quarta-feira, 30 de agosto de 2017

Sulle orme di Don Divo Barsotti

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CAPANNE -  Ho visto Dio in un uomo». No, non è la celebre affermazione di un massone dopo aver assistito ad una messa del Curato d’Ars, ma è la stessa sensazione avuta da P. Serafino Tognetti una volta conosciuto e frequentato Don Divo Barsotti. Lo scorso 25 aprile, ricorreva infatti il 103° anniversario della nascita del fondatore dei Figli di Dio, comunità che ha sede a Settignano in provincia di Firenze e presente in altri luoghi e che spesso, per i propri ritiri, utilizza l’eremo nella nostra diocesi, donato alla comunità stessa da una famiglia palaiese. Il luogo in questione si trova in località Collelungo ed è comunemente chiamato «Le fornaci». Proprio per ricordare la memoria del padre fondatore , i membri delle fraternità di Palaia e Livorno hanno organizzato, guidati da P. Tognetti, una giornata dedicata alla memoria del nostro condiocesano don Divo. Si sono lì ritrovati per celebrare la messa e passare un po’ di tempo in fraternità. A questi ci siamo aggiunti anche noi, fedeli delle parrocchie limitrofe, invitati a partecipare a tutti gli eventi in programma.

La Messa celebrata da P. Tognetti concelebrata dai parroci don Fabrizio Orsini e don Giuseppe Volpi, nella cappellina dell’eremo, ma vuoi la giornata festiva, vuoi l’attrazione del Padre Barsotti, siamo stati «costretti» a trasferirci all’aperto perché eravamo ben più di 100 persone. La cosa straordinaria per me, poco conoscitore della comunità dei Figli di Dio, è stata la presenza oltre delle parrocchie vicine, in quell’eremo sperduto era la presenza di appartenenti alla comunità stessa provenienti da Massa Carrara, Siena, Montecatini, Livorno e Pisa, addirittura c’era anche una coppia delle Marche. Al termine della celebrazione c’è stato anche il toccante rito di ammissione alla comunità del ramo laicale di alcuni aspiranti, e quelli che hanno fatto la consacrazione nella comunità. Dopo pranzo il programma prevedeva la catechesi di P. Serafino per ricordare la Comunità e il suo fondatore, d. Divo e farlo conoscere più approfonditamente a chi non facendo parte della comunità non sapeva alcuni aspetti più nascosti della vita del Padre. Questo secondo momento si è svolto al teatro parrocchiale della parrocchia di Palaia dove era presente fra gli altri anche il sindaco e un assessore. Padre Serafino ha parlato della propria esperienza accanto a d. Divo ricordando soprattutto l’incontro iniziale avuto con lui, e che fu per molti aspetti subito molto intenso, infatti, dice p. Tognetti ricordava la cosa che lo colpì immediatamente fu il rapporto intensissimo con Dio, il modo in cui "il Padre", così i suoi lo chiamano, fosse in una comunione con il Signore e come questo rapporto fosse prioritario rispetto a tutti gli altri. Venne attratto, quindi, non dal carisma umano del Padre ma dalla sua intensa e profonda spiritualità. Ci ha spiegato episodi e brani tratti dai suoi diari che ci parlano di un uomo consumato dal fuoco della presenza divina, ma allo stesso tempo tormentato dal non capire la volontà di Dio sulla propria persona, costretto, se così si puo’ dire, a vivere non sapendo cosa fare al di là del minuto presente. D. Divo arriva ad affermare sconsolato, che i suoi primi 6 anni di sacerdozio hanno prodotto un bel nulla, a preferire l’inferno, dove almeno è manifesta la Giustizia divina, ad una vita che lui sentiva vuota di Dio ma al tempo stesso le testimonianze dei palaiesi che assistono alle sue celebrazioni eucaristiche sembrano affermare il contrario perché questi escono dalla chiesa con la sensazione di aver assistito a qualcosa di straordinario. Barsotti fu un uomo solo di Dio perché il suo desiderio era la ricerca della volontà di Dio che lui diceva «essere Dio stesso» affermando la sua immersione in Dio per cui «il Papa e lo spazzino» avevano pari dignità; il suo era un monachesimo interiore che lo portava a privilegiare il rapporto con Dio più che quello con i fratelli che peraltro tanto amò e ebbe a soffrire molto, soprattutto nella sua prima esperienza alla Fornace. Di lui vengono ricordate infatti due caratteristiche tipiche del padre (umano o spirituale che sia) ovvero la tenerezza e la fermezza con la quale si rapportava con i propri figli e fratelli, senza sconti per nessuno solo se si trattava di "difendere" Gesù Salvatore anche a costo di essere scortese o spigoloso. Una figura che a ben vedere oggi, regno del politically correct, sarebbe alquanto scomoda anche per alcuni uomini di Chiesa , ma che sicuramente porterebbe avanti quella che riteneva dover essere la missione di ogni comunità monastica e al tempo stesso l’opera di Carità più importante ovvero "dare Dio alle anime". Questa quindi la sua grande missione, essere testimone della presenza del Mistero attraverso la ricerca continua e senza sosta della volontà di Dio. Barsotti trovò veramente pace solo al termine della propria vita terrena che fu tormentata da prove ed incomprensioni, oltre che da gioie e consolazioni. Una su tutte il doloroso distacco a metà degli anni 60, con il gruppo originario di fratelli che con lui avevano iniziato l’avventura della Comunità che decisero di stabilirsi proprio alle Fornaci di Collelungo. Nonostante queste ed altre vicissitudini, riuscì sempre a far passare il messaggio che «vale la pena vivere per Dio» e fu talmente credibile in questa sua certezza che la sua figura colpì tanto anche un grande teologo come Von Baltasar che arrivò a dire: «Barsotti ha dato al Cristianesimo uno splendore inaudito».
L’idea personale che mi sono fatto di D. Divo è che è stato un personaggio difficilmente catalogabile e alquanto scomodo per chi avesse tentato di farlo ma talmente innamorato di Gesù Cristo da darsi da solo una collocazione: "nell’altro mondo", perché diceva che il cristiano non può avere un cuore titubante ma eroico e deve essere appunto "un uomo dell’altro mondo". La bella giornata si è poi conclusa con la testimonianza di Vittorio che fu chierichetto di d. Barsotti quando era sacerdote a Palaia. La preghiera alla Madonna ha concluso una giornata intensa, dove il relatore ha saputo collocare la figura del Padre in modo veramente bello.

Don Divo Barsotti in una rara intervista


Don Divo Barsotti in una rara intervista Don Divo Barsotti in una rara intervista

Nella primavera del 1991, chi scrive insieme a Pietro Mirabile e Giulio Palumbo – due straordinari amici e poeti spirituali, figli elettivi di San Pio da Pietrelcina con cui vissero spesso a fianco – ci recammo a Settignano, sulle colline di Firenze, a Casa San Sergio fondata da uno dei protagonisti del cattolicesimo novecentesco: Don Divo Barsotti, un grande mistico, autore di pagine sterminate e immense, fondatore della Comunità dei Figli di Dio. Fummo “affidati” al Padre Serafino Tognetti che fu poi il primo superiore della comunità dopo la morte di Don Barsotti (1914-2006), e vivemmo giorni che solo la Parola nello Spirito potrebbe raccontare compiutamente. I lunghi dialoghi e i silenzi intessuti con il Padre, la Santa Messa come autentica adorazione del Sacrificio e della Gloria, i suoi ammaestramenti, risuonano ancora in me. Incontrai successivamente a Palermo, ospite della CFD, il Padre ed anche in quella occasione ebbi forte l’esperienza dell’Incontro con un autentico uomo di Dio. Conservo di Don Divo lettere, giudizi sulle mie opere (specie su “Il Cristo di ogni giorno”) e alcuni brevi testi destinati e pubblicati da Spiritualità & Letteratura, nonché una straordinaria prefazione per una Antologia del Sacro, da me pubblicata. Questi materiali preziosi unitamente a delle considerazioni storiche e spirituali con la narrazione di quelle esperienze di incontro saranno oggetto di un profilo che intendo presto dedicare alla Sua Memoria viva e Santa.

Tommaso Romano

(il testo che segue, curato da me e da Giulio Palumbo, fu pubblicato per la prima volta su Spiritualità & Letteratura nel 1991 ed è stato riproposto nel volume curato da Giovanni Dino sugli Editoriali scritti da Giulio Palumbo (1936-1997) per la nostra rivista che ancora francescanamente continua a pubblicarsi e che furono editi nella collana Ercta della Provincia Regionale di Palermo nel 2006, che allora dirigevo).  
 
 

La Casa San Sergio a Settignano sorge in una zona verde e di silenzio, ben adatta a quello spirito di riposo e riflessione di cui l’uomo d’oggi e di sempre ha bisogno. Si tratta di una piccola Comunità di dieci persone. In un clima di fraternità e semplicità, essa trascorre le proprie giornate nella preghiera, nel lavoro, nello studio, nella vita comunitaria. Don Barsotti svolge i suoi molteplici impegni nel suo ampio studio. Un grande crocefisso di singolare espressività pende alla parete, posto sotto lo sguardo di chi siede al tavolo di lavoro. Una vastissima biblioteca con volumi di ogni sorta, di spiritualità e di studio, riempie tutt’intorno la stanza. Nella sala del pranzo comune, un ritratto di Mons. Giulio Facibene, una delle personalità che Don Barsotti ha frequentato familiarmente ed ha avuto modo di apprezzare. Niente radio, né televisione. Solo un ritrovare se stessi e tenersi liberi da ogni condizionamento.
D.- Quando e come è nata, Padre, questa accogliente sede della Comunità?
R.- Nel 1955 vi era qualche giovane che aspirava a vivere in Comunità insieme a me. Cercavo una sede idonea. Ero intanto cappellano delle Suore della Calsa a Firenze. Poi rimasi per sei mesi a Monte Senario, nella casetta eremitica di San Filippo Benizi. Successivamente mi venne indicata questa casa attuale e, vistala, feci il compromesso. La casa apparteneva ad una principessa rumena, una pretendente al trono di Romania, cugina di Vladimiro Ghika, di cui è in corso il processo di beatificazione come martire in Romania. Nel sessanta si aprì un’altra Comunità alla “Fornace”presso Pisa. I giovani che qui stavano, affermando di voler fare vita del tutto contemplativa, non condividevano i miei impegni nella predicazione degli Esercizi spirituali, ai quali da parte mia non intendevo rinunziare. Così si separarono da me. E da allora non si sono più mantenuti insieme tra loro. E’ stato un dramma per me, com’è testimoniato nel Diario “L’acqua e la pietra”. Così per vent’anni ho sperimentato la solitudine qui, nella Casa San Sergio. Finché nel 1985 sono venuti questi nuovi giovani, due dei quali, sono già sacerdoti, mentre altri due si preparano a diventarlo. In tutto siamo dieci. Ed altri giovani ancora dovranno venire.
D. - Quindi la consolazione dopo l’amarezza.
R. - Proprio così. Forse l’obbiezione di quei primi giovani, fortemente persuasi da qualcuno tra loro, era un pretesto per distruggere tutto.
D. - Mi pare ci siano anche delle suore nella Comunità.
R. - Sì, esistono due case di Suore, una delle quali e vicina alla nostra.
D. - Che cosa può dire dei suoi venti anni trascorsi qui da solo?
R. - Sono stati anni di studio e di preghiera. Tenevo esercizi spirituali nei monasteri specie presso i Carmelitani.
D. - Lei risolve nella ragione e nella fede i problemi dell’uomo - la morte, la solitudine - che altri non risolvono…
R. - La fede dovrebbe conoscere questa problematica ed avere in sé la capacità di risolverla. Essa
conosce il superamento della solitudine. Il Signore, infatti, è con noi. Lui era presente nei miei vent’anni di solitudine. Mi amava. Così superai la solitudine umana di cui senso a volte mi prendeva. Quanto alla morte, chi veramente crede vive al di là della morte.
D. - La realtà di Dio che ci riempie è un suo atto di fede e una sua conquista personale, come risulta da tutte le sue opere...
R. - La fede è la cosa più miracolosa. L’uomo sa di essere un nulla, un lampo. Ma crede, anzi è
certo, di essere il temine di un Amore infinito. Ecco il miracolo operato delle fede. Certo, è difficile credere. Vincere questo vertiginoso abisso che si apre all’uomo. Difficile perché le cose di
Dio non sono mai facili, ma debbono essere affrontate e superate. Anch’io potrei perdermi se Dio
non mi sostenesse. Infatti, è più facile non credere che credere. E l’uomo spesso sceglie la via più
facile. Anche ciò che insegna l”Islam è facile. “Come fa Dio ad amare l”uomo?”, esso si chiede.
E il più grande mistico musulmano fu martirizzato per aver affermato l'amore di Dio all’uomo. La
morte è il problema fondamentale. Tutto passa attraverso di essa. Anche la storia finisce. Dunque
il problema vero è la fede, che supera la prigionia del tempo. Essa sola ti rivela lo stupore e l'assurdo dell’Infinito che ti conosce e ti ha.
D. – L’eterno opposizione tra cultura e fede da tanti è vista come inevitabile. In quali termini Lei
la risolve?
R. - Per molti c’è opposizione tra cultura e fede perché si teme per la propria autonomia. Ma questo è un falso concetto. La fede infatti non è opposizione. E la natura non può stare senza fede.
D. - Quale il suo pensiero sui momenti storici attuali e sulle profezie, sui fenomeni di “apparizioni” e sui “messaggi”, oggi particolarmente abbondanti nella Chiesa? Quale il futuro che Lei prevede?
R. - Da quando Gesù ascese al cielo, la Chiesa non ha mai conosciuto tanti diretti interventi di Dio. Quindi non c’è abbandono da parte Sua verso di noi, e ciò è assicurato da tanti assidui interventi. Quanto al futuro, molti aspettano un intervento divino. E’ difficile, infatti, pensare come si possa arrivare ad una ripresa, e all’attuale situazione, attraverso le sole vie umane. Tanto tutto è stato sconvolto. E questi interventi divini fanno pensare ad una azione prossima di Dio nel mondo. Come, non sappiamo. Tali segni sono necessari per chi ha poca fede. Medugorje, ad esempio, rivela più del Concilio, attraverso le conversione anche i vescovi devono capire ciò. L”uomo è smarrito. Ed ecco che Cristo dice: «ci sono Io››. Questo è l’apparizione. Necessaria perché oggi non c’è più la testimonianza. Cinquant’anni fa o ancor più di recente c'erano grandi figure in Italia: I Card. Schustrer e Dalla Costa, Don Orione, Padre Pio. Ora è buio. Ecco la necessità di una luce. Che ci dice: Dio è con noi.
D. - Lei scrive in “Cento pensieri sull’amore”: «Il dialogo non crea l’unità, la suppone». Quindi vi è oggi anche nella Chiesa, una eccessiva o errata fiducia nel dialogo, come mezzo capace di avvicinare le tesi e le fedi più opposte.
R. - I dialoghi sono parole. Restano parole. E le divisioni egualmente rimangono. Come si realizza, infatti, l'unità? Forse col rinunciare a Cristo? Ai misteri? o con l’approdare ad una religiosità vaga? Quando saremo uno in Cristo, solo allora sapremo dialogare nella Carità e comprenderci. Solo allora saprem realizzare l’unità.
D. - Quindi solo lo Spirito realizzerà l'unità e l'ecumenismo.
R. - Esattamente. E l'unica via per arrivarci è la preghiera, attraverso la quale Egli solo realizzerà l’unità.                   (n. 16, 1991)

(intervista realizzata a San Sergio a Settignano (Firenze), condotta e realizzata insieme a Tommaso
Romano, in occasione di una visita/soggiorno spirituale unitamente a Pietro Mirabile nel 1991)

sexta-feira, 25 de agosto de 2017

Don Divo Barsotti e l’incontro con Dio


In ricordo dell'uomo di fede e poeta che tanto ha seminato nella sua lunga esistenza

Pubblicato il 15/02/2012
Ultima modifica il 15/02/2012 alle ore 14:07


Questo e altro nel convegno teologico “La lotta con l’angelo” tenutosi lo scorso sabato alla biblioteca nazionale di Cosenza e organizzato dalle Comunità dei Figli di Dio di Cosenza – Castrovillari e Roccella – Gerace (RC). L’incontro è stato organizzato per commemorare il sesto anniversario della morte di Don Divo Barsotti, sacerdote nato a Palaia, in provincia di Pisa, e fondatore della Comunità dei Figli di Dio, famiglia religiosa di monaci formata da laici consacrati che vivono nel mondo e da religiosi che vivono in case di vita comune. 

L’incontro è servito per tracciare la vita e la spiritualità del conosciuto sacerdote, a partire dal suo diario “La lotta con l’angelo”, in cui descrive il suo rapporto e la sua ricerca di Dio. A presentare un lungo profilo di Don Divo è stato padre Bernardo, della Comunità dei Figli di Dio, che ha testimoniato il percorso di fede di Don Divo Barsotti come lo descrisse, tra l’altro, padre Serafino Tognetti, suo primo successore. Don Barsotti è stato un sacerdote e molto di più. “E’ stato riconosciuto – scriveva padre Tognetti – come una delle figure più luminose della Chiesa del ‘900, è stato uno scrittore, poeta, predicatore, fondatore della Comunità dei Figli di Dio che conta più di duemila membri sparsi nel mondo, uomo dello Spirito. 


Irriducibile anima tesa all’Assoluto, Don Divo ha sempre dichiarato di aver cercato la volontà di Dio sino alla fine, senza mai sentirsi appagato in alcun posto. Le sue predicazioni colpivano per il vigore e il senso di Dio che trasmettevano, con quella esegesi biblica spirituale e spericolata, con quel richiamo continuo alla perfezione, con quel suo intrupparsi e irreggimentarsi in alcuno schema”.

A Cosenza, un convegno prettamente teologico, come testimoniato da Oreste Costabile delegato della comunità cosentina, da don Salvatore Bartucci Vicario della diocesi e da don Giacomo Tuoto, Vicario Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, i quali, introducendo i lavori, hanno descritto la spiritualità biblica di don Divo, quella epifania del Signore nata dal si di un uomo fragile e umile. La lotta di don Divo sta proprio in questo, nell’accogliere, “come Maria”- il Dio incarnato, dopo aver meditato a lungo su quella “voce dall’abisso”, come l’ha definita padre Bernardo, uno dei relatori, di cui non sapeva bene da dove venisse e dove lo portasse. 

Una lotta interiore, come ha sottolineato il Papas Pietro Lanza, protopresbitero della Eparchia bizantina greca di Lungro, nel tentativo di trovare collocazione a quelle tensioni che lo pervadevano. Da un lato, il sogno di diventare uno scrittore che lo spinse, come ha sottolineato padre Bernardo, a rivolgersi, invano, al vate D’Annunzio. Dall’altro, il desiderio, con Sant’Agostino, di riposare in Dio. Sono passati sei anni dalla morte di don Divo, il teologo che ha cercato Dio prima nei classici che nella teologia, che a sedici anni già conosceva tutta la letteratura dei padri, che si appassionava a Dostoevskij più che al Deuteronomio.

Ben presto don Divo comprese che quelle lettere umane erano vanità di vanità, per dirla con la sapienza biblica e come egli stesso ebbe a constatare, e come il dialogo cui era chiamato era quello ben più profondo con Dio. Così don Divo, come ha sottolineato Chiara Gatto, della delegazione di Cosenza “realizza l’incontro vero con Gesù, quello del cambiamento radicale”, quello della conversione evangelica. “Un’amicizia con Dio fondata solo sulla fede”, che Dio, come ai saggi veterotestamentari, accreditò come giustizia. Don Divo così “consegnò tutto a Cristo - aggiunge Chiara Gatto – spogliandosi del vecchio Adamo, diventando, come Abramo, segno di benedizione per tutti”. Col salmista, allora, don Divo diviene ebbro di gioia e, “alzando lo sguardo al cielo, si sente un salvato, abbeverandosi alla fonte della vita”. Carmelina Condelli, della delegazione di Roccella, racconta come “i rapporti di don Divo con la gerarchia ecclesiastica non sempre sono stati idilliaci, eppure egli ha sempre continuato ad amare la sua chiesa”. La vita di don Divo è stata realmente una lotta con la divinità. 


“Un salterio composto da gioie, combattimenti, solitudini, discese e risalite”, fino ad ottenere dall’alto la giusta corona di gloria che, “da abisso del nulla dinanzi al tutto di Dio”, come si sentiva lo rende ancora oggi esempio di amore per Dio.

Fátima: sermón de Mons. Bernard Fellay. Bishop Fellay's Sermon at Fatima .Mons.Bernard Fellay, omelia a Fatima


AGOSTO 20, 2017
 
DE FSSPX.NEWS
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terça-feira, 22 de agosto de 2017

¡SANTA MARÍA REINA, INTERCEDE POR NUESTRAS FAMILIAS! MARÍA, ESPERANZA NUESTRA


¡SANTA MARÍA REINA, INTERCEDE POR NUESTRAS FAMILIAS!


La Iglesia la confiesa y saluda Señora y Reina de los ángeles y de los hombres.

Reina de todo lo creado en el orden de la naturaleza y de la gracia.
Reina de los reyes y de los vasallos.
Reina de los cielos y de la tierra.
Reina de la Iglesia triunfante y militante.
Reina de la fe y de las misiones.
Reina de la misericordia.
Reina del mundo, y Reina especialmente nuestra, de las tierras y de las gentes hispanas ya desde los días del Pilar bendito. Reina del reino de Cristo, que es reino de “verdad y de vida, reino de santidad y de gracia, reino de justicia, de amor y de paz”. Y en este reino y reinado de Cristo, que es la Iglesia santa, es Ella Reina por fueros de maternidad y de mediación universal y, además, por aclamación universal de todos sus hijos.

ORACIÓN

Dios todopoderoso, que nos has dado como Madre y como Reina a la Madre de tu Unigénito, concédenos que, protegidos por su intercesión, alcancemos la gloria de tus hijos en el reino de los cielos.
Reina dignísima del mundo, María Virgen perpetua, intercede por nuestra paz y salud, tú que engendraste a Cristo Señor, Salvador de todos. Amén

jueves, 17 de agosto de 2017


MARÍA, ESPERANZA NUESTRA

QUIÉN ES LA VIRGEN MARÍA
María, que en hebreo quiere decir "Señora" y según otros "Mar amargo", es la mujer con la cual se abre la promesa en la antigua alianza (Gn. 3:15) y con la cual cierra Simeón la antigua profecía (Lc. 2, 25-35).
Es la Mujer que ha tenido el mayor contacto con la Santísima Trinidad en la historia. El Padre la escoge entre todas las mujeres para ser madre de su hijo unigénito, el Espíritu Santo engendro un hijo en sus entrañas y la segunda persona tomo carne y sangre en su vientre.
Si por Eva entró el pecado en el mundo, por la Virgen María entró la salvación.
Tiene la misión de combatir contra el "dragón" y la "bestia" del mal en los tiempos finales según el Apocalipsis.
CUÁLES SON LOS DOGMAS MARIANOS
Los dogmas marianos proclamados por la Iglesia Católica Apostólica Romana son cuatro:
1) En el año 431, el Concilio de Efeso declaró a María Madre de Dios, Theotokos.
2) En el año 649 (dos siglos después) el Papa Martin I declaró su Virginidad Perpetua (antes, durante y después del parto).
3) Más de mil años después se proclamó el próximo dogma: la Inmaculada Concepción (1854), por el Papa Pío IX. Este dogma enseña que María fue siempre libre de pecado. No tuvo pecado original.
4) Un siglo después, el Papa Pio XII proclamó la Asunción de María (1950): Al final de su vida terrenal, la Madre de Jesús fue llevada a la gloria del cielo en cuerpo y alma.
A) MADRE DE JESÚS Y POR TANTO MADRE DE DIOS
María es Madre de Jesús quien es Dios y Hombre. Si negáramos su maternidad divina entonces también negaríamos que Jesucristo, su hijo, sea Dios.
Esta expresión, Madre de Dios, no dice que sea María quien por su engendramiento ha dado a Jesús su divinidad, sino que dice que María ha engendrado según la carne a aquel que es eternamente engendrado por Dios.
B) VIRGINIDAD PERPETUA DE MARÍA
La Iglesia afirma la doctrina de la virginidad perpetua de María Santísima. Esto significa que ella fue siempre virgen: antes, durante y después de dar a luz a Jesucristo.
La virginidad de María antes del parto está firmemente atestiguada por los evangelios de san Mateo y de san Lucas. Este último en su relato de la Anunciación insiste en que "el ángel Gabriel fue enviado por Dios... a una virgen... y el nombre de la virgen era María" (Lc 1,26-27). Mateo dice que en la concepción de Jesús se cumplió la profecía de Is 7,14 sobre la concepción virginal del Mesías (Mt 1,22-23) y que José no conoció a María "hasta que dio a luz un hijo" (Mt 1,25) con lo cual queda excluida cualquier relación carnal antes del nacimiento de Jesús.
C) MARÍA CONCEBIDA SIN PECADO
¿Cómo mantener la realidad pecadora de una madre, marcada como todo ser humano por el pecado original, y la realidad no pecadora de un niño como Jesús?.
El 8 de diciembre de 1854 el Papa Pío IX definió la fe de la Iglesia católica sobre la Inmaculada Concepción: "Desde el primer instante de su concepción, por la gracia y el privilegio de Dios todopoderoso, y en consideración de los méritos de Jesucristo, Salvador del género humano, la Virgen María fue preservada intacta de mancha de pecado original".
Por consiguiente, no solamente María no ha cometido pecado, sino que no ha sido alcanzada por el pecado original.
D) LA ASUNCIÓN DE MARÍA  EN CUERPO Y ALMA A LOS CIELOS
¿Cómo se terminó la vida terrestre de María?. El 1º de noviembre de 1950 el Papa Pío XII definió solemnemente, después de consulta a todos los obispos, que «la Inmaculada Madre de Dios, María siempre virgen, después de haber acabado el curso de su vida terrestre, ha sido elevada en cuerpo y alma a la gloria celestial.
Nada se dice sobre si María murió o no antes de haber sido elevada al cielo. Lo que se afirma es que su cuerpo no ha conocido la corrupción, no se ha degradado, sino que ha sido elevado a la gloria celestial.
Nótese también la diferencia entre la Ascensión, en la que Jesucristo resucitado de entre los muertos sube al cielo (Él es el actor de la acción), y la Asunción, en la que María es elevada al cielo por Dios (ella es pasiva, es Dios quien actúa).
MARÍA REINA
El pueblo cristiano siempre ha reconocido a María Reina por ser madre del Rey de reyes y Señor de Señores. Su poder y sus atributos los recibe del Todopoderoso: Su Hijo, Jesucristo.
Es El quien la constituye Reina y Señora de todo lo creado, de los hombres, de los ángeles y para vencer a satanás.
María Santísima es Reina por ser la madre de Dios hecho hombre, El Mesías, El Rey universal.
Por ser la perfecta discípula que acompañó a Su Hijo desde el principio hasta el final, Cristo le otorga la corona.
El papa Juan Pablo II, en la audiencia del 23-7-97 dijo que "María es Reina no sólo porque es Madre de Dios, sino también porque (...) cooperó en la obra de la redención del género humano. (...). Asunta al cielo, María es asociada al poder de su Hijo y se dedica a la extensión del Reino, participando en la difusión de la gracia divina en el mundo".
MARÍA COOPERA EN NUESTRA SALVACIÓN
Esta cuestión divide a católicos y protestantes. Los católicos dicen que María, al convertirse en Madre de Dios, ha cooperado a la realización de nuestra salvación (por su escucha, su servicio de intercesión como en Caná, etc.).
Pero eso no significa sin embargo que María sea una segunda mediadora al lado de Cristo, como si añadiera alguna cosa a la obra de Él. María está en efecto, como nosotros, del lado de los salvados.
MARÍA CORREDENTORA
Actualmente hay un movimiento que propone al Papa la aprobación del 5º dogma de María Corredentora. El título Mariano "Corredentora", se refiera a la participación única de María en la obra de nuestra redención llevada a cabo por Jesucristo. Es un paso más a su carácter de cooperadora en la salvación.
El término como ha sido usado por la Iglesia nunca pone a María en nivel de igualdad con Jesucristo, el divino redentor. Sin embargo, la libre y activa cooperación humana de la Madre de Jesús en la redención, particularmente en la Anunciación y en el Calvario, es correctamente reconocida por el magisterio y las enseñanzas papales del Concilio Vaticano Segundo –Ver "Lumen Gentium" Nos. 56, 57, 58 y 61-- y se convierte en un ejemplo preeminente de cómo el Cristiano está llamado a hacerse un "co-trabajador con Dios".
MARÍA MADRE DE LA FE, DE LA ESPERANZA Y DE LOS CREYENTES
María es mujer de fe, de esperanza y de caridad como ninguna otra criatura había sido antes ni jamás lo ha de ser.
En estos tiempos de general apostasía y de consecuente destrucción del hombre, la Madre de Dios nos asegura con su presencia el favor del cielo, la victoria de nuestro Señor sobre el pecado, sobre la muerte y sobre satanás. Ella viene a traernos la luz de Cristo. Ella viene a llevarnos a Cristo, Ella viene a defender a la Iglesia y a su Pastor. Su presencia continua reaviva y fortalece nuestra esperanza e ilumina nuestra fe.
MADRE DE LA IGLESIA
Los primeros cristianos han concedido mucho valor a la presencia de María al pie de la cruz de su hijo, Jesús. Se acuerdan de estas palabras dichas a Juan: «He ahí a tu madre» (Jn. 19,27).
La expresión Madre de la Iglesia no ha visto la luz hasta el fin del concilio Vaticano II. El Papa Pablo VI proclamó entonces a María Madre de la Iglesia, es decir Madre de sus fieles y de sus pastores.
MARÍA MEDIANERA DE TODAS LAS GRACIAS
Todas las Gracias vienen a través de María porque Jesucristo El Salvador del mundo viene a través de ella. No hay mayor Gracia aparte de Jesús.
Todas las gracias vienen a nosotros a través de María porque su intercesión es un preámbulo a todas las gracias.

domingo, 20 de agosto de 2017

Breve catecismo sobre la devoción al Corazón Inmaculado de María


Fátima : una muchedumbre de peregrinos venidos del mundo entero

Breve catecismo sobre el secreto de Fátima

Breve catecismo sobre la devoción al Corazón Inmaculado de María

Pontifical Mass was celebrated today by Bishop Bernard Fellay, Superior General of the Society of Saint Pius X in Fátima. Crowd of Pilgrims From All Parts of The World.



http://fsspx.news/en/news-events/news/fatima-rosary-and-adoration-31605 

In Fatima, Rosary and Adoration



Peregrinação internacional da Fsspx em Fátima: um só sentimento, em poucas palavras. Graças a Deus e a Nossa Senhora por estas duas maravilhosas jornadas!

After mass, the pilgrims went in procession to the very place where Our Lady appeared to the children on August 19, 1917. At Os Valinhos, they prayed the rosary.
Pilgrims from various countries, united all together in a long procession sang hymns in honor to Our Lady under the olive trees.
After diner, many spent part of the night in front of the Blessed Sacrament exposed all night long for adoration and reparation of the fervent pilgrims.

Fatima: Crowd of Pilgrims From All Parts of The World




Renovação da Consagração da Fsspx ao Imaculado Coração de Maria, pelo seu Superior Geral, S. Excelência Reverendíssima Dom Bernard Fellay.
  

About 10.000 faithful came to Fatima for the pilgrimage organized by the SSPX these 19 and 20 august, on the occasion of the centenary of the apparitions of Our Lady.
The opening solemn mass of this pilgrimage was celebrated by Father Franz Schmidberger, rector of the SSPX German seminary, assisted by Father Karl Stehlin, superior of the district of Asia as a deacon, and of Father Pascal Schreiber, superior of the district of Switzerland as sub-deacon. The Superior General, Bishop Bernard Fellay assisted to the mass along with Their Excellencies Bishops Bernard Tissier de Mallerais and Alfonso de Galareta as well as 275 priests and seminarians.
250 faithful from the USA joined with the 1000 Germans, 500 Swiss, numerous Frenchmen and pilgrims from everywhere including Philippines, Singapore, Japan…
During his sermon Fr. Schmidberger reminded how actual is the message of Our Lady of Fatima, inviting all the pilgrims to offer their sufferings for Church's victory in the today crisis and for the triumph of the immaculate Heart of Mary.


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Under a bright sun and with a temperature of 90 F, the pontifical Mass was celebrated by Bishop Bernard Fellay, Superior General of the Society of Saint Pius X. He was assisted by Frs. Niklaus Pfluger and Alain-Marc Nély. Fr. Yves le Roux, rector of the SSPX seminary in the United States served as the Assistant Priest. Fr. Christian Thouvenot, SSPX General Secretary and Fr. Pablo Suarez, General Bursar, served respectively as deacon and sub-deacon.


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