don Divo Barsotti
La bellezza, dunque, non è mai in Barsotti un concetto astratto, un argomento da salotto culturale. Su cui sdottoreggiare da una cattedra o sopra un palco, nei libri o nei convegni. O da cinguettare pavidamente al ribasso per rispetto umano, mimetizzati fra i mercanti del tempio, magari in effimeri coni di luce davanti a qualche telecamera della Chiesa Catodica. La bellezza è Dio stesso. Che si comunica senza far chiasso, nel silenzio. E si rivela: nella creazione, nel Verbo incarnato per amore nel seno della Vergine, nei Santi, nella Chiesa, nella Scrittura, nella liturgia, nell’Eucaristia e negli altri sacramenti… Per chi sa guardare con gli occhi della fede, tutto è segno. Così come deve esserlo il cristiano. Che è chiamato a essere santo, a vivere la santità. Perché, come afferma il cardinale Carlo Caffarra: «L’unica, vera permanente riforma del mondo è la santità»
Quando parliamo di Santi, specie in tempi come i nostri, molti pensano forse a qualcosa di etereo, lontano dalla realtà. Ma il Santo non è colui che evade dal reale, bensì colui che vi dimora in un punto all’apparenza marginale e che invece ne costituisce il centro vitale profondo, intimo e nascosto: il cuore. Dove tutto viene assunto per essere portato a Dio. È Lui la realtà vera, in cui ogni altra, compresa la nostra, è contenuta. I Santi non sono, quindi, persone fuori dalla realtà: al contrario, la abitano all’interno, nel cuore appunto desideroso di «abbracciare tutto l’universo», di «assumere tutto».
La vita contemplativa per Barsotti è infatti un «trascendere il mondo» e allo stesso tempo portarlo «dentro di sé». Il contemplativo deve cioè, come si legge nel Vademecum della Comunità dei figli di Dio, «tendere a Dio trascinando con sé tutto il mondo umano in cui egli vive. La solitudine dell’anima contemplativa è il seno di Dio in cui tu devi portare l’universo». I contemplativi non sono, dunque, esseri astratti. Così come i Santi non sono modelli lontani e irraggiungibili. I Santi sono, semplicemente, coloro che seguono Cristo. Fino in fondo. Fedeli alla Chiesa e al Papa. Sono quelli che – nonostante le loro debolezze e anzi proprio a causa di esse, per la consapevolezza del proprio nulla – sanno di aver bisogno di essere convertiti e rialzati, guariti e salvati da Lui, ogni giorno. Per questo lo seguono lungo il cammino. Lungo la via che è Cristo stesso. «La via è Cristo», scrive san Tommaso d’Aquino. che camminare a forte andatura fuori strada. Chi zoppica sulla strada, anche se avanza poco, si avvicina tuttavia al termine. Chi invece cammina fuori strada, quanto più velocemente corre, tanto più si allontana dalla meta. […] Segui dunque Cristo se vuoi essere sicuro. Non potrai smarrirti, perché egli è la via. Il Signore, realmente presente nell’Eucaristia, nella Chiesa, ci aspetta: mendica il nostro sì. Egli, che ha dato la sua vita per ciascuno di noi, ancora ci offre se stesso. Affinché lo conosciamo e lo amiamo. Perché, come osserva Barsotti, «quanto più lo conosciamo, tanto più ci attrae la Sua bellezza ci attrae il Suo amore». E ci invita a seguirlo, dietro a Maria. «Il cammino che porta a Dio è silenzio e umiltà». «Tutta la vita è cammino», assicura ancora Barsotti. Anche la santità cristiana è «un cammino senza fine. Il cammino è Dio». E se arrivassimo a 999 anni, ancor molto mancherebbe a raggiungere Dio. Si raggiunge Dio se siamo in cammino, non se crediamo di averlo raggiunto già. Nel tempo non possiamo mai raggiungerlo; perciò importa il camminare e la cosa più grave nella vita spirituale è il fermarsi. […] la vita cristiana è un cammino che ha per termine Dio. Si raggiunge Dio soltanto se siamo in cammino. È la disposizione dell’anima che vive un continuo trascendimento verso il Signore. Solo in questo atteggiamento ci si salva. Dio, nostra meta, lo si raggiunge soltanto se così vuole il nostro desiderio, in un atto di amore che ci conduce in una conversione perenne. E la preghiera, ci ricorda sant’Agostino, è desiderio. Se la santità è essere in comunione con Dio, essere in Cristo, il vertice di questa esperienza per il cristiano è l’Eucaristia, il pane vivo che ci sostiene lungo il pellegrinaggio terreno: «Nulla è più grande per l’uomo che il mistero eucaristico». La presenza di Cristo nell’Eucaristia è considerata da Barsotti «la più alta esperienza che l’uomo ha del mondo di Dio», perché «la realtà eucaristica è partecipazione alla realtà stessa del mondo divino». Ma tutto questo può essere sperimentato solo nella fede. Quel che ci manca davvero, oggi, è la fede. E se uno non ce l’ha, preghi, elevi al Signore il suo «incessante grido di aiuto»: pregare è decisivo per chiunque ed è «il lavoro del cristiano». Preghi Gesù, preghi Maria (oh, quale inimmaginabile potere ha l’intercessione della Vergine sul Figlio! Soprattutto per mezzo del Rosario!). Se pregherà sinceramente, col cuore più che con le labbra, con umiltà, fiducia e perseveranza, Dio non mancherà di donargliela. Perché Dio vuole salvarci. Perché con la fede tutto si salva, senza la fede tutto si perde. A un intervistatore che gli chiede quale sia la cosa più importante nella vita di un uomo, padre Barsotti risponde, lapidario: «La fede». Dice in proposito don Divo, col suo linguaggio intriso di parresia e schiettezza toscana: Se c’è la fede, tutto nasce da lì: ecco, Dio non è più un Dio di carta, è il Dio vivente! Lo conosci, ma lo conosci in quanto è una Persona, non lo conosci perché sai il catechismo, non lo conosci perché conosci la teologia, lo conosci perché l’hai veduto, perché Egli è entrato nella tua vita, perché Egli si è manifestato a te, e perché la manifestazione di Dio alla tua anima ha voluto dire per la tua anima un desiderio incoercibile di essere unita a Lui e, nello stesso tempo, una grande paura per il senso della tua debolezza, per il senso della tua impotenza, della tua povertà spirituale. Conoscenza di fede che è molto maggiore, molto più importante di una conoscenza teologica. Un teologo può parlare della Santissima Trinità fumando una sigaretta, ed è una cosa spaventosa, se si pensa bene, ma lo può fare perché Dio è un Dio un po’ di carta, un Dio con il quale si ragiona facilmente: è un Dio senza potenza, che non ha alcuna forza nella tua vita interiore. Perché? Perché la fede è poca, la fede è poca! Una persona, una donna, una semplice donna, magari analfabeta, che non conosce altro magari che un po’ di catechismo può vivere una unione con Dio, può vivere una fede più viva, anche dei teologi. Senza dubbio santa Teresa, o santa Gemma Galgani avevano più fede del vescovo della loro diocesi. Pensiamo santa Gemma Galgani e il vescovo di Lucca del tempo. È impressionante la differenza che vi è fra un vescovo buono ma mediocre, e questa anima che è totalmente presa dall’amore del Cristo, che non vede altro che Lui, che non pensa altro che a Lui, che vive una vita in cui veramente viene consumata dall’amore. Certamente la fede di santa Gemma era molto più grande della fede del suo vescovo, anche se il vescovo era vescovo e Gemma Galgani era una povera scema, come lei si firmava. Quello che conta nella vita religiosa, dunque, è la fede perché la fede è l’organo che ci mette in comunione con Dio. Vorrei sapere: è lo stesso guardare una fotografia della montagna o scalare la montagna? Vi sembra la stessa cosa? Vediamo, vi sembra davvero la stessa cosa? Non credo davvero, ebbene quelli che vivono, che parlano anche di Dio possono essere come quelli che guardano una fotografia. Altro è guardare la fotografia, altro è scalare la montagna, altro è vivere un contatto vero con Dio. Guardate bene che la fede vi deve mantenere in un contatto reale con una persona vivente. Dio è, Dio esiste, Dio è qui! Da Massimo Corsinovi «Nella divina Presenza»
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