DAGLI SCRITTI
Salita: i primi passi
Questo piccolo libro trae origine da un atto di obbedienza perfetta della novizia Suor Maria Candida dell’Eucaristia, verso la sua Madre Maestra, Madre Immacolata de Renzis, una delle fondatrici del Carmelo di Ragusa.
Maria Barba, divenuta Suor Maria Candida, è entrata nel Carmelo da circa tre anni: le consorelle si accorgono immediatamente che hanno di fronte un’anima totalitaria con Dio, osservatissima della Regola, Costituzioni e Costumi, e per di più favorita da Dio di grandi grazie mistiche.
Chi poteva rivelare tutto questo mondo interiore e meraviglioso se non la stessa protagonista? Madre Immacolata intuisce quali sono i tesori nascosti nel cuore di questa giovane Suora, arrivata ultima in ordine di tempo ma privilegiata da Dio con grazie straordinarie: l’umile Suor Candida, benché di natura restia a manifestare grazie interiori, si sottomette incondizionatamente. Ed ecco qua il piccolo gioiello che scaturisce da un atto di obbedienza. La mia felicità sovrabbondante d’essere in Religione, d’essere carmelitana, sposa, dopo una vita di desideri e di ostacoli, vicina all’Eucaristia mia, mia per ogni giorno, circondata da madri affettuose, novizia spensierata come bimba in culla…
Tutta questa mia felicità senza croce, no, non mi avrebbe appagato, nè avrebbe abbellito la mia anima! Qualche giorno trascorso senza sofferenza, ho pensato: ma che faccio? Ma io non soffro niente! E mi è sembrata quasi inutile la mia giornata. È nella sofferenza e nell’unione che Gesù mi ha abbellita! Sempre, fra il patire e il patire, mi tocca qualche piccola sosta, nella quale mi è facile percepire l’operato di Gesù nella mia anima. Non è da adesso, ma da molti anni che percepisco in me, sensibilmente, le divine operazioni. Stavo a casa e pensavo che di più non potevo ricevere, e veramente grazie grandi ricevevo, ma riconosco che erano lontane dalle finissime accordatemi ora! Nella solitudine ho ricevuto le grazie più belle.
La solitudine m’attira tanto: spero di trovarvi Gesù. E proprio giorni fa gli dicevo in cella: «anche in cielo – proprio così Gesù -, anche in cielo, io vorrei la solitudine! Io e Tu o Gesù!».
Era una di quelle rare volte in cui la sua presenza mi era sensibile, e io sentivo tutta la passione di quel Cuore per me, sentivo d’amarlo tanto!
E, per la seconda volta, io avevo sentito se non sbaglio il sussurro delle sue labbra, o come un soffio arrivare alla mia anima: «Come sei bella!»… E ritornai in coro per compieta.
Ma nell’andarvi, e là giunta, non so esprimere cosa avvenne in me.
Mai avevo provato cosa simile: Gesù volle forse accelerarmi il dono che per bocca del suo ministro mi aveva promesso? Io provai in me una vera trasformazione, che mi avvolse in Sé, che mi fece arrestare per la sua soavità e purezza!
Era il bacio dello Sposo? Tutto si svolse gradatamente in me, ma io, non ero più io!
Quale candore era disceso in me, quale! Bisognerebbe saperlo descrivere! Io ero come una bambinuccia inzuppata nel candore divino, fin nelle mie membra io mi sentivo impregnata, o meglio colma e trasformata in purezza, in innocenza e candore: non è Gesù ricchissimo e pazzo d’amore?
Questo stato beato non fu transitorio, ma lo godetti…, stupita di ciò che possedevo.
La notte, destatami per tornare a Gesù e levatami amorosamente, sentii che quel giorno era grande. Il mio spirito si sollevò facilmente alla Divinità, in una regione pura e celeste, e sentii che grandi grazie in quel giorno sarebbero discese sulla terra, per i miei fratelli peccatori in particolare, a mio onore… in onore delle mie nozze celesti con l’Unigenito del Padre.
Nel seno della Divinità, in questo mare infinito di luce, d’amore, di misericordia mi pose Gesù! Appena giunta ai suoi piedi, e unitami a Lui in un abbraccio pieno di silenzio e di amore traboccante, mi parve di naufragare. Mi sentii troppo debole, troppo piccina per sopportare tanto abisso di felicità!
O Dio, che ti renderò per avermi dato da gustare una gocciolina di quel mare immenso, che sei Tu? Per avermi dato a intendere un’ impercettibile parte di ciò che mi svelerai e mi donerai per l’eternità? Madre mia, che cosa ci è riservato per tutti i secoli?
Ma che dico? Io neppure arrivai a gustare bene neanche quel principio… quella gocciolina!
Chiusi gli occhi e, impotente a sopportare, gemetti dolcemente a Gesù. «Come verrai a trovarmi per sposarmi a Te?», gli dissi dolcemente e presa dall’amore!
(Scritti spirituali di noviziato)
Colloqui eucaristici
Madre Maria Candida dell’Eucaristia illumina gli occhi della fede e riscalda il cuore dei credenti, con le sue meditazioni sul mistero eucaristico.
Sono meditazioni veramente intense, profonde, sponsali, come si addice alla vita di una carmelitana che ha trovato nella propria vocazione di Sposa di Cristo, la piena realizzazione di un ideale eucaristico come centro della sua esistenza.
Nell’Eucaristia, Madre Candida vede sintetizzate tutte le dimensioni dell’esperienza cristiana: la fede, che nel mistero eucaristico è come purificata e condotta alla sua essenzialità di testimonianza della verità delle promesse di Dio*O mio diletto Sacramentato, io Ti vedo, io Ti credo!… O Santa Fede. Contemplare con doppia Fede il nostro Diletto nel Sacramento: vivere di Lui che viene ogni giorno; la speranza, che trova nell’Eucaristia un fondamento invincibile ma allo stesso tempo profondamente aperto e coinvolgente*O mia divina Eucaristia, mia cara speranza, tutto attendo da te… Fin da bambina fu grande la mia speranza nella SS. Eucaristia; la carità, che il dono di sé di Dio nel pane di vita suscita nei cuori di coloro che ne accolgono la verità d’amore*Gesù mio, quanto Ti amo! E’ un amore immenso che racchiudo nel mio cuore per Te, o Amor Sacramentato… Quanto è grande l’amore di un Dio fatto pane per le anime! Di un Dio fatto prigioniero per me… Nell’Eucaristia, Madre Candida, coglie anche il senso profondo dei tre voti religiosi che in una vita intensamente eucaristica trovano, non solo una loro piena espressione, ma un esercizio concreto di vita, una sorta di profonda ascesi e di progressiva conformazione all’unico modello di ogni consacrazione, Gesù Cristo morto e redento per noi. L’Eucaristia è per lei la scuola perenne dei consigli evangelici, delle tre “gemme”, come lei li chiamava: “la santa obbedienza, la dolce povertà, l’amatissima castità”.
“Quale inno dovrebbe sciogliersi all’ubbidienza del nostro Dio Sacramentato? E cos’è l’obbedienza di Gesù a Nazareth, paragonata all’obbedienza sua nel Sacramento da venti secoli?… Dopo avermi istruita nell’obbedienza, quanto mi parli, quanto mi istruisci nella Povertà, bianca Ostia! Chi più spoglia, più povera di Te… Non hai nulla, non chiedi nulla!… Divin Gesù, asseta le anime religiose di spogliamento e di povertà sincera! Se mi parli di ubbidienza e di povertà…, quale fascino di purezza Tu eserciti su di me solo se lampeggi ai miei occhi! Signore, se il tuo riposo è nelle anime pure, qual’è quell’anima che trattando con Te non diventi tale?…Voglio starmene vicino a Te per purezza e amore”.
Vivi desideri eucaristici
Quand’ero in famiglia, uscendo la sera a passeggio e guardando attraverso le strade la chiesa del mio Gesù e Lui cibo divino conservato per le anime, mi sarei sottratta dal fianco dei miei genitori e, come cagnolino, mi sarei rannicchiata alla porta della chiesa. E là, beatissima, avrei trascorso tutta la notte, attendendo l’ora che mi si aprisse e mi si desse Gesù.
Pensavo con tutta semplicità: «Come potranno dormire le religiose, avendo in casa lo stesso Dio – Gesù, cibo per il domani?» Oh, stupore. Affacciarsi ad una grata, guardare fra tanto silenzio la piccola custodia e dire: “Gesù è qui”. Non ti sembra di morire?
«A me sembrò che quel Corpo adorabilissimo che il sacerdote posava sulle labbra delle mie sorelle fosse come un preziosissimo sale, che poneva in noi per evitare la corruzione, ogni corruzione, e custodirci intatti, anzi impreziosirci!».
«Venendo a me nell’ Eucaristia mi comunica se stesso e si associa alla mia carne, oso chiamarlo: carne mia… corpo mio, Gesù… lo sento finanche nelle braccia, quando viene a me: si espande per tutto il mio essere… il suo corpo e il mio sono unificati, il suo sangue irrora e colorisce le mie guance …».
Nello stupore Eucaristico
«É bello intrattenersi con Cristo presente sotto le specie eucaristiche e, chinati sul suo petto come il discepolo prediletto, essere toccati dall’amore infinito del suo cuore. Se il cristianesimo deve distinguersi, nel nostro tempo, soprattutto per l’«arte della preghiera», come non sentire un rinnovato bisogno di intrattenersi a lungo, in spirituale conversazione, in adorazione silenziosa, in atteggiamento di amore, davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento?»
Nella stanza del mio cuore – scritti autobiografici
Raccolti nell’arco di trent’anni, questi scritti autobiografici ci danno una visione completa dell’esperienza spirituale di questa contemplativa.
Gli occhi di Maria Candida dell’Eucaristia sono stati resi capaci di penetrare sotto i veli eucaristici per scoprirvi il segreto della presenza sacramentale di Cristo.
Per lei l’Eucaristia è una Persona: Cristo presente e operante sotto le specie del Sacramento, attraverso il quale vede realizzarsi la più intima e reale unione, la fusione del suo essere in Lui.
Quando ne sentivo maggiore il bisogno, correvo da S. Giuseppe. Sapendolo maestro delle anime che desiderano vivere una vita interiore, lo pregavo di volere essere lui il direttore dell’anima mia. Una volta perfino gli scrissi teneramente per affidarmi a lui. Dubbi, tentazioni, scrupoli, che nemmeno capivo e che mi tenevano legata, tutto portavo a questo Santo. E lui, da padre amoroso, mi aiutò sempre a soffrire quell’onda purificatrice di grazia, a correggermi. Dovette faticare molto ad istruirmi.
Altre volte andavo da Maria, Maestra delle anime. Mi stringevo alle sue ginocchia forte forte, come una bambina piccina e la supplicavo di volermi accettare per sua scolara, di volermi essere maestra nella via dei cielo: mi istruisse lei, perché io non sapevo. Mi nascondevo sotto il suo manto, tutto affidavo alle sue mani e al suo cuore. Quanto mi ha aiutato Maria, la Mamma mia, lo saprò soltanto in cielo, ma già fin d’ora lo riconosco e gliene sono grata.
Quando contemplo Gesù, piegato e grondante sangue, fra le braccia di Maria, lo supplico di consolare la mia sete, dandomi da bere il Suo Sangue preziosissimo. L’ ho sempre amato tanto, insieme al sudore dell’orto, e mi sono spesso lavata e refrigerata in esso. Vi ho immerso i miei peccati, me stessa, tutti i bisogni e desideri miei e del prossimo, di tutte le anime.
Una notte, quando meno vi pensavo, Gesù mi tenne amorosamente desta, facendomi sperimentare quanto sono amata da Lui. Per un’ora intera, mi lasciò bere e dissetarmi spiritualmente al suo Cuore, alle sue mani piagate. Anche se ciò avviene in un modo spirituale, il Suo Sangue appaga realmente la mia anima, la bagna e la purifica, ne sono certa.
Due volte, nella S. Comunione, Gesù volle farmi provare il gusto del Suo Sangue, forse per l’ardente desiderio che gli ho espresso tante volte con vero e amoroso patire. Sono piccole consolazioni che Gesù può concedere quando gli piace, ma sempre grandi, troppo grandi, per la mia enorme indegnità e miseria.
Quando avevo 17 anni, mi fu concesso di seguire un corso di esercizi spirituali presso l’Istituto di cui avevo frequentato le scuole. Gesù, in quei giorni, mi attirò fortemente a Sé, facendomi sentire la vanità di tutte le cose. Per questo, quando il Sacerdote mi chiese se Gesù aveva parlato al mio cuore, potei rispondergli subito di sì.
Quella confessione fu la porta della mia nuova vita spirituale. Quel Padre mi parlò della verginità, mi animò ad andare sempre avanti, senza fermarmi mai, e mi insegnò a fare il voto di verginità per tre mesi; dopo avrei potuto rinnovare di volta in volta la mia offerta a Gesù. Raccolta nel mio ringraziamento, dopo la Comunione, pregai: «0 Gesù, ti scelgo per unico amante dell’anima mia, e ti consacro la mia verginità per tre mesi».
Ma non per tre mesi, io volevo essere di Gesù: per sempre, per sempre! Fu quello un giorno di paradiso, di festa tanto bella per la mia anima.
«Nel 1901, quando avevo ancora 17 anni, trovandoci in villeggiatura a contatto con la famiglia del giardiniere, fui presa da una dolce predilezione per la povertà. Mi pareva che, senza troppo pensarci, sarei passata volentieri dalla mia discreta posizione familiare in una casuccia povera, in una famiglia dove si vive giorno per giorno affidati alle mani della divina Provvidenza. Mi pareva tanto bello essere poveri e vivere di fiducia e di abbandono. Ritenevo i poveri le persone più felici perché possono riposare nelle mani, sul seno del Padre che è Provvidenza. Ma l’amore vero alla povertà lo imparai da Gesù Sacramentato. Guardando Lui che sta nella piccola ostia e si dona in così umili apparenze, anch’io mi sforzai di imitarlo, per quanto mi era possibile. Non volli perciò usare cose appariscenti, come tappeti o cose del genere, e cercai di indossare i vestiti più semplici e meno costosi, per apparire più semplicemente e umilmente. Così viene mortificato anche quel sottile sentire di me, così facile ad insinuarsi anche in queste cose esterne. A volte, sebbene provvista di molti vestiti, ho lasciato passare la stagione senza usare quelli che mi stavano meglio e, anzi, ho fatto il sacrificio di quelli che più mi piacevano per donarli, emulando la generosità e la carità dei miei familiari. Poi, magari, mi è accaduto di sentirne la mancanza, ma ho potuto provare così, realmente, che cosa è la povertà. Né ho voluto chiedere quello che mi mancava; aspetto che ci pensino gli altri, o meglio: Tu, Signore. Nelle tue mani io mi abbandono come una bimba, felice di ciò che mi manca. Come figlia di S. Francesco (terziaria), ho aggiunto piccole pratiche, in suo onore. Perciò mi sono distaccata anche dal mio denaro, dandolo in famiglia quando occorreva, o ai poverelli. Gesù mi ha fatto sentire tutta la dolcezza di queste opere di carità, ogni qualvolta le ho compiute. Anche in un giorno di tristezza o di aridità, quando ho sentito di essere un nulla, buona a niente perché priva dell’Eucaristia, mi è bastato che Gesù mi porgesse l’occasione di fare una piccola elemosina, a sollievo di una povera donna o di un fanciullo, per sentirmi subito contenta. Mi è sembrato, allora, di aver santificato la mia giornata. Per me, è una gioia poter donare i piccoli fiori delle mie mortificazioni: dolci, pezzi di cose buone che ho lasciato di mangiare per amore di Gesù. Non potendoli far vedere in casa, spesso li ho dati ad un bambino povero che viene a prendere la spazzatura, intendendo offrirli al Bambino Gesù, perché mi faccia piccola come Lui».
Nel tuo candore eterno – Preghiere
Le Preghiere di Madre Maria Candida dell’Eucaristia, vissuta totalmente “nascosta con Cristo in Dio”, sono eco fedele del suo cuore innamorato.
Per questa loro origine tutta esperenziale e vissuta sotto l’azione della Grazia, rivelano un intreccio di linguaggi capaci di aprire ad una sorprendente intelligenza del più profondo mistero della preghiera cristiana.
Sono preghiere contagiose ed arricchenti proprio perché cariche di un vissuto a lungo consumato nel fuoco della carità, detto con la discrezione e la sapienza dei piccoli.
O Gesù, purezza eterna, chi mi aiuterà a parlare di te, Amore mio? Non posso altro che tacere, tenendo fissi gli occhi su di te che sei nell’Ostia immacolata. Le mie pupille bevono dal torrente della tua purezza. 0 Signore, potrei divenire cieca a forza di guardarti. Nel tuo candore eterno non mi stancherei mai di contemplarti.
Come sono poveri e semplici le vesti che ti nascondono o divino Gesù. Non possiedi e non domandi nulla. Hai solo ciò che ti diamo e che poi, senza chiederti alcun permesso, ti togliamo.
Accoglimi come lampada inestinguibile rapita dal tuo amore. Adorando, ringraziando, riparando, tendo le ali del mio amore per difenderti dai profanatori e dai cuori malvagi e per allontanarli da te. Il Padre celeste me lo conceda. Giorno e notte ti seguo con il cuore, o Gesù, mentre scendi come Ostia nelle anime macchiate dal peccato, sacrileghe o piene di freddezza e di dissipazione. Colma di immenso dolore, ti chiedo perdono per loro e ti rendo riparazione. Ti amo, ti adoro, ti lodo e ti ringrazio. Per amore di me, non scendere in quelle anime, ma convertile. Ti amo, o mio Bene nel Sacramento, e vorrei che la tua vita splendesse attraverso di me. Vorrei che l’ostia rifulgesse dai miei occhi, dalla mia fronte, dalle mie labbra, dal mio petto. Vorrei mostrarti a tutti, o pane di vita, e trasmettere a tutti il tuo fascino. 0 bella e immacolata ostia, sono tua. Come tua proprietà, che sia segnata con il tuo segno: l’Ostia! Perché gli uomini non ti conoscono? Tu sei la felicità e tutte le bellezze e le gioie si radunano in te, ma gli uomini non lo sanno. Non ti comprendono e smarriscono la via, il sentiero che conduce all’oasi della vera felicità. 0 Gesù, se il mondo conoscesse il tuo sacro Cuore, il tuo desiderio ardente di rendere tutti felici! Se conoscesse quanto hai fatto e continui a fare per ciascuno dei tuoi figli redenti!
Con mani pure, come quelle di Maria, vorrei elevarti al cielo, perché tutti potessero guardarti. Vorrei che il sole subito si eclissasse e che Tu solo splendessi, o sole eterno, illuminando e riscaldando tutti. O sole divino, mi metto per sempre sotto i tuoi raggi. O santissima ostia, purificami e incendiami, diventa la mia leva per raggiungere la più alta santità e le vette dell’amore. Rendimi una sola cosa con te, unita completamente. Ho grande speranza in te.
O santissima Ostia di tutte le messe a cui assisto giorno e notte, io ti offro incessantemente al Padre. 0 sacerdote eterno, Gesù, fratello mio, mio amico e mio sposo, ricordami in tutte le sante messe! 0 sangue preziosissimo di tutti i calici e di tutte le ostie consacrate, io ti adoro, ti ringrazio e ti desidero. Tu sai che ti amo. Eppure ti offro incessantemente al Padre. Scendi sempre nella mia anima e in tutte le anime, specialmente in quelle che mi sono care.
Preparami a vedere il mio Dio senza veli e a gettarmi subito in Lui per l’eternità. Vorrei morire un giorno durante una tua festa, o mio Gesù nell’Ostia. Oppure in una festa della Madre mia, Maria. Ostia santa, che apri le porte del cielo, aprile anche a me quando morirò. Aprimi con Maria, che è la porta del cielo. Per la forza dell’amore, vorrei morire ai tuoi piedi, di fronte all’eccesso della tua carità. Vorrei morire a causa tua, quasi trafitta dal tuo amore.