terça-feira, 21 de julho de 2009

Mons. Bugnini non aveva alcuna profondità di pensiero. Fu una cosa grave designare per un posto simile una persona che era come una banderuola.




A PROPOSITO DELLA VERA NASCITA DELLA RIFORMA LITURGICA

INTERVISTA DEL CANONICO ANDREA ROSE

NEL QUADRO DI UNO STUDIO STORICO
sulla riforma liturgica


Intervista concessa dal Canonico Andrea Rose (oggi scomparso) a Stefano Wailliez,
nel quadro di uno studio storico sulla riforma liturgica.

L'intervista è stata pubblicata dal Courrier de Rome giugno 2004

Canonico titolare della cattedra di Namur (Belgio), Andrea Rose fu teologo e liturgista. Nei suoi numerosi scritti trattò dell’Ufficio Divino e delle letture bibliche, approfondendo in due libri il significato dei Salmi (Psaumes et prière chrétienne, Bruges 1965; Les Psaumes, voix du Christ et voix de l’Eglise, Paris 1981). In essi egli sosteneva che l’Antico Testamento dovesse essere interpretato alla luce del Nuovo Testamento e degli scritti dei Padri della Chiesa.

Andrea Rose è stato consultore nel " Consilium ad exequendam constitutionem de sacra liturgia ", l’organo preposto all’applicazione della costituzione conciliare sulla liturgia (Sacrosanctum Concilium), il cui segretario era mons. Annibale Bugnini.
Quando a questo Consilum subentrò la Congregazione per il Culto Divino, il canonico Rose venne chiamato a farne parte come consultore.

Egli collaborò alla revisione dei libri liturgici per l’Ufficio Divino, nonché alla definizione delle nuove letture bibliche, delle nuove orazioni e dei nuovi prefazi della Messa.
Non si riconobbe mai nelle posizioni " tradizionaliste ", quindi le sue osservazioni non possono essere considerate come dettate da una visione particolare.

Peraltro, lo stesso si può dire per un altro componente del Consilium, il Card. Ferdinando Antonelli, che espresse gli stessi giudizi del canonico Rose e alle cui memorie ha attinto il Padre Nicola Giampietro per la pubblicazione del suo libro: Il Card. Ferdinando Antonelli e gli sviluppi della riforma liturgica dal 1948 al 1970, Ed. Centro Studi Sant’Anselmo, Roma 1998.
Curiosamente, questo libro non è più reperibile, mentre le carte del Cardinale sono state “segretate”.

Lo stesso dicasi per il libro di memorie del Padre Alfonso Pietro Salvini, Divagazioni di una lunga vita, Ed. Stella del Mare, Livorno.
Breve nota

Dopo aver letto attentamente queste dichiarazioni di un testimone oculare, ci sarebbe da scrivere un libro intero sulla folle applicazione del Vaticano II.
Ma alcune cose vanno subito dette.
1) Le critiche non sono una invenzione dei “nostalgici tradizionalisti”
2) I libri liturgici partoriti dal Consilium sono più dei documenti da colpo di stato che dei documenti della Chiesa
3) Fu la formulazione dei documenti dello stesso Vaticano II a permettere tutto questo
4) La connivenza dei vescovi fu ed è di una gravità inaudita
5) L'ignoranza della dottrina e della liturgia rende vana qualsiasi giustificazione
6) I danni provocati dal quarantennale uso di questi falsi libri liturgici sono immensi e forse irreversibili
7) La promulgazione ufficiale di tali libri, che li ha fatti diventare “legge della Chiesa”, non può annullare la loro generale contraddizione con la Tradizione
8) Le insignificanti modifiche apportate nel corso di questi anni non cambiano nulla dell'impianto devastante di questi testi
9) I convincimenti che li produssero, lungi dall'essere spariti si sono rafforzati e sono diventati dottrina, liturgia e pastorale correnti
10) I pochi che vorrebbero attuare una riforma della riforma non possono partire solo dallo status quo, ma debbono avere in vista una revisione radicale dell'impianto, così come fu radicale lo stravolgimento operato allora

Dio lo voglia!

Stefano Wailliez (SW): Come consultore del Consilium, voi avete fatto parte dei Coetus (gruppi di lavoro) n° 3, 4, 6, 11,18 bis e 21 bis. Quando si leggono le memorie di mons. Bugnini si ha l’impressione che si trattasse di una macchina molto complessa. Vi erano quasi trenta gruppi di lavoro.
Canonico Andrea Rose (CAR): Si, era una macchina molto complessa.

SW: Ma allora, qual era la forza motrice che stava dietro a tutto questo?
CAR: Era Bugnini.

SW: Di Bugnini si è parlato molto, ma dovevano pur esserci altre correnti, altre tendenze, nel Consilium. O questi vi regnava davvero come maestro indiscusso?
CAR: Ciò che so, è che mons. Martimort non era molto d’accordo con lui. Egli lo criticava tutte volte che era assente. Mi diceva: : " Questo Bugnini fa ciò che vuole ! ". Un giorno mi ha detto: : " Sapete, Bugnini ha fatto una buona scuola media ". Era questo il giudizio di Martimort su Bugnini. All’inizio credevo che esagerasse, ma poi mi sono reso conto che aveva ragione. Bugnini non aveva alcuna profondità di pensiero. Fu una cosa grave designare per un posto simile una persona che era come una banderuola. Ma si rende conto? La cura della liturgia lasciata a un pover’uomo come quello, un superficiale…

SW: Le ho chiesto di Bugnini perché, per altro verso, si conosce anche il ruolo svolto da Paolo VI, che seguiva personalmente l’andamento delle cose.
CAR: È vero. Ma Bugnini era sempre dal Papa, per informarlo. Un giorno, era all’inizio, quando i problemi non erano ancora così gravi, ero in piazza San Pietro col Padre Dumas. Abbiamo incontrato Bugnini, che ci ha indicato le finestre dell’appartamento di Paolo VI, dicendo: " … pregate, pregate perché ci sia conservato questo Papa ! ". E questo perché egli manovrava Paolo VI. Andava da lui per fargli rapporto, ma gli raccontava le cose come piaceva a lui. Poi ritornava, dicendo: : " Il Santo Padre desidera così, il Santo Padre desidera cosà ". Ma era lui che, sottobanco…

SW: Si è detto che mons. Bugnini fosse massone. Pensa che sia vero?
CAR: Ovviamente, bisognerebbe avere delle prove.

SW: Pensa che potesse averne la statura?
CAR: No, no. L’ho detto prima: non aveva alcuna profondità di pensiero.

SW: Nessuna profondità…
CAR: In seguito ha scritto interi libri per giustificare la sua riforma… Quando arrivai a Roma e andai a salutare Martimort, egli mi raccontò tutte le manovre che Bugnini aveva messo in atto per far passare tutto quello che voleva. Il Padre Martimort era un’altra cosa. Aveva ben altra cultura. E criticava il modo di fare di Bugnini.

SW: Quando si esamina la nuova Liturgia delle Ore, a cui lei ha lavorato, si resta colpiti dalle molteplici possibilità di scelta. Si possono scegliere Salmi diversi da quelli indicati, altri Inni, si possono tralasciare le Antifone, aggiungere momenti di silenzio, altre letture, ecc. Il tutto : " per delle giuste ragioni pastorali ", il che significa che si può fare come si vuole. Come ha reagito quando è stato proposto questo rituale a scelta?
CAR: Nei libri, noi abbiamo messo solo ciò che era ufficiale. Ma poi si è aggiunto " vel alios cantus, vel alios psalmos " ecc., chi fosse stato contrario sarebbe stato trattato da integralista.

SW: Ma questa estrema flessibilità non pone dei problemi ecclesiologici?
CAR: Certamente. Se ognuno può farsi un suo rituale, si tratterà ancora della preghiera ufficiale della Chiesa? È sicuramente l’ecclesialità ad essere messa in pericolo con questo nuovo rituale.

SW: Nei diversi Coetus dei quali ha fatto parte, vi erano delle lotte a proposito di queste molteplici possibilità di scelta?
CAR: Si. E Martimort era abbastanza contrario. Ma Bugnini, che sovrintendeva tutto, era a favore.

SW: Per quanto riguarda le letture della Messa, lei ha fatto parte del Coetus n° 4. Si trattava di arricchire i cicli di letture. Che ne pensa della riforma che è stata realizzata su questo punto?
CAR: È evidente che non si poteva ricalcare ciò che si faceva prima. Voglio dire, per esempio: durante le Ottave si ripeteva per otto giorni la stessa Messa, e le stesse letture. Non andava bene. Ma quello che si è fatto, a questo proposito, avrebbe potuto essere fatto in maniera più intelligente. Per esempio: io mi dolgo del fatto che sono state soppresse le Quattro Tempora. Ed era proprio in quel momento che vi erano da 3 a 5 letture prima del Vangelo. Ma si è pensato bene di abolire proprio le Quattro Tempora! Per di più, quei giorni sono qualcosa di molto antico, ed avevano conservato l’originario carattere settimanale della liturgia: mercoledì, venerdì e la grande vigilia della Domenica. Si è gettato tutto alle ortiche.

SW: E in tutto questo che ne è stato del ritorno alla tradizione principale?
CAR: Evidentemente vi è dell’incoerenza. Certuni, nel Consilium, volevano il ritorno alla tradizione principale quando faceva loro comodo. Francamente, che si potessero effettuare delle piccole riforme, d’accordo, ma ciò che si è fatto è stato decisamente radicale.

SW: A proposito di questi cicli di letture nella Messa, mons. Gamber ha detto: " questa nuova organizzazione delle letture è stata chiaramente elaborata da degli esegeti non da liturgisti ". Visto che lei ha fatto parte di questi gruppi di lavoro, che ne pensa?
CAR: Gli esegeti comandavano. E anche gli ebraicizzanti. Ma i primi cristiani hanno usato le versioni greche dei testi. Essi non si preoccuparono delle " verità ebraiche ". E abbiamo dovuto riscoprirle noi, nel XX secolo? … Lei parla di tradizione principale! E qual è il senso della pastorale quando gli esegeti la vincono sui liturgisti? In effetti, Bugnini, insieme a costoro, voleva trasformare la prima parte della Messa in un corso di esegesi.

SW: Per quanto riguarda l’Ordinario della Messa, lei non ha fatto parte del gruppo di lavoro relativo, ma pensa che anche qui si possa parlare di cambiamenti radicali?
CAR: Certo. Coloro che si sono occupati della Messa sono stati ancora più radicali di quanto lo fummo noi nell’Ufficio Divino. Basta vedere come è stato quasi eliminato l’Offertorio. Dom Capelle non voleva alcun Offertorio. " Si parla come se il sacrificio fosse già compiuto. Si rischia di credere che tutto è stato già fatto ", diceva. Non si rendeva conto che tutte le liturgie contengono una anticipazione come quella, Ci si pone già nella prospettiva del compimento.

SW: Non si tratta della mancanza di una prospettiva finalista?
CAR: Si, e allora si è finito col sopprimere tutto, tutto quello che era preghiera nell’Offertorio, perché, si diceva, non si tratta ancora del sacrificio. Ma, insomma, qui siamo di fronte a delle posizioni molto razionaliste! Una mentalità da scolaresca!

SW: Nella sua esperienza pastorale ha notato che i fedeli avessero creduto che le oblate fossero già state consacrate? Vale a dire: ha constatato la concretizzazione dei pericoli sottolineati da dom Capelle?
CAR: Ma no, ma no. Mai! E poi, basta guardare come si svolgono i riti orientali. Là è la stessa cosa. E sarebbe interessante comparare tutte queste cose.

SW: Un altro punto importante del nuovo Ordinario della Messa è la sparizione del Canone Romano. Esso è ancora presente, più o meno, nella prima Preghiera Eucaristica, ma si tratta della sola preghiera, quindi formalmente non è più il Canone.
CAR: Si, vi è stata la soppressione dell’Offertorio ma anche la moltiplicazione delle preghiere eucaristiche, come dice lei. Guardiamo la seconda Preghiera Eucaristica, essa è stata completamente manipolata. E poi, se ne volevamo molte di più. È per questo che io dissi di no, e fui messo alla porta. È tutta una storia.

SW: Vi è anche la questione delle traduzioni per i paesi di lingua francese, sulla quale lei si è espresso molte volte.
CAR: Si, è un problema enorme. Il Padre Gy non vuole che se ne parli. Si è trattata dell’occasione per ficcarci dentro tutto ciò che volevano.

SW: Nelle sue memorie, mons. Bugnini spiega che quando non riusciva ad ottenere questa o quella formulazione nel testo ufficiale in latino, diceva: " l’aggiusteremo nelle traduzioni ". Ha avuto modo di sentirlo anche lei?
CAR: Ma certo! Lo dicevano a Roma. Dom Dumas ha lavorato in questo senso. Egli era molto progressista. E anche lui diceva: " lo aggiusteremo nelle traduzioni ". Si è molto spinto per la libertà delle traduzioni e si è andati molto a fondo in questa direzione.

SW: Nella traduzione francese ufficiale del Credo si trova l’espressione " della stessa natura del Padre " al posto del " consubstantialem ". Non siamo al limite dell’arianesimo?
CAR: Certo, evidentemente.

SW: In Francia, si sono avute delle epiche controversie nelle chiese, al momento delle Messe, per la questione della " stessa natura ".
CAR: Si, lo so, ma i vescovi approvano questa versione. Essi approvano questa cosa e non vogliono cambiarla. In effetti, non sono loro che l’hanno prodotta, ma la commissione, e loro non vogliono sconfessare la commissione.

SW: Si è parlato molto degli osservatori protestanti, e molto si è scritto su questo argomento. Ciò che mi interessa sono i fatti. Lei ha visto questi osservatori nel corso delle sessioni?
CAR: Sicuramente. Essi vi si trovavano, messi da un lato, su un piccolo tavolo. Non parlavano. Che poi parlassero con le persone di sfuggita è evidente. Non potevano non parlare. E dal momento che non prendevano mai la parola in pubblico, hanno avuto una influenza reale su certe cose? Occorrerebbero elementi concreti per rispondere.

SW: Io ponevo semplicemente la questione della loro presenza, in un primo tempo. Detto questo, in un articolo di Notitiae, n° 23, e in una testimonianza di Jasper, un osservatore anglicano, si parla del fatto che gli osservatori non partecipassero al momento delle riunioni, ma che tenessero in maniera sistematica delle discussioni con i relatori, i presidenti dei gruppi.
CAR: Non lo si sapeva. Essi uscivano insieme, ma questo non veniva annunciato ufficialmente. La cosa era un po’ inevitabile! Ma noi non fummo mai informati. Ciò che è quanto meno curioso è il fatto che non vi fosse alcun ortodosso… Costoro non avevano fiducia fin dall’inizio, conoscendo il carattere rivoluzionario di molti cattolici. E la cosa non piaceva loro. In fondo, sapevano bene come stavano le cose.

SW: Lei ha detto che mons. Bugnini era un manipolatore. Può essere più preciso?
CAR: Ero malvisto da lui perché non facevo tutto quello che voleva e non accettavo tutta la sua creatività.

SW: Lei è stato allontanato perché si è rifiutato di approvare il permesso per le Conferenze Episcopali di comporre le proprie preghiere eucaristiche. Ne ha appena accennato. La rottura si è determinata quindi sulla questione della creatività?
CAR: Si. Io feci un rapporto contrario e questo ebbe come conseguenza il rigetto di tale permesso. Allora Bugnini pensò: " quest’uomo è pericoloso ".

SW: A proposito della creatività, si tratta di una pratica che c’è sempre stata, soprattutto nel dominio dell’arte. Gli stili dell’arte sacra si sono sempre evoluti nel corso del tempo.
CAR: Io non sono contro la creatività per principio. Ma essa deve fondarsi su una tradizione. Quanto questo non accade, diventa non si sa bene che cosa.

SW: Lei ha fatto parte del gruppo 18 bis, che si è occupato delle Orazioni del Messale. Dom Hala, di Solesmes, spiega in Habeamus Gratiam, che nelle Collette " si è usati altri vocaboli per delle ragioni pastorali ", e come esempio cita il fatto che " le parole diabolus e diabolicus sono totalmente sparite dal nuovo Messale ".
CAR: Non si credeva più nel Diavolo. Almeno alcuni. Ma le teste pensanti si sono dati da fare perché non si facessero notare molto questi cambiamenti. Queste soppressioni non sono state indicate come criteri di revisione. Ma chiaramente certuni nel Consilium non credevano più nel Diavolo.

SW: Quando si parla del Consilium, si pensa sempre ai consultori, agli esperti: il Padre Gy, Mons. Martimort, dom Botte, don Vagaggini, Jungmann… e si dimenticano quasi i membri veri e proprii, i vescovi, che erano i soli ad avere diritto di voto. Come spiega questo fatto?
CAR: I vescovi che sedevano nel Consilium non avevano niente di clamoroso. Due mi hanno lasciato un certo ricordo: Mons. Isnard, di Nuova Friburgo (Brasile) e Mons. Jenny, di Cambrai. Gli esperti erano molto competenti, essi sì. Ed erano quelli che facevano il lavoro.

SW: Tra i vescovi membri del Consilium vi era il celebre Mons. Boudon, Presidente della Commissione Liturgica della Conferenza Episcopale francese. Era un incompetente?
CAR: Mi ricordo che egli era là, ma non ha lasciato un ricordo indelebile. Il Padre Gy lo menava come voleva. L’intelletto agente di Mons. Boudon era Padre Gy.

SW: A partire dal 1971-72, apparve chiaro che Paolo VI cominciava a rendersi conto che certe cose non andavano bene.
CAR: Bisognava essere ciechi… Fu per questo che lo stesso Bugnini finì per essere allontanato, e molto brutalmente. Ma tutto quello che egli aveva fatto di male non venne toccato. Non si osò ritornare su ciò che era stato promulgato.

SW: Sembra proprio che si delinei un movimento in questo senso. Si parla sempre più di " liberalizzazione del messale tridentino ", e adesso è la volta del Card. Sodano, Segretario di Stato, che si riallaccia all’idea di una riforma della riforma.
CAR: Molto bene. Occorre uscire da questa situazione prima possibile. Bisogna rivedere tutto questo. Ma si troveranno le persone competenti? Occorre evitare che si designino delle persone come quelle che hanno prodotto la catastrofe che conosciamo.

SW: Occorre invitare tutte le parti attorno ad un tavolo?
CAR: Tutte le persone serie, desiderose di lavorare per la Chiesa.

SW: Quando si parla della liturgia tradizionale, si pensa evidentemente a Mons. Lefebvre e alla Fraternità San Pio X, da lui fondata. Occorre invitare anche la Fraternità?
CAR: Ma certo. Occorre parlare con queste persone. Esse talvolta hanno delle vedute fisse, e non comprendono sempre che fossero necessarii degli adattamenti, soprattutto per quanto riguarda le letture della Messa o del Breviario. Ma bisogna parlare con loro. Non si può ascoltare chiunque, soprattutto i protestanti, e non invitare alla discussione la gente di Mons. Lefebvre. Per contro, anche loro devono prendere l’iniziativa di andare a trovare quelli che hanno il senso della tradizione, anche se non sempre sono d’accordo con loro. Devono fare lo sforzo di uscire dal loro guscio, bisogna mettere i problemi sul tavolo, onestamente.
fonte:http://www.unavox.it/
fonte:http://www.unavox.it/

BUGNINI ERA MASSONE! LO CONFERMA UN MONSIGNORE A INSIDE THE VATICAN

Sull'ultimo numero della principale rivista cattolica in lingua inglese "Inside the Vatican", il giornalista Robert Moynihan racconta della sua intervista con un "monsignore" anonimo indicatogli dal Cardinal Gagnon poco prima che quest'ultimo morisse. Il "monsignore" è il depositario del mistero relativo all'affiliazione massonica di Bugnini (noto anche agli addetti ai lavori come nome in codice "BUAN").
Ma non solo! Sappiamo infatti anche dal libro di Mons. Marinelli (Via col vento in Vaticano) che Gagnon fu redattore di un dettagliatissimo dossier sui Massoni in Vaticano (vedi pagg.57-59). Commentano "i Millenari": "Il materiale raccolto fu interessante e rivoluzionario. Il presidente della commissione monsignor Gagnon stette per tre mesi impegnato a stendere una voluminosa relazione che alla massoneria vaticana apparve subito scottante e pericolosa: si facevano i nomi e le attività occulte di certi personaggi di curia."
Questo dossier fu rubato fra il 31 maggio ed il 1 giugno del 1974 dalla scrivania di Mons. Mester (collaboratore di Gagnon). Il Cardinale così rifece il dossier di suo pugno e chiese udienza. Non gli fu accordata, capì l'antifona e dopo qualche anno se ne tornò in Canada.
Ma la questione di Bugnini è fondamentale. Le lettere qui citate e indirizzate a Bugnini dal Gran Maestro furono pubblicate da "30 Giorni" nel 1991 in un articolo a firma di Andrea Tornielli. Non riuscendo a recuperare l'edizione italiana vi segnalo un articolo in cui sono tradotte in inglese ed un altro in cui sono leggibili in spagnolo (entrambi provengono da autori un po' estremi e molto duri riguardo alla riforma, ma sono le uniche fonti sulla rete riguardo alla pubblicazione di 30Giorni).
Il reportage-intervista di Inside the Vatican (che trovate qui) preannuncia ulteriori sviluppi e comunque afferma con ulteriore certezza che Bugnini, l'autore della Riforma Liturgica, era stipendiato dalla Massoneria Italiana. Libertè, Egalitè, Fraternitè!


di Dr. Robert Moynihan

Ho cominciato la mia conversazione con il monsignore indicatomi dal Cardinal Gagnon dopo la sua morte nell'agosto del 2007. Questa conversazione ebbe luogo sul finire del 2007.

"Sono rimasto molto rattristato dalla morte del Cardinal Gagnon" dissi.

"Si, anch'io" disse il monsignore. "E' stato un valido servo della Chiesa. Ha sofferto molto."

"Lo conoscevo", dissi. "Mi ha sempre aiutato, specialmente agli inizi".

"Era un uomo gentile".

E quindi abbiamo cominciato la nostra solita conversazione sullo stato della Chiesa, le ultime notizie dal Vaticano e così via. La nostra conversazione si è così concentrata naturalmente sulla pubblicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, che promuoveva un più ampio uso del rito antico della Messa.

"Sono confuso" dissi.

"Perchè?" fece lui.

"L'intera questione. Ciò che è accaduto nel Concilio Vaticano II, la Costituzione sulla Liturgia, la Commissione stabilita per rivedere la Messa, Monsignor Bugnini... ed ora, 40 anni dopo, sembriamo ancora in uno stato di confusione. Sembra come se tutte le cose che consideravamo sacre - tutte le cose che amavamo - fossero state calpestate."

"Tu sei troppo cupo" disse, facendo ondeggiare le mani come a voler respingere le mie conclusioni. "Si, molte cose sono state calpestate, ma l'essenziale rimane. Non si è perso il cuore."

"L'essenziale rimane? Si guardi intorno. Abbiamo alcuni che non si interessano affatto ad alcuna tradizione, guardano la 'Chiesa Antica' con senso di colpa e farebbero di tutto per non tornare indietro. E abbiamo molti tradizionalisti che sembrano focalizzarsi soltanto sulle cose esteriori - e ciò talvolta somiglia ad una idolatria del rituale..."

"Non la vedo così in bianco e nero. Stai tralasciando del tutto gli individui, tutti i loro atti di sacrificio, il loro buon umore, le loro preghiere. Sei caduto nella trappola. Nella battaglia per la verità, non dimenticare la grazia. Ricorda c'è Dio, lo Spirito Santo, la Vergine..."

"Ma perchè così tanti sembrano indifferenti?".

"Alcuni non hanno un'opinione, alcuni sono persuasi che la Chiesa doveva essere cambiata. Alcuni semplicemente hanno seguito la marea. Alcuni sono motivati dal denaro. E poi ci sono quelli che servono altri padroni. Questo era il caso di Bugnini..."

Così cominciammo. Non per ciò che disse, visto che si tratta di una antica accusa, ma per il modo in cui lo disse, come se fosse una cosa fuori discussione e ormai assodata.

"Naturalmente, ho udito di ciò" dissi, "ma perchè lei lo dice così schiettamente, come se ne fosse certo? Pensavo fosse solo un'accusa?"

"E' certo" mi disse "almeno certo come lo sono le cose di questo mondo. Lui si recò ad un incontro dal Segretario di Stato con la sua valigetta. Era il 1975. Più tardi quella sera, quando tutti erano andati a casa, un monsignore trovò la valigetta che Bugnini aveva lasciato. Il monsignore decise di aprirla per vedere chi ne fosse il proprietario. E quando la aprì, trovò lettere indirizzate a Bugnini definito 'fratello', da parte del Gran Maestro della Massoneria Italiana..."

"Ma è possibile che queste lettere fossero dei falsi?" domandai. "Qualcuno poteva aver aperto la valigetta, visto che era di Bugnini, e quindi infilatoci le lettere false, per diffamarlo?"

"Beh, teoricamente, suppongo che sia possibile. Ma Paolo VI, almeno, non lo pensava. Quando gli fu portata questa prova, giunse alla conclusione che Bugnini dovesse essere rimosso immediatamente dal suo posto. Così Bugnini fu nominato nunzio apostolico in Iran. Dopo più di 25 anni alla guida della riforma liturgica fu licenziato bruscamente e inviato in una nazione in cui non ci sono affatto cattolici. Era una forma di esilio."

"Ciò è davvero triste".

"No," disse, "è davvero umano... E oggi, 35 anni dopo, appartiene al passato. E' qualcosa per cui non possiamo fare nulla."

"Ma se è realmente vero," dissi "allora Paolo VI avrebbe potuto approvare la Nuova Messa sotto false pretese, così com'era? Ciò non avrebbe dobuto sollevare domande sull'intera riforma liturgica? E perchè allora Paolo VI non risalì all'intera commissione preparatoria, se credeva che quanto lei mi sta dicendo fosse vero?"

"Guardi, " disse il monsignore "non è importante quante sconfitte subisca la Chiesa, non è importante quanti tradimenti, ma che ci sia sempre la speranza..."

"Ma le perdite sono immani" dissi, "è come se il nostro legame col passato fosse stato interrotto..."

"No!". Mi guardò con fierezza: "Tu stesso sei la prova che questo legame non è stato rotto. E lo sono anch'io. E ti dico che anche se dovessi cadere e tradire la fede, e anche se dovessi farlo io, ed anche se tutti nel mondo dovessero cadere, la Chiesa non sarebbe sconfitta. Essa prevarrà! Non praevalebunt!"

E lo guardai meravigliato per la sua fede. Ma non gli domandai ancora del dossier Gagnon. (continua).
j
Traduzione: Francesco Colafemmina - Tratto da Inside the Vatican 19.07.2009
fonte:Fides et forma

DOSSIÊ LITURGIA UMA BABEL PROGRAMADA Por Andrea Tornielli


DOSSIÊ LITURGIA
UMA BABEL PROGRAMADA

Por Andrea Tornielli

A substituição do latim pelo vernáculo na liturgia da Igreja católica foi considerada por muitos uma medida infeliz e saudada por outros como um "aggiornamento" necessário para favorecer a participação do povo. Todavia, não foi uma decisão do Concílio Ecumênico Vaticano II. O latim ainda é a língua oficial da Igreja, ou pelo menos foi durante dezoito séculos. Cinco anos depois do Concílio, não havia mais sinal dele nos livros litúrgicos católicos. A eliminação total da língua dos antigos romanos aconteceu quase à surdina e em alguns casos contra a vontade do Papa Paulo VI, o qual estabeleceu que ela deveria permanecer ao lado do vernáculo no missal. Esta é a história da reforma e dos protagonistas de um período que marcou profundamente a vida da Igreja.

A VONTADE DE JOÃO XXIII

"A língua latina, que podemos considerar verdadeiramente católica (...) é o vínculo adequado através do qual a época atual da Igreja está admiravelmente unida ao passado e ao futuro." O Papa João XXIII quis revestir a assinatura da Constituição Apostólica Veterum sapientiae com a maior solenidade. No dia 22 de fevereiro de 1962, colocou o selo no documento que deveria salvaguardar o latim como língua "imutável" e "universal" da Igreja e da liturgia católica no altar da Confissão, sobre o túmulo de São Pedro, na presença de quarenta cardeais. O documento, promulgado sete meses antes da abertura do Concílio, foi rapidamente esquecido, mas os bispos reunidos em Roma decidiram levá-lo em consideração. A Constituição Sacrosanctum concilium , sobre a liturgia, diz: "Seja conservado o uso da língua latina, salvo o direito particular". (nº 36) e "Cuide-se para que os fiéis saibam recitar e cantar juntos, inclusive em língua latina, as partes do Ordinário da missa que lhes cabem". (n º 54). O mesmo critério é usado para a Liturgia das Horas: "Segundo a secular tradição do rito latino, seja conservada a língua latina no Ofício Divino para os clérigos" (nº 101). Em 1964, o liturgista Rinaldo Falsini escreveu no seu comentário à Constituição conciliar: "O Concílio não podia pôr em discussão o princípio da manutenção da língua latina para os ritos que tomavam o nome daquela língua. Atualmente, um abandono integral do latim, em vista da vastidão do patrimônio litúrgico, seria impensável e irrealizável". Falsini diz também que a luta contra o uso da língua latina na missa foi aberta pela reação protestante.

Formalmente, a língua oficial da Igreja Católica continuava a ser o latim, inclusive nas intenções do Vaticano II. No dia 3 de setembro de 1978, o papa João Paulo I pronunciou em latim a primeira parte da homilia da missa solene de início do pontificado. Em seguida, explicou: "Quisemos iniciar esta nossa homilia em latim porque, como se sabe, esta é a língua oficial da Igreja, da qual exprime de forma palmar e eficaz a universalidade e a unidade".

Todavia, o latim foi substituído pelo vernáculo e desapareceu dos livros litúrgicos apenas cinco anos depois do encerramento do Concílio. O desaparecimento foi repentino e aparentemente não era intenção dos Padres conciliares, que votaram quase por unanimidade (2.147 votos a favor e 4 contra) um documento sobre a liturgia que previa a manutenção do latim e dava espaço ao vernáculo "especialmente nas leituras, nas homilias, em algumas orações e nos cantos". A preocupação de João XXIII e do Concílio era clara: a permanência do latim garantia a solidez da doutrina expressa. Como foi possível "deslatinizar" inteiramente o missal e o breviário?

MISSÃO SECRETA?

"Caro Buan, comunicamos o encargo que o Conselho dos Irmãos estabeleceu para ti, de acordo com o Grão-Mestre e os Príncipes Assistentes ao Trono, e te obrigamos (...) a difundir a descristianização mediante a confusão dos ritos e das línguas e de colocar padres, bispos e cardeais uns contra os outros. A Babel lingüística e ritual será a nossa vitória, como a unidade lingüística e ritual foi a força da Igreja (...) Tudo deve acontecer no prazo de dez anos". (14 de julho de 1964).

"Grão-Mestre incomparável (...) a dessacralização prossegue rapidamente. Foi publicada uma outra Instrução, que entrou em vigor no dia 29 de junho p.p. Já podemos cantar vitória, porque a língua latina vulgar é soberana em toda a liturgia, inclusive nas partes essenciais (...) Foi dada máxima liberdade de escolha entre os vários formulários, à criatividade particular e ao... caos! (...) Em suma, com esse documento creio ter disseminado o princípio da máxima libertinagem, segundo as vossas disposições. Lutei duramente contra os meus inimigos da Congregação para os Ritos e tive que recorrer a toda a minha astúcia para que o Papa a aprovasse. Por sorte, encontramos o apoio dos amigos e irmãos da Universa Laus, que são fiéis. Agradeço pela soma enviada e esperando vos ver em breve, vos abraço. Vosso Irmão Buan" (2 de julho de 1967).

São trechos de duas cartas. A primeira teria sido enviada a monsenhor Annibale Bugnini (nome em código Buan) pelo Grão-Mestre da maçonaria. A segunda seria a resposta do liturgista ao líder das Lojas, comunicando o cumprimento da missão bem antes do prazo previsto. Esses documentos - gravemente difamatórios para Bugnini, que sempre negou ter mantido contatos com a maçonaria - são verdadeiros ou falsos? É impossível dizer, visto que se trata de cartas datilografadas e fotocopiadas por um misterioso "espião" que em seguida as teria entregue a alguns bispos e cardeais amigos, entre os quais o arcebispo de Gênova, Giuseppe Siri, e o prefeito do Selo Apostólico, Dino Staffa. Se são autênticas, revelam a existência de um "projeto" para destruir a doutrina e da liturgia católica por dentro. Podem também ser falsificações produzidas por alguém interessado em criar "facções" rivais na Cúria. O texto das cartas, de fato, é muito imediatista e grosseiro. Em todo caso, as cartas existem e os resultados das reformas de Bugnini concordam plenamente com os objetivos que fixam.

LITURGIAS ESTRANGEIRAS

O padre Annibale Bugnini foi nomeado secretário da comissão litúrgica criada por Pio XII para reformar o ritual da Semana Santa logo depois da Segunda Guerra Mundial. O seu espírito reformista no campo litúrgico já era conhecido. Em 1944, Bugnini pedira ao padre Arrigo Pintonello, então capelão militar, para traduzir alguns textos de autores católicos e protestantes alemães sobre a renovação litúrgica. Esse fato, confirmado por dom Pintonello (hoje arcebispo emérito de Latina, Itália) a 30Dias, pode mostrar que a reforma realizada sob a direção do Consilium ad exaquandam Constitutionem de Sacra Liturgia - do qual Bugnini foi secretário e sobre o qual exercia uma inegável autoridade - tinha raízes meditadas e preparadas há longo tempo. Bugnini contou detalhadamente história desse período no livro A Reforma Litúrgica 1948-1975. O livro é uma autodefesa póstuma com a qual o bispo, "exilado" no Irã por Paulo VI, descreve a sua obra e diz que todas as decisões sobre as grandes mudanças litúrgicas foram tomadas pelo Papa em pessoa. "Eu fui apenas um executor fiel da vontade de Paulo VI e do Concílio".

Mons. Bugnini e la riforma liturgica


Ieri, proprio mentre stavo pubblicando il mio post If only... #3, ho ricevuto la Newsflash del Dr. Robert Moynihan, Direttore di Inside the Vatican (chi legge l'inglese può trovarla sul sito della rivista: la parte che mi interessa inizia col titoletto "The Briefcase Left Behind"). Si tratta di una inquietante intervista a un non meglio precisato Monsignore, indicato al Dr. Moynihan dal Card. Gagnon un mese prima di morire. L'intervista riguarda il caso di Mons. Annibale Bugnini, accusato di essere iscritto alla massoneria, un'accusa arcinota, ma che era rimasta finora sempre circondata da un'alone di dubbio, che poteva far sperare in una calunnia, piuttosto che in una realtà. Invece, a stare a ciò che dice il Monsignore intervistato (e che deve essere molto bene informato sui fatti), "It is certain". Il Monsignore spiega anche come si sia arrivati a tale conclusione, appunto grazie a una valigetta dimenticata.

Giustamente, il Dr. Moynihan pone l'obiezione che chiunque di noi porrebbe: "Ma se è davvero cosí, allora Paolo VI, nell'approvare la nuova Messa, potrebbe essere stato vittima di un inganno. Un fatto del genere non potrebbe mettere in discussione tutta la riforma liturgica? Ma allora, perché Paolo VI non ripartí da zero, se era convinto che ciò fosse vero?". L'obiezione è molto seria; se non si trova una risposta ad essa, saremo destinati a vivere nel dubbio che non solo Paolo VI, ma tutti noi siamo vittime di una grande impostura.

La limitata, ma sufficiente esperienza che ho in materia mi ha fatto giungere alla conclusione che, nella maggior parte dei casi, non si diventa massoni per motivi ideologici, ma semplicemente per interesse (anche se poi, una volta dentro, si è costretti a diventare strumenti per la diffusione dell'ideologia massonica). Mi pare che Mons. Bugnini non faccia eccezione a questa regola. Consideriamo le date. Nella sua Newsflash il Dr. Moynihan riporta anche un interessantissimo articolo di Michael Davies, dal quale si apprende che Mons. Bugnini, che era segretario della Commissione liturgica preparatoria del Concilio Vaticano II, era stato già sospeso dal suo incarico nel 1962 (non si sono mai conosciuti i motivi di tale allontanamento; Bugnini accusò del fatto il Card. Larraona, ma certamente ci doveva essere l'approvazione di Giovanni XXIII). Ora, l'iscrizione alla massoneria avvenne il 23 marzo 1963. Ebbene, che cosa avvenne nel 1964? Bugnini fu nominato da Paolo VI segretario del Consilium ad exsequendam Constitutionem de sacra Liturgia. L'iscrizione alla massoneria aveva avuto effetto immediato...

Ma allora, come mai Paolo VI non rimise in discussione l'intero impianto della riforma liturgica, che era stato ideato e realizzato da un massone? Evidentemente non rinvenne un legame cosí stretto tra i due fatti. Papa Montini, non appena ebbe la certezza della colpevolezza di Mons. Bugnini, lo rimosse dal suo incarico di Segretario della Congregazione per il culto divino e lo inviò Nunzio apostolico in Iran, non perché aveva fatto la riforma liturgica, ma semplicemente perché iscritto alla massoneria. Quanto alla riforma liturgica, evidentemente Paolo VI era convinto della sua bontà: anche se fra i suoi ispiratori c'era un massone, essa non poteva essere considerata una sua creatura né, tanto meno, una riforma "massonica". Lo stesso Pontefice molto probabilmente si considerava il garante di quella riforma: essa era stata fatta sotto il suo personale controllo e portava il sigillo della sua autorità.
fonte:senza peli sulla lingua

Mons. Bugnini e sua ligação à Massonaria








21 de Julio, Festividad de San Lorenzo de Brindisi, Predicador y Doctor de la Iglesia




l Santo nació en Brindis, cerca del lugar en que la bota italiana llevaría la espuela contra el Balcán turco. Era en julio de 1559. Tres semanas después, el viejo papa Paulo IV, duro campeón de la reforma católica, moría en Roma. El populacho mostraba su alegría por verse libre de su firme puño, y echó abajo la estatua del Pontífice. El recién nacido heredaría en cierto modo el celo del reformador difunto, pero sabría ser más caritativo y más flexible.

Había nacido de noble familia. Recibió en el bautismo el nombre de Julio César. Se cuenta que a los seis años predicó en la catedral y que el auditorio quedó transportado de admiración. Reduzcamos las cosas a sus justos límites, no es imposible que participara en alguna fiesta infantil, al estilo de las que tan frecuentemente vemos organizarse en las catequesis. Y nada tendría de raro que el despierto muchacho, puesto en una ocasión tal, encantara a su auditorio por el despejo y la soltura con que trataba de las verdades religiosas.

Muerto su padre, César entra en los franciscanos conventuales, y queda allí hasta la edad de catorce años. Pero ya hemos dicho cuál es el emplazamiento de Brindis. Los turcos amenazaban con su poder creciente la pequeña ciudad y César, con su madre, se refugia en Venecia, donde un tío suyo cuidará tiernamente de su formación. El adolescente no había olvidado el ideal franciscano. Y el 17 de febrero de 1575 entra en la Orden capuchina tomando el nombre de Lorenzo. Su ingreso tuvo lugar en el convento de Verona. Novicio modesto y grave, penitente hasta el extremo, cayó enfermo y hubo que retrasar su profesión. Por fin, el 24 de marzo, víspera de la Anunciación, pudo hacerla.

El futuro doctor de la Iglesia recibió en la Orden capuchina una formación verdaderamente excepcional. Enviado a estudiar a Padua, conoció a fondo la Sagrada Escritura, y así, durante su vida, hemos de verle muchas veces discutir directamente sobre el texto hebreo con los herejes y los judíos. Tuvo un conocimiento de idiomas poco corriente, pues hablaba el francés, el alemán, el griego, el siríaco y el hebreo, Su formación teológica era tal que, no siendo aún sacerdote, predicó dos cuaresmas en Venecia, ciudad nada fácil para un predicador bisoño. Alguna de sus conquistas apostólicas tuvo enorme resonancia en la ciudad, así, por ejemplo, la de aquella cortesana que, venida al sermón con ánimo de hacer alguna mala conquista, fue conquistada por Cristo.
Una vez Sacerdote, sus trabajos continuaron a un ritmo todavía más vivo. Durante tres años, por encargo de Clemente VIII, predica a los judíos de Roma, obteniendo buenos resultados gracias a sus conocimientos de hebreo. Pero las dos grandes empresas de su vida habían de ser la lucha antiprotestante y la cruzada contra los turcos.

El historiador, aun profano, que recorra sumariamente los acontecimientos religiosas de la edad postridentina, y estudie la contraofensiva de la restauración católica, tropezará necesariamente con la figura de este capuchino italiano que, aun perteneciendo a la provincia de Venecia, fue enviado en 1599 a Austria, al frente de un grupo de doce hermanos suyos, con los que se estableció en Viena, Graz y Praga. Llegaba allí Lorenzo precedido de la fama de religioso austero, de hombre cultísimo, de predicador iluminado, de polemista eficaz. A sus cuarenta años de edad había recorrido ya con éxito asombroso toda Italia. Y, en efecto, en Praga sus predicaciones conmueven la opinión publica y provocan la reacción de los protestantes que solicitan del emperador Rodolfo II su expulsión.

Un doble paréntesis se abre en su acción antiprotestante, para atender a la guerra contra los turcos, y al cargo de ministro general de su propia Orden (1602-1605). Pero apenas libre de los cuidados de este cargo, vuelve de nuevo a la lucha, primero en Praga (1606-1610), y después en Munich (1610-1613), junto a su amigo íntimo el duque Maximiliano, de Baviera. Se esforzó en la constitución de una liga de príncipes católicos de Alemania que pudiera oponerse a la unión de los protestantes, y con una misión oficial en Madrid conquistó que se adhiriera y ayudara financieramente a dicha liga el rey Felipe III de España. Cuando parecía seguro que iba a tener que marchar de Alemania, una intervención del cardenal Dietrichstein ante el papa Paulo V lo impidió. Así él pudo continuar su trabajo. Obtuvo después el restablecimiento de la paz entre las autoridades españolas y el duque de Saboya, Carlos Manuel el Grande, en 1618, y desarrolló una feliz legación en Madrid y Lisboa (1618-1619), en defensa de la ciudad de Nápoles contra la tiranía del virrey Osuna.

Es difícil sintetizar en pocas líneas la colosal labor de este predicador. "Dios me ha llamado —repetía— a ser franciscano para la conversión de los pecadores y de los herejes." Y, en efecto, predicó, de manera incesante, en Italia, en Hungría, en Bohemia, en Bélgica, en Suiza, en Alemania, en Francia, en España y en Portugal. Apoyado por los jesuitas, desarrolló una admirable labor en la Europa central, y sembró de conventos franciscanos gran parte de estas naciones en las que había predicado.

Hacía falta también un animador espiritual en la lucha contra los turcos, que golpeaban las puertas del Imperio. El papa Clemente VIII envió a San Lorenzo de Brindis al emperador Rodolfo II "seguro de que él solo valdría lo que un ejército". Y, en efecto, San Lorenzo fue el brazo derecho del príncipe Felipe Manuel de Lorena, que consiguió el año 1601 una victoria resonante sobre el Islam en Stuhiweissenburg (Alba Real) contra la masa de cerca de 80.000 turcos, capitaneados por Mohamet III, que se aprestaba a invadir la Stiria y amenazaba conquistar Austria, invadiendo desde allí Italia y Europa entera. San Lorenzo nos escribió una preciosa crónica de la campaña y, aunque ocultase en parte sus rasgos de valor, capitanes y soldados le aclamaron como el principal autor de la batalla. No cabe la menor duda de que también San Lorenzo pudo ejercitar, en aquel cosmopita ejército, su conocimiento de idiomas. Lo que es cierto es que resultó un admirable capellán militar, que a la hora de la victoria únicamente se lamentaba de no haber podido lograr con aquella ocasión el mérito del martirio.
Recientemente, en marzo de 1959, Su Santidad el Papa elevó a San Lorenzo de Brindis a la dignidad de doctor de la Iglesia universal, después de haber escuchado el parecer de la Sagrada Congregación de Ritos. Es el tercero de los franciscanos que recibe este honor, después del doctor seráfico, San Buenaventura, y del doctor evangélico, San Antonio de Padua. A San Lorenzo de Brindis podría cuadrar bien el título de doctor apostólico.

Independientemente de su admirable predicación por toda Europa, nos dejó San Lorenzo una multitud de obras editadas desde 1926 a 1956 en una espléndida colección de quince volúmenes, que nada deja que desear ni en cuanto al aparato científico ni en cuanto a la magnífica presentación tipográfica. Allí encontramos más de ochocientos sermones, que ocupan once de los quince volúmenes: Marial, Quadragesimales, Adviento, Domingos del año, santoral, etc. Se ha señalado que estos once volúmenes constituyen un admirable ejemplo de lo que modernamente se ha llamado teología kerigmática, y que esta manera de exponer las verdades eternas le sitúa en la línea de clásica actividad pastoral de los Santos Padres y de los grandes Doctores obispos. En especial, destaca su admirable mariología, de una claridad de conceptos verdaderamente extraordinaria.

Encontramos también en su obra literaria reflejada la actividad que desarrolló en pro de la conversión de los judíos. Estas tareas y la enseñanza de la Sagrada Escritura a los religiosos de su Orden, juntamente con su conocimiento profundo del hebreo y suficiente del arameo y el caldeo, le permiten mostrarse como espléndido exegeta en su Explanación del Génesis. Uniendo una sana filosofía con profundos conocimientos teológicos, trata de manera magistral todas las cuestiones referentes a Dios Creador, a sus atributos, a los ángeles, a la naturaleza y composición del hombre, a la institución matrimonial, etc., etc.
También se refleja en su obra literaria el admirable apostolado antiprotestante que desarrolló. Tuvo en Praga una disputa con el luterano Policarpo Leiser, teólogo escritor y predicador de la corte del príncipe elector de Sajonia. Reflejo de aquella disputa son los tres volúmenes de la Lutheranismi hypotyposis, manual práctico de apología de la fe católica y confutación de la interpretación protestante. El vigor de la dialéctica teológica está sostenido por la exactitud del estudioso, que se informa sobre la génesis histórica y doctrinal del protestantismo directamente en la literatura y en los símbolos protestantes, en una cuarentena de autores reformados, sin excluir los manuscritos y los libelos, además de las obras de Lutero. En esta empresa, defensiva y confirmativa al mismo tiempo, característica de una época en que la controversia adquirió tanta importancia, San Lorenzo emula, con acentuación polémica, la acción de San Pedro Canisio y simplifica, para el uso ministerial, el método escolástico de las Disputationes de San Roberto Belarmino.

La proclamación de San Lorenzo como Doctor de la Iglesia universal contribuirá al conocimiento de su biografía y, consiguientemente, de su influencia en la historia del pensamiento y en la misma marcha política de Europa. Porque aún ocultan muchísimos documentos interesantes los archivos europeos, que podrán dar luz sobre aspectos desconocidos de su increíble actividad.
En medio de tareas tan extraordinarias, acogido en todas partes como un santo, habiendo obtenido ciertos éxitos extraordinarios en su acción diplomática, se mantuvo siempre, aunque rodeado de ovaciones, sencillo y afable, revestido de una humildad típicamente franciscana. Rechazaba los honores con la mayor naturalidad. Permaneció siempre fiel a su costumbre de dormir sobre tablas, de levantarse durante la noche para salmodiar, de ayunar con frecuencia a pan y verdura, de disciplinarse cruelmente y, sobre todo, de meditar con asiduidad los sufrimientos de Cristo.

Se encontraba en Lisboa, tratando con Felipe III la causa de los napolitanos vejados y oprimidos por el virrey, cuando le llegó la muerte. Era el 22 de julio de 1619. Su cuerpo fue llevado al convento de monjas franciscanas de Villafranca del Bierzo, en Galicia. Fue beatificado por Pío VI en 1783 y canonizado por León XIII en 1881. Según hemos dicho, Su Santidad el Papa Juan XXIII, el 19 de marzo de 1959, le otorga el título de Doctor de la Iglesia por el breve Celsitudo ex humilitate. "Con esta proclamación la Iglesia adscribe oficialmente al senado luminoso de sus maestros, que unen la santidad con una ciencia sagrada auténtica y excelente, su trigésimo miembro."

LAMBERTO DE ECHEVERRÍA
FONTE:http://cruzamante-santoral.blogspot.com/

MISSA TRIDENTINA NO MUNDO

FORMA EXTRAORDINARIA EN ROMA.
Santa Misa gregoriana cantada, ofrecida por los Hijos del

Santísimo Redentor, en la iglesia de Santa María in Transpontina, Roma, Italia, el pasado 20 de junio.

Chiesa Santa Maria in Transpontina, Roma.
Transalpine Redemptorists


FORMA EXTRAORDINARIA
EN ABERGAVENNY.

Fray Thomas Regan, de la Abadía de Belmont y Párroco de Nuestra Señora y San Miguel en Abergavenny, Reino Unido, celebró el 30º aniversario de su ordenación sacerdotal con una Misa tradicional en su parroquia. Utilizó una casulla medieval, donada por Enrique VII y bordada en 1498; y que utilizaron hace siglos dos mártires, San David Levis y San Felipe Evans.

Our Lady and Saint Michael Paris, Abergavenny, UK.
The hermeneutic of continuity

EL ARZOBISPO DE LIMA DESIGNA
TEMPLO PARA LA MISA TRADICIONAL.

Su Eminencia el Cardenal Cipriani, Arzobispo de Lima

(a quien vemos en fotografía de archivo), ha designado la preciosa iglesia franciscana de La Soledad, joya del arte virreinal, como templo para la celebración de la Santa Misa conforme al motu proprio Summorum Pontificum. Las celebraciones fueron solicitadas por la Asociación San Pío V, y ya están siendo celebradas por el padre José Luis Mejía Power, O.P.

Agradecemos a don Rodolfo Vargas la información.

FORMA EXTRAORDINARIA
EN WASHINGTON.

Santa Misa gregoriana en la cripta de la Basílica de la

Inmaculada Concepcion en Washington, DC, EE.UU. Conclusión de la Peregrinación anual de la Fraternidad Sacerdotal de San Pedro.

Shrine of the Inmaculate Conception, Washington DC, USA.
Dignare Me Laudarte Te

FORMA EXTRAORDINARIA EN SIDNEY.
Santa Misa gregoriana en la iglesia de San Benito,

en Sidney, Australia. La primera iglesia católica que fue consagrada en Australia.

Saint Benedict church, Sidney, Australia.
New Liturgical Movement

FONTE:UNA VOCE MÁLAGA




segunda-feira, 20 de julho de 2009


Grupo de 8 seminaristas americanos vestidos de batina e roquete que participaram na Missa Dominical no Santuário de Fátima servindo como acólitos .

Sacerdos alter Christus: il carattere sacerdotale di Dom Columba Marmion





BEATO DOM COLUMBA MARMION
Anno Sacerdotale


Quod est Christus, erimus, christiani: «Quello che è Cristo, lo diventiamo anche noi, o cristiani», affermava un Padre della Chiesa1, per ricordare ai fedeli la loro eminente dignità.
In verità, tutta l’azione dei sacramenti, a partire dal battesimo, ci assimila al Salvatore: «Voi tutti [...] battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo» (Gal 3,27). Per tutti indistintamente «rivestire Cristo» significa diventare simili a lui nella sua qualità di Figlio di Dio, ma per noi, Ministri del Signore, significa inoltre essere rivestiti del suo sacerdozio. L’assimilazione a Cristo, effetto dei Sacramenti, è piena di mistero. La grazia santificante e il carattere che distinguono il battesimo, la cresima e l’ordine sacro concorrono a perfezionare nell’anima del sacerdote la somiglianza soprannaturale.
La grazia di adozione, lo sapete, è un «germe di vita», dotato di attività, regolato da una legge di sviluppo progressivo e ordinato, da tutte le sue energie, a rendere l’uomo partecipe della beatitudine divina. Questa grazia ci rende psicologicamente capaci di conoscere, amare e possedere Dio come lui stesso si conosce e si ama; e così penetriamo nell’intimità della Vita divina.
Anche i tre caratteri sacramentali contribuiscono a produrre nell’anima, sebbene in tutt’altra maniera, una rassomiglianza con Gesù; ma rimane senza accrescimento vitale, senza capacità di mutamento, perché indelebile e impressa una volta per sempre.
Difatti che cos’è il «carattere»? È una sacra impronta, un sigillo spirituale stampato nell’anima per consacrare l’uomo a Cristo, come discepolo, soldato o ministro. Ci contrassegna col marchio del Redentore, e in tal modo ci rende già, in certo senso simili a lui.
Con la sua stessa presenza il carattere vuole, richiede, esige nell’anima, in maniera stabile, la grazia santificante; perché non ci potrebbe essere contrasto più stridente per un discepolo, un soldato, e soprattutto per un ministro associato al divino Maestro per offrire il sacrificio e dispensare i sacramenti di questo essere privo dell’amicizia di Colui del quale porta, nel fondo dell’anima, il sigillo indelebile.
Consacrazione, segno incancellabile, esigenze della grazia: queste parole non esauriscono tutto il concetto di carattere come l’intende la Chiesa; bisogna vedervi anche una «potestà spirituale», spiritualis potestas.
Il carattere battesimale conferisce al cristiano, oltre la capacità di ricevere gli altri Sacramenti, il potere reale, per quanto solo iniziale, di partecipare al sacerdozio di Cristo. Difatti, egli può unirsi al celebrante nella messa ed offrire insieme il corpo e il sangue di Cristo, e può aggiungere all’immolazione del Salvatore il «sacrificio» spirituale delle sue azioni e delle sue sofferenze2.
Certamente egli non può operare col sacerdote l’immolazione sacramentale, perché il carattere del battesimo non include tale potere; ma per quanto sia limitato il sacerdozio dei fedeli, costituisce sempre un’altissima dignità. Non per nulla san Pietro dava all’assemblea dei cristiani lo splendido titolo di «sacerdozio regale», regale sacerdotium (1Pt 2,9).

Il carattere e la grazia propria della cresima rendono anche più forte la rassomiglianza e più intima l’unione del battezzato col Salvatore, perché contrassegna il discepolo per farne un cristiano che proclama la sua fede, le rende testimonianza, la difende, la propaga e lotta per essa da soldato di Cristo, forte dei suoi doni e delle virtù dello Spirito Santo.
Nel suo grado più eccelso, l’assimilazione a Gesù si compie nel sacramento dell’ordine. Con l’imposizione delle mani da parte del vescovo, l’ordinando riceve lo Spirito Santo, il quale gli comunica un potere prodigioso sul corpo reale e sul corpo mistico del Signore. I sacerdoti della terra diventano così collaboratori del Pontefice eterno e mediatori tra gli uomini e la divinità.
L’effetto immediato del Sacramento è il carattere. Come l’unione ipostatica è la causa della pienezza di grazia in Gesù, così nel sacerdote il carattere è la fonte di tutti i carismi che l’innalzano sopra i semplici fedeli.
Il potere che vi è stato conferito è d’ordine soprannaturale e vi rende capaci, come ministri di Cristo, di offrire il sacrificio eucaristico e di rimettere i peccati. Ma il carattere è altresì un focolare dal quale scaturisce una grazia sovrabbondante, forza e luce di tutta la vostra vita. Di più, segna l’anima vostra con un’impronta incancellabile che durerà in eterno, principio di immensa gloria in cielo o di vergogna senza nome nell’inferno.
Voi capite, quindi, quanto sia intima l’unione di Cristo col suo sacerdote. Tutta l’antichità cristiana ha considerato il sacerdote come una cosa sola con Gesù: «Egli è l’immagine vivente, il rappresentante legittimo del Pontefice supremo»: Sacerdos Christi figura expessaque forma3, e l’adagio tanto ripetuto: Sacerdos alter Christus, esprime perfettamente la fede della Chiesa.
Ricordate la scena della vostra ordinazione. In quel giorno memorando, un giovane levita, oppresso dalla propria debolezza e indegnità, s’è prostrato dinanzi al vescovo, rappresentante del Pontefice eterno, e ha curvato il capo all’imposizione delle mani del vescovo che lo consacra. In quell’istante lo Spirito Santo s’è librato su di lui, e il Padre celeste ha potuto contemplare con uno sguardo d’ineffabile compiacenza il novello sacerdote, immagine vivente del suo Figlio prediletto: Hic est Filius meus dilectus [...]. E mentre il vescovo teneva stese le sue mani e tutti i sacerdoti presenti imitavano quel gesto, si realizzavano di nuovo le parole rivolte dall’angelo a Maria: «Lo Spirito Santo verrà sopra di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra» (Lc 1,35). In quell’ora misteriosa lo Spirito Santo ha veramente adombrato l’eletto del Signore, operando tra Cristo e lui un’eterna rassomiglianza, e quando s’è rialzato, quel giovane era completamente trasfigurato: «Tu sei sacerdote in eterno, secondo l’ordine di Melchisedek» (Sal 109,4).
Voi avete ricevuto allora un sigillo divino che ha contrassegnato il vostro essere e che vi ha consacrato a Dio, anima e corpo, come un vaso sacro, sottratto ad ogni profanazione.

note

1 San Cipriano, De idolorum vanitate, XV, P.L. 4, col. 603.

2 Summa Theol. III, q. 83, a. 1, ad 2.

3 San Cirillo D’Alessandria,
De adoratione in Spiritu Sancto, P.G. 68, col. 882.

Pagina 8
FONTE:IL SETTIMANALE DI PADRE PIO

CARDEAL CAÑIZARES:«La fe es un acto libre que ninguna autoridad puede prohibir»

«EL ABORTO ES EL EXPONENTE MÁS GRAVE DE LA CRISIS», ADVIERTE CAÑIZARES

«La fe es un acto libre que ninguna autoridad puede prohibir»

El cardenal Antonio Cañizares ha señalado hoy en Aranjuez que «la fe es un acto libre que ninguna autoridad puede prohibir». El prelado también señaló que vivimos una crisis moral en la que el hecho del aborto es su exponente «más grave» y recordó los 47 millones de seres humanos abortados al año en el mundo.


(Nicolás de Cárdenas/ReL) El cardenal Antonio Cañizares, prefecto de la Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos, ha asegurado esta mañana en Aranjuez, durante su intervención en el curso de verano «Economía y persona en tiempos de crisis» que organiza la Fundación de la Universidad Rey Juan Carlos, que «la fe es un acto libre que ninguna autoridad puede prohibir».

Unos minutos antes de pronunciar la conferencia inaugural, titulada «Economía y persona», el cardenal Cañlizares se refirió a algunas cuestiones de actualidad, para señalar que «la legislación debe estar para proteger a los más débiles» en referencia a la nueva legislación sobre aborto que prepara el Gobierno. Másallá, señaló que el anteproyecto de ley es grave, pero más aún que exista el aborto, que es «el exponente más grave dela crisis» que vivimos hoy y recordó la pena de excomunión para quienes lo practiquen.

Durante su intervención, el prelado hizo un recorido por el pensamiento de Benedicto XVI, centrado en especial en la encíclica «Caritas in veritate», que calificó de «magnífica y extraordinaria». «Lo que está en juego en estos momentos -señaló en relación a la crisis mundial- es lo que siempre ha estado en juego, que es la cuestión de Dios», lo que deriva en que el desarrollo de la humanidad es una «cuestión atropológica» en la que el «anuncio de Cristo» es el primer factor.

Preguntado por la cuestión del bien común y su diferencia con el llamado interés general, el cardenal Cañizares señaló que el primero «es inseparable de la fraternidad, la solidaridad y la subsidiariedad» y que no se puede construir «eliminando vidas, imponiendo un laicismo radical o sólo con soluciones técnicas»
FONTE:RELIGION EN LIBERTAD