segunda-feira, 29 de agosto de 2011

Cardinal Bartolucci, Direttore a vita della Sistina: la riforma liturgica è il prodotto di gente molto arida e ignorante in teologia



Il blog di approfondimento dottrinale (e ora anche liturgico, giacché tout se tient) Disputationes theologicae, ha meritoriamente realizzato un'interessantissima intervista al Maestro mons. Domenico Bartolucci, classe 1917, nominato da Papa Pio XII Direttore ad vitam (come vuole la tradizione) della Cappella Sistina. Nonostante la nomina vitalizia, egli fu evitto, cacciato e dichiarato decaduto per effetto dei maneggi del famigerato Piero Marini, non rimpianto ex cerimoniere pontificio, e del card. Noè, lui pure alfiere dello sfacelo liturgico e quindi chiaramente allergico allo splendore del gregoriano e specie della polifonia, da secoli incarnato dalla Cappella Sistina. Come noto, il posto di Bartolucci venne affidato a mons. Liberto, notato durante un viaggio in Sicilia da Giovanni Paolo II (grande pontefice, ma con scarsa sensibilità liturgica e artistica), perché abile corifeo di canzonette e ole nelle messe da stadio. Sicché ora la Cappella Sistina di mons. Liberto raggiunge esiti artistici di "desolante mediocrità" (parola di Sandro Magister): vedi in questo post.
Ecco quindi un ampio estratto dell'intervista: per leggerne l'integralità (come consigliamo caldamente) questo è il
link.

- Maestro la recente pubblicazione del Motu proprio “Summorum Pontificum” ha portato una ventata d’aria fresca nel desolante panorama liturgico che ci attornia; anche lei dunque può ora celebrare la “messa di sempre”.Ma, a dire il vero, io l’ho sempre celebrata ininterrottamente, a partire dalla mia ordinazione… Avrei invece difficoltà, non avendola mai detta, a celebrare la Messa del rito moderno.

- Mai abolita dunque?Sono le parole del Santo Padre anche se qualcuno fa finta di non capire e anche se molti hanno in passato sostenuto il contrario.

- Maestro bisognerà pur concedere ai denigratori della Messa antica che quest’ultima non è “partecipata”.Suvvia non diciamo corbellerie, la partecipazione dei tempi antichi io l’ho conosciuta, tanto a Roma, in Basilica, quanto nel mondo, quanto quaggiù nel Mugello in questa parrocchia di questa bella campagna, un tempo popolata da gente piena di fede e di pietà. La Domenica a vespro il prete avrebbe potuto limitarsi ad intonare il “Deus in adiutorium meum intende” e poi mettersi a dormire sullo scranno, per non risvegliarsi che al “capitolo”, i contadini avrebbero continuato da soli ed i capifamiglia avrebbero pensato ad intonare le antifone!

- Una velata polemica, Maestro, nei confronti dell’attuale stile liturgico?Io non so ahimè se siete mai stati a un funerale: “alleluia”, battimano, frasi ridanciane, ci si chiede se questa gente abbia mai letto il Vangelo; Nostro Signore stesso piange su Lazzaro e sulla morte. Qui con questo sentimentalismo melenso, non si rispetta nemmeno il dolore di una madre. Io vi avrei mostrato come una volta il popolo assisteva a una Messa da morto, con quale compunzione e devozione si intonava quel magnifico e tremendo “Dies Irae”.

- La riforma non è stata fatta da gente consapevole e dottrinalmente formata?Scusate, ma la riforma è stata fatta da gente arida, arida, ve lo ripeto. E io li ho conosciuti. Quanto alla dottrina, il Cardinal Ferdinando Antonelli, di venerata memoria, mi ricordo che diceva spesso: “che cosa ce ne facciamo di liturgisti che non conoscono la teologia?”
[..]
- Ritornando alla crisi della Chiesa e alla chiusura di molti seminari, Lei, Monsignore, è fautore di un ritorno alla continuità della Tradizione?Guardate, difendere il rito antico non è essere passatisti, ma essere “di sempre”, vedete, si sbaglia quando la messa tradizionale la si chiama “Messa di San Pio V” o “Tridentina”, come se fosse la Messa di un’epoca particolare: è la nostra messa, la romana, è universale nel tempo e nei luoghi, un’unica lingua dall’Oceania all’Artico. Per quel che riguarda la continuità nei tempi vorrei raccontarvi un episodio. Una volta eravamo riuniti in compagnia di un Vescovo di cui non ricorderò il nome, in una piccola chiesa del Mugello, giunse la notizia improvvisa della morte di un nostro confratello, proponemmo di celebrare subito una Messa, ma ci si rese conto che c’erano solo messali antichi. Il Vescovo si rifiutò categoricamente di celebrare. Non lo scorderò mai e ribadisco che la continuità della liturgia implica che, salvo minuzie, si possa celebrare oggi con quel vecchio messale polveroso preso da uno scaffale e che quattro secoli or sono servì ad un mio predecessore nel sacerdozio.

- Monsignore si parla di una “riforma della riforma”, che dovrebbe limare le storture che vengono dagli anni Sessanta.La questione è assai complessa. Che il nuovo rito abbia delle deficienze è ormai un’evidenza per tutti e il Papa ha detto e scritto più volte, che esso dovrebbe “guardare all’antico”; tuttavia Dio ci guardi dalla tentazione dei pasticci ibridi; la liturgia con la “elle” maiuscola è quella che ci viene dai secoli, essa è il riferimento, non la si imbastardisca con compromessi “a Dio spiacenti e a l’inimici sui”.

- Cosa intende dire Maestro?Prendiamo per esempio le innovazioni degli anni Settanta. Alcune canzonette beat e brutte e tanto in voga nelle chiese nel sessantotto, oggi sono già dei pezzi d’archeologia; quando si rinuncia alla perennità della tradizione per immergersi nel tempo si è condannati al volgere delle mode. Mi viene in mente la Riforma della Settimana Santa degli anni cinquanta, fatta con una certa fretta sotto un Pio XII ormai affaticato e stanco. Ebbene solo alcuni anni dopo, sotto il pontificato di Giovanni XXIII, il quale checché se ne dica, in liturgia era di un tradizionalismo convinto e commovente, mi arrivò la telefonata di Mons. Dante, cerimoniere del Papa, che mi diceva di preparare il “Vexilla Regis” per l’imminente celebrazione del Venerdì Santo. Interdetto risposi: “ma l’avete abolito”. Mi fu risposto: “il Papa lo vuole”. In poche ore organizzai le ripetizioni di canto e, con gran gioia, cantammo di nuovo, quel che la Chiesa aveva cantato per secoli in quel giorno. Tutto questo per dire che quando si creano degli strappi nel tessuto liturgico quei vuoti restano difficili da riempire e si vedono! Di fronte alla nostra liturgia plurisecolare dobbiamo contemplarla con venerazione e ricordare che, nella smania di “migliorarla”, rischiamo di fare solo danni.

- Maestro, che ruolo ebbe la musica in questo processo?Ebbe un ruolo incredibile per più ragioni. Il lezioso cecilianesimo, al quale certo Perosi non fu estraneo, aveva introdotto con le sue arie orecchiabili un sentimentalismo romantico nuovo, nulla a che vedere ad esempio con quella corposità eloquente e solida di Palestrina. Certe deteriori stravaganze di Solesmes avevano coltivato un gregoriano sussurrato, frutto anch’esso di quella pseudorestaurazione medievaleggiante che tanta fortuna ebbe nell’Ottocento.
Passava l’idea dell’opportunità di un recupero archeologico, tanto in musica che in liturgia, di un passato lontano dal quale ci separavano i cosiddetti “secoli bui” del Concilio di Trento…..Archeologismo insomma, che non ha nulla a che vedere, dico, che non ha nulla a che vedere con la Tradizione e che vuol restaurare ciò che non è forse mai esistito. Un po’ come certe chiese restaurate in stile “pseudoromanico” da Viollet-le-Duc.
Quindi fra un archeologismo che si vuol ricongiungere al passato apostolico, prescindendo dai secoli che da esso ci separano, e tra un romanticismo sentimentale che disprezza la teologia e la dottrina, in un’esaltazione dello “stato d’animo”, si preparò il terreno a quell’attitudine di sufficienza nei confronti di ciò che la Chiesa e i nostri Padri ci avevano trasmesso.

- Cosa vuol dire Monsignore, quando in ambito musicale attacca Solesmes?Voglio dire che il canto gregoriano è modale, non tonale, è libero, non ritmato, non è “uno, due, tre, uno, due, tre”; non si doveva disprezzare il modo di cantare delle nostre cattedrali per sostituirvi un sussurramento pseudomonastico e affettato. Non si interpreta un canto del Medioevo con teorie d’oggi, ma lo si prende come è giunto fino a noi; inoltre il gregoriano di una volta sapeva essere anche canto di popolo, cantato con forza come con forza il nostro popolo esprimeva la sua fede. Questo Solesmes non lo capì, ma tutto ciò sia detto riconoscendo il grande e sapiente lavoro filologico che fece riguardo allo studio dei manoscritti antichi.
fonte:messainlatino.it

cardenal español Antonio Cañizares Llovera, Prefecto de la Congregación para el Culto Divino : La REFORMA de la Reforma



Fuente: Papa Ratzinger Blog
Traducción: La Buhardilla de Jerónimo
*
http://www.elpais.com/recorte/20090215elpdmgrep_1/LCO340/Ies/Benedicto_XVI_abraza_Antonio_Canizares.jpg
*cardenal cañizares04

El documento ha sido entregado en las manos de Benedicto XVI la mañana del pasado 4 de abril por el cardenal español Antonio Cañizares Llovera, Prefecto de la Congregación para el Culto Divino.
Es el resultado de una votación reservada, ocurrida el 12 de marzo, en el curso de la reunión “plenaria” del dicasterio que se ocupa de liturgia y representa el primer paso concreto hacia aquella “reforma de la reforma” tantas veces deseada por el Papa Ratzinger.
Casi por unanimidad, los cardenales y obispos miembros de la Congregación han votado a favor de una mayor sacralidad del rito, de una recuperación del sentido de la adoración eucarística, de una recuperación de la lengua latina en la celebración y de la reelaboración de las partes introductorias del misal para poner freno a los abusos, experimentaciones salvajes y creatividades inoportunas.
Se han mostrado favorables, también, a confirmar que el modo usual de recibir la Comunión según las normas no es sobre la mano sino en la boca. Existe, es cierto, un indulto que permite, a pedido de los episcopados, distribuir la hostia también sobre la palma de la mano pero esto debería quedar como un hecho extraordinario.
El “ministro de la liturgia” del Papa Ratzinger, Cañizares, está haciendo estudiar también la posibilidad de recuperar la orientación hacia Oriente del celebrante, al menos en el momento de la consagración eucarística, como ocurría en la praxis anterior a la reforma, cuando tantos los fieles como el sacerdote miraban hacia la Cruz y el sacerdote, por lo tanto, daba la espalda a la asamblea.
Quien conoce al cardenal Cañizares, apodado “el pequeño Ratzinger” antes de su traslado a Roma, sabe que tiene la intención de llevar adelante con decisión el proyecto, partiendo precisamente de lo que ha establecido el Concilio Vaticano II en la constitución litúrgica Sacrosanctum Concilium, que en realidad ha sido sobrepasada por la reforma post-conciliar que entró en vigor a finales de los años sesenta.

El purpurado, entrevistado en los meses pasados por la revista 30giorni, había dicho al respecto: A veces se ha cambiado por el simple gusto de cambiar respecto a un pasado percibido como todo negativo y superado. A veces se ha concebido la reforma como una ruptura y no como un desarrollo orgánico de la Tradición”.
Por esta razón, las “propositiones” votadas por los Cardenales y Obispos en la Plenaria de marzo prevén un retorno al sentido de lo sagrado y la adoración, pero también una recuperación de las celebraciones en latín en las diócesis, al menos en las solemnidades principales, y la publicación de misales bilingües – un pedido hecho en su momento por Pablo VI – con el texto en latín en primer lugar.
Las propuestas de la Congregación, entregadas por Cañizares al Papa y que el Papa aprobó, están perfectamente en línea con las ideas expresadas por Joseph Ratzinger cuando éste era aún Cardenal, como atestiguan algunos pasajes suyos inéditos sobre la liturgia anticipados ayer por Il Giornale, que serán publicados en el libro “Davanti al Protagonista” (Editorial Catagalli), presentado de antemano en un congreso en Rimini.
A todo esto, una aclaración importante: para lograr la “reforma de la reforma” se necesitarán muchos años. El Papa está convencido de que tanto los pasos precipitados como el hecho de simplemente lanzar directivas desde arriba no sirve para nada, y tiene además el riesgo de quedar como letra muerta.
El estilo de Ratzinger es el del debate y, sobre todo, del ejemplo. Como es el hecho de que, por más de un año, quienes se acercan al Papa para recibir la Comunión se ponen de rodillas en el reclinatorio especialmente ubicado por los ceremonieros.

El secretario de la Pontificia Academia de Teología considera necesario que el Papa aclare los puntos oscuros del Vaticano II

 

  El secretario de la Pontificia Academia de Teología y director de la revista de Teología Divinitas, monseñor Brunero Gherardini (en la foto), ha pedido recientemente al Santo Padre Benedicto XVI que clarifique definitivamente los aspectos oscuros del Sínodo Vaticano II. La tesis la desarrolla en su último libro Concilio Vaticano II: Una discusión abierta, prologado por el arzobispo Malcom Ranjith, antiguo secretario de la Congregación para el Culto Divino.

En él afirma que el Santo Padre debería hacer uso del ejercicio vigilante y responsable de su ministerio como Sucesor de Pedro. Gherardini afirma que el espíritu sobrenatural está presente en el Concilio Vaticano II, gracias a su profesión de Fe de las grandes verdades teológicas; no obstante aboga por una clarificación definitiva de todos los contenidos del Concilio. La voz del que es uno de los canónigos de la Basílica del Vaticano en Roma, se une a otras de reconocido prestigio que pululan por el orbe católico y que se están levantado cada vez con más fuerza en este sentido.

De hecho, monseñor Gherardini propone una acción papal que iría en la línea del omnia reparare (repararlo todo) y que podría ser realizada "por medio de un gran documento magisterial que sería recordado por la Historia como un signo y un testimonio del ejercicio vigilante y responsable de su ministerio como sucesor de Pedro".
Y se despacha a gusto en relación al Sínodo ecuménico: "Si alguien me preguntase si el modernismo finalmente entró en la misma estructura de los documentos del Concilio, al punto de que los mismos padres estuvieran infectados por él, mi respuesta sería sí y no. No, porque el espíritu sobrenatural no está ausente del Concilio, gracias a su abierta profesión de fe en la Trinidad, en la Encarnación, en la redención universal del Logos, junto con la profunda convicción del llamado universal a la santidad, la aceptación y la fe en el efecto santificador de los sacramentos, su consideración particularmente elevada del culto litúrgico y eucarístico, el rol santificador de la Iglesia y una devoción teológicamente nutrida a María. Pero mi respuesta es también sí, porque pueden encontrarse ideas modernistas en varios documentos del Concilio, notablemente en Gaudium et Spes, y porque un grupo de pocos pero prominentes padres conciliares eran abiertamente favorables a los antiguos y a los nuevos modernistas. Ellos deseaban tener una Iglesia en peregrinación hacia la Verdad, como cualquier otro peregrino, un amigo y un aliado de todo investigador, aprobando incluso en el área de los estudios sacros, la misma metodología crítica aplicable a las demás ciencias. En breve, su Iglesia era un tipo de laboratorio de investigación, en lugar de ser una dispensadora de Verdades de lo alto".
fonte:sector católico

ENTREVISTA DO CARDEAL MONS. ALBERT MALCOLM RANJITH, ARCEBISPO SECRETÁRIO EMÉRITO DA CONGREGAÇÃO PARA O CULTO DIVINO E A DISCIPLINA DOS SACRAMENTOS SOBRE O MOTU PROPRIO DE SUA SANTIDADE O PAPA BENTO XVI.


 

 







O Motu Proprio Summorum Pontificum é "também um sinal para toda a Igreja sobre alguns princípios teológico-disciplinares a salvaguardar tendo em vista uma sua profunda renovação, tão desejada pelo Concílio”.

Cidade do Vaticano (Agência Fides) – No dia 14 de Setembro entrou em vigor o Motu Proprio Summorum Pontificum promulgado pelo Papa Bento XVI, em 7 de Julho de 2007 e dedicado ao rito de São Pio V revisto, em 1962, pelo Papa João XXIII. Com o Motu Proprio (iniciativa promovida por quem tem poder para isso) volta a possibilidade de celebrar com o Missal Tridentino sem necessariamente ter que pedir permissão ao Bispo.

Com o Concílio Vaticano II e em particular com a reforma litúrgica de 1970, promovida pelo Papa Paulo VI, o antigo Missal fora substituído pelo novo e, ainda que não tivesse sido jamais abolido, os fiéis para utilizá-lo tinham que pedir a expressa permissão do Bispo. Uma permissão exigida por um outro Motu Proprio: o Ecclesia Dei afflicta firmado pelo Papa João Paulo II, em 2 de Julho de 1988.

Hoje, com o novo Motu Proprio, essa permissão não é mais necessária e qualquer "grupo estável" de fiéis pode livremente pedir ao próprio pároco a possibilidade de celebrar seguindo o antigo Missal. A Agência Fides, nesse sentido, dirigiu algumas perguntas a Sua Excia. Monsenhor Albert Malcolm Ranjith, Arcebispo Secretário da Congregação para o Culto Divino e a Disciplina dos Sacramentos.



1. Excelência Reverendíssima, qual é, a seu ver o significado profundo do Motu Proprio Summorum Pontificum?

“Vejo nessa decisão não só a solicitude do Santo Padre em abrir caminho para a reentrada à plena comunhão da Igreja para os seguidores de Monsenhor Lefebvre, mas também um sinal para toda a Igreja sobre alguns princípios teológico-disciplinares a salvaguardar tendo em vista uma sua profunda renovação, tão desejada pelo Concílio.


Parece-me que há nisso um forte desejo do Papa para corrigir aquelas tentações, patentes em alguns ambientes, que vêem o Concílio como um momento de ruptura com o passado, e como um novo início. Basta recordar seu discurso à Cúria Romana, em 22 de Dezembro de 2005. De outro lado, nem o Concílio pensou, nesses termos. Seja em suas escolhas doutrinárias, seja nas litúrgicas, como também nas jurídicas-pastorais, o Concílio foi um outro momento de aprofundamento e de actualização da rica herança teológica-espiritual da Igreja na sua história bimilenar. Com o Motu Proprio, o Papa quis afirmar claramente que toda tentação de desprezo dessas veneráveis tradições está fora de lugar. A Mensagem é clara: progresso, sim, mas não às custas, ou sem a história. Também a reforma litúrgica deve ser fiel a tudo aquilo que aconteceu desde o início até hoje, sem exclusões.

Por outro lado, não devemos jamais esquecer que, para a Igreja Católica, a Revelação Divina não é algo proveniente apenas da Sagrada Escritura, mas também da Tradição viva da Igreja. Tal fé nos distingue nitidamente das outras manifestações da fé cristã. A verdade para nós é aquilo que emerge, por assim dizer, destes dois pólos, isto é, a Sagrada Escritura e a Tradição. Esta posição, para mim, é muito mais rica do que outras visões, porque respeita a liberdade do Senhor a guiar-nos em direção a uma compreensão mais adequada da verdade revelada também através daquilo que acontecerá no futuro.

Naturalmente, o processo de discernimento daquilo que emerge será atualizado através do Magistério da Igreja. Mas aquilo que devemos recolher é a importância atribuída à Tradição. A Constituição Dogmática Dei Verbum afirmou essa verdade claramente (DV 10).

Ademais, a Igreja é uma realidade que supera os níveis de uma pura invenção humana. Ela é o Corpo místico de Cristo, a Jerusalém celeste e a estirpe eleita de Deus. Ela, por isso, supera as fronteiras terrestres assim como toda limitação de tempo e é uma realidade que transcende de muito a sua manifestação terrestre e hierárquica. Por isso, nela, aquilo que é recebido, deverá ser transmitido fielmente. Nós não somos nem inventores da verdade, nem os seus donos, mas apenas aqueles que a recebem, e que têm o dever de protegê-la e transmiti-la aos outros. Como dizia São Paulo falando da Eucaristia: “Eu de fato recebi do Senhor aquilo que, por minha vez, vos transmiti” (1Cor 11, 23).



O respeito da Tradição não é, portanto, uma livre escolha nossa na busca da verdade, mas a sua base que deve ser aceita. Na Igreja, a fidelidade à Tradição, por isso, é uma atitude essencial da própria Igreja. O Motu Proprio, a meu ver, deve ser entendido também nesse sentido. Ele é um possível estímulo para uma necessária correção de rumo. De fato, em algumas escolhas da reforma litúrgica feita depois do Concílio, foram adoptadas orientações que ofuscaram alguns aspetos da Liturgia, melhor reflectida da prática precedente, porque, a renovação litúrgica foi entendida por alguns como algo a ser feito totalmente “ex novo” (do novo). Sabemos bem, porém, que tal não foi a intenção da Sacrosanctum Concilium, que destaca que “as novas formas, de qualquer modo, desabrocharão organicamente daquelas já existentes” (SC 23).



2. Uma característica do Pontificado de Bento XVI parece ser a insistência em torno de uma correta hermenêutica do Concílio Vaticano II. Segundo o Senhor, o Motu Proprio "Summorum Pontificum" vai nessa direcção? Se sim, em que sentido?

"Já quando era Cardeal, em seus escritos, o Papa havia rejeitado um certo espírito de exuberância visível em alguns círculos teológicos motivados por um assim chamado "espírito do Concílio" que para ele foi, na realidade, um verdadeiro "anti espírito" ou um "Konzils-Ungeist" (Relação sobre a Fé, São Paulo, 2005, capítulo 2). Cito textualmente tal obra na qual o Papa sublinha: "É preciso opor-se decisivamente a esse esquematismo de um antes e um depois na história da Igreja, totalmente injustificado pelos próprios documentos do Vaticano II, que não fazem senão reafirmar a continuidade do catolicismo" (ibid p. 33).

Ora, um tal erro de interpretação do Concílio e do caminho histórico-teológico da Igreja influiu sobre todos os setores eclesiásticos, inclusive na Liturgia. Uma certa atitude, de fácil rejeição dos desenvolvimentos eclesiológicos e teológicos, como também dos comportamentos litúrgicos do último milénio, de um lado, e uma ingénua idolização do que teria sido a “mens” da Igreja assim chamada dos primeiros cristãos, de outro lado, teve um influxo de não pouca importância sobre a reforma litúrgico-teológica da era pós conciliar.

A rejeição categórica da Missa pré-conciliar, como o resto de uma época já “superada”, foi o resultado dessa mentalidade. Tantos viram as coisas desse modo, mas, por graça de Deus, não por todos. A própria Sacrosanctum Concilium, a Constituição Conciliar sobre a Liturgia, não oferece nenhuma justificação para tal atitude. Seja em seus princípios gerais, seja em suas normas propostas, o Documento é sóbrio e fiel àquilo que significa a vida litúrgica da Igreja. Basta ler o número 23 do dito documento para sermos convencidos de tal espírito de sobriedade.

Algumas dessas reformas abandonaram importantes elementos da Liturgia com as relativas considerações teológicas: agora é necessário e importante recuperar esses elementos. O Papa, considera que o rito de São Pio V, revisto pelo Beato João XXIII, é um caminho para a recuperação daqueles elementos ofuscados pela reforma, o Papa deve certamente ter reflectido muito sobre sua escolha; sabemos que ele consultou diversos sectores da Igreja sobre tal questão e, não obstante algumas posições contrárias, o Papa decidiu permitir a livre celebração daquele Rito.

Tal decisão não é tanto, como dizem alguns, um retorno ao passado, quanto a necessidade de tornar a equilibrar de modo íntegro os aspetos eternos, transcendentes e celestiais com os terrestres e comunitários da Liturgia. Essa decisão ajudará a estabelecer eventualmente um equilíbrio também entre o sentido do sagrado e do mistério, de um lado, e o dos gestos externos e dos comportamentos e empenhos sócio-culturais derivantes da Liturgia”.



3. Quando ainda era Cardeal, Joseph Ratzinger insistia muito sobre a necessidade de ler o Concílio Vaticano II a partir de seu primeiro documento, isto é, da Sacrosanctum Concilium. Por que, conforme o Senhor, os Padres Conciliares quiseram dedicar-se antes de tudo à Liturgia?

“Antes de tudo, por trás dessa escolha, estava seguramente a consciência da importância vital da Liturgia para a Igreja. A Liturgia, por assim dizer, é o olho do furacão, porque aquilo que se celebra, é aquilo que se crê e aquilo que se vive: o famoso axioma Lex orandi, lex credendi. Por isso, toda verdadeira reforma da Igreja passa através da Liturgia. Os Padres estavam cônscios de tal importância. Ademais, a reforma litúrgica era um processo já em ação antes mesmo do Concílio a partir sobretudo do Motu Proprio Tra le Sollecitudini de São Pio X e da Mediator Dei de Pio XII.

Foi São Pio X que atribuiu à Liturgia a expressão “primeira fonte” do autêntico espírito cristão. Talvez já, também, a existência das estruturas e da experiência de quem se empenhava para o estudo e a introdução de algumas reformas litúrgicas, estimulava os Padres Conciliares a escolher a Liturgia como matéria a considerar como a primeira nas sessões do Concílio.

O Papa Paulo VI reflectia a mente dos Padres Conciliares sobre a questão, quando disse: “nós aí vemos o obséquio da escala dos valores e deveres: Deus em primeiro lugar; a oração primeira obrigação nossa; a Liturgia primeira fonte da vida divina comunicada a nós, primeira escola da nossa vida espiritual, primeiro dom que podemos dar ao povo cristão…” (Paulo VI, Discurso de encerramento do 2° período do Concílio, 4 de Dezembro de 1963).

4. Muitos leram a publicação do Motu Proprio “Summorum Pontificum” como uma vontade do Pontífice para aproximar a Igreja dos cismáticos lefebvrianos. Segundo o senhor, foi isso mesmo? Vai também nesse sentido o Motu Proprio?

“Sim, mas não só assim. O Santo Padre explicando as motivações de sua decisão, seja no texto do Motu Proprio como na carta de apresentação escrita para os Bispos, elenca também outras razões importantes. Naturalmente, ele terá levado em conta o pedido sempre mais crescente, feito por diversos grupos e, sobretudo, pela Sociedade de São Pio X e a Fraternidade Sacerdotal de São Pedro, assim como também por Associações de Leigos, para a liberalização da Missa de São Pio V. Assegurar a integração total dos Lefebvrianos era importante também pelo fato de que muitas vezes, no passado, se cometeram erros de julgamento causando inúteis divisões na Igreja, divisões que agora se tornaram quase insuperáveis. O Papa fala desse possível perigo na carta de apresentação do Documento escrita aos Bispos.



5. Quais são, a seu ver as problemáticas mais urgentes para a justa celebração da Sagrada Liturgia? Quais as instâncias sobre as quais se deveria insistir mais?

Creio que nos crescentes pedidos para a liberalização da Missa de São Pio V, o Papa tenha visto sinais de um certo esvaziamento espiritual causado pelo modo com o qual os momentos litúrgicos, são até hoje celebrados na Igreja. Tal dificuldade nasce tanto de certas orientações da reforma litúrgica pós conciliar, que tendiam a reduzir, ou melhor ainda, a confundir aspectos essenciais da fé, quanto de comportamentos aventureiros e pouco fiéis à disciplina litúrgica da própria reforma; o que se constata por toda a parte.

Creio que uma das causas para o abandono de alguns elementos importantes, do rito tridentino na realização da reforma pós conciliar por parte de certos setores litúrgicos seja o resultado de um abandono ou de uma sub avaliação daquilo que teria acontecido no segundo milênio da história da Liturgia.

Alguns liturgistas viam os desenvolvimentos desse período de um modo antes negativo. Tal juízo é errôneo porque quando se fala da tradição viva da Igreja não se pode escolher aqui e acolá aquilo que concorda com nossas idéias pré concebidas.

A Tradição, considerada em um sentido geral também nos ambientes da ciência, filosofia, ou teologia, é sempre algo vivo que continua a se desenvolver e a progredir também nos momentos altos e baixos da história. Para a Igreja, a Tradição viva é uma das fontes da revelação divina e é fruto de um processo de evolução continua. Isso é verdade também na tradição litúrgica, com o “t” minúsculo.



Os desenvolvimentos da Liturgia no segundo milénio têm o seu valor. A Sacrosanctum Concilium não fala de um novo Rito, ou de um momento de ruptura, mas de uma reforma que surja organicamente daquilo que já existe. É por isso que o Papa diz: “na história da Liturgia há crescimento e progresso, mas não há nenhuma ruptura. Aquilo que para as gerações anteriores era sagrado, também para nós permanece sagrado e grande, e não pode ser improvisamente totalmente proibido ou, sem mais, considerado nocivo” (Carta aos Bispos, 7 de Julho de 2007). Idolatrar aquilo que aconteceu no primeiro Milénio, com prejuízo do que ocorreu em sucessivo, é, pois, uma atitude pouco científica. Os Padres Conciliares não mostraram um tal comportamento.

Uma segunda problemática seria aquela de uma crise de obediência para com o Santo Padre que se nota em alguns ambientes. Se tal atitude de autonomia é visível entre alguns eclesiásticos, como também nos níveis mais altos da Igreja, não favorece certamente à nobre missão que Cristo confiou a seu Vigário.

Ouve-se que, em algumas nações ou dioceses, foram promulgadas pelos Bispos regras que praticamente anulam ou deformam a intenção do Papa. Tal comportamento não é consoante com a dignidade e a nobreza da vocação de um pastor da Igreja. Não digo que todos sejam assim. A maioria dos Bispos e eclesiásticos aceitaram, com o devido sentido de reverência e de obediência, a vontade do Papa. Isso é verdadeiramente louvável. Entretanto, houve vozes de protesto por parte de alguns Bispos.

Ao mesmo tempo, não se pode ignorar que tal decisão foi necessária porque, como diz o Papa, a Santa Missa: “em muitos lugares se celebrava de modo fiel às prescrições do novo Missal, mas isso era, sem mais, entendido como uma autorização e até como uma obrigação para a criatividade, a qual leva frequentemente a deformações da liturgia até o limite do suportável”.

“Falo por experiência”, continua o Papa “porque vivi também eu aquele período com todas as suas expectativas e confusões e vi como pessoas que eram totalmente radicadas na Fé da Igreja, quão profundamente elas foram feridas pelas deformações arbitrárias da Liturgia,” (Carta aos Bispos). O resultado de tais abusos foi um crescente espírito de nostalgia para com a Missa de São Pio V.

Além disso, um sentido de desinteresse geral para ler e respeitar seja os documentos normativos da Santa Sede, como também as próprias Instruções e Premissas dos livros litúrgicos piorou ainda mais a situação. A Liturgia não parece ainda figurar suficientemente na lista das prioridades para os Cursos de Formação continua dos eclesiásticos.

Distingamos bem. A reforma pós conciliar não é de todo negativa; antes, há nela muitos aspectos positivos naquilo que foi realizado. Mas há também mudanças introduzidas abusivamente que continuam a ser levadas avante não obstante seus efeitos nocivos à fé e sobre a vida litúrgica da Igreja.

Falo aqui, por exemplo, de uma mudança efectuada na reforma, a qual não foi proposta nem pelos Padres Conciliares, nem pela Sacrosanctum Concilium, isto é, a comunhão recebida na mão. Isso contribuiu, de algum modo, para uma certa decadência da fé na Presença real de Cristo na Eucaristia.

Essa prática, e a abolição das balaustradas do presbitério, dos genuflexórios das igrejas e a introdução de práticas que obrigam os fiéis a ficar sentados ou de pé durante a elevação do Santíssimo Sacramento reduze, o genuíno significado da Eucaristia assim como o sentido da profunda adoração que a Igreja deve dirigir para o Senhor, o Unigênito Filho de Deus.

Além disso, a Igreja, casa de Deus, em alguns lugares é usada como sala para encontros fraternos, concertos ou celebrações inter-religiosas. Em algumas Igrejas , o Santíssimo Sacramento é quase escondido e abandonado em uma capelinha invisível e pouco decorada. Tudo isso obscurece a fé tão central da Igreja, na presença real de Cristo. Para nós católicos, a Igreja é essencialmente a casa do Eterno.

Outro sério erro é aquele de confundir os papéis específicos do clero e dos leigos com relação ao altar tornando o presbitério um lugar de perturbação, de excessivo movimento, e não certamente “o lugar” onde o cristão consegue colher o sentido de estupor e de esplendor ante a presença e a acção salvífica do Senhor.

O uso de danças, de instrumentos musicais e de cantos que têm bem pouco de litúrgico, não são de modo algum consoantes ao ambiente sagrado da Igreja e da Liturgia; acrescento também certas homilias de carácter político-social frequentemente pouco preparadas. Tudo isso desnatura a celebração da S. Missa e faz dela uma coreografia e uma manifestação de teatralidade, mas não de fé.

Há ainda outros aspectos pouco coerentes com a beleza e a maravilha daquilo que se celebra sobre o altar. Nem tudo vai mal com o Novus Ordo, mas muitas coisas ainda devem ser colocadas em ordem evitando ulteriores danos à vida da Igreja. Creio que nossa atitude com relação ao Papa, para com as suas decisões e a expressão de sua solicitude para o bem da Igreja deve ser somente aquela que São Paulo recomendou aos Coríntios - “mas tudo se faça para a edificação” (1Cor 14, 26). (P.L.R.) (Agência Fides 16/11/2007; 199

D. Gemma: laicismo é porta para o demônio entrar nas almas e nas sociedades ‒ O exorcismo e a ciência

Mons Andrea Gemma, bispo de Isernia-Venafro
Continuação do post anterior

A Igreja em crise não usa as suas armas

O bispo procurou inspiração nos textos do Vaticano II, e eis as suas conclusões:

“Ide e folheai todos os documentos do Concílio Vaticano II, [...] verificai se se fala, e quantas vezes, do demônio e das suas obras. Sabeis que naqueles dezesseis documentos, pensados e ponderados, não existe sequer a palavra inferno, nem a palavra ‘demônio’? Incrível, mas verdadeiro, basta ir verificar...” (p. 88).

Ele debruçou-se sobre os textos litúrgicos antigos e novos. E ficou estupefato:

“Sempre lamentei que na reforma da Missa se tenha tirado aquela oração a São Miguel [Exorcismo Breve], que Leão XIII, não sem inspiração do alto, quis que fosse recitada no fim de cada celebração. Muitas vezes o demônio, pela voz dos possessos, fez saber que gostou muitíssimo dessa abolição! [...] O que é que sugeriu e sugere evitar-se o mais possível, nos textos litúrgicos, a menção a Satanás, às suas nefastas intervenções, às conseqüências da sua ação destrutiva? Quem possa, que me responda. E com argumentos válidos, por favor. [...] Hoje a obra assassina do demônio é mais evidente do que nunca [...]. Então, não somente não era o caso de expurgar as fórmulas deprecatórias e imprecatórias, mas sim de multiplicá-las e reforçá-las. Porém, infelizmente não foi assim” (p. 27).

O ambiente laicizado hodierno: vitória do demônio

D. Andrea reparou que os históricos dos que padecem malefícios e o dos possessos eram muito parecidos. É imensa, diz ele, a quantidade de ocasiões que o contexto atual oferece às serpentes infernais para se apossarem das suas vítimas.

“A maior vitória do diabo consiste em convencer os homens de que ele não existe”. Esta verdade indiscutida levou o prelado à conclusão de que o ambiente moderno serve de luva ideal para as garras infernais.

Laicismo e materialismo abrem as portas da possessão
A todo momento, esse ambiente sugere que não há Deus nem demônio, nem Céu nem inferno. E os espíritos malignos atacam e invadem os corpos das suas vítimas de inúmeras formas.

Há cultos satânicos explícitos. Mas também implícitos, como certas técnicas de meditação e algumas terapias alternativas, superstições ou modas tipo Nova Era ou músicas tipo rock and roll.

Como é que a humanidade gerou esse ambiente enganosamente neutro e materialista, porém tão útil para os espíritos das trevas?

A Revolução gera ambiente propício à ação diabólica

D. Andrea dá uma elucidativa explicação histórica. Ela se aproxima muito da denúncia do processo revolucionário que o Prof. Plinio Corrêa de Oliveira formula na sua obra magistral Revolução e Contra-Revolução. Não descartamos que o culto bispo italiano tenha tirado dela alguma inspiração:

“A laicização da nossa sociedade é o fruto de um longo e complexo processo que durou cerca de cinco séculos, e que se desenvolveu em três etapas fundamentais, três revoluções no campo cultural e social, mas com lances também cruentos, que levaram à gradual transformação do mundo antigo, tradicional, para dar na sociedade atual, pós-moderna e secularizada”.

D. Andrea descreve essas sucessivas revoluções: primeiro a revolução protestante, que causou um grande desgarramento da sociedade cristã medieval; segundo o Iluminismo e a Revolução Francesa; terceiro a Revolução comunista marxista.

Por fim, acrescenta, uma quarta etapa ou Revolução: a do movimento estudantil dos anos 60, que contestou a família, generalizou o uso da droga, propugnou a libertação dos vínculos morais, e sobretudo revoltou-se contra toda autoridade. Esse processo gerou uma sociedade e uma cultura que tendencialmente seduzem os homens para a idéia de que Deus e a religião são coisas absurdas (pp. 113 ss).

Há os que se deixam levar por essa influência, ensina D. Andrea. Mas há também os que reagem de um modo exasperado e caem no exagero oposto: as novas e enganosas formas de religiosidade. Todas são fáceis presas de Lúcifer.

Armas para derrotar os demônios

D. Andrea exorta os fiéis a recorrerem às armas que vencem o demônio: a Fé, os Livros Sagrados, o jejum, os sacramentos. E, sobretudo, a oração por meio de Nossa Senhora, a “inimiga eterna de Satanás” (p. 16).

Dom Andrea no Vaticano
Entre as orações específicas, ele recomenda a renúncia formal a Satanás, como se faz na renovação das promessas do batismo, e o exorcismo breve:

“São Miguel Arcanjo, defendei-nos no combate; cobri-nos com vosso escudo contra os embustes e ciladas do demônio. Subjugue-o Deus, instantemente o pedimos, e vós, Príncipe da Milícia Celeste, pelo divino poder, precipitai no inferno a Satanás e aos outros espíritos malignos que andam pelo mundo para perder as almas. Amém” (p. 17).

E recomenda também não se deixar seduzir pelo ambiente revolucionário hodierno nem pelas falsas novidades nas formas de religiosidade — inclusive no âmbito católico —, que tanto e tão bem servem de ocasião para os malefícios e possessões por parte do pai da mentira.

Com essas cautelas e armas espirituais, o católico resistirá e sairá vitorioso, confiando sempre na promessa divina: “As portas do inferno não prevalecerão” (Mt 16,18).

(Fonte, Santiago Fernández, “Catolicismo”).
 
 


Santa Misa Pontifical, con la Forma Extraordinaria del Rito Romano, oficiada por Monseñor Czeslaw Kozon, Obispo de Copenhagen, en la Parroquia de Santa Gertrudis en Herzogenrath, Alemania.

 


Secretum meum mihi traduce un artículo dedicado al 14º Evento Litúrgico, en Colonia, Alemania, que pueden ver en el enlace. Y que incluyo la celebración de la Santa Misa Pontifical, con la Forma Extraordinaria del Rito Romano, oficiada por Monseñor Czeslaw Kozon, Obispo de Copenhagen, en la Parroquia de Santa Gertrudis en Herzogenrath, Alemania.

http://misatradicionalciudadreal.blogspot.com/2011/08/pontifical-en-colonia.html

Usus Antiquior in Casablanca


 

The following photos come from Una Voce Casablanca -- not, I should clarify, the 'Casablanca' of the famed Humphrey Bogart and Ingrid Bergman film, which is instead Casablanca, Morocco, but rather Casablanca, Chile.







http://www.newliturgicalmovement.org/2011/08/usus-antiquior-in-casablanca.html

Cardinal Stickler on the changes in the Mass and Vatican II . Statistical decline of the Catholic Church since Vatican II

Cardinal Stickler on the changes in the Mass and Vatican II
http://www.tldm.org/news7/Stickler.htm

Statistical decline of the Catholic Church since Vatican II
http://www.tldm.org/news6/statistics.htm

Pope Benedict XVI on Church after Vatican II: "incontrovertible that this period has definitely been unfavorable for the Church"
http://www.tldm.org/directives/d193.htm

 

Cardinal Oddi on the REAL Third Secret of Fatima: "The Blessed Virgin was alerting us against the apostasy in the Church"
http://www.tldm.org/news7/ThirdSecretCardinalOddi.htm

* Articles… * Dietrich von Hildebrand - Publishe... * The post-conciliar spirit, by Dietrich von Hildebr... * O CONCÍLIO VATICANO II SEGUNDO A OBRA IOTA UNUM DE... * Dietrich von Hildebrand: Debería rechazarse la com... * Cardeal Cañizares empuja la 'contrarreforma' de Be... * Artigo do cardeal Alfons Stickler * CARTA DO SANTO PADRE BENTO XVI AOS BISPOS QUE ACOM... * Pope Benedict XVI: Be transformed by God's grace * Il Papa all'Angelus: solo Dio può dare all'uomo la... * Papa la rugăciunea „Angelus”: numai Dumnezeu poate... * Papst beim Angelus: „Nur Gott erfüllt innerste Seh... * Benedicto XVI : Cómo es posible que deba padecer h... * Somente Deus pode dar ao homem uma alegria perene,... * Entrevista do Mons. Pozzo sobre o acordo‏

08/28 - 09/04 (14)

domingo, 28 de agosto de 2011

Articles… * Dietrich von Hildebrand - Published Works * Organizations devoted to Dietrich von Hildebrand * Excerpts from Books by Dietrich von Hildebrand * Introductions and Articles on Dietrich von Hildebr... * The Roman Forum - founded by Dietrich von Hildebra...


The case for the Latin Mass (by Dietrich von Hildebrand)
http://www.tldm.org/news5/latinmass.htm  

Communion in the hand should be rejected (by Dietrich von Hildebrand)
http://www.tldm.org/News6/von-Hildebrand.htm
The corruption of souls by the new catechisms (by Dietrich von Hildebrand)
http://www.tldm.org/News7/HildebrandCatechisms.htm


Belief and obedience: the critical difference (by Dietrich von Hildebrand)
http://www.tldm.org/news6/obedience.htm

Cardinal Stickler on the changes in the Mass and Vatican II
http://www.tldm.org/news7/Stickler.htm

Statistical decline of the Catholic Church since Vatican II
http://www.tldm.org/news6/statistics.htm

Pope Benedict XVI on Church after Vatican II: "incontrovertible that this period has definitely been unfavorable for the Church"
http://www.tldm.org/directives/d193.htm

Cardinal Oddi on the REAL Third Secret of Fatima: "The Blessed Virgin was alerting us against the apostasy in the Church"
http://www.tldm.org/news7/ThirdSecretCardinalOddi.htm
 

Fr. Alonso, official archivist of Fatima: The REAL Third Secret of Fatima warned of apostasy in the Church
http://www.tldm.org/news7/ThirdSecretFatherAlonso.htm
"You cannot separate Tradition from your Faith"
http://www.tldm.org/news6/tradition1.htm 


Vatican II, part 1: Infiltration of the Churchhttp://www.tldm.org/News6/VaticanII-1.htm


Vatican II, part 2: Dark clouds forming before Vatican II

http://www.tldm.org/News6/VaticanII-2.htm
Vatican II, part 3: the satanic revolution gains momentum at the Council
http://www.tldm.org/News6/VaticanII-3.htm

http://www.tldm.org/News10/PostconciliarSpirit.htm