sexta-feira, 2 de dezembro de 2011

La natura del consenso intellettuale che si deve agli insegnamenti del Concilio


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Riprendiamo dal Blog Rorate Caeli la segnalazione dell'articolo, scritto da Monsignor Fernando Ocáriz Braña, Vicario Generale della Santa Croce e Opus Dei, che è anche uno dei rappresentanti del Vaticano nei colloqui dottrinali con la FSSPX, pubblicato con la data di oggi sul quotidiano ufficiale della Santa Sede, L'Osservatore Romano. Su Rorate Caeli si è sviluppato un serrato e appassionante dibattito, dal quale ho estratto alcuni punti che pubblico di seguito con aggiunte mie.

Lo stesso articolo è stato ripreso, con sottolineature rivelatrici di dove soffia il vento in Curia, da Andrea Tornielli su Vatican Insider.

Sembra un colpo di cannone contro la FSSPX e non solo, verso tutta la Tradizione perenne, che si vuole sostituire con quella "conciliare" tout-court. In poche parole: anche se avete dubbi sulla compatibilità del Vaticano II con la Tradizione, è necessario l’assenso a quello che dice il Vaticano II. Si tratta di una dichiarazione aperta che anche la Tradizione è diventata relativa e ogni proposizione conciliare invece diviene "non negoziabile". Il succo del discorso è che non solo il Concilio Vaticano II deve essere interpretato alla luce di precedenti documenti del Magistero (e qui nulla questio, se davvero ciò accadesse realmente e non solo a parole), ma anche i documenti magisteriali precedenti possono essere compresi meglio alla luce del Concilio Vaticano II.

Conseguenza a dir poco allucinante è che anche il Magistero bimillenario della Chiesa, alla luce del Vaticano II, - che acquista così un potere costituente negato de iure ma applicato de facto: il discorso, che si fa serio, è sviluppato più avanti - diventa "storico" anch'esso; per cui tutto è contingente.

Alcune osservazioni topiche :
  1. È interessante notare che l'autore dell'articolo cita solo riferimenti a documenti postconciliari. Gli stessi punti potrebbero essere sostenuti con riferimenti a documenti pre-conciliari?
  2. Se no, allora siamo di fronte a un problema più grande, metodologico: è necessario porsi una domanda preliminare diversa, e cioè: può esistere un consenso sul significato dell'insegnamento della Chiesa sui diversi livelli di assenso dovuto alla dottrina della Chiesa?
  3. In altre parole, questo è un insegnamento meta-magisteriale, un insegnamento del Magistero circa il Magistero, ma tale insegnamento non è rimasto invariato. Ci sono innovazioni ad esso introdotte dal Concilio Vaticano II.
  4. Quindi, si pone la questione: l'insegnamento conciliare e post-conciliare circa il Magistero, in particolare l'insegnamento conciliare e post-conciliare sulla questione dei livelli di consenso nei confronti degli insegnamenti della Chiesa, può essere accettato da una coscienza critica che non si adatta al "pensiero unico" dominante e si fonda sul Magistero perenne?
  5. Lumen gentium, al n.25 (1) sembra aver introdotto novità sulla questione dei "livelli di assenso". Quelle novità si correggono da sole? O ci viene proposta una strana forma nuova di "non così infallibile infallibilità" che in realtà non ha molto senso?
  6. Se qualcosa non è infallibile, allora è fallibile. Ciò non significa che l'insegnamento fallibile è sbagliato, nondimeno significa che può essere sbagliato. L'articolo manca di precisione quando cerca di dire che la mancanza di infallibilità non significa fallibilità. Naturalmente, o è nero o è bianco. Un insegnamento è infallibile, o è fallibile.
  7. Se un Concilio che non ha voluto proclamare nessun dogma - e che ha sottolineato il suo carattere pastorale perfino nelle note ufficiali annesse al momento della promulgazione - presenta testi di documenti che contraddicono i documenti precedenti che usano un linguaggio solenne e che sono coperti dalla grazia di infallibilità, come si può ipotizzare che l'insegnamento infallibile precedente possa essere riletto alla luce di quello successivo fallibile? Al contrario, l'errore della dottrina fallibile, quando c'è, deve essere riconosciuto.
E quindi l'insegnamento dello stesso Concilio Vaticano II non può essere utilizzato per accertare il livello di autorità degli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Il livello di autorità di questo nuovo Concilio, compreso il livello degli suoi insegnamenti metamagisteriali (ad esempio quello sulla "religiosa sottomissione di intelletto e volontà "), deve essere accertato in base alle dottrine pre-esistenti.

«Il Vaticano II ha, spiega Ocáriz, il carisma e l’autorità dell’intero episcopato radunato con Pietro e sotto l’autorità di Pietro «per insegnare alla Chiesa universale». Negarlo «sarebbe negare qualcosa dell’essenza stessa della Chiesa».

Come Suprema Autorità della Chiesa, Papa Benedetto XVI nel Discorso di Natale alla Curia Romana del 2005 ci ha ricordato che il Concilio Vaticano II non è mai stato dotato di potere costituente (come anche gli altri Concili): la Divina Costituzione della Chiesa è immutabile ed è stata istituita da Cristo, suo divino Fondatore. Il Papa ha detto:
«...si fraintende in radice la natura di un Concilio come tale. In questo modo, esso viene considerato come una specie di Costituente, che elimina una costituzione vecchia e ne crea una nuova. Ma la Costituente ha bisogno di un mandante e poi di una conferma da parte del mandante, cioè del popolo al quale la costituzione deve servire. I Padri non avevano un tale mandato e nessuno lo aveva mai dato loro; nessuno, del resto, poteva darlo, perché la costituzione essenziale della Chiesa viene dal Signore e ci è stata data affinché noi possiamo raggiungere la vita eterna e, partendo da questa prospettiva, siamo in grado di illuminare anche la vita nel tempo e il tempo stesso.»
Se è così - e così è -, se il Vaticano II non è stato investito del potere costituente originario sulla Chiesa (e questo dovrebbe essere un fatto ovvio), poi, come conseguenza necessaria, l'Autorità e il livello preciso di autorità, del Concilio e dei suoi documenti non può basarsi sugli insegnamenti del Concilio. Inoltre essi, compresi quelli meta-magisteriali (circa il Magistero, i livelli di consenso, ecc), non possono essere in contraddizione con gli insegnamenti infallibili passati. Altrimenti, ci sarebbe rottura nella dottrina della Chiesa, non continuità.

E' davvero un discorso tortuoso. Un "livello di consenso" richiesto per fallibili innovazioni dottrinali, a sua volta, poggia su una innovazione dottrinale fallibile o dichiarata infallibile per default?
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(1) Lumen Gentium , n. 25 ...I vescovi che insegnano in comunione col romano Pontefice devono essere da tutti ascoltati con venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità; e i fedeli devono accettare il giudizio dal loro vescovo dato a nome di Cristo in cose di fede e morale, e dargli l'assenso religioso del loro spirito. Ma questo assenso religioso della volontà e della intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del romano Pontefice, anche quando non parla « ex cathedra ». Ciò implica che il suo supremo magistero sia accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisca alle sue affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui manifestatasi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall'insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi.
Maria Guarini
 
http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/