Don Divo Barsotti (Palaia 1914-Firenze 2006) è stato una delle figure eminenti della Chiesa italiana del XX secolo: sacerdote, scrittore, predicatore, fondatore di una Comunità monastica, soprattutto mistico, un uomo che ha cercato Dio per tutta la vita e lo ha amato con tutto il cuore, facendone il perno e il centro unico dell'esistenza.
Entrato in seminario a San Miniato (Pisa), a 14 anni aveva già letto tutti i romanzi di Dostoevskij, gli scritti di Shakespeare, Goethe e di altri autori classici. Attratto dal mondo della poesia e della letteratura, stava meditando di lasciare il seminario, quando, all'età di 19 anni, ebbe un'esperienza profonda e decisiva dell'amore di Dio, e si diede così a una vita di preghiera continua e grande mortificazione, progettando di andare in missione una volta ordinato sacerdote. Egli aveva maturato una visione del Cristo, unico salvatore del mondo, che accoglie in sé tutte le culture, tutte le esperienze, tutto quello che viene dall'uomo ' tranne il peccato ' per elevarlo e divinizzarlo, e vagheggiò di girare il mondo come san Benedetto Labre, povero, solo, 'ebbro' di Dio, ad annunciare ai popoli che non lo conoscevano (era affascinato soprattutto dall'Asia) il nome e la presenza di Gesù.
Non riuscì a realizzare questo desiderio, e anzi, per un periodo di ben cinque anni, gli fu chiesto di aspettare, a casa propria (era già sacerdote) che il Signore manifestasse meglio la Sua volontà nei suoi confronti. Furono anni di intensa preghiera e purificazione.
Nel 1945, per interessamento di Giorgio La Pira, fu trasferito nella Diocesi di Firenze, dove rimase fino alla morte. Qui conobbe il movimentato mondo cattolico fiorentino del dopoguerra: Giovanni Papini, Nicola Lisi, Carlo Betocchi, David Maria Turoldo, Ernesto Balducci, Enrico Bartoletti, Attilio Mordini e tanti altri, che divennero suoi interlocutori. Nel 1948 diede alle stampe il primo libro che lo rese famoso: 'Cristianesimo russo', introducendo in Italia le figure allora sconosciute di Silvano del Monte Athos, Serafino di Sarov, Sergio di Radonez. Nel 1956 si trasferì in un piccolo eremo, sulle pendici dei colli fiorentini, dedicato a San Sergio, e iniziò con alcuni discepoli una vita di stampo monastico improntata a notevole rigore e austerità, aperta allo studio del cristianesimo orientale e alla conoscenza delle culture umane, rimanendo ancorato fortissimamente in Cristo e nella pura ortodossia della dottrina cattolica.
Il suo secondo testo 'Il mistero cristiano nell'anno liturgico' (recentemente rieditato a tanti anni di distanza) lo fece conoscere fuori dall'Italia, e così iniziò una fitta rete di corrispondenza con i vari Von Balthasar, Danielou, Bouyer, Evdokimov, Thomas Merton, Dossetti, De Lubac, Hauser, Durrwell e tanti altri.
Rimase comunque lontano dalle scene e dai riflettori. Non amava la pubblicità e viveva nel suo eremo immerso nel silenzio, schivo e remoto. Pregava moltissimo, celebrava l'Eucaristia in una maniera sconvolgente, tra pianti e silenzi sommessi; parlava di Dio nella predicazione con toni e accenti infuocati. Sempre più ricercato per corsi di esercizi spirituali e incontri, si dedicò a questa attività soprattutto presso monasteri e seminari, e così divenne predicatore in diverse parti d'Italia e del mondo, fino ad essere invitato da papa Paolo VI a tenere un corso di esercizi in Vaticano, nel 1971.
La sua produzione letteraria intanto si faceva sempre più ricca, contando alla fine più di 160 volumi, tra libri di spiritualità, commenti biblici, vite di santi, diari spirituali, poesie e saggi, senza contare le collaborazioni a riviste di teologia e spiritualità (vinse tra l'altro numerosi premi letterari).
Inoltre insegnò per più di 30 anni 'Teologia sacramentaria' presso la facoltà teologica di Firenze, ma, in definitiva, fu soprattutto 'l'uomo che parla di Dio', che Lo indica a tutti, che Lo segnala con la propria esistenza totalmente dedicata a Lui. Coltissimo e ricco di talenti, visse l'umiltà e qui sta la sua vera grandezza. Nascosto a se stesso e agli sguardi degli uomini, chi entrava in contatto con lui però sentiva di doversi in qualche modo posizionare: o scappare a gambe levate o entrare in una relazione più stretta con Dio. 'Quando il niente sta nel suo niente ' diceva ' Dio lo santifica'.
La Comunità monastica da lui fondata, 'Comunità dei figli di Dio', conta a tutt'oggi più di duemila consacrati, in tutti e cinque i continenti: persone che vivono nel mondo, sposate e non, o in piccoli eremi di vita comunitaria, che si impegnano in una vita di preghiera e dedizione a Dio avendo come strumenti i classici mezzi della vita monastica: la preghiera, la lettura della Sacra Scrittura, la tensione a Dio vissuta in ogni stato di vita.
Attualmente esistono sempre più persone che si dedicano a studiare la spiritualità di Don Divo Barsotti, il cui pensiero unisce in modo eccezionale teologia e spiritualità, indicando come via da percorrere la santità. 'Chi conosce che Dio è, sa già tutto', scriveva. Egli fu grande amico dei santi, ne studiava la vita, ne approfondiva la dottrina, li conosceva tutti e viveva una vera comunione con loro.
Inserito tra le dieci grandi figure del XX secolo nel testo 'Storia della spiritualità italiana', di P. Zovatto, accanto a padre Pio, Charles de Foucauld e altri, Don Divo Barsotti morì 92enne nel suo eremo di Settignano, circondato dai suoi giovani monaci. Le sue ultime parole furono: 'Gesù' Gesù' Gesù'.
Oggi è in corso il processo di beatificazione.
Pietro Tognetti
Fonte: webdiocesi.chiesacattolica.it