sábado, 24 de novembro de 2012

Eucarestia: cosa ne pensano i santi

Eucarestia: cosa ne pensano i santi
«C'è il SS. Sacramento: è tutto quel che mi abbisogna» (S. Pier Giuliano Eymard)

«Ho un tale desiderio della S. Comunione, che, se fosse necessario camminare a piedi nudi sopra una strada di fuoco per giungervi, lo farei con indicibile gioia» (S. Margherita Maria Alacoque)

«La sua vista mi dà il desiderio e anche la forza di immolarmi, quando avverto di più l'isolamento e la sofferenza» (S. Bernardetta)

«I miei occhi li ho riempiti di Gesù che ho fissato all'elevazione dell'Ostia nella S. Messa, e non voglio sovrapporgli nessun'altra immagine» (S. Coletta Boylet)

«A forza di adorare e di mangiare la Bellezza, la bontà e la Purezza in persona in questo divin Sacramento, diverrai tutta bella, buona e pura» (S. Francesco di Sales)

«L'uomo deve tremare, il mondo deve fremere, il cielo intero deve essere commosso, quando sull'altare, tra le mani del sacerdote, appare il Figlio di Dio» (S. Francesco d'Assisi)

«Sarebbe più facile che la terra si reggesse senza sole, anziché senza la S. Messa» (S. Pio da Pietrelcina)

«Io credo che, se non ci fosse la Messa, a quest'ora il mondo sarebbe già sprofondato sotto il peso delle sue iniquità. È la Messa il poderoso sostegno che la regge» (S. Leonardo da Porto Maurizio)

«Con l'orazione noi domandiamo a Dio le grazie; nella S. Messa costringiamo Dio a darcele» (S. Filippo Neri)

«Il martirio non è nulla in confronto alla Messa, perché il Martirio è il sacrificio dell'uomo a Dio, mentre la Messa è il sacrificio di Dio per l'uomo!» (S. Curato d'Ars)

«La Messa è la devozione dei Santi» (S. Curato d'Ars)

«I minuti che seguono la Comunione sono i più preziosi che noi abbiamo nella vita; i più adatti da parte nostra per trattare con Dio, e da parte di Dio per comunicarci il suo amore» (S. Maria Maddalena de' Pazzi)

«Non darei quest'ora di ringraziamento (dopo la Comunione) neppure per un'ora di Paradiso» (S. Luigi Grignon de Monfort)

«Guardiamo che il non potere non sia il non volere. Il ringraziamento lo devi fare sempre» (S. Pio da Pietrelcina)

«Non è per restare nel ciborio d'oro che Egli discende ogni giorno dal cielo, ma è per trovare un altro cielo che Gli è infinitamente più caro del primo: il cielo dell'anima nostra, fatta a immagine sua, il tempio vivo dell'adorabile Trinità» (S. Teresa di Lisieux)

«Se dovessi percorrere miglia e miglia sui carboni accesi pur di arrivare a ricevere Gesù, direi quella via facile come se camminassi su un tappeto di rose» (S. Caterina da Genova)

«Non vi è che la Comunione che può conservare puro un cuore a venti anni... Non ci può essere castità senza Eucarestia» (S. Filippo Neri)

«Più Ti amo, meno Ti amo, perché di più vorrei amarTi. Non ne posso più. Dilata, dilata il cuor mio!...» (S. Francesca S. Cabrini)

«Quando vi sono due strade per arrivare in un luogo passo per quella in cui s'incontrano più chiese, per stare più vicino al SS. Sacramento...» (ven. Jean-Jacques Olier)

«Che dolcezza delle dolcezze, mio Dio! Più di quindici ore senza aver altro da fare che questo: guardare Voi e dirVi: Signore, Vi amo! Oh che dolcezza!» (beato Charles de Foucauld)

«Se io incontrassi un Sacerdote e un Angelo, saluterei prima il Sacerdote, poi l'Angelo... Se non ci fosse il Sacerdote, a nulla gioverebbe la Passione e la Morte di Gesù... A che servirebbe uno scrigno ricolmo d'oro quando non vi fosse chi lo apre? Il Sacerdote ha la chiave dei tesori celesti» (S. Curato d'Ars)

«Godo nel Signore che spesso vi troviate immersa ed abissata nella SS. Passione del dolce Gesù e nella gran fornace del Sommo Bene Sacramentato, perché ivi berrete a fiumi di fuoco di santo amore i tesori della divina grazia e sante virtù...» (S. Paolo della Croce)
 
http://neocatecumenali.blogspot.pt/2012/03/eucarestia-cosa-ne-pensano-i-santi.html

sexta-feira, 23 de novembro de 2012

MODO DI UDIRE LA SANTA MESSA di S. Alfonso M. De' Liguori


MODO DI UDIRE LA SANTA MESSA
(di S. Alfonso M. De' Liguori)




Nella Messa si fa quella stessa azione che si fece sul Calvario; se non che allora si sparse il Sangue di Gesù Cristo realmente, sull'altare invece misticamente; ma nella stessa Messa ci si applicano in particolare i meriti della Passione di Gesù.
Per sentire, dunque, con gran frutto la santa Messa, bisogna attendere ai fini, per cui ella fu istituita, cioè:

I. Per onorare Dio.
II. Per ringraziarlo dei benefizi.
III. Per soddisfare i nostri peccati.
IV. Per ottenere le grazie.
Offerta della santa MessaEterno Padre, in questo sacrificio io vi offerisco il vostro Figlio Gesù con tutti i meriti della sua passione: -1. In onore della vostra maestà; 2. In ringraziamento dei benefici a me fatti e che spero di ricevere per tutta l'eternità; 3. In soddisfazione delle colpe mie e di tutti i vivi e defunti; 4. Per ottenere la salute eterna e tutte le grazie necessarie per salvarmi.
MODO DI UDIRE LA SANTA MESSA

Al principio della Messa quando inchinasi il Sacerdote a piè dell'altare
Ecco, anima mia, il tuo Gesù néll'orto dei Getsemani, ove dà Egli principio alla sua amara passione. Vedilo; Ei si ritira in luogo solitario, e prostrato con la faccia in terra, prega il suo divin Padre, acciò l'assista in quel penoso conflitto. Al vedersi in quest'ora schierati ad uno ad uno i tormenti della vicina sua morte s'attrista, sviene e suda sangue. Oh! Il gran male ch'io ho fatto peccando contro di voi, o mio Signore e mio Dio! Conosco le mie colpe e le ho innanzi agli occhi per inorridirmi, piangere e soddisfarvi. Le confesso avanti a voi ed a tutta la corte del Cielo. Siatemi pietoso, onnipotente Iddio, e perdonatemi, assolvetemi e salvatemi. Il sangue del vostro divin Figliuolo così addolorato parli per me.
Quando il Sacerdote ascende l'AltareAri;ma mia, il tuo Gesù è tradito, miralo preso in mezzo dai soldati e legato barbaramente. Ei soffre e tace. Guarda come va condotto a Gerusalemme e là menato fra mille vituperi e pene. Osserva a qual prezzo ha soddisfatto per la tua superbia, per le tue colpe; a qual prezzo ti ha meritata la grazia, onde renderti santa. Ne hai tu approfittato?
Dall'Epistola al VangeloGesù entra in Gerusalemme. Vedilo, anima mia, non però applaudito e riconosciuto per Re; ma guardato per un malfattore, è ricevuto con risa e villanie Quanto è mai variabile il sentimento degli uomini! Dall'allegrezza passano al furore, dalle lodi alle contumelie, dagli ossequi agli obbrobri. E tu, anima mia, confiderai negli uomini? Impara a non stimare i loro giudizi... ma fissa di nuovo lo sguardo, ed osserva il tuo Gesù che è trascinato con funi e condotto per quegli infami tribunali dov'Ei viene accusato e deriso, pesto e abbandonato. Che belle lezioni di silenzio e di perdono, di pazienza e di mortificazione Egli mai ti dà. Le intendi, anima mia? E quando le imparerai tu, anima delicata e vile? E quando con volontarie pene, o almeno con virtuosa sofferenza degli incomodi della vita castigherai, siccome devi, l'insolente e peccatrice tua carne? Sempre peccati e non mai penitenza? Sempre offese a Dio, e non mai soddisfazione?... Eterno Padre, eccomi pronto a soffrire tutti i castighi, ad incontrare ogni dolore alla vista delle mie colpe, e occupato sempre nel pensiero del mio peccato. «Non mi abbandonate, mio Dio, non vi allontanate da me» (Sal. 37).
Dall'«Offertorio» sino al «Sanctus»Ecco il mio Gesù legato alla colonna, dove viene flagellato barbaramente, e coronato di spine. Chi può vederlo, e non piangere di tenerezza? O Angeli dei Cielo, venite e vedete il Re della gloria come Egli sta strettamente legato, tutto coperto di piaghe e col capo trafitto! Se non vi è permesso di liberarlo da tante pene, almeno venite meco a piangere di compassione... Eterno Padre, accogliete quest'Ostia immacolata in ringraziamento delle vostre infinite misericordie onde mi avete ricolmato, ed in espiazione di tante colpe che io ho commesso contro di voi. Signore, abbiate pietà di me, provvedete alle mie necessità, e specialmente concedetemi la grazia finale. Sono indegno, è vero, di pregarvi dopo che io stesso con tanti cattivi consensi il venerando capo del mio Gesù ho coronato di spine: ma io vi presento, o divin Padre, i suoi meriti; e le aperte sue piaghe gridano per me: chiedono pietà, chiedono perdono.
Dal«Sanctus» sino all' «Elevazione»Su via, anima mia, muoviti a pietà del tuo Signore; non vedi con che dolce affetto abbraccia Gesù la croce da tanto tempo desiderata? Quanto pesante gliela rendesti tu coi tuoi peccati! Ammira il suo affetto, e ringrazialo. Impara ancor tu ad abbracciar la croce con tale affetto. Non ti atterrisca il peso, non. i giudizi degli uomini, non la confusione: se soffri con Gesù, con lui ancor regnerai... Segui, anima mia, il tuo Gesù condotto al Calvario.
Oh! spettacolo orrendo! oh! doloroso viaggio! il mio Gesù condotto alla morte come un agnello al macello! O Dio, è Egli in uno stato il più lagrimevole! Miralo tutto lacero di ferite; con quel,fascio di spine sulla testa, con quel pesante legno sulle spalle! Vedilo come va col corpo curvo con le ginocchia tremanti grondando sangue, e cammina con tanta pena, che par che ad ogni passo spiri l'anima. Anima mia, e tu non lo soccorri? Va, stendi la mano, sollevalo dalle sue pene, conforta quel cuore afflitto. Oh! Gesù mio, o mio. affannato Signore, ora conosco sempre più il gran male che ho fatto peccando. Detesto sì le mie colpe, e le piango amaramente. Ah, che non vi avessi mai disgustato! Quanti disprezzi, quanti oltraggi, quanti dolori, o Gesù mio, voi soffrite per me! Mi vergogno di aver per il passato amati così gli onori ed i piaceri, e che per essi sono arrivato tante volte a rinunziare alla vostra grazia ed al vostro amore: me ne pento assai e risolvo d'imitarvi, o mio buon Gesù.
* * *Quando si alza l'ostia: Dio mio, per amore di questo Figlio, perdonatemi e datemi la santa perseveranza.
Quando si alza il calice: Per il sangue di Gesù, datemi l'amor vostro e una santa morte.
Dall'«Elevazione»sino al «Pater noster»Ecco sollevato in alto il Redentore dei mondo. Anima mia, mira il tuo Signore. Eccolo in croce pende da quel patibolo infame e se ne sta in mezzo ai più acerbi tormenti. Considera qui le sue pene. Ora Ei s'appoggia sulle mani, ora sui piedi, ma dove si appoggia cresce lo spasimo. Va egli girando l'addolorato capo ora da una parte, ora dall'altra; se l'abbandona sul petto, le mani col peso vengono più a squarciarsi; se l'abbassa sulle spalle, le spalle vengono trafitte dalle spine; se l'appoggia sulla croce, le spine entrano più addentro alla testa. Ah, Gesù mio, che morte amara è questa che voi fate per me!... Quanto è mai liberale il mio Dio verso di me! Quanto sono io avaro verso di Lui, che per tanto sangue non spargo neppure una lagrima! Mio Gesù Crocifisso, io vi adoro su questo trono d'ignominie e di pene; ed umiliato e intenerito mi accosto a baciare i vostri santissimi piedi trafitti per amor mio; mi abbraccio a questa croce, in cui fatto voi vittima d'amore, voleste sacrificarvi alla divina Giustizia: Factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis. Oh! felice obbedienza che ottenne a noi il perdono dei peccati! E che ne sarebbe di me, o mio Signore, se voi non aveste data la vita per me? Vi ringrazio, amor mio, e pei meriti di questa sublime obbedienza vi prego a concedermi la grazia di obbedire in tutto a coloro che stanno in luogo di voi, e perdonare di cuore a coloro che mi hanno offeso. Desidero di non più disgustarvi, ma di amarvi con tutto il cuore e di amarvi per sempre.
Dal«Pater noster» sino al «Domine non sum dignus»Ecco Gesù alla fine seri muore. Miralo, anima mia, come già agonizzante sta tra gli ultimi respiri di sua vita: mira quegli occhi moribondi, la faccia impallidita, il cuore che con languido moto va palpitando, il corpo che già si abbandona alla morte, e quell'anima bella che già sta vicina a lasciare il lacero corpo. Già si oscura il cielo, trema la terra, si aprono i sepolcri. Ohimè! che orrendi segni son questi: sono segni che già muore il Fattore dei mondo. Accostati su, anima mia, a pie' del santo legno, su cui è morto... Accostati e pensa ch'Egli è morto per amor tuo. Chiedi quanto vuoi al tuo morto Signore e tutto spera. Miralo pur, su quella croce, dove tutta la sua figura spira amore ed invita ad amarlo; il capo inchinato per darti il bacio di pace; le braccia stese per abbracciarti; il cuore aperto ad amarti. O Salvatore del mondo, o amabilissimo Gesù mio, io tutto mi abbandono nelle vostre mani e mi offro a voi. Ricevetemi, Gesù mio, nel vostro cuore amoroso, ed abbiate pietà di me che sono così freddo in amarvi. Voi medicate le piaghe dell'anima mia. Voi accendetemi coi vostro amore; affinchè tutti i momenti che mi restano di vita io viva per amarvi e crescere nel vostro santo amore.
Dal«Domine non sum dignus» sino alla «Comunione»Oh, mio Gesù, mio Dio, unico e sommo Bene dell'anima mia, potessi anch'io avere la bella sorte di tante anime, che piene di purità e di fede si accostano a voi divotamente e si pascono ogni dì alla vostra mensa di Paradiso... Che vantaggio e che consolazione per me, se a questo momento potessi anche io col fervore dei Santi, o mio Signore, unirmi a voi, possedervi in questo Sacramento di amore ed essere da Voi posseduto per sempre... Deh! pei vostri meriti infiniti liberate me dalle colpe di cui mi pento sinceramente,'e fatemi degno di voi. Così non sono degno, no, non sono degno, o Signore, che voi entriate nel mio cuore, ma dite una parola almeno, Gesù dolcissimo, e sarà sanata l'anima mia. In voi confido, per voi sospiro. Voi amo con tutto me stesso, Gesù, salvezza, speranza, amore, cibo mio soavissimo.

Quando il sacerdote si comunica, si faccia la Comunione spirituale, dicendo: Gesù mio, v'amo e vi desidero. Io v'abbraccio, né voglio più separarmi da voi.
Dopo la «Comunione»Colle vostre purissime Carni santificatemi... Col sangue vostro preziosissimo fortificatemi ... Coi meriti della vostra passione salvatemi.
O Gesù, ospite dolcissimo dell'anima mia... che vi renderò mai per tanto bene che ora mi avete fatto? Vi amerò, vi amerò, Signore, fortezza mia, ed osserverò i vostri comandamenti. Vi amerò, Gesù, delizia, virtù, beatitudine mia. Vi adoro con gli Angeli e coi Serafini più ardenti, e vi benedico e vi ringrazio e mi offro e mi sacrifico a voi pienamente e con me tutti i miei vizi, principalmente quello che più mi domina... consumateli nella vostra carità. Partecipatemi i vostri meriti, le vostre virtù, principalmente quella che più mi abbisogna; toglietemi il piacere dei mondo e delle terrene cose. Ravvivatemi nella fede e nella speranza dei beni eterni. Accendetemi sempre più nella vostra carità. Deh! che il mio cuore sia immacolato nell'adempimento de'vostri precetti e de' miei doveri, sicchè nè oggi nè mai più cada nell'ignominia dei peccato, unito costantemente alla vostra volontà santissima, al vostro gusto, a voi, Gesù dolcissimo. Sia così. In voi voglio vivere e morire. Ah! fossi pur adesso nella partecipazione dei vostri più dolci misteri, nel bacio della vostra più ardente carità, nella vostra, che imploro, santissima benedizione!
Dopo la «Benedizione»Eterno divin Padre, gradite questo santo Sacrificio in attestato della mia servitù e sommissione alla vostra adorabile Maestà, in ringraziamento delle vostre infinite misericordie, in soddisfazione de' miei peccati. Giovi un tanto Sacrificio ancora a tutti i Fedeli ed alle povere Anime dei Purgatorio. O Signore, aumentate in me le vostre grazie ai bisogni miei opportune, e non mi abbandonate. Protesto alla presenza del Cielo e della terra che sono pronto a dare la vita, piuttosto che offendervi, voi però siate meco, e così cammini sicuro per quella via che a voi mi conduce. Mio Dio, aiutatemi.

http://www.floscarmeli.net/modules.php?name=News&file=article&sid=654

MADRE MADDALENA MARCUCCI – L’APOSTOLA DELLA SANTITA’

Chi non conosce o non ha esperimentato la tenerezza che racchiude, dopo lunga assenza, il primo abbraccio del padre, della madre, dello sposo, di un fratello? Gesù è per le nostre anime tutto questo e molto di più… È solo ansioso, con la tenerezza di tutti questi amori, di unirsi alle anime, stringerle al suo tenero Cuore per mezzo del Sacramento del suo amore. Per mezzo esso si consegna alle sue povere creature e queste si fondono, in un certo modo, con il loro Creatore e Dio. Questo lo proclamò lo stesso Salvatore, quando disse: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui» (cf. Gv 6, 56). Quanto doveva desiderare Gesù di dare alla mia povera anima questo abbraccio! Ebbi questa consolazione l’anno seguente alla morte del babbo, così che, il fatto di essere rimasta orfana, lo sentii poco. In Gesù tornai ad incontrare un padre infinitamente più amante di quello che avevo perso che vegliava con incessante assiduità gli incerti passi della mia adolescenza e moderava e guidava gli affetti del mio ardente cuore nella terribile ed inesperta giovinezza.
Prima Comunione
Un giorno il signor parroco che preparava le bambine alla prima comunione ci disse: «La settimana prossima vi esaminerò, e designerò, a secondo che sappiate il catechismo, quelle che ammetto alla prima comunione». La mia età di nove anni, non mi permetteva di aspettare con sicurezza che io sarei stata nel fortunato numero. In quei tempi, meno fortunati di ora, era cosa molto rara che si ammettesse a questo sacramento prima dei dodici anni, ma io, avendo udito che dipendeva da me, cioè di sapere o no il catechismo, mi accesi nella speranza che mi sarebbe toccata questa sorte. Pensai che mi avrebbe favorito perfino anche la mia statura alta perché sembrava che avessi un’età anche maggiore di quella richiesta. Mi misi a studiare con tanto impegno che non facevo altro che portare il libretto della Dottrina con me. Affinché nessuno mi molestasse, andavo nel giardino sotto una pergola di piante dove potevo nascondermi come in una stanza. C’era lì una tavola di pietra con intorno i suoi sgabelli e perché nessuno mi vedesse mi nascondevo sotto la tavola o gli sgabelli. Ci stavo giusta giusta, seduta o piegata e lì con il mio libretto studiavo, studiavo.
Non so dire quello che pensavo della prima comunione. Era per me una cosa molto grande, un momento decisivo nel quale mi sembrava si dovessero risolvere grandi cose. Sentivo già nella mia anima aspirazioni tanto grandi. Sperimentavo un immenso vuoto che nulla poteva riempire, perché niente mi soddisfaceva; tutto mi stancava subito e mi faceva sentire la sua piccolezza. Attendevo…, attendevo… Era una cosa, un ideale che io non sapevo spiegare, ma che mi sembrava che stavo per raggiungere e nel quale avrei trovato il riposo e la pace. Questo ideale era senza dubbio Gesù, il suo amore, perché anche se io allora non tendevo né cercavo direttamente Lui ogni altra cosa ancor meno riusciva a consolarmi e a soddisfarmi…
Arrivato il giorno dell’esame nel quale si doveva decidere la sorte, quando il parroco mi chiamò, io mi presentai diritta e serena davanti a lui senza alcun timore, con una certa sicurezza che dopo tanto studio non avrei lasciato fallire le mie speranze. In effetti, terminata l’interrogazione, mi disse: «Bene, di’ a tua madre che ti ammetto alla comunione». Quanto rimasi soddisfatta ritornando a sedermi al mio posto e ancor di più quando corsi a casa per dare a mamma la bella notizia! Passai il tempo che mancava al giorno stabilito, il 1° agosto 1897, istruendomi e disponendomi a quell’atto. Oltre alle istruzioni del parroco, ricevevo quelle di altre persone ma, di tutte le cose che imparai durante quel tempo, quelle che mi rimasero più impresse furono quelle che mi diede la mamma. Poiché di queste mi servii durante vari anni tanto per la preparazione, come per il ringraziamento, voglio dire brevemente qualcosa.
Mi fece imparare a memoria cinque punti della risposta alla cosiddetta «Domanda: Chi è Quello che vai a ricevere?».
Risposta:
«1°— È Dio che con una sola parola fa tremare il cielo, la terra, l’inferno.
2°— Viene a casa di una sua creatura, povera, vile, miserabile, che è stata per molto tempo sua nemica per il peccato.
3°— Non viene né per i miei meriti né perché abbia necessità di me, ma solo per sua infinita misericordia e bontà.
4°— Viene dalla gloria accompagnato dagli angeli, come Padre per abbracciarmi, come Signore per arricchirmi, come Pastore per cibarmi del suo proprio sangue.
5°— Da’ tutto se stesso a me per mio beneficio: il corpo in cibo, il sangue in bevanda, l’anima in redenzione e le sue opere come mio merito».
Considerati questi cinque punti, dovevo recitare il Credo, gli atti di fede, e raccomandarmi alla santissima Vergine, agli angeli, ai santi.
Ogni volta nel comunicarmi dovevo unirmi in silenzio agli angeli che ci circondano per adorare Gesù, chiedergli grazie e dopo fare la seguente offerta, che mi piaceva molto e che certamente non doveva piacere di meno a Gesù.
«O Gesù, sono povero, non ho nulla da offrirti se non tutto il mio essere; accettalo, perché te lo dò con tutto il mio cuore. Ti offro i miei occhi, perché non permetta mai che vedano cose che ti offendano; ti offro la mia bocca, perché non pronunci mai parole che possano disgustarti; i miei orecchi, perché non odano mai cosa che macchi la mia anima; i miei piedi, perché non vadano mai in luoghi di peccato, ma bensì corrano premurosi al compimento della tua santissima volontà; le mie mani, perché stiano sempre preparate a lavorare per la tua gloria; il mio cuore, perché ti ami sempre sopra tutte le cose; la mia anima, perché tu viva sempre in essa con la tua grazia».
Estasi di amore divino
Questo era in sintesi il modo che mi insegnò la mamma e che io imparai per quello splendido giorno, che alla fine arrivò… Andai alla chiesa accompagnata da Assuntina, mia sorella maggiore e mi posi nei banchi con tutte le altre bambine (dovevamo essere una trentina). Emozionata dai canti, dalla rinnovazione delle promesse battesimali, dall’omelia, arrivò il momento felice… Mia sorella si avvicinò, come era usanza, per alzarmi il velo (infatti lo tenevamo piegato davanti) e finito di comunicarmi tornò di nuovo ad abbassarmelo. Io rimasi inginocchiata con le mani giunte e gli occhi chiusi. Senza dubbio incominciai a fare o a dire quello che la mamma mi aveva insegnato; ma non posso assicurare nulla, perché mi successe come se perdessi la conoscenza e mi dimenticassi di tutte le cose. Sentii una dolcezza molto grande, un piacere, un godimento che mai avevo provato. Mi sentii come scuotere, abbracciare, stringere, o come se una persona molto grande e forte mi tenesse sottomessa, ed io come un essere piccolo, debole ed impotente, non potessi né muovermi, né fare nulla (nemmeno se l’avessi voluto, perché mi sentivo felice sotto quel peso). A questo punto mi chiamarono. Aprii gli occhi e vidi che tutte le altre bambine se ne erano andate e al mio fianco c’era mia sorella che disse: «Hai terminato? Possiamo andare?». Io mi alzai veloce e rimasi pensierosa. Quanto bene si sta e come si gode nel comunicarsi!
Anche se il mio cuore rimase così soddisfatto e avvinto alla comunione, non conobbi che era Gesù che così operava. La mia mente era oscurata, non comprese che solo in Gesù c’è la felicità, l’unica bellezza e bontà degna di essere amata. Che mistero è il cuore umano! Pur avendo goduto tanto, non conobbi Gesù. Questo sentimento di piacere mi durò tutto il giorno, accompagnato da un vivo desiderio di tornare a comunicarmi. Mi fu concesso questo il giorno seguente, però allora io non provai la stessa dolcezza né sentii quello che avevo sentito nella mia prima comunione. Mi sorprese, perché pensavo che dovesse essere sempre uguale… Gesù mi fece sentire il suo amore, ma siccome non voleva che io lo amassi solo per le dolcezze del Cenacolo ma piuttosto con l’amore forte del Calvario, attese di conquistare al completo il mio povero cuore sul cammino che vi conduce… Frattanto il suo generoso Cuore attendeva, attendeva con pazienza infinita quest’ora…, e io correvo di prato in prato, di fiore in fiore, senza incontrare nulla che mi soddisfacesse e senza dimenticare mai la felicità della mia prima comunione.
Cosa mi fece Gesù in questo suo primo abbraccio? Io mai avrei saputo definirlo, ma Lui stesso, una volta, quando ero già religiosa, me lo fece intendere nel seguente modo. I parenti di una religiosa ci regalarono un agnellino. Un giorno, mentre io stavo nel giardino, mi fermai a guardare quel grazioso animaletto che risveglia in ogni buon cristiano pensieri così teneri, soprattutto in una Passionista, che ha sempre davanti ai suoi occhi il mistico Agnello immacolato sopra l’altare della croce per amore nostro. L’animale era legato ad una finestra della casa con una corda molto lunga che lo lasciava muoversi e pascolare nel vasto prato. L’agnellino, come se fosse completamente libero, correva e mangiava allegro da un lato all’altro a suo piacere, ma improvvisamente, arrivando ad un certo punto al limite dove c’erano un ruscello e pascoli che avrebbero potuto procurargli dei danni, sentì tirare la corda e dovette tornare indietro, anche se era capriccioso nel voler andare avanti.
Io guardavo tutto ciò in silenzio, mentre la mia anima si trovava in questi raccoglimenti interiori in cui con la luce superiore le viene insegnato la sublime sapienza della verità e perfino le sembra di udire la voce dello stesso Maestro che può insegnarle questa scienza, lo Spirito Santo. Mi si diceva: «Questo animaletto innocente non comprende nulla, cerca quello che gli piace e ama naturalmente la libertà. La mano che lo legò, misurò però la corda fino al luogo del pericolo, perché non vi cadesse o perisse in esso. Così ho fatto io con te il giorno della tua prima comunione: ti ho legato, con un legame spirituale e dopo averti così assicurato ti lasciai; tu corresti credendo di essere libera, ma arrivando ad un certo punto ti sentisti tirare e dovesti ritornare indietro… Erano i limiti prefissati dalla mia mano… Hai visto il pericolo e hai voluto, come cieca, lanciarti in esso, ma il mio amore ti trattenne». Commossa alla vista di tanta bontà emisi lacrime dai miei occhi ed entrai di più in questa solitudine interiore, in cui il Signore mi faceva udire la sua voce e dove unicamente l’anima può naufragare nell’abbondanza degli affetti.
La Prima Comunione
Ei venne al fin, qual Padre,
mi strinse al petto amante.
O Amore, in quell’istante,
solo pensavo in Te.
Tutta riempì del cuore
la grande aspirazione
quivi restò in prigione
cattivo del mio amore.
Conobbi, in Lui, la pace
che il mondo non può dare,
può l’alma ognor trovare,
vivendo nel suo amor.
Qual pecorella errante,
un dì lontana andai,
ma sempre ricordai
le gioie di questo dì.
Nelle ardorose ansie
di giovanile amore
Ei governò il mio cuore
qual abile nocchier.
Là, nei funesti limiti,
dove si perde Iddio,
sorresse il cuor mio,
non naufragò l’amor.
Divino Pan degli Angeli,
Gesù Sacramentato,
Tu sei che m’hai salvato
dal mondo seduttor.
M. M.
 

quinta-feira, 22 de novembro de 2012

Don Bosco - Opere Edite


Don Bosco - Opere Edite
- Tutti gli indici dei 38 volumi -


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quarta-feira, 21 de novembro de 2012

SAN VINCENZO FERRERI LA VITA DI CRISTO RIPRESENTATA NELLA MESSA SOLENNE

LA VITA DI CRISTO
RIPRESENTATA NELLA MESSA SOLENNE

(da un eccellente sermone di san Vincenzo Ferreri)





Fate quello che Egli vi dirà (Gv. 2,5). Prendiamo queste parole dall’originale del Vangelo di san Giovanni capitolo secondo versetto cinque.

Oggi predicherò a voi un tema molto devoto e poco frequente, cioé la vita santa di Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, così come si ripresenta nella Messa solenne. A me pare sia un argomento molto gradito e amato da Dio, e per tutti voi vantaggioso e meritorio. In modo speciale per noi Sacerdoti, che celebriamo questo santo sacramento della Messa.

Però perché questo nostro sermone serva in primo luogo di lode, gloria e onore a Dio e possa in secondo luogo giovare a tutti, specialmente ai chierici, così come anche ai fedeli laici, saluteremo la Vergine Maria dicendo: Ave Maria.



*

[Dopo un’articolata introduzione che spinge alla docile obbedienza del discepolo verso il Maestro, del malato verso il medico, il santo predicatore così continua:]



La Vergine Maria, Madre della Grazia, sapendo che chi desidera salvarsi é necessario che si guidi e si governi secondo la volontà del suo divin Figlio, a tal fine ci dà un prezioso e grande consiglio: che sempre ci guidiamo e governiamo con la volontà di suo Figlio, e dichiara il tema: Fate quello che Egli vi dirà (Gv. 2,5). Ecco il tema del sermone. E così entro nell’assunto.

Esattamente, tra tutte le cose che Gesù comandò a noi cristiani per conseguire e raggiungere la gloria, c’è questa: che ripresentiamo la sua santa e benedetta vita nella Messa. Perché quando il giorno del Giovedì santo della Cena istituì questo santo sacramento della Messa, ordinò: Fate questo in mio ricordo (Lc. 22,19 e 1Cor. 11,23). Non disse solo in memoria e commemorazione della Passione, ma in mio ricordo; ossia, di tutta la vita di Cristo, che deve ripresentarsi dal giorno della nascita fino al giorno dell’Ascensione. LEGGERE...

L'Anno della fede. La ragionevolezza della fede in Dio

 Cari fratelli e sorelle,


avanziamo in quest’Anno della fede, portando nel nostro cuore la speranza di riscoprire quanta gioia c’è nel credere e di ritrovare l’entusiasmo di comunicare a tutti le verità della fede. Queste verità non sono un semplice messaggio su Dio, una particolare informazione su di Lui. Esprimono invece l’evento dell’incontro di Dio con gli uomini, incontro salvifico e liberante, che realizza le aspirazioni più profonde dell’uomo, i suoi aneliti di pace, di fraternità, di amore. La fede porta a scoprire che l’incontro con Dio valorizza, perfeziona ed eleva quanto di vero, di buono e di bello c’è nell’uomo.
Accade così che, mentre Dio si rivela e si lascia conoscere, l’uomo viene a sapere chi è Dio e, conoscendolo, scopre se stesso, la propria origine, il proprio destino, la grandezza e la dignità della vita umana.
La fede permette un sapere autentico su Dio che coinvolge tutta la persona umana: è un “sàpere”, un conoscere che dona sapore alla vita, un gusto nuovo d’esistere, un modo gioioso di stare al mondo. La fede si esprime nel dono di sé per gli altri, nella fraternità che rende solidali, capaci di amare, vincendo la solitudine che rende tristi. Questa conoscenza di Dio attraverso la fede non è perciò solo intellettuale, ma vitale. E’ la conoscenza di Dio-Amore, grazie al suo stesso amore.
L’amore di Dio poi fa vedere, apre gli occhi, permette di conoscere tutta la realtà, oltre le prospettive anguste dell’individualismo e del soggettivismo che disorientano le coscienze. La conoscenza di Dio è perciò esperienza di fede e implica, nel contempo, un cammino intellettuale e morale: toccati nel profondo dalla presenza dello Spirito di Gesù in noi, superiamo gli orizzonti dei nostri egoismi e ci apriamo ai veri valori dell’esistenza.
Oggi vorrei soffermarmi sulla ragionevolezza della fede in Dio.
La tradizione cattolica ha sin dall’inizio rigettato il fideismo, che è la volontà di credere contro la ragione. Credo quia absurdum (credo perché è assurdo) non è formula che interpreti la fede cattolica. Dio, infatti, non è assurdo, semmai è mistero.
Il mistero, a sua volta, non è irrazionale, ma sovrabbondanza di senso, di significato, di verità.
Se, guardando al mistero, la ragione vede buio, non è perché nel mistero non ci sia luce, ma piuttosto perché ce n’è troppa. Così come quando gli occhi dell’uomo si dirigono direttamente al sole per guardarlo, vedono solo tenebra; ma chi direbbe che il sole non è luminoso?; anzi, è la fonte della luce La fede permette di guardare il «sole» di Dio, perché è accoglienza della sua rivelazione nella storia e, per così dire, riceve veramente tutta la luminosità del mistero di Dio, riconoscendo il grande miracolo: Dio si è avvicinato all’uomo e si è offerto alla sua conoscenza, accondiscendendo al limite creaturale della sua ragione (cfr CONC. EC. VAT. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 13).
Allo stesso tempo, Dio, con la sua grazia, illumina la ragione, le apre orizzonti nuovi, incommensurabili e infiniti. Per questo, la fede costituisce uno stimolo a cercare sempre, a non fermarsi mai e mai quietarsi nella scoperta inesausta della verità e della realtà. E’ falso il pregiudizio di certi pensatori moderni, secondo i quali la ragione umana verrebbe come bloccata dai dogmi della fede. E’ vero esattamente il contrario, come i grandi maestri della tradizione cattolica hanno dimostrato. Sant’Agostino, prima della sua conversione, cerca con tanta inquietudine la verità, attraverso tutte le filosofie disponibili, trovandole tutte insoddisfacenti. La sua faticosa ricerca razionale è per lui una significativa pedagogia per l’incontro con la Verità di Cristo. Quando dice: «comprendi per credere e credi per comprendere» (Discorso 43, 9: PL 38, 258), è come se raccontasse la propria esperienza di vita. Intelletto e fede, dinanzi alla divina Rivelazione non sono estranei o antagonisti, ma sono ambedue condizioni per comprenderne il senso, per recepirne il messaggio autentico, accostandosi alla soglia del mistero. Sant’Agostino, insieme a tanti altri autori cristiani, è testimone di una fede che si esercita con la ragione, che pensa e invita a pensare. Su questa scia, Sant’Anselmo dirà nel suo Proslogion che la fede cattolica è fides quaerens intellectum, dove il cercare l’intelligenza è atto interiore al credere. Sarà soprattutto San Tommaso d’Aquino – forte di questa tradizione – a confrontarsi con la ragione dei filosofi, mostrando quanta nuova feconda vitalità razionale deriva al pensiero umano dall’innesto dei principi e delle verità della fede cristiana.
La fede cattolica è dunque ragionevole e nutre fiducia anche nella ragione umana. Il Concilio Vaticano I, nella Costituzione dogmatica Dei Filius, ha affermato che la ragione è in grado di conoscere con certezza l’esistenza di Dio attraverso la via della creazione, mentre solo alla fede appartiene la possibilità di conoscere «facilmente, con assoluta certezza e senza errore» (DS 3005) le verità che riguardano Dio, alla luce della grazia. La conoscenza della fede, inoltre, non è contro la retta ragione. Il Beato Papa Giovanni Paolo II, infatti, nell’Enciclica Fides et ratio, sintetizza così: «La ragione dell’uomo non si annulla né si avvilisce dando l’assenso ai contenuti di fede; questi sono in ogni caso raggiunti con scelta libera e consapevole» (n. 43). Nell’irresistibile desiderio di verità, solo un armonico rapporto tra fede e ragione è la strada giusta che conduce a Dio e al pieno compimento di sé.
Questa dottrina è facilmente riconoscibile in tutto il Nuovo Testamento. San Paolo, scrivendo ai cristiani di Corinto, sostiene: «Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani» (1 Cor 1,22-23). Dio, infatti, ha salvato il mondo non con un atto di potenza, ma mediante l’umiliazione del suo Figlio unigenito: secondo i parametri umani, l’insolita modalità attuata da Dio stride con le esigenze della sapienza greca. Eppure, la Croce di Cristo ha una sua ragione, che San Paolo chiama: ho lògos tou staurou, “la parola della croce” (1 Cor 1,18). I termine lògos indica tanto la parola quanto la ragione e, se allude alla parola, è perché esprime verbalmente ciò che la ragione elabora. Dunque, Paolo vede nella Croce non un avvenimento irrazionale, ma un fatto salvifico che possiede una propria ragionevolezza riconoscibile alla luce della fede. Allo stesso tempo, egli ha talmente fiducia nella ragione umana, al punto da meravigliarsi per il fatto che molti, pur vedendo la bellezza delle opere compiute da Dio, si ostinano a non credere in Lui: «Infatti – scrive nella Lettera ai Romani - le … perfezioni invisibili [di Dio], ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute» (1,20). Così, anche S. Pietro esorta i cristiani della diaspora ad adorare «il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 3,15). In un clima di persecuzione e di forte esigenza di testimoniare la fede, ai credenti viene chiesto di giustificare con motivazioni fondate la loro adesione alla parola del Vangelo; dDi dare le regioni della nostra speranza.
Su queste premesse circa il nesso fecondo tra comprendere e credere, si fonda anche il rapporto virtuoso fra scienza e fede. La ricerca scientifica porta alla conoscenza di verità sempre nuove sull’uomo e sul cosmo. Lo vediamo. Il vero bene dell’umanità, accessibile nella fede, apre l’orizzonte nel quale si deve muovere il suo cammino di scoperta. Vanno pertanto incoraggiate, ad esempio, le ricerche poste a servizio della vita e miranti a debellare le malattie.
Importanti sono anche le indagini volte a scoprire i segreti del nostro pianeta e dell’universo, nella consapevolezza che l’uomo è al vertice della creazione non per sfruttarla insensatamente, ma per custodirla e renderla abitabile. Così la fede, vissuta realmente, non entra in conflitto con la scienza, piuttosto coopera con essa, offrendo criteri basilari perché promuova il bene di tutti, chiedendole di rinunciare solo a quei tentativi che - opponendosi al progetto originario di Dio - possono produrre effetti che si ritorcono contro l’uomo stesso. Anche per questo è ragionevole credere: se la scienza è una preziosa alleata della fede per la comprensione del disegno di Dio nell’universo, la fede permette al progresso scientifico di realizzarsi sempre per il bene e per la verità dell’uomo, restando fedele a questo stesso disegno.
Ecco perché è decisivo per l’uomo aprirsi alla fede e conoscere Dio e il suo progetto di salvezza in Gesù Cristo. Nel Vangelo viene inaugurato un nuovo umanesimo, un’autentica «grammatica» dell’umano e di tutta la realtà. Afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La verità di Dio è la sua sapienza che regge l’ordine della creazione e del governo del mondo. Dio che, da solo, «ha fatto cielo e terra» (Sal 115,15), può donare, egli solo, la vera conoscenza di ogni cosa creata nella relazione con lui» (n. 216).
Confidiamo allora che il nostro impegno nell’ evangelizzazione aiuti a ridare nuova centralità al Vangelo nella vita di tanti uomini e donne del nostro tempo. Preghiamo perché tutti ritrovino in Cristo il senso dell’esistenza e il fondamento della vera libertà: senza Dio, infatti, l’uomo smarrisce se stesso. Le testimonianze di quanti ci hanno preceduto e hanno dedicato la loro vita al Vangelo lo confermano per sempre. E’ ragionevole credere, è in gioco la nostra esistenza. Vale la pena di spendersi per Cristo, Lui solo appaga i desideri di verità e di bene radicati nell’anima di ogni uomo: ora, nel tempo che passa, e nel giorno senza fine dell’Eternità beata. Grazie.


APPELLO

Seguo con grave preoccupazione l'aggravarsi della violenza tra gli Israeliani e i Palestinesi della Striscia di Gaza. Insieme al ricordo orante per le vittime e per coloro che soffrono, sento il dovere di ribadire ancora una volta che l'odio e la violenza non sono la soluzione dei problemi. Inoltre, incoraggio le iniziative e gli sforzi di quanti stanno cercando di ottenere una tregua e di promuovere il negoziato. Esorto anche le Autorità di entrambe le Parti ad adottare decisioni coraggiose in favore della pace e a porre fine a un conflitto con ripercussioni negative in tutta la Regione medio-orientale, travagliata da troppi scontri e bisognosa di pace e di riconciliazione.

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E adesso, rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli delle parrocchie di San Giovanni Bosco, in Altamura e di San Michele Arcangelo, in Bono; ai rappresentanti della Clinica Odontoiatrica dell’Università degli Studi di Milano e all’Associazione musicale Giacomo Puccini, di Cave. Grazie per la musica.
Saluto con affetto i malati, gli sposi novelli e i giovani, specialmente gli alunni della Scuola Beata Maria Cristina Brando, di Casoria. Domenica prossima, ultima del Tempo ordinario, celebreremo la solennità di Cristo Re dell’universo. Cari giovani, ponete Gesù al centro della vostra vita, e da Lui riceverete luce e coraggio in ogni scelta quotidiana. Cristo, che ha fatto della Croce un trono regale, insegni a voi, cari malati, a comprendere il valore redentivo della sofferenza vissuta in unione con Lui. A voi, cari sposi novelli, auguro di riconoscere la presenza del Signore nel vostro cammino matrimoniale, così da partecipare alla costruzione del suo Regno di amore e di pace.
Oggi, memoria liturgica della Presentazione della Beata Vergine Maria al Tempio, si celebra la Giornata per le Claustrali. Alle sorelle chiamate dal Signore alla vita contemplativa, desidero assicurare la speciale vicinanza mia e dell’intera Comunità ecclesiale. Rinnovo, al tempo stesso, l’invito a tutti i cristiani affinché non facciano mancare ai monasteri di clausura il necessario sostegno spirituale e materiale. Tanto dobbiamo, infatti, a queste persone che si consacrano interamente alla preghiera per la Chiesa e per il mondo! Grazie.

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