Intervista di mons. Athanasius Schneider a Rorate Coeli: Chiesa post-sinodale e i non credenti nella gerarchia
Testo integrale dell'intervista di Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, pubblicata il 2 febbraio dal sito Rorate Cœli
Rorate Cœli: Per qualche tempo non conosceremo l’impatto giuridico che avrà sulla Chiesa il recente Sinodo poiché la prossima mossa spetta a Papa Francesco. Indipendentemente dal risultato finale, esiste già a tutti gli effetti uno scisma nella Chiesa? In caso affermativo, cosa significa concretamente? Come si manifesterà per i cattolici praticanti comuni?
S.E. Schneider: Secondo il can. 751 del Codice di Diritto Canonico, scisma significa il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti. Occorre distinguere il difetto nel credere o eresia dallo scisma. Il difetto nel credere o eresia è in effetti un peccato più grave dello scisma, come dice San Tommaso d’Aquino: «La mancanza di fede (infidelitas nella Summa - ndT) è un peccato commesso contro Dio stesso, in quanto Egli stesso è la Verità Prima, sulla quale la fede si fonda; mentre lo scisma si oppone all’unità della Chiesa, che è un bene minore rispetto a Dio stesso. È dunque evidente che il peccato di eresia è per suo genere un peccato più grave di quello dello scisma» (II-II, q.39, a.2c). La vera crisi della Chiesa di oggi consiste nel fenomeno ingravescente che coloro che non credono pienamente e non professano l’integralità della fede cattolica occupano spesso posizioni strategiche nella vita della Chiesa, come professori di teologia, formatori nei seminari, superiori religiosi, parroci e persino vescovi e cardinali. E queste persone con la loro fede manchevole si professano sottomessi al Papa.