"La fede ci insegna che il Dio che sta vicino a te, che ti sostiene, che ti illumina, che ti porta per mano, è Colui che ha creato il cielo e la terra. Tutto consiste nella fede, ma la nostra fede è povera. C’è il pericolo che noi, anche se crediamo in Dio, lo adattiamo alla nostra pochezza. Non noi ci proporzioniamo a Lui che è l’Infinito, che è l’Onnipotente, ma proporzioniamo Dio a noi stessi, ai nostri sentimenti, alle nostre piccole speranze, ai nostri piccoli propositi. La prima lettura che abbiamo ascoltato ci ha detto che colui che sta vicino a noi, che ci conosce, che ci ha scelto, è il creatore del cielo e della terra. Hai mai considerato quanto è grande l’universo? Hai mai cercato di avere una certa visione della sconfinata vastità della creazione? Con tutti i suoi problemi, le leggi che la governano, gli innumerevoli esseri viventi che la abitano? Stamani mi sono domandato se tutta la cristianità non abbia mancato gravissimamente di fede. Ieri c’era un docente dell’università di Bologna al ritiro, me l’ha presentato Lamberto (Coppini, ndr): mi ha detto che ha visitato la Mongolia, il Tibet, è stato quattro volte in Cina, ha visitato tutta l’India. Mi diceva che il cristianesimo non ha nemmeno scalfito questa moltitudine immensa di popoli. Pensate che sono 800 milioni in India e 1 miliardo e 200 milioni in Cina. Che cos’è il cristianesimo?
È evidente che l’Europa è ormai finita: se questi popoli si svegliano l’Europa diventa un’appendice qualunque rispetto al continente asiatico. E la Chiesa dov’è? Il peccato per me grave – mio, ma anche vostro, dei vescovi e di tutti i cristiani – è quello di non aver avuto quella fede intrepida che ebbe Paolo e che ebbero i primi missionari del vangelo che trasformarono un’intera civiltà, l’impero romano e anche la civiltà greca, che hanno fatto l’Europa cristiana. Dov’è oggi questa forza, questa fede? Noi si cerca di mantenere che l’Europa rimanga cristiana: è tutto qui? L’impeto apostolico della Chiesa consiste solo nel trattenere la fede in chi non la vuole più, in chi l’ha ripudiata? II Signore ci dice che se una città non ci accoglie, dobbiamo scuotere la polvere dai nostri calzari e andarcene in un’altra città. Perché non andiamo in Asia? Che cosa ci facciamo in Europa? Ha abbandonato il Signore: viva allora nella sua dannazione. Che l’Europa finisca: che senso ha che noi sciupiamo tutte le nostre energie per un popolo che non vuole sapere più nulla di Dio? Facciamo davvero quello che il Signore ci ha chiesto? Abbiamo veramente fede nell’onnipotenza della sua grazia? Crediamo realmente che Dio si è fatto uomo per salvare tutti noi? Crediamo davvero che questo uomo e Dio risorto, che vive in mezzo alla Chiesa, è la vita del mondo?
Sono parole: non ci crediamo, perché se credessimo la nostra vita avrebbe un diverso fulgore e non si penserebbe soltanto di conservare – malamente – quel poco di cristianesimo che l’Europa ha ricevuto, ma sentiremmo l’ansia di queste popolazioni immense che ancora non sono nemmeno scalfite dal Vangelo e non sanno nulla del Cristo. Che cosa sono i sei milioni di cattolici in Cina nei confronti di un miliardo e 200 milioni di uomini? Abbiamo l’ansia missionaria? Sentiamo nel cuore questo bisogno di portare a tutti la vita, se crediamo che la vita e la salvezza sono in Cristo Gesù? Con questo non intendo dire che queste popolazioni asiatiche vadano all’inferno, ma intendo dire quello che dissi una volta ai Cardinali e al Papa quando predicai gli esercizi in Vaticano. Ripetei le parole della conclusione del vangelo di Marco: "Chiunque crede e sarà battezzato, sarà salvo, chi non crede sarà condannato". Mi disse il cardinale Tisserand: "Non è poi così come dice il Vangelo! …". lo gli dissi: "Beh, se loro non saranno condannati, sarà condannato lei, perché lei non fa quello che deve fare per portare a tutti il Vangelo". È vero che loro non hanno colpa se non credono, ma è vero che questa colpa ricade su di noi perché non crediamo in Dio. Il cristianesimo è diventato un elemento di cultura, non è più quella forza divina che ci sostiene e ci spinge ad un’avventura eroica. Vedete, io mangio tutti i giorni: è possibile essere cristiani se si mangia tranquilli tutti i giorni? Me lo domando: io credo che in noi manchi il senso di quel rapporto che Dio ha stabilito con l’uomo. Dio non è un qualunque idoletto: è il Dio onnipotente, il creatore del cielo e della terra, è Dio che è l’Infinito, che è l’Eterno e che vuole vivere in te, vuole che il tuo essere diventi strumento della sua onnipotenza divina.
Come mai ci accontentiamo soltanto se ci convertono soltanto 10, 20, 500, 5000 persone? Che cosa sono mai di fronte a questi due miliardi di asiatici? Poi c’è il Giappone, la Corea, la Mongolia, l’Indonesia… Che cosa è il cristianesimo? Io credo che tutti saranno salvi, ma credo che sia grande la nostra responsabilità quando riduciamo il cristianesimo ad un elemento di cultura. Se ne vada l’Europa! Nostro Signore ha detto che dobbiamo scuotere la polvere dai nostri calzari e andare in un’altra città: se l’Europa ha abbandonato il Cristo, noi abbandoniamo l’Europa e andiamo. La prima lettura ci ha ricordato che quelli che non sono con il Cristo cadono, si stancano, non possono camminare, ma chi ha posto la sua fiducia in Dio è come un’aquila: si rinnova la sua giovinezza, cammina e non si stanca mai. È una forza che ci spinge e non ci lascia più.
Io ho 80 anni e sono ancora giovane per poter andare nel Giappone: e voi cosa farete? Io credo che noi dobbiamo sentire quest’ansia: non so se andremo in Asia, perché siamo così pochi, ma soprattutto miseri. Quando san Francesco Saverio andò in India non c’erano nemmeno venti persone nella Compagnia di Gesù: sant’Ignazio lo mandò a 5000 km di distanza, coi mezzi e le comunicazioni che c’erano allora; lo mandò senza nessun aiuto, ma c’era Dio con lui. Ignazio, morendo, designò san Francesco Saverio come suo successore, ma san Francesco Saverio era morto già da sette anni e Ignazio non sapeva ancora nulla. Dov’è il nostro cristianesimo? Dobbiamo domandarcelo un poco. Non riduciamo la fede cristiana alla nostra portata: noi siamo troppo piccoli, troppo deboli, troppo stupidi per ridurre il cristianesimo – che è la verità di Dio – alla nostra portata. Dobbiamo invece essere trasformati da questa forza divina e divenire lo strumento stesso dell’Onnipotenza. Si impone allora il camminare, non stare mai fermi: se oggi non sei più santo di ieri, tu già manchi. Ci deve spingere una forza interiore che ci impedisce di fermarci in questo cammino che ci porta a Dio e a sentire sempre più profondamente in noi i problemi del mondo, la povertà delle anime che non conoscono Dio.
Oh, se veramente fossimo cristiani! Potremmo davvero dormire? La natura, certo, ha anche le sue esigenze: non credo che abitualmente noi si possa vivere una tensione che ci impedisca di dormire. Possiamo però dormire poco: invece di dormire sei ore come dormo io, si potrebbe arrivare a dormire tre ore, un’ora. Non è un fatto miracoloso: Napoleone era talmente preso dall’idea di voler conquistare il mondo, che sembra che dormisse un’ora solo ogni notte. Forse è un po’ esagerato, ma egli aveva quest’ansia che lo spingeva e non lo faceva dormire. lo stamani sbadigliavo dopo aver dormito 5 ore: è una cosa grave. Se veramente fossi stato preso dal senso della presenza di Dio a cui mi rivolgevo nella preghiera, come potevo dormire? lo vorrei vedere se tu andando dal Papa, anche se avessi dormito poco, ti addormenteresti in piedi, davanti a lui: se il Papa ti parlasse, tu non lo ascolteresti? La presenza stessa del Papa ti sveglierebbe. E come è possibile che noi alla presenza di Dio possiamo vivere una vita così scialba e così povera?
Io non voglio condannarvi, né me né voi, ma voglio dirvi che siamo stati scelti da Dio per essere i suoi amici, per essere come un prolungamento della sua umanità. Dobbiamo sentirlo questo, anche perché ci possiamo scuotere: noi troppo spesso adattiamo Dio a noi, ci sentiamo poveri e non facciamo nessuno sforzo per essere quello che il Signore vuole da noi. Egli vuole che siamo uomini grandi, non perché il mondo ci conosce, ma per quell’amore che deve vivere in noi, per quella forza divina che ci deve spingere nel cammino della santità.
Miei cari fratelli, io vi chiedo una cosa sola. La chiedo anche a me: io sono vecchio, ma so benissimo che Dio può farmi santo anche in un giorno solo. Io chiedo a voi tutti, fate questo proposito sinceramente: non rinunziate ad essere santi, non chiedete a voi meno di questo. Certo, sarete sempre delle povere creature, come lo sono io, sempre capaci di cadere, ma non dobbiamo rinunziare: anche se cadiamo, dobbiamo rialzarci immediatamente e riprendere il cammino. A Dio non mancano i mezzi di sollevarci anche dall’abisso più fondo. Dobbiamo tendere alla santità. Io vi chiedo questo, perché solo la santità può rendere testimonianza a Dio e può scalfire questa muraglia enorme di miliardi di persone che dopo duemila anni di cristianesimo non sanno ancora nulla di Cristo. Qualcuno di voi dirà: "È tutta retorica: anche lei è un povero uomo che ha tutte le debolezze che trovo negli altri". È vero, ma io voglio cambiare, voglio credere che la potenza del Signore mi trasformerà. Non so come avverrà questa trasformazione, non so che cosa farà di me: alla mia età non sarò un Francesco Saverio, sarò Divo Barsotti, ma che io sia veramente santo, questa è la cosa importante. La santità è la perfezione della vostra natura, non è qualcosa di estraneo alla vostra natura. Dal momento che Dio ha dato a tutti la vocazione alla santità, vuol dire che ognuno di noi realizzerà un certo tipo di santità che risponde alle possibilità almeno remote della nostra natura che, posseduta da Dio, può realizzare questa perfezione. Ognuno di noi sarà diverso: non sarebbe santità se il Signore ci facesse in serie. La santità è una personalizzazione sempre più profonda dell’essere umano.
Si è detto tante volte: anche l’amore umano personalizza. Prima era un povero ragazzo: è stato amato da una ragazza e non fa più parte di una moltitudine, ora ha un nome. Questo è tanto più vero se noi siamo amati da Dio: soltanto la vita religiosa fa le grandi personalità. La nostra personalizzazione è la santità, il nostro rapporto con il Cristo: la santità è vivere intensamente e pienamente questo rapporto.
Il padre
(Omelia tenuta a Casa San Sergio