sábado, 10 de novembro de 2012

Benedetto XVI oggi alle Scholae Cantorum “… impegnatevi a migliorare la qualità del canto liturgico, senza aver timore di recuperare e valorizzare la grande tradizione musicale della Chiesa, che nel gregoriano e nella polifonia ha due delle espressioni più alte"

Benedetto XVI oggi alle Scholae Cantorum “… impegnatevi a migliorare la qualità del canto liturgico, senza aver timore di recuperare e valorizzare la grande tradizione musicale della Chiesa, che nel gregoriano e nella polifonia ha due delle espressioni più alte…la partecipazione attiva dell’intero Popolo di Dio alla liturgia non consiste solo nel parlare, ma anche nell’ascoltare, nell’accogliere con i sensi e con lo spirito la Parola, e questo vale anche per la musica liturgica”.


UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO DALL’ASSOCIAZIONE ITALIANA SANTA CECILIA,
10.11.2012
" Alle ore 12 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza i partecipanti all’incontro promosso dall’Associazione Italiana Santa Cecilia e ha loro rivolto" questo altissimo discorso che postiamo per l'edificazione degli amici lettori.
Le parole che il Santo Padre ha oggi pronunciato davanti a 5000 cantori meriterebbero di essere stampate, incorniciate ed appese nelle sagrestie , negli episcopi e , con una collocazione speciale, nelle sale delle commissioni liturgiche.
Leggendo queste ispirate parole del Santo Padre non possiamo fare a meno di rivolgere il nostro pensiero verso tutti quei musicisti, cantori ed ecclesiastici, che hanno sofferto, abbandonati e derisi "usque ad mortem", a causa dell'ondata di dissacrante banalità che si è abbattuta sulla Musica Sacra in questi ultimi 50 anni riuscendo tuttavia a mantenersi fedeli all'Ideale !
Al pari di combattenti vittoriosi i loro nomi sono impressi con caratteri d'oro sul Libro che raccoglie il doveroso omaggio nei confronti di coloro che per vera devozione seppero resistere alla follia della distruzione della Liturgia e della Musica Sacra di cui è eletta sposa.
Justorum animae in manu Dei sunt, Et non tanget illos tormentum malitiae.
Visi sunt oculis insipientium mori, Illi autem sunt in pace.
A.C.
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Cari fratelli e sorelle!
Con grande gioia vi accolgo, in occasione del pellegrinaggio organizzato dall’Associazione Italiana Santa Cecilia, alla quale va anzitutto il mio plauso, con il saluto cordiale al Presidente, che ringrazio per le cortesi parole, e a tutti i collaboratori.
Con affetto saluto voi, appartenenti a numerose Scholae Cantorum di ogni parte d’Italia!
Sono molto lieto di incontrarvi, e anche di sapere - come è stato ricordato - che domani parteciperete nella Basilica di San Pietro alla celebrazione eucaristica presieduta dal Cardinale Arciprete Angelo Comastri, offrendo naturalmente il servizio della lode con il canto.
Questo vostro convegno si colloca intenzionalmente nella ricorrenza del 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II.
E con piacere ho visto che l’Associazione Santa Cecilia ha inteso così riproporre alla vostra attenzione l’insegnamento della Costituzione conciliare sulla liturgia, in particolare là dove – nel capitolo sesto – tratta della musica sacra. In tale ricorrenza, come sapete bene, ho voluto per tutta la Chiesa uno speciale Anno della fede, al fine di promuovere l’approfondimento della fede in tutti i battezzati e il comune impegno per la nuova evangelizzazione.
Perciò, incontrandovi, vorrei sottolineare brevemente come la musica sacra può, anzitutto, favorire la fede e, inoltre, cooperare alla nuova evangelizzazione.
Circa la fede, viene spontaneo pensare alla vicenda personale di Sant’Agostino - uno dei grandi Padri della Chiesa, vissuto tra il IV e il V secolo dopo Cristo - alla cui conversione contribuì certamente e in modo rilevante l’ascolto del canto dei salmi e degli inni, nelle liturgie presiedute da Sant’Ambrogio.
Se infatti sempre la fede nasce dall’ascolto della Parola di Dio – un ascolto naturalmente non solo dei sensi, ma che dai sensi passa alla mente ed al cuore – non c’è dubbio che la musica e soprattutto il canto può conferire alla recita dei salmi e dei cantici biblici maggiore forza comunicativa.
Tra i carismi di Sant’Ambrogio vi era proprio quello di una spiccata sensibilità e capacità musicale, ed egli, una volta ordinato Vescovo di Milano, mise questo dono al servizio della fede e dell’evangelizzazione.
La testimonianza di Agostino al riguardo è molto significativa. Nel decimo libro delle Confessioni egli scrive: «Quando mi tornano alla mente le lacrime che canti di chiesa mi strapparono ai primordi nella mia fede riconquistata, e alla commozione che ancor oggi suscita in me non il canto, ma le parole cantate, se cantate con voce limpida e la modulazione più conveniente, riconosco di nuovo la grande utilità di questa pratica» (33, 50).
L’esperienza degli inni ambrosiani fu talmente forte, che Agostino li portò impressi nella memoria e li citò spesso nelle sue opere; anzi, scrisse un’opera proprio sulla musica, il De Musica.
Egli afferma di non approvare, durante le liturgie cantate, la ricerca del mero piacere sensibile, ma riconosce che la musica e il canto ben fatti possono aiutare ad accogliere la Parola di Dio e a provare una salutare commozione.
Questa testimonianza di Sant’Agostino ci aiuta a comprendere il fatto che la Costituzione Sacrosanctum Concilium, in linea con la tradizione della Chiesa, insegni che «il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne» (n. 112). Perché «necessaria ed integrante»?
Non certo per motivi estetici, ma perché coopera a nutrire ed esprimere la fede, e quindi alla gloria di Dio e alla santificazione dei fedeli, che sono il fine della musica sacra (cfr ibid.).
Proprio per questo vorrei ringraziarvi per il prezioso servizio che prestate: la musica che eseguite non è un accessorio o un abbellimento della liturgia, ma è essa stessa liturgia.
Voi aiutate l’intera Assemblea a lodare Dio, a far scendere nel profondo del cuore la sua Parola: con il canto voi pregate e fate pregare, e partecipate al canto e alla preghiera della liturgia che abbraccia l’intera creazione nel glorificare il Creatore.
Il secondo aspetto che propongo alla vostra riflessione è il rapporto tra il canto sacro e la nuova evangelizzazione.
La Costituzione conciliare sulla liturgia ricorda l’importanza della musica sacra nella missione ad gentes ed esorta a valorizzare le tradizioni musicali dei popoli (cfr n. 119).
Ma anche nei Paesi di antica evangelizzazione, come l’Italia, la musica sacra può avere e di fatto ha un compito rilevante, per favorire la riscoperta di Dio, un rinnovato accostamento al messaggio cristiano e ai misteri della fede.
Pensiamo alla celebre esperienza di Paul Claudel, che si convertì ascoltando il canto del Magnificat durante i Vespri di Natale nella Cattedrale di Notre-Dame a Parigi: «In quel momento – egli scrive – capitò l’evento che domina tutta la mia vita. In un istante il mio cuore fu toccato e io credetti.
Credetti con una forza di adesione così grande, con un tale innalzamento di tutto il mio essere, con una convinzione così potente, in una certezza che non lasciava posto a nessuna specie di dubbio che, dopo di allora, nessun ragionamento, nessuna circostanza della mia vita agitata hanno potuto scuotere la mia fede né toccarla».
Ma, senza scomodare personaggi illustri, pensiamo a quante persone sono state toccate nel profondo dell’animo ascoltando musica sacra; e ancora di più a quanti si sono sentiti nuovamente attirati verso Dio dalla bellezza della musica liturgica come Claudel.
E qui, cari amici, voi avete un ruolo importante: impegnatevi a migliorare la qualità del canto liturgico, senza aver timore di recuperare e valorizzare la grande tradizione musicale della Chiesa, che nel gregoriano e nella polifonia ha due delle espressioni più alte, come afferma lo stesso Vaticano II (cfr Sacrosanctum Concilium, 116).
E vorrei sottolineare che la partecipazione attiva dell’intero Popolo di Dio alla liturgia non consiste solo nel parlare, ma anche nell’ascoltare, nell’accogliere con i sensi e con lo spirito la Parola, e questo vale anche per la musica liturgica.
Voi, che avete il dono del canto, potete far cantare il cuore di tante persone nelle celebrazioni liturgiche. Cari amici, auguro che in Italia la musica liturgica tenda sempre più in alto, per lodare degnamente il Signore e per mostrare come la Chiesa sia il luogo in cui la bellezza è di casa.
Grazie ancora a tutti per questo incontro!
© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana

sexta-feira, 9 de novembro de 2012

O Concílio Vaticano II, uma história nunca escrita...

  • O Concílio Vaticano II, uma história nunca escrita...
  • resteranno le rovine....
  • La Eucaristía es sacramento porque Cristo se nos d...
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  • O Concílio Vaticano II, uma história nunca escrita (III): Os ‘vota’ os Padres conciliares.

    O Concílio Vaticano II, uma história nunca escrita (III): Os ‘vota’ os Padres conciliares.



    Lançado em 2011 na Itália, a prestigiosa obra do Professor Roberto de Mattei, intitulada “O Concílio Vaticano II – Uma história nunca escrita”, chega agora ao público lusófono. A Editora Caminhos Romanos, detentora dos direitos sobre a versão portuguesa do laureado livro — Prêmio Acqui Storia 2011 e finalista do Pen Club Italia — , concedeu ao Fratres in Unum a exclusiva honra de divulgar alguns excertos deste trabalho que é um verdadeiro marco na historiografia do Concílio Vaticano II.
    ***
    Como os "cahiers de doléance" da Revolução Francesa.
    Bispos no Vaticano II.No verão de 1959, chegaram a Roma, sob a forma de vota, as respostas dos bispos, dos superiores das ordens religiosas e das universidades católicas à solicitação de pareceres do Cardeal Tardini [então Secretário de Estado]. O apuramento do imenso material foi iniciado no mês de Setembro e ficou concluído em finais de Janeiro de 1960. As cerca de três mil cartas constituíram a matéria dos oito volumes de Acta et documenta concilio Vaticano II apparando" [1].
    Uma análise atenta deste material permite hoje ao historiador -- como permitiu então ao Papa, à Cúria e à Comissão Preparatória -- obter um quadro dos desiderata do episcopado mundial nas vésperas do Concílio.
    As solicitações dos futuros Padres conciliares, consideradas no seu conjunto, não exprimem o desejo de uma radical reviravolta, e ainda menos de uma "Revolução" no interior da Igreja [2]. Se é certo que as tendências anti-romanas de alguns episcopados afloram claramente em respostas como a do Cardeal Alfrink [3], arcebispo de Utrecht, de uma maneira geral os auspícios dos Padres são de uma "reforma" moderada, na linha da tradição. A maioria dos vota solicitava uma condenação dos males modernos, internos e externos à Igreja, sobretudo do comunismo, bem como novas definições doutrinais, nomeadamente a respeito da Bem-Aventurada Virgem Maria. Nos vota do episcopado britânico, por exemplo, está presente a denúncia dos males da sociedade contemporânea, mas não se encontram aí instâncias de uma reforma radical [4]; e mesmo entre bispos franceses, considerados dos mais progressistas, muitos pediam a condenação do marxismo ou do comunismo, e uma minoria consistente pedia a definição do dogma da mediação de Maria [5]. Quanto aos bispos belgas, Claude Soetens, que analisou os respectivos vota, sublinha ‹‹ o caráter assaz decepcionante ›› das propostas, ‹‹ que eram pouco susceptíveis de provocar uma verdadeira renovação eclesial ››, confirmando a impressão de quantos salientaram a diferença entre as respostas dos bispos à consulta de 1959 e as atitudes por eles posteriormente assumidas durante o Concílio [6].
    Os bispos italianos, que eram os mais numerosos, queriam que o Concílio proclamasse o dogma da ‹‹ mediação universal da Bem-Aventurada Viagem Maria ›› [7]; o segundo dogma cuja definição pediam era o da Realeza de Cristo, para ser contraposto ao laicismo dominante [8]. Muitos pediam ainda ao Concílio a condenação de erros doutrinais: 91 queriam ver reiteradas a condenação do comunismo, 57 exprimiam-se contra o existencialismo ateu, 47 contra o relativismo moral, 31 contra o materialismo, 24 contra o modernismo [9]. ‹‹ Nas milhares de cartas chegadas a Roma e enviadas de todo o mundo, o comunismo era referido como o erro mais grave que o Concílio deveria condenar. Eram 286 bispos que a ele se referiam. Para além das numerosas referências ao socialismo, ao materialismo e ao ateísmo ››, refere Giovanni Turbanti [10].
    No Relatório sintético, que enuncia os vota dos bispos por nações e foi elaborado pela Secretaria-Geral das Comissões Preparatórias, o comunismo também figura como o primeiro erro que o Concílio deveria condenar [11].
    É interessante fazer uma analogia entre os vota dos Padres conciliares e os Cahiers de doléance redigidos em França com vista aos Estados Gerais de 1789. Antes da Revolução Francesa, nenhum destes cahiers se propunha subverter as bases do Ancien Régime, nomeadamente a monarquia e a Igreja. ‹‹ Nenhum Cahier foi redigido como se os Estados Gerais devessem ter como objectivo anular todo o poder pré-existente e criá-lo ou recriá-lo ex-novo ››, sublinha o historiador Armando Saitta [12]. Aquilo que se pedia era uma moderada reforma das instituições e não a subversão das mesmas, como inesperadamente aconteceu quando os Estados Gerais se reuniram. Também no caso do Vaticano II, conclui o Padre O'Malley, ‹‹ em geral, as respostas vinham pedir um reforço do status quo, uma condenação dos males modernos, quer no interior, quer no exterior da Igreja, e outras definições doutrinais, em especial relacionadas à Virgem Maria›› [13].
    O Concilio não atendeu às solicitações presentes nos vota dos Padres Conciliares, optando por secundar as reivindicações de uma minoria que conseguiu, desde o princípio, digirir a assembléia e orientar as suas decisões. Esta é a conclusão irrefutável da análise dos factos históricos.
    * * *
    [1] Os votos foram coligidos em Acta et documenta Concilio Oecumenico Vaticano II apparando -- Series I (Antepraeparatoria), cit.. Em 2594 futuros Padres Conciliares, responderam 1988, ou seja, 77% (cf. E. FOUILLOUX), ‹‹ La fase ante-preparatoria (1959-1960) ››, cit., pp. 112-113).
    [2] Para uma análise global dos vota veja-se À la veille du Concile Vatican II, cit., bem como Le deuxième Concile du Vatican, pp. 101-177. Para os prelados italianos, cf. MAURO VELATI, ‹‹ I consila et vota dei vescovi italiani ››, in À la veille du Concile Vatican II, cit., pp. 83-97; ROBERTO MOROZZO DELLA ROCCA, ‹‹ I "voti" dei vescovi italiani per il Concilio ›› , in Le deuxième Concile du Vatican, pp. 119-137.
    [3] AD, I-II, pp. 509-516. Bernard Jan Alfrink (1900-1987), holandês, ordenado em 1924, arcebispo de Utrecht a partir de 1955, feito cardeal em 1960, membro da Comissão Preparatória e do Conselho dos Presidentes, Cf. FABRIZIO DE SANTIS, Alfrink, il cardinale d'Olanda, Longanesi, Milão, 1969; TON H. M. VAN SCHAIK, Alfrink, Een biografie, Authos, Amesterdão, 1997. Sobre o papel de Alfrink no Concílio, cf. Actes et Acteurs, pp. 522-553.
    [4] Cf. SOLANGE DAYRAS, ‹‹ Les voeux de l'episcopat britannique. Reflets d'une église minoritaire ›› , in Le deuxième Concile du Vatican, pp. 139-153.
    [5] CFf. YVES-MARIE HILAIRE, ‹‹ Les voeux des évêques français après l'annonce du Concile ››, in Le deuxième Concile du Vatican, p. 102 (pp. 101-117).
    [6] Cf. C. SOETENS, ‹‹ Les vota des évêques belges en vue du Concile ››, in À la veille du Concile Vatican II, cit., p. 49 (pp. 38-52).
    [7] Cf. R. MOROZZO DELLA ROCCA, ‹‹ I vota dei vescovi italiani ›› , cit., p. 127.
    [8] Cf. ibid.
    [9] Cf. ibid., pp. 119-137.
    [10] G. TURBANTI, ‹‹ Il problema do comunismo al Concilio Vaticano II ›› , in Vatican II in Moscow, p. 149 (pp. 147-187).´
    [11] Ibid., p. 150. Especialmente notórios são os votos das universidades católicas, como por exemplo a do Ateneu De Propaganda Fide de Roma, que apresenta um longo e aprofundado estudo do padre estigmatino Cornelio Fabro sobre as origens e a natureza do ateísmo contemporâneo. (Cf. De atheismo positivo seu constructivo ut irreligiositatis nostri temporis fundamenta, AD, I-I/1, pp. 452-463).
    [12] ARMANDO SAITTA, Constituenti e Costituizioni della Francia rivoluzionaria e liberale (1789-1875), Giuffrè, Milão, 1975, p. 3.
    [13] J. W. O'MALLEY, s.j., Introdução a Vatican II. Did anything happen?, cit., p. 4
    * * *
    Roberto de Mattei nasceu em Roma, em 1948. Formou-se em Ciências Políticas na Universidade La Sapienza. Atualmente, leciona História da Igreja e do Cristianismo na Universidade Europeia de Roma, no seu departamento de Ciências Históricas, de que é o director. Até 2011, foi vice-presidente do Conselho Nacional de Investigação de Itália, e entre 2002 e 2006, foi conselheiro do Governo italiano para questões internacionais. É membro dos Conselhos Diretivos do Instituto Histórico Italiana para a Idade Moderna e Contemporânea e da Sociedade Geográfica Italiana. É presidente da Fundação Lepanto, com sede em Roma, e dirige as revistas Radici Cristiane e Nova Historica e colabora com o Pontifício Comitê de Ciências Históricas. Em 2008, foi agraciado pelo Papa com a comenda da Ordem de São Gregório Magno, em reconhecimento pelos relevantes serviços prestados à Igreja.

    Onde encontrar:

    Em Portugal – Nas maiores livrarias do país. Em Lisboa, nas livrarias Fnac e Férin (próxima ao Chiado, centro histórico). Em Porto, pelos telefones 936364150 e 911984862.

    No Brasil -- Nas livrarias Loyola, da rua Barão de Itapetininga, no centro de São Paulo, e Lumen Christi, do Mosteiro de São Bento, Rio de Janeiro. Pela internet, na Livraria Petrus e Editora Ecclesiae.

    * * *fonte

    resteranno le rovine....

    resteranno le rovine....


    Colloquio con Roberto de Mattei, docente di Storia della Chiesa e Storia Moderna all’Università Europea di Roma ed è autore di Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta (Lindau 2011)

    A cinquant’anni dalla sua apertura il Concilio cosa ha lasciato in eredità alla chiesa di oggi? Celebrare o vivere il Vaticano II ?

    La Chiesa di oggi vive uno dei momenti più difficili della sua storia, tanto che Benedetto XVI ha sentito la necessità di indire un Anno per la fede, per riproporre il messaggio perenne del Vangelo, non solo alla società secolarizzata occidentale, ma alla Chiesa stessa. Si tratta di capire quali sono le cause di questa crisi della Chiesa e in che misura sono legate al Concilio Vaticano II. Io credo che le radici della crisi religiosa e morale contemporanea preesistano al Concilio, ma in esso abbiano avuto un indubbio momento di deflagrazione. Sotto questo aspetto il Concilio ci ha lasciato una pesante eredità. E’ giunta l’ora, mi sembra, di prender atto del fallimento del metodo pastorale del Vaticano II.

    Le interpretazioni storiche, le ermeneutiche, rottura, discontinuità o riforma i tempi lunghi della recezione. Una sua valutazione?

    C’è il rischio di perdersi in discussioni inutili. Benedetto XVI, nel suo discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2005, ha dichiarato che all’ermeneutica della discontinuità non si oppone un’ermeneutica della continuità tout court, ma un’”ermeneutica della riforma” la cui vera natura consiste in un “insieme di continuità e discontinuità a livelli diversi”. Tutti accettano l’esistenza di livelli diversi di continuità e di discontinuità del Concilio Vaticano II nei confronti della Chiesa precedente. Si tratta però di capire su quali piani ci si muove. Io ritengo che sia importante distinguere l’evento storico dai documenti, e prima di leggere e valutare i documenti, sia necessario ricostruire la verità storica di ciò che è accaduto a Roma tra il 1962 e il 1965. Qualcuno mi rimprovera di utilizzare lo stesso metodo della scuola di Bologna, mentre c’è una differenza di fondo. La scuola progressista di Bologna trasforma la storia in un locus theologicus, affidando allo storico il ruolo del teologo. Io, al contrario, affermo la distinzione dei ruoli e credo che l’interpretazione dei testi non spetti allo storico, ma al Magistero della Chiesa,

    Un Concilio ecumenico, quali sono state le grandi novità che hanno cambiato il mondo di essere della chiesa, soprattutto per i nativi conciliari e per coloro che del Vaticano II hanno sentito solo parlare. Quando i testimoni saranno scomparsi cosa resterà?

    Sarei tentato di rispondere che resteranno le rovine. Le rovine degli altari devastati, delle chiese spopolate, dei seminari abbandonati e soprattutto le rovine della diserzione, ovvero l’abbandono di quelle trincee in cui la Chiesa preconciliare combatteva il mondo per evangelizzarlo. Il nuovo metodo della “mano tesa” non ha convertito il mondo, ma lo ha reso più aggressivo. I nemici della Chiesa, che ci sono sempre stati e non mancheranno mai, dimostrano nei confronti della Chiesa dialogante una intolleranza molto maggiore di quanta non ne nutrissero verso la Chiesa“intransigente”. Quando i testimoni saranno scomparsi rimarrà la domanda di fondo: perché è accaduto tutto questo?

    Incontro universale della chiesa, prospettiva pastorale, riconciliazione con il mondo e la modernità, rispetto della tradizione aggiornata ai segni dei tempi. Concetti espressi più volte che molti faticano a comprendere oggi.

    Il Concilio Vaticano II è stato il primo Concilio della Chiesa che si è autoproclamato pastorale. Tutti i venti Concili precedenti avevano espresso in termini pastorali adeguati al mondo del loro tempo i dogmi e i canoni disciplinari che avevano promulgato. Nel Vaticano II, l’”aggiornamento” elevò la “pastoralità” a principio alternativo alla“dogmaticità. La dimensione pastorale, per sé accidentale e secondaria rispetto a quella dottrinale, divenne nei fatti prioritaria, operando una rivoluzione nel linguaggio e nella mentalità. Ma esprimersi in termini diversi dal passato, significa compiere una trasformazione culturale più profonda di quanto possa sembrare.. Secondo il padre John O’Malley, il Vaticano II fu soprattutto un“evento linguistico”. La novità linguistica secondo i progressisti era in realtà dottrinale, perché, per essi, il modo in cui si parla ed agisce è dottrina che si fa prassi.

    Il vissuto della chiesa e il Concilio. Più delle dispute storiche e teologiche valgono le esperienze delle comunità, la testimonianza di laici e religiosi, uomini che il Concilio l’hanno applicato nella loro vita.

    Molti degli uomini che il Concilio lo hanno applicato nella loro vita hanno abbandonato la Chiesa. Si pensi, ad esempio, all’ex-abate di San Paolo Giovanni Franzoni, uno degli ultimi Padri conciliari italiani viventi, tuttora punto di riferimento per la teologia progressista. Franzoni si distinse come animatore della “Comunità di base” neo marxista dell’abbazia di San Paolo, prese apertamente posizione per il divorzio, aderì alla teologia della liberazione in America Latina, si sposò con rito civile con una giornalista giapponese. Altri protagonisti del Concilio, come Hans Kueng, uno degli ultimi “esperti” teologici del Concilio sopravissuti, non si sono sposati e rimangono all’interno della Chiesa, celebrando regolarmente Messa, ma non professano più la fede cattolica. Laddove invece si è voltato le spalle al metodo pastorale del Concilio e si è fatta l’esperienza della Tradizione, la fede rinasce, fioriscono le vocazioni religiose e crescono numerose e stabili le famiglie. Questo è il “vissuto” della Chiesa che io conosco.
    tratto da: http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/concilio-19386/

    La Eucaristía es sacramento porque Cristo se nos da como alimento para el alma, y es sacrificio porque se ofrece a Dios en oblación.

     

    La Eucaristía como sacrificio
    A pesar de que el sacramento y el sacrificio se llevan a cabo en la misma consagración, hay que distinguirlos. La Eucaristía es sacramento porque Cristo se nos da como alimento para el alma, y es sacrificio porque se ofrece a Dios en oblación.
    En el sacramento la santificación del hombre es el fin, pues se le da como alimento y en el sacrificio el fin es darle gloria a Dios, es a Él a quien va dirigido. Así mismo, la Eucaristía es sacrificio de la Iglesia – Cuerpo Místico de Cristo – que se une a Él y se ofrece a Dios.
    Desde el principio de la creación, el sacrificio es el principal acto de culto de las diferentes religiones, siempre se le han rendido a Dios homenajes. El sacrificio es un ofrecimiento a Dios, donde existe una cosa sensible que se inmola o se destruye (víctima), llevándolo a cabo un ministro legítimo, en reconocimiento del poder de Dios sobre todo lo creado.
    El sacrificio de la Misa – La Misa es el mismo sacrificio de la cruz, con todo su valor infinito. En él se cumplen todas las características del sacrificio, el sacerdote, y la víctima son el mismo Cristo, quien se inmola con el fin de darle gloria de Dios. No es una representación, sino una renovación, del sacrificio de la cruz. En cada una se repite el sacrificio de la cruz, la única diferencia es que se realiza de forma incruenta, sin derramamiento de sangre. La Misa es el perfecto sacrificio porque la víctima es perfecta. leer...

    El Sacrificio de la Misa, el de la Cena, y el de la Cruz son, en cuanto a la sustancia, un solo y mismo sacrificio.

     
    Qué es la Misa.La santa Misa es el Sacrificio en el cual se ofrece y se inmola incruentamente Jesucristo, Dios y Hombre verdadero, bajo las especies del pan y del vino, por ministerio del Sacedote-celebrante; para reconocer el supremos dominio de Dios y aplicarnos a nosotros las satisfacciones y méritos de su Pasión y Muerte.El Sacrificio de la Misa, el de la Cena, y el de la Cruz son, en cuanto a la sustancia, un solo y mismo sacrificio. La diferencia entre los tres proviene del modo diferente con que en cada uno de ellos se ofrece. En efecto: en la Cena Jesucristo se inmoló mística y personalmente, sin derramamiento de sangre, en estado todavía mortal y anunciando su próxima muerte; mientras que en la Misa se inmola también místicamente y sin derramamiento de sangre, pero por ministerio del sacerdote, y en estado inmortal y glorioso, y recordando la muerte ya acaecida; en tanto que, en la Cruz, Jesucristo se inmoló de un modo real, visible, con derramamiento de sangre y personalmente, y una vez para siempre. Ademas: en la Cruz Jesucristo se inmoló para merecer y satisfacer por nosotros mientras que en la Cena y en la Misa lo hace para aplicarnos aquellos méritos y satisfacciones. De modo que, al asistir el cristiano a la Misa, es como si asistiera simultáneamente a ella, a la Cena y a la Muerte de Cristo.

    Fines de la Misa.La Misa se ofrece para cuatro grandes fines:
    1. para dar a Dios el culto supremo de adoración;
    2. para agradecerle todos sus inmensos beneficios;
    3. para pedirle todos los bienes espirituales y temporales;
    4. para satisfacerle por todos nuestros pecados.
    Cuando se asiste, pues, a Misa, se deben tener en cuenta estos cuatro grandes fines o intenciones generales, a los cuales cada uno puede añadir otros particulares. Por eso la Misa llena todas las necesidades y satisface todas las aspiraciones del alma y resume en sí toda la esencia de la Religión.

    Valor de la Misa.El valor de la Misa, en cuanto a su suficiencia, es infinito, tanto en la extensión como en la intensidad, y ello a causa de la dignidad del Pontífice y de la Hostia, que es el mismo Jesucristo. Por consiguiente, la Misa es por sí misma suficiente para borrar los crímines de todos los hombres, para satisfacer por todas las deudas y para alcanzar de Dios todos los bienes espirituales y materiales, en relación a la salvación. En cuanto a su eficacia práctica, el valor "latréutico" (o de adoración) y el valor "eucarístico" (o de acción de gracias) de la Misa es también infinito, ya que una sola Misa procura a Dios una gloria que sobrepuja a todas las alabanzas de todas las criaturas visibles e invisibles; empero la eficacia impetratoria y satisfactoria de la Misa, es, de suyo, finita y limitada, y proporcionada a nuestra capacidad y disposiciones.

    Insuffisance des sacrifices de l’ancien testament, et dignité de celui du nouveau


    Insuffisance des sacrifices de l’ancien testament, et dignité de celui du nouveau



    Mais comme tous ces sacrifices de l’ancienne loi n’étaient point capables d’honorer Dieu dignement, ni de mériter les grâces du salut, ni d’expier les péchés, ils ont été abolis tous ; et Jésus-Christ leur a substitué le sacrifice de son Corps et de son Sang, qu’il a offert uns fois sur la Croix pour la gloire de son Père et pour le salut des hommes, et qu’il renouvelle chaque jour sur nos Autels. Ainsi dans la loi nouvelle il n’y a proprement qu’un seul sacrifice, qui est celui de la Croix, renouvelé et continué par celui de la Messe, parce qu’il n’y a que ce seul sacrifice qui soit absolument digne de Dieu, qui lui soit uniquement agréable, et qui puisse mériter les grâces du salut et expier les péchés des hommes.

    1° Ce sacrifice est digne de Dieu et il lui procure la gloire et l’honneur qu’il mérite, puisqu’on lui offre une victime d’un prix infini, c’est-à-dire Jésus-Christ qui est Dieu lui-même, égal à son Père.

    2° Il lui est uniquement agréable, puisque c’est son Fils bien-aimé.

    3° C’est la source de toutes les grâces du salut, car toutes les grâces qui ont été données aux hommes, même avant l’Incarnation, viennent des mérites infinis de Jésus-Christ. Il nous les a mérités en mourant sur la Croix, et il nous les applique en s’immolant sur nos Autels. Ainsi le sacrifice de la Croix a amassé le trésor des grâces, et celui de la Messe les distribue à chacun selon ses dispositions.

    4° Le sacrifice de la Croix et de la Messe est plus que suffisant pour réparer l’outrage infini que les péchés ont fait à Dieu, et pour les expier, puisqu’une seule goutte du Sang de Jésus-Christ, étant d’un prix infini, eût suffi pour effacer les péchés du monde entier. De tout cela il s’ensuit aisément que la Messe est tout ce qu’il y a de plus grand, de plus saint dans la religion. Rien n’est plus glorieux à Dieu ni plus avantageux pour l’homme.



    Les trois parties les plus essentielles de la Messe sont,

    1° la consécration, puisque c’est dans ce moment que Jésus-Christ descend du ciel sur l’autel, et que le pain et le vin sont changés en son Corps et en son Sang ;

    2° l’offrande du sacrifice, non seulement celle du pain et du vin, qui se fait à l’offertoire, mais surtout celle de Jésus-Christ même, qui se fait immédiatement après la consécration, lorsque le Prêtre levant la sainte Hostie et le Calice vers le Ciel présente au Père éternel son Fils bien-aimé, et lorsque ensuite, faisant le signe de la Croix sur l’hostie et sur le calice, il prononce ces paroles : " Nous vous offrons une hostie sainte, une hostie pure, une hostie sans tache, et le calice du salut éternel "
    [Prière, Unde et memores... après la consécration dans la messe tridentine]. C’est donc surtout dans ces deux moments qu’on doit offrir à Dieu, avec le Prêtre, Jésus-Christ en sacrifice à son Père ;

    3° la communion, qui est la participation et la consommation du sacrifice ; car de même que dans l’ancienne loi le Prêtre, après avoir offert une victime, y participait lui-même et en faisait part à celui qui l’avait donnée et pour qui elle avait été offerte, de même dans la nouvelle le Prêtre, après avoir offert le saint sacrifice de la Messe, doit nécessairement y participer ; et l’Église souhaiterait que les fidèles pour qui il est offert vécussent assez saintement pour être en état d’y participer aussi par la communion sacramentelle. Ils doivent du moins y participer par la communion spirituelle, qui se fait en s’unissant à Jésus-Christ en esprit par désir et par amour.lire...

    Le prêtre à l'autel est le médiateur de Dieu et des hommes.

     
    DE LA SAINTE MESSE

    I - Comme on doit dire la Messe

    Comme il n'y a point de culte sur la terre qui rende plus d'honneur à Dieu que le saint Sacrifice de la Messe, nous devons considérer cette action comme la plus importante de notre vie, et la faire avec toute la perfection qui nous est possible. Si le prêtre connaît son état et la grandeur de 'son ministère, il ne s'approchera jamais des autels qu'avec une horreur sacrée , et n'en sortira qu'avec une reconnaissance infinie.

    II - Qu'est-ce qu'un prêtre à l'autel ?

    Le prêtre à l'autel est le médiateur de Dieu et des hommes. C'est l'agent de la nature humaine et le député de l'Église, choisi de tout son corps pour traiter avec Dieu au nom de toutes les créatures ; pour lui rendre de leur part leurs soumissions et leurs hommages ; pour adorer sa grandeur infinie ; pour le remercier de ses bienfaits ; pour apaiser sa justice et obtenir grâce à tous les pécheurs ; enfin, c'est pour lui demander les nécessités corporelles et spirituelles de tous les hommes.

    Ceux qui entendent la Messe se doivent persuader qu'il y a deux prêtres à l'autel : l'un visible, l'autre invisible ; l'un qui est principal, l'autre qui est subordonné ; l'un qui est Dieu et homme, l'autre qui est pur homme. Ou plutôt ils doivent croire qu'il n'y a qu'un prêtre en chef, qui est Jésus-Christ, lequel s'immole lui-même et se sacrifie par les mains de son ministre ; car il est en ces divins ministères le prêtre et la victime ; il sacrifie et il est sacrifié.lire...

    O PODER DA SANTA MISSA


    O PODER DA SANTA MISSA


    Conforme o Rito Tridentino do Papa São Pio V.


    Pe. Martinho de Cochem. > Sua Biografia.










































































    EXPLICAÇÃO DA SANTA MISSA pe. Martinho de Cochem