell’offrire i piccoli sacrifici. Quest’amore ci spinge a unirci a Lui crocifisso e risorto in spirito di espiazione. Quindi la nostra santificazione, in unione con Gesù in spirito di espiazione per aiutare gli altri nella loro santificazione, si vive nella vita ordinaria quotidiana di un istante dopo un altro istante. Dice il Signore: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9,23). Però non dimentichiamo che questa consapevolezza della santificazione e espiazione del momento presente è una morte ad ogni istante per fare con amore la volontà di Dio e non la nostra, senza fuggire e senza sognare un’altra vita, “perché il domani avrà già le sue inquietudine, a ciascun giorno basta la sua pena” (Mt 6,34), accogliendo le fatiche del momento presente. 74 Francisco Mariti Fernandez, La santificación del momento presente, Valladolid 1965, 122. 75 CCC n. 623. 76 Papa Francesco, Omelie da Santa Marta, La santità è sperare con coraggio ogni giorno, 24 maggio 2016. 176 Dinanzi alla tentazione dell’accidia che attacca il compito che in quel preciso momento presente siamo chiamati a svolgere, la tradizione monastica invitava alla pazienza, l’hypomoné, come frantumazione dell’accidia, perché la tua ricompensa grazie alla pazienza piova su di te ancora più abbondante, la tua pazienza deve condurre la guerra per mezzo di tutte le virtù virili, perché attraverso ogni male è l’accidia che ti fa guerra e ti tenta passando in rassegna tutte le tue fatiche. E colui che essa non trova inchiodato alla pazienza, lo opprime con il proprio peso e lo piega.77 I Padri del deserto sapevano che il resistere nel combattimento spirituale è una medicina efficace Quando lo spirito di accidia ti assale, non abbandonare la tua dimora e non sottrarti nel tempo della lotta vantaggiosa; allora il tuo cuore splenderà come l’argento quando viene lucidato.78 Concludiamo questo punto dicendo che vivere nel momento è differente che vivere nel tempo, come spiega il Papa Francesco: “Il momento è quello che abbiamo in mano nell’istante in cui viviamo… Il tempo non è nostro. Il tempo è di Dio… Noi possiamo diventare sovrani del momento. Ma del tempo c’è solo un sovrano: Gesù Cristo… Per vivere il momento senza lasciarsi ingannare deve orientarsi con la preghiera e il discernimento… Invece per quanto riguarda il tempo… l’unica virtù possibile per guardare al tempo «deve essere regalata dal Signore: è la speranza»… Così il cristiano si muove su questa strada del momento, con la preghiera e il discernimento. Ma lascia il tempo alla speranza. Il cristiano sa aspettare il Signore in ogni momento; ma spera nel Signore alla fine dei tempi”79. 4. La missione come rimedio alla fuga dall’agire Annunciare Cristo con le nostre parole e con le nostre opere è la missione che il cristiano ha ricevuto in virtù del Battessimo80. Uscire per dare l’annuncio del Vangelo è la missione che la Chiesa ha ricevuto da Gesù: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare 77 E. Pontico (sotto il nome di San Nilo), Tractatus ad Eulogium monachum 8: PG 79, col. 1104 C-D. 78 Idem, Sententiae ad monachos: PG 40, 1279 D. 79 Papa Francesco, Omelie da Santa Marta, Il padrone del tempo, 25 novembre 2013. 80 Cf. Concilio Vaticano II, Cost. Dogm. Lumen gentium, 35. 177 tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 19-20). Rivelare il Padre che è “ricco di misericordia” (Ef 2,4) è la missione di Gesù, testimoniare che “Dio è amore” (1 Gv 4,8.16). “In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo perché noi avessimo la vita per lui” (1Gv 4,9). In questo modo, Gesù è “la rivelazione e l’incarnazione della misericordia del Padre”81. Il Signore Gesù ci invita alla missione di “seguire Lui”82 con lo sguardo fisso su di Lui “per andare incontro a ogni persona portando la bontà e 81 San Giovanni Paolo II, Enciclica, Redemptoris missio, 7 dicembre 1990, n. 12. È precisamente il mistero dell’Incarnazione l’antidoto efficace che Santo Tommaso d’Aquino trova contro l’accidia. Che Dio si è fatto uomo per salvarci, lo dice nella Somma teologica. Che Dio si è incarnato perché l’uomo partecipe della vita divina lo mette in evidenza nella Somma contro i gentili. “Prima di tutto bisogna considerare che l’Incarnazione di Dio fu il più efficace aiuto dato da Dio all’uomo, per arrivare alla beatitudine. Infatti sappiamo che questa perfetta felicità consiste nella immediata visione di Dio. Sembrerà forse a qualcuno che l’uomo non possa giammai arrivare a questo stato, in cui l’intelletto umano si congiunge immediatamente alla stessa sostanza divina…” (Summa contra gentiles, libro IV, cap. 54,1). La prima ragione dell’Incarnazione è l’aspetto della divinizzazione: l’unione di Dio con la natura umana mostra che l’intelletto umano può unirsi a Dio mediante la visione beatifica. Così l’uomo è aiutato a non cadere nell’accidia disperando di conquistare la ricerca di questa felicità. Il secondo argomento per l’Incarnazione è che Dio per il fatto di assumere una natura umana mostra all’uomo che la sua dignità e felicità consiste nell’unione con Dio. “… purtroppo l’uomo poteva ignorare tanto la dignità della sua natura, da porre il suo ultimo fine nelle cose che sono a disotto di Dio. Per questo succede che alcuni, considerando in se stessi la sola natura corporea e sensitiva, che hanno in comuni con gli altri animali, cercano una certa beatitudine bestiale nelle cose e nei piaceri della carne” (Ibid., cap. 54, 2.). La terza ragione sulla convenienza dell’Incarnazione è che Dio facendosi uomo per amore inclinasse il nostro amore per unirci con Lui nella beatitudine eterna. “Il desiderio di godere una cosa nasce dall’amor di lee; quindi bisognò che l’uomo, il quale tende alla beatitudine perfetta, fosse indotto ad amare Dio. Ma niente ci induce tanto ad amare una persona quanto la prova di esser da lei amati; perciò Iddio volle farsi uomo, perché niente dimostra tanto il suo amore per l’uomo come l’unirsi a lui personalmente, essendo una proprietà dell’amore l’unire l’amante all’amato, per quanto è possibile” (Ibid., cap. 54, 4.). Quindi l’Incarnazione di Gesù Cristo libera l’uomo dall’accidia perché ci da la gioia di un agire cristiano nel presente e di sperare di partecipare un giorno nella vita di Dio. 82 Papa Francesco, Omelie da Santa Marta, Per ogni cristiano Gesù ha una promessa e una missione, 5 settembre 2013. 178 la tenerezza di Dio”83, “col linguaggio dell’azione”84 e con gioia. “Dio stesso è la fonte della vera gioia”85, gioia cristiana che è una virtù del cammino, del pellegrino, “un dono che cammina, che cammina sulla strada della vita, cammina, cammina sulla strada della vita, cammina con Gesù: predicare, annunziare Gesù, la gioia, allunga la strada e allarga la strada”86, e ci libera dall’accidia. Ognuno è per gli altri, nessuno è solo. Ognuno che è in stato di grazia ha una forza d’intercessione, e quindi forza per aiutare gli altri, per la pratica della misericordia. Opere di misericordia corporali e spirituali per poter vivere come i suoi discepoli e che sono il nostro distintivo cattolico. Opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti; opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. Conclusione L’accidia è un peccato contro la gioia che nasce dalla carità, compromettendo la zona di confine tra lo spirito e la carne, considerata come il maggior ostacolo all’entusiasmo della testimonianza cristiana. L’accidia come disagio esistenziale e privazione della carità di Dio, conduce a una solitudine interiore ineluttabile ed a un autoinganno. Il non-relazionarsi attivamente e virtuosamente con Dio, con il prossimo e con se stessi conduce a una fede morta. L’auto centramento con “la fede nel proprio io”, può derivare da una lontana ferita d’infanzia affettiva che inevitabilmente produce un terreno psicologico facilmente attaccabile. Il demone del meridiano insidia subdolamente la persona, ingannandola con una chiusura della propria 83 Idem, Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, Misericordia vultus, 11 aprile 2015, n. 5. 84 Idem, Omelie da Santa Marta, Non si può conoscere Gesù in prima classe, 26 settembre 2013. 85 R. Guardini, Lettere sulla autoformazione, Brescia 1971, 7. 86 Papa Francesco, Omelie da Santa Marta, La gioia del cristiano non è allegria di un momento, 10 maggio 2013. 179 identità pensata da Dio. Questa seduzione del demone uccide la vita in Dio, con Dio e per Dio. La presa di coscienza, come atto di umiltà sulla nostra creaturalità di essere figli di Dio, deve spingere a una incessante richiesta di grazie per essere illuminati e guariti. Gesù Cristo ci ha già salvato con le Croce e Risurrezione, e prolunga nella Chiesa l’efficacia della Sua grazia. Gesù Cristo ci salva dall’accidia entrando in un rapporto di amicizia familiare con Lui, con il Padre e con lo Spirito Santo per partecipare volontariamente nell’economia della salvezza. “Il nostro essere creato a immagine e somiglianza di Dio-comunione ci chiama a comprendere noi stessi come esseri-in-relazione e a vivere i rapporti interpersonali nella solidarietà e nell’amore vicendevole”87. Ignazio Suárez Ricondo ORC