sexta-feira, 22 de novembro de 2019

Contemplativi nella città degli uomini

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Contemplativi nella città degli uomini

Ottobre 15, 2017NewsCommenti disabilitatisu Contemplativi nella città degli uomini
Per il Movimento Vivere In il 15 ottobre è la Festa dei contemplativi.
Ci chiediamo che cosa vuole dire essere contemplativi oggi.
Significa abitare nella città degli uomini ed essere come Gesù il Figlio di Dio fattosi carne.
Prima di tutto occorre conoscere e poi accettare il progetto di vita di Gesù.
Gesù venne ad abitare nella casa degli uomini. Si incarnò nel ventre di una donna, la purissima e santissima tra tutte le donne. Si stabilì nella materia, nella carne, nel tempo, nello spazio, nel luogo. Si immedesimò nei rapporti umani, sociali, religiosi, civili. Si compenetrò nell’amicizia e nella sofferenza, nella gioia e nella morte.
Incarnandosi si trovò a vivere con i giusti e i peccatori, con gli affamati, gli assetati, coloro che erano nudi! Si fece fratello dell’uomo e della donna, ma predilesse, fra tutti, i più dimenticati. Non sospinse mai la lettiga del sano né favorì la carriera di qualcuno né offrì mai una sedia più co-moda a chi già stava seduto!
Non fu mai estraneo a nessuno: tutto visse, tutti conobbe. Tutto sperimentò, tutti amò. Solo il peccato non comparve mai nella sua vita, perché non poteva pec¬care e perché il peccato è l’irrazionale as¬soluto. Chi pecca, infatti, dimostra sempre tutta la sua ignoranza e, per con-seguenza, tutta la sua fragilità.
Gesù non era l’amico del male. Era ed è il Signore del bene.
Non poteva tollerare la presenza del male! Dio, quando lo permette, sa riprendersi la rivincita sul male. Lo tollerò nella storia della sua vita: essendosi fatto in tutto si¬mile all’uomo, avvertì la pesantezza del vi¬vere angustiato dal male. Anche per lui la terra produceva spine di incomprensioni e tribolazioni senza limiti. Provò l’angustia, l’amarezza, il tradimento, la morte.
Egli, dunque, si fece carne, ma non peccò.
È bello farsi carne, purché non si pec¬chi! È bello amare la carne, senza farne un idolo! Tutto ciò che è bello è immagine di Dio, infinita ed immensa Bellezza.
Occorre farsi uomini, «come Lui», an¬dando a vivere nella città degli uomini, proprio là dove vivono gli uomini, nelle stesse case, lungo le stesse vie, pratican¬do gli stessi mestieri. Così il fabbro o il fa¬legname, il pescatore o costruttore di tende, l’uomo del pubblico impiego e il sa-cerdote, il levita e lo scriba, il militare e il notabile della città, tutti, senza ricorrere a sovrastrutture e senza ipotizzare arti e corporazioni diverse, tutti devono poter dire ed attuare il «come Lui».
È bella la città degli uomini: ampio e grande monastero di vita contemplativa dove non ci sono sbarre che delimitano lo sguardo o trattengono la mano che vuole prendere, cogliere, afferrare, accarezzare, benedire. La città dove è bello potersi in¬contrare con tantissime persone e sfiorare il loro corpo, percepire il loro profumo, ve¬dere ed ammirare i volti, gli occhi, le mani.
È bello, nella città, ascoltare la gioia e il pianto, la preghiera e l’imprecazione, il grido e il silenzio del vecchio come del bambino.
È bello vivere nella città piena di sole o di nebbia, dove c’è sempre qualcuno che ha un passo diverso dal tuo e dove i suoni sono discordi e spesso dissonanti.
È bello abitare nella città degli uomini anche se manca la melodia del coro fra la luce un po’ tenue e il profumo dell’incenso. Il coro che affascina e provoca momenti di pace, quasi come evasione o alternativa al proprio vivere. Quel coro può anche divenire irrealtà ed evanescen¬za di vita! Ombre che si aggirano silenziose come presenza di un mondo diverso e quasi irreale.
Egli, Gesù, visse nelle città e si impegnò a percorrerle tutte, senza mai concedersi attimi di riposo o momenti di tregua.
La città degli uomini è fatta di mille re¬altà. È costruita su realtà storiche, politi¬che, sociali, economiche, religiose. È attraversata da strade, da ponti, da vicoli, da sentieri. Non ci sono vetri istoriati ca¬paci di attenuare i colori violenti che pro¬vengono dall’esterno e di rendere più accettabile la realtà del giorno che passa, inesorabilmente e vorticosamente.
Nella città degli uomini ci sono giorni ora piovosi e freddi, ora caldi ed afosi, spesso sono anche invivibili tra stenti e lotte e sofferenze.
Spesso nella città degli uomini c’è confusione e disordine.
La città spesso è animata da uomini ora pigri e sonnolenti, ora pacifici e generosi, ora romantici e sognatori, ora santi e impeccabili, ora sporchi e profanatori. I lori abiti, poi, non hanno pieghe né colori uguali.
Accanto agli abiti belli ed eleganti, ci sono quelli laceri e sporchi: vergogna e rifiuto dell’umanità.
C’è Dio nella città degli uomini, sempre e dovunque.
Ma, spesso, non c’è amore e carità.
Sì, c’è Dio vivo e vero nella città degli uomini.
Dio c’è là dove si prega e si pecca, là dove si nasce e si muore, là dove si brucia l’incenso per rendere più solenne l’orazione e là dove qualcuno brucia la sua vita per inseguire una irraggiungibile frenesia di vita .
C’è Dio nella città degli uomini.
Tutto ciò che esiste è bello, ci parla di Dio, ci indica Dio.
Soprattutto gli uomini ci parlano di Dio perché sono immagine di Gesù il Figlio di Dio.
E noi ci fermiamo a cercarlo, a guardarlo per contemplarlo!
Noi contemplativi nella città.
Nicola Giordano