segunda-feira, 21 de fevereiro de 2011

I criteri per giudicare l'imminente Istruzione sul motu proprio

Grande emozione ha creato nel mondo tradizionale (e nei dicasteri romani...) la fuga di notizie di cui siamo stati coautori, insieme a Rorate caeli, in merito al contenuto dell'Istruzione sul motu proprio; per la quale abbiamo apertamente parlato di annacquamento del motu proprio e il New Liturgical Movement insieme ad altri ha promosso una petizione internazionale. Quanto quest'ultima possa servire, non sappiamo; ma di sicuro sappiamo che il meccanismo che s'è messo in moto, grazie alle nostre fonti (persone sinceramente preoccupate per il destino della Chiesa e della sua Tradizione) ha fatto sì che il Santo Padre riceva, discretamente, sollecitazioni ai più alti livelli in merito a questa famosa Istruzione. La quale è ormai pronta ed il card. Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ne ha discusso gli ultimi dettagli venerdì scorso in udienza dal Papa; ma forse qualch'emenda è ancora possibile.

Ora, dai commenti e ancor più da come le notizie sono state riprese da vari siti e blog, vediamo che taluni hanno equivocato sui concetti da noi espressi di annacquamento e restrizione, ritenendo che quel documento possa revocare od abrogare quanto espressamente sancito nel motu proprio. Non è così, e questo ci sembrava ovvio fin dall'inizio, per un evidente principio giuridico: un documento di fonte legislativa inferiore (un'Istruzione di una Congregazione o Pontificia Commissione) non può andare contro un motu proprio del Papa, il massimo legislatore.

Ma ci sono molti altri modi altrettanto efficaci per 'annacquare' e strangolare una legge, pur senza abrogarla o derogarla espressamente, ed anzi con l'aria di volerla precisamente applicare. Le disposizioni di attuazione, che colmano lacune e fissano le concrete modalità di funzionamento di una legge, sono quasi più importanti di quest'ultima: il diavolo è nei dettagli, dice il proverbio, e noi giuristi, credete, lo sappiamo fin troppo bene.

In primo luogo c'è il profilo psicologico, che è centrale nel caso dell'istituzione ecclesiastica, lontana anni luce dai principi di uno stato di diritto e dove vige il criterio per cui il codice di diritto canonico è un cumulo di carta, mentre il superiore è un tizio in carne ed ossa che può premiare o vendicarsi. E dunque: già solo quei due elementi che sono trapelati (inapplicabilità del motu proprio a Milano e limitazione della possibilità di ordinazioni in vetus ordo) esprimono un orientamento e un mood generali assai inquietanti: ossia, che tra più soluzioni possibili, sono state scelte quelle più restrittive e limitative; e soprattutto, che vien data ragione a chi si è opposto platealmente al motu proprio (Tornielli definì quella di Tettamanzi "la più clamorosa presa di distanze dall'intenzione liberalizzatrice del Pontefice"); chi invece ha voluto dare applicazione al motu proprio, creando un seminario biritualista ed ordinando sacerdoti per la forma straordinaria (il vescovo di Tolone), subisce l'umiliazione di dover sottoporre a Roma una supplica dall'esito incerto, se vuole anche solo sperare di proseguire in quella strada.

Si capisce bene che, di fronte a questo messaggio inequivocabile, chi nella Chiesa ha voluto o vorrà ostacolare l'applicazione del motu proprio riceve precise garanzie di impunità. Mentre il parroco che volesse sfidare il proprio vescovo applicando il motu proprio, percepisce che sarà lasciato senza tutela.

Sul resto del contenuto dell'Istruzione non abbiamo informazioni altrettanto dettagliate. Ci dicono, semplicemente, che è "cattivo" e che i vertici della conferenza episcopale francese hanno avuto "rassicurazioni". Pessimo segno. Che cosa può significare tutto questo? Non lo sappiamo, ma possiamo provare a ricostruirlo con qualche attendibilità.

Basta considerare la situazione attuale. Il motu proprio, importantissimo a livello teorico per il riconoscimento formale della non abrogazione della liturgia tradizionale, si è tuttavia rivelato un fallimento sul piano della sua applicazione concreta, a causa della massiccia opposizione del ceto clericale; opposizione che non abbisogna di dimostrazione, essendo stata anche riconosciuta dall'allora Segretario dell'Ecclesia Dei, mons. Perl. Il modello ipotizzato dal Papa, di gruppi di parrocchiani che ottengono che una tra le varie Messe in parrocchia sia celebrata in rito antico, ha trovato applicazione rarissima. Più spesso è avvenuto - ed è ancora andata bene - che i vescovi, del tutto refrattari ad accettare di essere stati esautorati del potere decisionale sulla questione, individuassero un oratorio o un santuario, possibilmente fuori mano, dove "soddisfare" la domanda; e spesso non tutte le domeniche, ma una volta al mese, o a settimane alterne, e così via. Nella maggior parte delle diocesi, poi, non si è ottenuto neppure quello e c'è il deserto assoluto.

Ora, i sondaggi realizzati in vari paesi d'Europa hanno invece mostrato come l'aspirazione alla liturgia antica sia alta, con percentuali variabili da un terzo a due terzi dei praticanti. Tuttavia una parte molto considerevole di questo desiderio non si tramuta nemmeno in domanda, perché l'esistenza stessa del motu proprio (e quindi della possibilità di avere la Messa antica) è ignota ai più; un'altra parte si scontra subito con le difficoltà organizzative di trovare altri interessati per costituire un gruppo e soprattutto con l'ostilità del clero; soltanto i più motivati, organizzati e combattivi riescono, quando va bene, ad ottenere qualcosa.

Stando allora così le cose, è chiaro che l'emananda Istruzione sarà cattiva, ed anzi pessima, se si limiterà a perpetuare lo status quo.

Da tre anni membri dell'Ecclesia Dei ci promettono questi chiarimenti che dovrebbero contrastare gli ostacoli frapposti dai vescovi. Da tre anni alla Commissione Ecclesia Dei si accumulano dossier sulle angherie più fantasiose escogitate per non applicare il motu proprio. E tutto questo quando sappiamo dalla bocca del card. Castrillòn Hoyos che l'intento del Papa era quello di avere una Messa antica in ogni parrocchia (vedi qui): il Papa stesso lo conferma parlando nella lettera di accompagnamento al motu proprio di reciproco arricchimento, che ovviamente presuppone una coesistenza parrocchiale delle due Messe. Questa Istruzione deve quindi fornire gli strumenti per vincere quella straordinaria opposizione che Roma conosce e ammette, e deve introdurre elementi coercitivi di promozione del motu proprio. Se invece si limiterà a stabilire questioni rubricistiche e di calendario, o anche quale dev'essere il numero di persone per formare un gruppo stabile (direttive tutte importanti, ma insufficienti), avrà fallito lo scopo e a buon diritto potremo dire: è cattiva, non c'è la volontà di far applicare davvero il motu proprio.

Da questi punti dunque potremo giudicare l'emanando documento, in ordine decrescente di importanza pratica:

1) Quali poteri attribuisce all'Ecclesia Dei, nel caso previsto dall'art. 7 del motu proprio, ossia quando il vescovo non vuole dare applicazione al motu proprio stesso? Fino ad oggi, la pontificia Commissione può al massimo sollevare il telefono e cercare di convincere il vescovo recalcitrante a concedere graziosamente qualcosa (e di solito, s'ottiene se va bene una soluzione scomoda o poco adatta). Potrà in futuro l'Ecclesia Dei individuare una chiesa inutilizzata nella diocesi incriminata, "requisirla" e assegnarla ad un sacerdote di qualche istituto tradizionalista? Una previsione del genere, romperebbe per incanto qualsiasi opposizione episcopale...

2) Prevedrà l'Istruzione che in ogni diocesi, anzi in ogni cittadina di discreta grandezza, sia provveduta almeno una Messa domenicale in ora e luogo comodamente accessibili?

3) Consentirà l'Istruzione che i parroci possano, secondo il loro pastorale apprezzamento, anche senza formale richiesta di un gruppo stabile (molti specie all'estero nemmeno sanno, o ricordano, che cosa sia la Messa antica), trasformare in forma straordinaria una delle Messe d'orario? Qualcosa del genere era stato riconosciuto da una lettera dell'Ecclesia Dei del febbraio scorso: vedremo se ciò sarà recepito nell'Istruzione, o da questa invece contraddetto al pari del responso dell'Ecclesia Dei che estendeva il motu proprio anche al rito ambrosiano.
 DE:MESSAINLATINO.IT