CONFERIMENTO DEL "PREMIO RATZINGER"
Alle ore 11 di questa mattina, nella  Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre  Benedetto XVI conferisce per la prima volta il "Premio Ratzinger"  istituito dalla "Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI" a  tre studiosi di teologia.
I tre  premiati sono: il Prof. Manlio Simonetti, italiano, laico, studioso di  Letteratura cristiana antica e Patrologia; il Prof. Olegario González de  Cardedal, sacerdote spagnolo, docente di Teologia sistematica; il Prof.  Maximilian Heim, cistercense, tedesco, Abate del Monastero di  Heiligenkreuz in Austria e docente di Teologia fondamentale e dogmatica.
Dopo  il saluto di Mons. Giuseppe Antonio Scotti, Presidente della  "Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI", la presentazione  dei premiati da parte del Card. Camillo Ruini, Presidente del Comitato  scientifico della Fondazione e il discorso di ringraziamento da parte  del Prof. P. Maximilian Heim, O. Cist., il Papa rivolge ai presenti il  discorso che riportiamo di seguito:
DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Signori Cardinali,
venerati Confratelli,
illustri Signori e Signore!
Innanzitutto vorrei esprimere la mia  gioia e gratitudine per il fatto che, con la consegna del suo premio  teologico, la Fondazione che porta il mio nome dia pubblico  riconoscimento all’opera condotta nell’arco di un’intera vita da due  grandi teologi, e ad un teologo della generazione più giovane dia un  segno di incoraggiamento per progredire sul cammino intrapreso. Con il Professor González de Cardedal  mi lega un cammino comune di molti decenni. Entrambi abbiamo iniziato  con san Bonaventura e da lui ci siamo lasciati indicare la direzione. In  una lunga vita di studioso, il Professor Gonzalez ha trattato tutti i  grandi temi della teologia, e ciò non semplicemente riflettendone o  parlandone a tavolino, bensì sempre confrontato al dramma del nostro  tempo, vivendo e anche soffrendo in modo del tutto personale le grandi  questioni della fede e con ciò le questioni dell’uomo d’oggi. In tal  modo, la parola della fede non è una cosa del passato; nelle sue opere  diventa veramente a noi contemporanea. Il Professor Simonetti  ci ha aperto in modo nuovo il mondo dei Padri. Proprio mostrandoci, dal  punto di vista storico, con precisione e cura ciò che dicono i Padri,  essi diventano persone a noi contemporanee, che parlano con noi. Il Padre Maximilian Heim  è stato recentemente eletto Abate del monastero di Heiligenkreuz presso  Vienna – un monastero ricco di tradizione – assumendo con ciò il  compito di rendere attuale una grande storia e di condurla verso il  futuro. In questo, spero che il lavoro sulla mia teologia, che egli ci  ha donato, possa essergli utile e che l’Abbazia di Heiligenkreuz possa,  in questo nostro tempo, sviluppare ulteriormente la teologia monastica,  che sempre ha accompagnato quella universitaria, formando con essa  l’insieme della teologia occidentale.
Non è, però, mio compito tenere qui una laudatio  dei premiati, che è già stata fatta in maniera competente dal Cardinale  Ruini. Forse però la consegna del premio può offrire l’occasione di  dedicarci per un momento alla questione fondamentale di che cosa sia  veramente "teologia". La teologia è scienza della fede, ci dice la  tradizione. Ma qui sorge subito la domanda: è davvero possibile questo? O  non è in sé una contraddizione? Scienza non è forse il contrario di  fede? Non cessa la fede di essere fede, quando diventa scienza? E non  cessa la scienza di essere scienza quando è ordinata o addirittura  subordinata alla fede? Tali questioni, che già per la teologia medievale  rappresentavano un serio problema, con il moderno concetto di scienza  sono diventate ancora più impellenti, a prima vista addirittura senza  soluzione. Si comprende così perché, nell’età moderna, la teologia in  vasti ambiti si sia ritirata primariamente nel campo della storia, al  fine di dimostrare qui la sua seria scientificità. Bisogna riconoscere,  con gratitudine, che con ciò sono state realizzate opere grandiose, e il  messaggio cristiano ha ricevuto nuova luce, capace di renderne visibile  l’intima ricchezza. Tuttavia, se la teologia si ritira totalmente nel  passato, lascia oggi la fede nel buio. In una seconda fase ci si è poi  concentrati sulla prassi, per mostrare come la teologia, in collegamento  con la psicologia e la sociologia, sia una scienza utile che dona  indicazioni concrete per la vita. Anche questo è importante, ma se il  fondamento della teologia, la fede, non diviene contemporaneamente  oggetto del pensiero, se la prassi sarebbe riferita solo a se stessa,  oppure vive unicamente dei prestiti delle scienze umane, allora la  prassi diventa vuota e priva di fondamento.
Queste vie, quindi, non sono  sufficienti. Per quanto siano utili ed importanti, esse diventerebbero  sotterfugi, se restasse senza risposta la vera domanda. Essa suona: è  vero ciò in cui crediamo oppure no? Nella teologia è in gioco la  questione circa la verità; essa è il suo fondamento ultimo ed  essenziale. Un’espressione di Tertulliano può qui farci fare un passo  avanti; egli scrive che Cristo non ha detto: Io sono la consuetudine,  ma: Io sono la verità – non consuetudo sed veritas (Virg. 1,1). Christian Gnilka ha mostrato che il concetto consuetudo  può significare le religioni pagane che, secondo la loro natura, non  erano fede, ma erano "consuetudine": si fa ciò che si è fatto sempre; si  osservano le tradizionali forme cultuali e si spera di rimanere così  nel giusto rapporto con l’ambito misterioso del divino. L’aspetto  rivoluzionario del cristianesimo nell’antichità fu proprio la rottura  con la "consuetudine" per amore della verità. Tertulliano parla qui  soprattutto in base al Vangelo di san Giovanni, in cui si trova  anche l’altra interpretazione fondamentale della fede cristiana, che  s’esprime nella designazione di Cristo come Logos. Se Cristo è il Logos, la verità, l’uomo deve corrispondere a Lui con il suo proprio logos, con la sua ragione. Per arrivare fino a Cristo, egli deve essere sulla via della verità. Deve aprirsi al Logos,  alla Ragione creatrice, da cui deriva la sua stessa ragione e a cui  essa lo rimanda. Da qui si capisce che la fede cristiana, per la sua  stessa natura, deve suscitare la teologia, doveva interrogarsi sulla  ragionevolezza della fede, anche se naturalmente il concetto di ragione e  quello di scienza abbracciano molte dimensioni, e così la natura  concreta del nesso tra fede e ragione doveva e deve sempre nuovamente  essere scandagliata.
Per quanto si presenti dunque chiara nel cristianesimo il nesso fondamentale tra Logos,  verità e fede – la forma concreta di tale nesso ha suscitato e suscita  sempre nuove domande. È chiaro che in questo momento tale domanda, che  ha occupato e occuperà tutte le generazioni, non può essere trattata in  dettaglio, e neppure a grandi linee. Vorrei tentare soltanto di proporre  una piccolissima nota. San Bonaventura, nel prologo al suo Commento alle Sentenze  ha parlato di un duplice uso della ragione – di un uso che è  inconciliabile con la natura della fede e di uno che invece appartiene  proprio alla natura della fede. Esiste, così si dice, la violentia rationis,  il dispotismo della ragione, che si fa giudice supremo e ultimo di  tutto. Questo genere di uso della ragione è certamente impossibile  nell’ambito della fede. Cosa intende Bonaventura con ciò? Un’espressione  dal Salmo 95,9 può mostrarci di che cosa si tratta. Qui Dio  dice al suo popolo: "Nel deserto … mi tentarono i vostri padri: mi  misero alla prova pur avendo visto le mie opere". Qui si accenna ad un  duplice incontro con Dio: essi hanno "visto". Questo però a loro non  basta. Essi mettono Dio "alla prova". Vogliono sottoporlo  all’esperimento. Egli viene, per così dire, sottoposto ad un  interrogatorio e deve sottomettersi ad un procedimento di prova  sperimentale. Questa modalità di uso della ragione, nell’età moderna, ha  raggiunto il culmine del suo sviluppo nell’ambito delle scienze  naturali. La ragione sperimentale appare oggi ampiamente come l’unica  forma di razionalità dichiarata scientifica. Ciò che non può essere  scientificamente verificato o falsificato cade fuori dell’ambito  scientifico. Con questa impostazione sono state realizzate opere  grandiose, come sappiamo; che essa sia giusta e necessaria nell’ambito  della conoscenza della natura e delle sue leggi nessuno vorrà seriamente  porlo in dubbio. Esiste tuttavia un limite a tale uso della ragione:  Dio non è un oggetto della sperimentazione umana. Egli è Soggetto e si  manifesta soltanto nel rapporto da persona a persona: ciò fa parte  dell’essenza della persona.
In questa prospettiva  Bonaventura fa cenno ad un secondo uso della ragione, che vale per  l’ambito del "personale", per le grandi questioni dello stesso essere  uomini. L’amore vuole conoscere meglio colui che ama. L’amore, l’amore  vero, non rende ciechi, ma vedenti. Di esso fa parte proprio la sete di  conoscenza, di una vera conoscenza dell’altro. Per questo, i Padri della  Chiesa hanno trovato i precursori e gli antesignani del cristianesimo –  al di fuori del mondo della rivelazione di Israele – non nell’ambito  della religione consuetudinaria, bensì negli uomini in ricerca di Dio,  in cerca della verità, nei "filosofi": in persone che erano assetate di  verità ed erano quindi sulla strada verso Dio. Quando non c’è questo uso  della ragione, allora le grandi questioni dell’umanità cadono fuori  dell’ambito della ragione e vengono lasciate all’irrazionalità. Per  questo un’autentica teologia è così importante. La fede retta orienta la  ragione ad aprirsi al divino, affinché essa, guidata dall’amore per la  verità, possa conoscere Dio più da vicino. L’iniziativa per questo  cammino sta presso Dio, che ha posto nel cuore dell’uomo la ricerca del  suo Volto. Fa quindi parte della teologia, da un lato l’umiltà che si  lascia "toccare" da Dio, dall’altro la disciplina che si lega all’ordine  della ragione, che preserva l’amore dalla cecità e che aiuta a  sviluppare la sua forza visiva.
Sono ben consapevole che con  tutto ciò non è stata data una risposta alla questione circa la  possibilità e il compito della retta teologia, ma è soltanto stata messa  in luce la grandezza della sfida insita nella natura della teologia.  Tuttavia è proprio di questa sfida che l’uomo ha bisogno, perché essa ci  spinge ad aprire la nostra ragione interrogandoci circa la verità  stessa, circa il volto di Dio. Perciò siamo grati ai premiati che hanno  mostrato nella loro opera che la ragione, camminando sulla pista  tracciata dalla fede, non è una ragione alienata, ma è la ragione che  risponde alla sua altissima vocazione. Grazie.
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 inundado por um mistério de luz que é Deus   e N´Ele vi e ouvi -A ponta da lança como chama que se desprende, toca o eixo da terra, – Ela estremece: montanhas, cidades, vilas e aldeias com os seus moradores são sepultados. - O mar, os rios e as nuvens saem dos seus limites, transbordam, inundam e arrastam consigo num redemoinho, moradias e gente em número que não se pode contar , é a purificação do mundo pelo pecado em que se mergulha. - O ódio, a ambição provocam a guerra destruidora!  - Depois senti no palpitar acelerado do coração e no meu espírito o eco duma voz suave que dizia: – No tempo, uma só Fé, um só Batismo, uma só Igreja, Santa, Católica, Apostólica: - Na eternidade, o Céu!
inundado por um mistério de luz que é Deus   e N´Ele vi e ouvi -A ponta da lança como chama que se desprende, toca o eixo da terra, – Ela estremece: montanhas, cidades, vilas e aldeias com os seus moradores são sepultados. - O mar, os rios e as nuvens saem dos seus limites, transbordam, inundam e arrastam consigo num redemoinho, moradias e gente em número que não se pode contar , é a purificação do mundo pelo pecado em que se mergulha. - O ódio, a ambição provocam a guerra destruidora!  - Depois senti no palpitar acelerado do coração e no meu espírito o eco duma voz suave que dizia: – No tempo, uma só Fé, um só Batismo, uma só Igreja, Santa, Católica, Apostólica: - Na eternidade, o Céu! 
