sexta-feira, 2 de agosto de 2013

S. Alfonso Maria de Liguori, LA MESSA STRAPAZZATA


 
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PARTE I - LA MESSA STRAPAZZATA
Non mai alcun sacerdote dirà la messa colla divozione dovuta, se non ha la stima che merita un tanto sacrificio. È certo che non può un uomo fare un'azione più sublime e più santa, che celebrare una messa: Nullum aliud opus, dice il concilio di Trento, adeo sanctum a Christi fidelibus tractari posse, quam hoc tremendum mysterium1. Dio stesso non può fare che vi sia nel mondo un'azione più grande, che del celebrarsi una messa.
Tutti i sacrificj antichi, con cui fu tanto onorato Iddio, non furono che un'ombra e figura del nostro sacrificio dell'altare. Tutti gli onori che han dati giammai e daranno a Dio gli angeli co' loro ossequj, e gli uomini colle loro opere, penitenze e martirj, non han potuto né potranno giungere a dar tanta gloria al Signore, quanta glie ne dà una sola messa; mentre tutti gli onori delle creature sono onori finiti; ma l'onore che riceve Iddio nel sacrificio dell'altare, venendogli ivi offerta una vittima d'infinito valore, è un onore infinito. La messa dunque è un'azione che reca a Dio il maggior onore che può darsegli: è l'opera che più abbatte le forze dell'inferno; che apporta maggior suffragio all'anime del purgatorio; che maggiormente placa l'ira divina contro i peccatori, e che apporta maggior bene agli uomini in questa terra.
Se sta promesso che quanto chiederemo a Dio in nome di Gesù, tutto otterremo: Si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis2: quanto più dobbiamo ciò sperare, offerendogli Gesù medesimo? Questo nostro amoroso Redentore continuamente in cielo sta intercedendo per noi: Qui etiam interpellat pro nobis3. Ma ciò specialmente lo fa in tempo della messa, nella quale egli, anche a questo fine di ottenerci le grazie, presenta se stesso al Padre per mano del sacerdote. Se noi sapessimo che tutti i Santi colla divina Madre pregassero per noi, qual confidenza non concepiremmo per li nostri vantaggi? ma è certo che una sola preghiera di Gesù Cristo può infinitamente più che tutte le preghiere de' santi. Poveri noi peccatori, se non vi fosse questo sacrificio che placa il Signore! Huius quippe oblatione placatus Dominus, gratiam et donum poenitentiae concedens, crimina et peccata etiam ingentia dimittit, dice il Tridentino. In somma, siccome la passione di Gesù Cristo bastò a salvare tutto il mondo, così basta a salvarlo una sola messa; che però il sacerdote nell'oblazione

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del calice dice: Offerimus tibi, Domine, calicem salutaris...pro nostra et totius mundi salute.
La messa è il più buono e più bello della chiesa, secondo predisse il profeta: Quid enim bonum eius est, et quid pulchrum eius, nisi frumentum electorum et vinum germinans virgines1? Poiché nella messa il Verbo incarnato si sacrifica all'eterno Padre e si dona a noi nel sagramento dell'eucaristia, il quale è il fine e lo scopo di quasi tutti gli altri sacramenti, come insegna l'angelico: Fere omnia sacramenta in eucharistia consummantur. Onde dice s. Bonaventura, che la messa è l'opera in cui Iddio ci mette avanti gli occhi tutto l'amore che ci ha portato, ed è un certo compendio di tutti i beneficj che ci ha fatti: Est memoriale totius dilectionis suae, et quasi compendium quoddam omnium beneficiorum suorum2. E perciò il demonio ha procurato sempre di toglier dal mondo la messa per mezzo degli eretici, costituendoli precursori dell'Anticristo, il quale, prima d'ogni altra cosa, procurerà d'abolire, ed in fatti gli riuscirà d'abolire, in pena de' peccati degli uomini, il santo sacrificio dell'altare, giusta quel che predisse Daniele: Robur autem datum est ei contra iuge sacrificium propter peccata3.
Dice lo stesso s. Bonaventura che Dio in ogni messa non fa minor beneficio al mondo di quello che fece allora che s'incarnò: Non minus videtur facere Deus in hoc quod quotidie dignatur descendere super altare, quam cum naturam humani generis assumpsit4. Sicché, come dicono i dottori, se mai non vi fosse stato ancora nel mondo Gesù Cristo, il sacerdote ve lo porrebbe con proferire la forma della consagrazione; secondo la celebre sentenza di s. Agostino, che scrisse: O veneranda sacerdotum dignitas, in quorum manibus velut in utero Virginis Filius Dei incarnatur5!
Inoltre, non essendo altro il sacrificio dell'altare, che l'applicazione e la rinnovazione del sacrificio della croce, insegna l'angelico, che una messa apporta agli uomini tutti gli stessi beni e salute che apportò il sacrificio della croce: In qualibet missa invenitur omnis fructus, quem Christus operatus est in cruce. Quiquid est effectus dominicae passionis, est effectus huius sacrificii6. Lo stesso scrisse il Grisostomo: Tantum valet celebratio missae, quantum valet mors Christi in cruce7. E di ciò maggiormente ce ne assicura la s. chiesa, dicendo: Quoties huius hostiae commemoratio recolitur, toties opus nostrae redemptionis exercetur8. Giacché il medesimo Salvatore che si offerì per noi sulla croce si sagrifica sull'altare per mezzo de' sacerdoti, come ci dichiara il Tridentino: Una enim eademque est hostia, idem nunc offerens sacerdotis ministerio, qui se ipsum in cruce obtulit, sola ratione offerendi diversa9. Ond'è che per lo sagrificio dell'altare s'applica a noi il sagrificio della croce. La passione di Gesù Cristo ci fe' capaci della redenzione; la messa ce ne mette in possesso e fa che godiamo ne' suoi meriti. LEGGERE...
 



FESTA DE SANTO AFONSO DE LIGÓRIO . ESCRITOS DO SANTO


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  As Sete Meditações sugeridas por Santo Afonso de Ligório
   
   
Da Vocação Religiosa - S. Afonso de Ligório
A Fuga das Ocasiões de Pecado - Sto. Afonso de Ligório
O Valor da Comunhão Espiritual
Da Salvação de Nossa Alma - Sto Afonso de Ligório
Entrada da Alma no Céu - Sto. Afonso de Ligório
 
 
 
Meios de preparar-se para a morte - Sto Afonso de Ligório
 
 
41 Orações escrita por Sto Afonso de Ligório
 
 
 
 

 
Maria socorre os Seus devotos que se encontram no Purgatório - Sto Afonso de Ligório

Un decreto mal hecho


 


Un amable lector ha dejado un interesante comentario en uno de los artículos anteriores, relativo a la invertención de la Santa Sede en el instituto de los Franciscanos de la Inmaculada. No estoy de acuerdo con el mismo, pero agradezco su tono moderado. Lo reproduzco y doy mi respuesta:
"Señor Administrador, soy un asiduo lector de su blog y más de una vez lo he felicitado por él, sin embargo, creo que en esta ocasión está equivocando el camino con la línea editorial que ha elegido para enfrentar esta noticia. Desgraciadamente son varios ya los que se han unido en esta reacción de defensa -perdóneme la expresión- irreflexiva de esta Congregación religiosa, hasta el punto verdaderamente inverosímil de sugerir la desobediencia a las autoridades romanas (véanse los artículos de Gnochi y Palmaro y de Cristina Siccardi, supuestos "campeones" de la tradición).
La cuestión que se impone preliminarmente en este tema se resume en la pregunta ¿conocen todos Uds. esta congregación? No basta con ver las fotos y vídeos de las celebraciones litúrgicas de estos frailes, no basta con leer el decreto de comisariamento, no basta con opinar sobre la base de de simples conjeturas, ni mucho menos a partir de ello atacar las decisiones de la jerarquía -dañando de paso su credibilidad ante los fieles más débiles. Quien conoce esta congregación, su historia, la vida interna de sus conventos, la sensibilidad de sus monjas, sus publicaciones, etc., seguramente sentirá no poco dolor por la intervención vaticana, pero la comprenderá. El problema no es la Forma Extraordinaria, el problema es un modo de operar equivocado que se ha ido manifestando a lo largo de los años de distintas maneras: la novedad es que ahora se ha manifestado TAMBIÉN en el área litúrgica. Mucho antes de que la Forma Extraordinaria se expandiera por los conventos de los FI, se percibían ya las grietas que desembocarían en esta intervención. Creo que en este problema de los FI, la Forma Extraorinaria se ha instrumentalizado al servicio de otros intereses, y hacen mal los tradicionalistas en no darse cuenta de ello, pues, están terminando por ser instrumentalizados ellos mismos, -la ignorancia es abismal en esta asunto: antes del Papa Benedicto ¿sabe Ud. que actitud tenían los FI hacia la Misa antigua?- todos defendiendo sin distingo una congregación (que no conocen) en la creencia que así defienden la Forma Extraordinaria. Las consecuencias serán malísimas, o peor aún ya son malísimas: de la simple sospecha hacia el nuevo Papa, se ha pasado a exhortar -más o menos veladamente- a desobedecerlo.
El gran error de este blog es intentar comprender la realidad a partir de coordenadas demasiado pobres: el mundo eclesial no se divide en pro forma ordinaria-pro forma extraordinaria o modernistas vs tradicionalistas. Porque la Forma Extraordinaria o el tradicionalismo no puede justificar cualquier tipo de comportamiento o gobierno religioso.
Los frailes y monjas Franciscanos de la Inmaculada, a mi juicio, son tan buenos, tan dóciles, tan deseosos de santidad, que no pueden sino salir muy fortalecidos después de esta amarga medicina. La corrección a fallas en el gobierno de la congregación no puede ser sino bien acogida, y así lo han recibido ellos mismos.
Estos ya eran santos cuando celebraban sólo el Novus Ordo, y lo seguirán siendo a futuro, sin importar la liturgia que celebren. Cuesta encontrar hoy en día una congregación con miembros tan bien dispuestos a la santidad como estos, y eso -más allá de los problemas por los cuales son intervenidos- hay que agradecérselo a los fundadores P. Manelli y P. Pelleteri.
Juanchu"
Esta es mi respuesta:

a) Como tratan la noticia otros blogs, es su responsabilidad, no la mía.

b) No discuto aquí la intervención de la Santa Sede ni el nombramiento de un Comisario apostólico, ni las competencias de la Congregación para la Vida Consagrada, y mucho menos la autoridad del Papa.

c) No discuto aquí la presunta existencia de irregularidades, abusos o mala praxis en el instituto de los franciscanos de la Inmaculada. Como usted dice, ni conozco tales hechos, ni conozco en profundidad ese instituto.

d) Deseo fervientemente que esas irregularidades, de ser ciertas, sean sanadas y corregidas. Como deseo también que la intervención de Roma esté justificada, y no sea consecuencia de haber adoptado ese floreciente instituto la forma extraordinaria. Es un hecho que la Liturgia secular de la Iglesia concita no pocas e incomprensibles oposiciones, por no decir odio, entre algunos miembros del clero y de la jerarquía eclesiástica; por lo tanto no podemos descartar que ambas cuestiones se hayan mezclado aquí sin objetividad.

e) Lo que en mi opinión es injusto, arbitrario, descorazonador e inoportuno es la coletilla del decreto que prohíbe (por más que se use el eufemismo de la autorización puntual) la celebración de la forma extraordinaria a los franciscanos de la Inmaculada. Lo explicaré brevemente:

1º) El decreto deroga el motu proprio Summorum Pontificum para los franciscanos de la Inmaculada. Según Summorum Pontificum los sacerdotes de Rito Latino, incluidos los de institutos religiosos, pueden utilizar el Vetus Ordo en sus Misas privadas y usar el breviario tradicional sin necesidad de permiso alguno. Todo esto queda prohibido. También se impide que puedan atender los pedidos de fieles en las parroquias a su cargo. En fin, como si el motu proprio no existiera.

2º) Esta derogación se hace de una forma jurídicamente chapucera: ¿Cómo un decreto de una congregación puede modificar lo dispuesto por un motu proprio pontificio?. Por más que se invoque el visto bueno del actual Papa, cualquier entendido en derecho convendrá en que esta forma de actuar ignora y debilita la jerarquía normativa de la Iglesia.

3º) Se castiga con la privación de la Misa tradicional a todo un instituto. Este hecho introduce dos elementos: lo absurdo y lo injusto. Lo absurdo: no se proscribe una devoción particular o una práctica paralitúrgica, se está prohibiendo una de las formas autorizadas en la Misa. ¿Qué clase de castigo es éste? ¿Cómo se puede mezclar la Santa Misa con unas medidas correctivas?. Lo injusto: se priva por igual a los religiosos que hayan cometido abusos o errores y a los inocentes y devotos; para garantizar el derecho al Novus Ordo de unos, se atropella el derecho al Vetus Ordo de otros; se castiga de camino a los fieles que asisten a la forma extraordinaria en sus iglesias; y se discrimina a todos ellos privándoles de un derecho del que, mientras no se legisle lo contrario, disfrutan todos los católicos de Rito Latino.

4º) Si convenimos en esto, ¿qué necesidad había de mezclar al Santo Padre en una medida absurda e injusta?. ¿Merece la pena obtener el aval del Papa Francisco para impedir que los franciscanos de la Inmaculada puedan recurrir un decreto? ¿No debe la figura del Papa ser preservada de actos tan discutibles? Son los promotores de este decreto los que dañan la credibilidad de la jerarquía, y no nosotros por contarlo.

5º) Hemos apuntado lo inoportuno como elemento adicional. Benedicto XVI legisló que la Liturgia tradicional nunca había sido abrogada. También que nos convenía preservarla, que se debía respetar el legítimo derecho a quienes la preferían, y que ambas formas eran susceptibles de enriquecerse mutuamente. El Papa emérito es una persona muy sabia, el mismo Papa Francisco lo proclama. ¿Qué necesidad había de desautorizar en vida sus argumentos?

6º) Por último esta medida provoca dolor a todos los que amamos la forma tradicional de la Liturgia. El decreto no busca la libre coexistencia de ambas formas. Prohíbe una de ellas. Algo sagrado, que debe quedar al margen de debates, se identifica como elemento problemático. Se confunde a los jóvenes que en muchos casos se acercan a la fe a través del Vetus Ordo. Se provoca miedo o irritación en muchos fieles, por no hablar de lo que deben estar viviendo los franciscanos de la Inmaculada. ¿Es un castigo a un instituto o un castigo a toda la Iglesia?

Si de verdad esta medida está tomada con buena fe, debemos rezar y confiar en que durará el tiempo en que los problemas de este instituto se resuelvan. Porque los franciscanos de la Inmaculada no pueden ser privados sine die de los derechos del resto de católicos. Si esta prohibición se convierte en un elemento permanente en la vida de este instituto, habremos pasado de una injusticia a un atropello. Y confirmará lo que algunos temen: el inicio de la persecución a la forma extraordinaria del Rito Romano.

Franciscanos de la Inmaculada



En solidaridad con nuestros hermanos Franciscanos de la Inmaculada, con el deseo de que pronto se resuelvan todos su problemas y de que Nuestro Señor premie su esfuerzo en la preservación de la Liturgia secular de la Iglesia.

Los Franciscanos de la Inmaculada asisten a Monseñor Giuseppe Sciacca, Secretario General del Gobierno de la Ciudad del Vaticano, el pasado 3 de marzo:


El Arzobispo de Cebú y presidente de la Conferencia Episcopal de Filipinas, asistido en una Misa pontifical por los Franciscanos de la Inmaculada:


Santa Misa Novus Ordo, celebrada por los Franciscanos de la Inmaculada en Griswold, Connecticut, Estados Unidos, en la fiesta de la Candelaria de este año:


El Cardenal Prefecto del Tribunal de la Signatura Apostólica, con los Franciscanos de la Inmaculada:


El Cardenal Castrillón Hoyos con los Franciscanos de la Inmaculada:


Semana Santa en el Monasterio de Castello:



Misión de los Franciscanos de la Inmaculada en la India:

Lettera di Cristina Siccardi sul Divieto della Celebrazione della Santa Messa in Rito Antico ai Francescani dell’Immacolata

 

francescani dell’ImmacolataI francescani dell’Immacolata sulla strada del martirio dei santi dellla Chiesa.
(di Cristina Siccardi su Riscossa Cristiana) Dolore e sconcerto hanno assalito moltissimi fedeli, sacerdoti, parroci, religiosi e religiose alla notizia che all’ordine dei Francescani dell’Immacolata, Congregatio Fratrum Franciscanorum Immaculatae, sia stato, di fatto, impedito di celebrare la Santa Messa in rito antico. Una domanda si è levata: ma la Chiesa è Madre o matrigna? La Chiesa, come Corpo mistico di Cristo è Madre, ma, spesso, come autorità umana, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, è matrigna.
Moltissime anime, dicevamo, stanno soffrendo per questa prova ingiusta perché in profonda contraddizione con il Motu Proprio di Benedetto XVI emanato nel 2007, Summorum Pontificum, che liberalizzava la Messa in rito tridentino, rito, peraltro, che non è mai stato abolito e continuava ad essere valido quanto dichiarato da san Pio V, nella Bolla Quo primum tempore:
«…in virtù dell’Autorità Apostolica, Noi concediamo, a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l’Indulto perpetuo di poter seguire, in modo generale, in qualunque Chiesa, senza scrupolo veruno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso Messale, di cui dunque avranno la piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente: così che Prelati, Amministratori, Canonici, Cappellani e tutti gli altri Sacerdoti secolari, qualunque sia il loro grado, o i Regolari, a qualunque Ordine appartengano, non siano tenuti a celebrare la Messa in maniera differente da quella che Noi abbiamo prescritta, né, d’altra parte, possano venir costretti e spinti da alcuno a cambiare questo Messale.
Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento: facoltà, statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto e inibizione. Che se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo…».
Ai Francescani dell’Immacolata non sarà più consentito seguire le norme di Benedetto XVI, «papa emerito», ancora vivente, scritte nel Summorum Pontificum:
«…Perciò è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo l’edizione tipica del Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato, come forma straordinaria della Liturgia della Chiesa. Le condizioni per l’uso di questo Messale stabilite dai documenti anteriori “Quattuor abhinc annos” e “Ecclesia Dei”, vengono sostituite come segue:
Art. 2. Nelle Messe celebrate senza il popolo, ogni sacerdote cattolico di rito latino, sia secolare sia religioso, può usare o il Messale Romano edito dal beato Papa Giovanni XXIII nel 1962, oppure il Messale Romano promulgato dal Papa Paolo VI nel 1970, e ciò in qualsiasi giorno, eccettuato il Triduo Sacro [dalla Messa in Cena Domini alla Veglia Pasquale inclusa]. Per tale celebrazione secondo l’uno o l’altro Messale il sacerdote non ha bisogno di alcun permesso, né della Sede Apostolica, né del suo Ordinario.
Art. 3. Le comunità degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, di diritto sia pontificio sia diocesano, che nella celebrazione conventuale o “comunitaria” nei propri oratori desiderano celebrare la Santa Messa secondo l’edizione del Messale Romano promulgato nel 1962, possono farlo. Se una singola comunità o un intero Istituto o Società vuole compiere tali celebrazioni spesso o abitualmente o permanentemente, la cosa deve essere decisa dai Superiori maggiori a norma del diritto e secondo le leggi e gli statuti particolari.
§ 3. Ai chierici costituiti “in sacris” è lecito usare il Breviario Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962».
Siamo di fronte ad un vero abuso di potere, perpetrato attraverso un’interpretazione distorta delle norme vigenti: nel diritto canonico non è mai lecito interpretare le norme contro la loro ratio e, soprattutto, contro la salus animarum, suprema legge e principio supercostituzionale di tutto l’ordinamento della Chiesa. Scrive Sandro Magister: i Francescani dell’Immacolata
«si vogliono fedeli alla tradizione, nel pieno rispetto del magistero della Chiesa. Tant’è vero che nelle loro comunità celebrano messe sia in rito antico che in rito moderno, come del resto fanno in tutto il mondo centinaia di altre comunità religiose – per fare un solo esempio i benedettini di Norcia – applicando lo spirito e la lettera del motu proprio “Summorum pontificum” di Benedetto XVI.
Ma proprio questo è stato loro contestato da un nucleo di dissidenti interni, i quali si sono appellati alle autorità vaticane lamentando l’eccessiva propensione della loro congregazione a celebrare la messa in rito antico, con l’effetto di creare esclusioni e contrapposizioni dentro le comunità, di minare l’unità interna e, peggio, di indebolire il più generale “sentire cum Ecclesia”.
Le autorità vaticane hanno risposto inviando un anno fa un visitatore apostolico. E ora ecco la nomina del commissario.
Ma ciò che più stupisce sono le ultime cinque righe del decreto dell’11 luglio:
“In aggiunta a quanto sopra, il Santo Padre Francesco ha disposto che ogni religioso della congregazione dei Frati Francescani dell’Immacolata è tenuto a celebrare la liturgia secondo il rito ordinario e che, eventualmente, l’uso della forma straordinaria (Vetus Ordo) dovrà essere esplicitamente autorizzata [sic] dalle competenti autorità, per ogni religioso e/o comunità che ne farà richiesta”.
Lo stupore deriva dal fatto che ciò che qui viene decretato contraddice le disposizioni date da Benedetto XVI, che per la celebrazione della messa in rito antico “sine populo” non esigono alcuna previa richiesta di autorizzazione:
“Ad talem celebrationem secundum unum alterumve Missale, sacerdos nulla eget licentia, nec Sedis Apostolicae nec Ordinarii sui”[1].
Mentre per le messe “cum populo” pongono alcune condizioni, ma sempre assicurando la libertà di celebrare.
In generale, contro un decreto di una congregazione vaticana è possibile fare ricorso presso il supremo tribunale della segnatura apostolica, oggi presieduto da un cardinale, l’americano Raymond Leo Burke, giudicato amico dai tradizionalisti.
Ma se il decreto è oggetto di approvazione in forma specifica da parte del papa, come sembra avvenire in questo caso, il ricorso non è ammesso»[2]. Pertanto i Francescani dell’Immacolata, dovranno attenersi al divieto di celebrare la messa in rito antico a partire da domenica 11 agosto.
Certo è che la situazione è davvero grave: diritti soggettivi di sacerdoti e fedeli, garantiti da almeno 500 anni di costante imperio pontificio e di consolidata prassi ecclesiale, salvo che per i 38 anni intercorsi tra la riforma liturgica del 1969 ed il Summorum Pontificum del 2007 (con progressivi allentamenti di tali vincoli, quanto meno a partire dal 1984), vengono ora messi in discussione. Cosa ancora più grave è il modo con cui ciò viene realizzato: non una riforma legislativa chiara ed organica, ma l’avallo pontificio di un atto amministrativo, che viene così reso non impugnabile presso le superiori istanze.
Dev’essere profondamente tragico e penoso per i Francescani dell’Immacolata, costretti a celebrare la Messa soltanto nella forma moderna… lacrime versate per chi e per cosa? Occorre, inoltre, prestare molta attenzione: il Vetus Ordo non è una realtà chiusa in se stessa. Vivere la Santa Messa antica significa avere uno stile cattolico diverso, autentico: nella nuova si vive la mensa, l’ “assemblea” convocata banchetta insieme e partecipa al sacerdozio, nell’antica il celebrante compie, in persona Christi, il Santo Sacrificio del Calvario e i fedeli, che assistono, si abbeverano alla fonte della Grazia eucaristica. Non si tratta semplicemente di gusti estetici più raffinati ed eleganti; paramenti sacri più belli o paramenti più brutti; più fiori sull’altare, più candele accese o meno; di organi o chitarre; di cori angelici o cori rock… si tratta di vivere o meno la Santa Messa come Sacrificio propiziatorio.
Finalmente, però, di fronte a questi fatti, qualcuno aprirà gli occhi e dirà: «è vero, dunque, che il rito della Messa divide!», infatti, ha ancora scritto Magister: «un caposaldo del pontificato di Joseph Ratzinger è stato incrinato. Da un’eccezione che molti temono – o auspicano – diventerà presto la regola»[3].
Nel 1965 padre Stefano Maria Manelli O.F.M. Conv. riscoprì e meditò le Fonti Francescane e gli scritti di san Massimiliano Maria Kolbe. Fu così che la vigilia di Natale del 1969 chiese al Superiore generale dei Frati Minori Conventuali, padre Basilio Heiser, di avviare una nuova opera di vita francescana. Il superiore assecondò l’istanza. Nella Regola sta scritto: preghiera e povertà, penitenza e intenso lavoro di apostolato. Ma che preghiera! E quale povertà! Quelle che toccano il Cuore di Dio e fanno piovere grazie sulla terra, oggi così arida proprio perché invece di vivere povertà e preghiera si declama il pauperismo e, invece di pregare, si decanta la cosiddetta «dignità umana», il pacifismo, l’ecumenismo, la libertà religiosa… e poi si calpesta la dignità di chi rispetta la Fede, la speranza, la carità, le virtù teologali, le virtù cardinali, i dogmi, la dottrina della Chiesa di sempre.
I Francescani dell’Immacolata sopportano il duro freddo dei mesi invernali; calzano i sandali con i piedi nudi, anche sotto l’acqua e nella neve. Per quanto riguarda il nutrimento non si acquista nulla, ma si aspetta tutto dalla Provvidenza. Molto rigore, eppure… un florilegio di vocazioni ed ecco che il gruppo di frati viene riconosciuto dalla Chiesa: il 22 giugno 1990, solennità del Sacro Cuore di Gesù, l’allora Arcivescovo di Benevento Mons. Carlo Minchiatti, «per decisione del Santo Padre» (cfr Segreteria di Stato Prot. n. 258.501), firmò il decreto di erezione del nuovo Istituto di Diritto diocesano, e il 23 giugno 1990, festa del Cuore Immacolato di Maria, avvenne l’erezione effettiva dell’Istituto presso il Centro La Pace di Benevento, con la professione dei voti di circa 30 religiosi. La rapida crescita dello stesso ordine nel mondo e le credenziali dei vescovi nelle cui diocesi si trovano le case dell’Istituto, portò il 1º gennaio 1998, solennità della Madre di Dio, al riconoscimento pontificio (cfr. CRIS Prot. n. B 242-1/94). La novità proposta dal fondatore consiste nel «voto mariano», che viene emesso nella professione religiosa al primo posto, seguito dai voti di castità, povertà, obbedienza.
Il carisma dell’Istituto è francescano-mariano, che consiste nel vivere il francescanesimo alla luce dell’Immacolata secondo la Regola bollata di San Francesco d’Assisi e la Traccia mariana di vita francescana, con la consacrazione illimitata all’Immacolata, che riporta i religiosi alle pure origini mariane del francescanesimo (Santa Maria degli Angeli) e ai recenti esempi e insegnamenti di san Massimiliano Maria Kolbe (“folle” dell’Immacolata e martire della carità), con una spinta particolare alla missionarietà e all’uso dei mass-media per l’apostolato.
Quale sarà ora l’atteggiamento che terranno i Francescani? Quello di rimanere fedeli alla Tradizione della Chiesa? Oppure, come già hanno fatto altri in passato, perché impauriti dalle sentenze e dalle drastiche misure nei loro confronti, di cedere alle pressioni e alle minacce?
Qui non si tratta di una disobbedienza, ma del contrasto fra due obbedienze: obbedire agli uomini o a Dio. Nessuna norma di Santa Madre Chiesa può contenere un danno alla salvezza delle anime; se lo contenesse cesserebbe ipso facto di essere norma della Chiesa e sarebbe arbitrio personale degli uomini di Chiesa che l’hanno varata. Questo, nel diritto canonico, non ha unicamente valore etico, ma valore giuridico immediatamente applicabile. Da ciò consegue che chiunque resista ad un comando ingiusto non viola il diritto, ma lo applica e, a contrario, chi applica una norma ingiusta viola il diritto canonico.
A raddrizzare le sorti della Chiesa in crisi solitamente sono i santi, mentre le autorità costituite, di norma, tutelano e perpetuano le ricchezze della Tradizione nei momenti di fulgore spirituale: pensiamo a Sant’Atanasio nell’epoca dell’eresia ariana, così colpevolmente tollerata dai Pontefici del tempo, in complice sudditanza con il potere politico; a Santa Ildegarda di Bingen fra i catari e il lassismo di conventi e monasteri, di Vescovi e Imperatori; all’energia restauratrice della romana Sede Apostolica di santa Caterina da Siena, vincitrice della pusillanimità pontificia nei confronti del Re di Francia; a san Francesco d’Assisi, punta di lancia del dominio universale di Innocenzo III, contro ogni forma di democraticismo pauperista e di supremazia statolatrica nei confronti della Chiesa (quel san Francesco che rivendica, di fronte al Sultano, il diritto dei crociati a muovere guerra all’Islam ed ai suoi seguaci, non solo in Europa, ma anche in Terra Santa, come testimoniato da Fra’ Tommaso da Celano, suo primo biografo); ai santi della Controriforma, così strenuamente impegnati a combattere e reprimere eresie e tentazioni esoteriche: da san Roberto Bellarmino, confratello del regnante Pontefice, splendido accusatore nel processo contro Giordano Bruno, a san Carlo Borromeo, grandiosa personificazione della povertà e del sacrificio in privato, quanto della magnificenza nell’adempimento delle sue funzioni di Vescovo, a san Filippo Neri, consigliere dei Papi e sublime asservitore dell’ironia e della gioia di vivere alla purezza di dottrina e di costumi, a san Francesco di Sales, eroico leone della lotta anticalvinista nella stessa Ginevra ed in tutte le terre circostanti.
Scriveva il grande Cardinale Newman, che nell’assistere alla Messa antica nelle chiese di Roma, di Sicilia e di Milano e nello studiare i Padri della Chiesa si convertì al Cattolicesimo:
«È degno di non poco rilievo il fatto che, sebbene, storicamente parlando, il quarto secolo sia l’età dei dottori, illustrata com’è dai santi Atanasio ed Ilario, i due Gregori, Basilio, Crisostomo, Ambrogio, Girolamo ed Agostino (e tutti costoro anche santi vescovi), eccetto uno, nondimeno, proprio in quel periodo la Tradizione Divina affidata alla Chiesa infallibile, venne proclamata e conservata molto di più dai fedeli che dall’episcopato»[4].
Non è forse ciò che sta accadendo? Ma oggi i santi dove sono? Gli eroi della Fede dove sono? Coloro che con parole e azioni sappiano manifestare la verità dove sono? Forse la Divina Provvidenza, di fronte al crollo del Cattolicesimo, ai suoi principi dottrinali e morali, sta chiamando i Francescani dell’Immacolata alla resistenza? Che cosa avrebbe fatto al loro posto san Paolo, che, come egli stesso dichiara ha apertamente resistito a Pietro perché palesemente sbagliava[5]? Avrebbe ceduto alle superiori istanze gerarchiche o sarebbe rimasto fedele alla Fede per la quale esiste la Chiesa?
In questa vicenda, apparentemente marginale, si gioca una partita di grande importanza per l’evoluzione della crisi che attualmente travaglia la Chiesa: si scontrano l’arbitrio, che trova unicamente nell’ideologia rivoluzionaria conciliarista la sua ragion d’essere, ed il diritto cristiano, che è tale perché discende dalla verità naturale e rivelata. Molto bene ha messo in evidenza ciò Enzo Bianchi[6] nel suo articolo di attacco calunnioso alla Fraternità Sacerdotale San Pio X: l’unica vera ragione per proibire e/o anche solo ostacolare la celebrazione della Santa Messa nel rito antico è che essa costituisce la pietra d’inciampo sulla strada del cammino modernista. Di ciò si era già ben avveduto san Pio da Pietrelcina, quando, all’indomani del Concilio Vaticano II, si rifiutò di abbandonare la Messa di sempre, nonostante gli ordini e le pressioni delle competenti autorità; tale rifiuto fu tanto fermo da indurre Paolo VI ad ammirarne lo zelo di Fede e la determinazione fino al punto da concedergli personale indulto. Appare quindi evidente la grandissima responsabilità che incombe sui Francescani dell’Immacolata, responsabilità che trova nel Padre spirituale del loro fondatore[7] lume di consiglio ed esempio di azione: essi si trovano posti di fronte alla scelta fra il martirio dei santi della Chiesa, seme dei Cristiani, e l’inutile martirio della propria consumazione fisica e spirituale nell’iniqua obbedienza all’ingiustizia… il Crocefisso di Giotto, che imperioso sta nella loro maestosa chiesa di Ognissanti a Firenze, li sta a guardare.

[1] Nota di Sandro Magister: «Curiosamente, ancora sei anni dopo la pubblicazione, il motu proprio “Summorum Pontificum” di Benedetto XVI continua a essere presente nel sito ufficiale della Santa Sede solamente in due lingue e tra le meno conosciute: la latina e l’ungherese».
[2] S. Magister, La prima volta che Francesco contraddice Benedetto, in:
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350567
[3] S. Magister, La prima volta che Francesco contraddice Benedetto, in:
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350567
[4] J.H. Newman, Gli ariani del IV secolo, Jaca Book-Morcelliana, Milano 1981, p.361.

quarta-feira, 31 de julho de 2013

Il “caso” dei Francescani dell’Immacolata (di Roberto de Mattei)

 

(di Roberto de Mattei) Il “caso” dei Francescani dell’Immacolata (http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/ 1350567) si presenta come un episodio di gravità estrema, destinato ad avere all’interno della Chiesa conseguenze forse non previste da chi incautamente lo ha posto in atto.
La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata (conosciuta come Congregazione per i Religiosi), con un suo Decreto dell’11 luglio 2013, firmato dal cardinale prefetto João Braz de Aviz e dall’arcivescovo segretario José Rodriguez Carballo, ofm, ha esautorato i superiori dei Francescani dell’Immacolata, affidando il governo dell’Istituto ad un “commissario apostolico”, il padre Fidenzio Volpi, cappuccino.
Per “blindare” il decreto, il card. João Braz de Aviz, si è munito di un’approvazione “ex auditu”, di Papa Francesco, che toglie ai Frati ogni possibilità di appello alla Segnatura Apostolica. Le ragioni di questa condanna, che ha la sua origine in un esposto alla Congregazione per i Religiosi di un gruppo di frati dissidenti, restano misteriose. Dal decreto della Congregazione e dalla lettera inviata ai Francescani il 22 luglio dal nuovo Commissario, gli unici capi di accusa sembrano essere quelli di scarso «sentire cum Ecclesia» e di eccessivo attaccamento al Rito Romano antico.
In realtà ci troviamo di fronte ad una palese ingiustizia nei confronti dei Francescani dell’Immacolata. Questo istituto religioso, fondato dai padri Stefano Maria Manelli e Gabriele Maria Pellettieri, è uno dei più fiorenti che vanta la Chiesa, per il numero delle vocazioni, l’autenticità della vita spirituale, la fedeltà all’ortodossia e alle autorità romane. Nella situazione di anarchia liturgica, teologica e morale in cui oggi ci troviamo, i Francescani dell’Immacolata dovrebbero essere presi come un modello di vita religiosa. Il Papa si richiama spesso alla necessità di una vita religiosa più semplice e sobria.
I Francescani dell’Immacolata si distinguono proprio per l’austerità e la povertà evangelica con cui, fin dalla loro fondazione, vivono il loro carisma francescano. Accade invece che, in nome del Papa, la Congregazione dei religiosi azzeri il governo dell’Istituto, per trasmetterlo ad una minoranza di frati ribelli, di orientamento progressista, ai quali il neo-commissario si appoggerà per “normalizzare” l’Istituto, ovvero per condurlo al disastro a cui fino ad ora era sfuggito grazie alla sua fedeltà alle leggi ecclesiastiche e al Magistero.
Ma oggi il male viene premiato e il bene punito. Non sorprende che ad esercitare il pugno di ferro nei confronti dei Francescani dell’Immacolata sia quello stesso Cardinale che auspica comprensione e dialogo con le suore eretiche e scismatiche americane. Quelle religiose predicano e praticano le teorie del gender, e dunque si deve dialogare con esse. I Francescani dell’Immacolata predicano e praticano la castità e la penitenza e perciò con essi non c’è possibilità di comprensione. Questa è la triste conclusione a cui giunge inevitabilmente un osservatore spassionato.
Uno dei capi di imputazione è di essere troppo attaccati alla Messa tradizionale, ma l’accusa è pretestuosa, perché i Francescani dell’Immacolata sono, come si suol dire, “bi-ritualisti”, ovvero celebrano la nuova Messa, e l’antica, come è loro concesso dalle leggi ecclesiastiche vigenti. Posti di fronte ad un ingiusto ordine, c’è da immaginare che alcuni di essi non rinunceranno a celebrare la Messa tradizionale, e faranno bene a resistere su questo punto, perché si tratterà di un gesto non di ribellione ma di obbedienza. Gli indulti e privilegi a favore della Messa tradizionale non sono stati abrogati e hanno una forza giuridica maggiore del decreto di una congregazione, e perfino delle intenzioni di un Papa, se non si esprimono in un chiaro atto giuridico.
Il cardinale Braz de Aviz sembra ignorare l’esistenza del motu proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, del suo decreto applicativo, l’Istruzione Universae Ecclesiae del 30 aprile 2011, e della commissione Ecclesia Dei, annessa alla Congregazione per la Dottrina della Fede, di cui oggi la Congregazione per i Religiosi invade il campo.
Qual è l’intenzione della suprema autorità ecclesiastica? Sopprimere l’Ecclesia Dei e abrogare il motu proprio di Benedetto XVI? Lo si dica esplicitamente, perché possano esserne tratte le conseguenze. E se così non è, perché porre in atto un decreto inutilmente provocatorio nei confronti del mondo cattolico che si richiama alla Tradizione della Chiesa? Tale mondo è in fase di grande espansione, soprattutto tra i giovani, e questa è forse la ragione principale dell’ostilità di cui oggi è oggetto.
Infine, il Decreto costituisce un abuso di potere che riguarda non solo i Francescani dell’Immacolata e coloro che impropriamente sono definiti tradizionalisti, ma ogni cattolico. Esso rappresenta infatti un allarmante sintomo di quella perdita della certezza del diritto che sta avvenendo oggi all’interno della Chiesa. La Chiesa infatti è una società visibile, in cui vige il «potere del diritto e della legge» (Pio XII, Discorso Dans notre souhait del 15 luglio 1950). Il diritto è ciò che definisce il giusto e l’ingiusto e, come spiegano i canonisti, «la potestà nella Chiesa deve essere giusta, e ciò è richiesto dall’essere della stessa Chiesa, il quale determina gli scopi e i limiti dell’attività della Gerarchia. Non qualunque atto dei sacri Pastori, per il fatto di provenire da loro, è giusto» (Carlos J. Errazuriz, Il diritto e la giustizia nella Chiesa, Giuffré, Milano 2008, pp. 157) .
Quando la certezza del diritto viene meno, prevale l’arbitrio e la volontà del più forte. Accade spesso nella società, può accadere nella Chiesa, quando in essa la dimensione umana prevale su quella soprannaturale. Ma se non c’è certezza del diritto, non c’è regola di comportamento sicura. Tutto è lasciato all’arbitrio dell’individuo o di gruppi di potere, e alla forza con cui queste lobby sono capaci di imporre la propria volontà. La forza, separata dal diritto, diviene prepotenza e arroganza.
La Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, è un’istituzione giuridica, basata su di una legge divina, di cui gli uomini di Chiesa sono i depositari, e non i creatori o i padroni. La Chiesa non è un “soviet”, ma un edificio fondato da Gesù Cristo in cui il potere del Papa e dei vescovi va esercitato seguendo le leggi e le forme tradizionali, radicate tutte nella Rivelazione divina. Oggi si parla di una Chiesa più democratica e ugualitaria, ma il potere viene esercitato spesso in maniera personalistica, in spregio alle leggi e alle consuetudini millenarie. Quando esistono leggi universali della Chiesa, come la bolla di san Pio V Quo primum (1570) e il motu proprio di Benedetto XVI Summorum Pontificum, è necessario, per mutarle, un atto giuridico equivalente. Non si può ritenere revocata una legge precedente se non con un atto esplicitamente abrogativo di uguale portata.
Per difendere la giustizia e la verità all’interno della Chiesa, confidiamo nella voce dei giuristi, tra i quali sono alcuni eminenti cardinali, che hanno ordinato secondo il Rito “straordinario” i Frati Francescani dell’Immacolata e ne conoscono la vita esemplare e lo zelo apostolico. Ci appelliamo soprattutto a Papa Francesco, perché voglia ritirare le misure contro i Francescani dell’Immacolata e contro il loro uso legittimo del Rito Romano antico.
Qualunque decisione sia presa non possiamo nascondere il fatto che l’ora che vive oggi la Chiesa è drammatica. Nuove tempeste si addensano all’orizzonte e queste tempeste certamente non sono suscitate né dai Frati, né dalle Suore Francescane dell’Immacolata. L’amore alla Chiesa, cattolica apostolica e romana li ha sempre mossi e muove noi a prendere le loro difese. La Madonna, Virgo Fidelis, suggerirà alle coscienze di ognuno, in questi difficili frangenti la giusta strada da seguire. (Roberto de Mattei)

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Un renouveau franciscain. Père Stephano Maria Manelli, Franciscains de l’Immaculée

 

publié dans regards sur le monde le 31 juillet 2013



Un renouveau franciscain

Voilà ce que le pape François va démolir avec son décret. Terrible!

SOURCE – Père Stephano Maria Manelli, Franciscains de l’Immaculée – Christophe Geffroy et Jacques de Guillebon – La Nef – septembre 2009
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Fondés en 1970 en Italie par le Père Stephano Maria Manelli, les Franciscains de l’Immaculée, congrégation en plein essor, participent au renouveau de l’ordre de saint François. Depuis le motu proprio de Benoit XVI, ils aiment célébrer selon l’ancien Ordo. Entretien à Rome avec le fondateur
La Nef – De quoi est née la vocation particulière des Franciscains de l’Immaculée ?
P. Stephano Maria Manelli – Cette vocation est née entre autres de mon histoire personnelle : enfant, j’ai été très proche de Padre Pio. Quand j’avais 7 ou 8 ans, je servais sa messe. Et quand j’ai eu douze ans, les franciscains conventuels de ma région m’ont demandé si je voulais les rejoindre. Mon père est alors allé consulter Padre Pio, qui lui a conseillé d’accepter que j’y entre. À cette époque, je ne comprenais d’ailleurs pas les différences qu’il pouvait y avoir entre les franciscains conventuels et les capucins comme Padre Pio. Ainsi, j’ai décidé très jeune de ma vocation. Le mûrissement du projet des Franciscains de l’Immaculée lui-même est venu après le Concile, lequel incitait et exhortait les congrégations et les communautés religieuses à revenir au charisme de leurs origines, à travers le texte Perfectae caritatis. Par ailleurs, saint Maximilien Kolbe, mort quelques années auparavant, nous donnait déjà un exemple lumineux de vie religieuse renouvelée, sous le mode de la dévotion mariale : il signait parfois « Franciscain de l’Immaculée ». Padre Pio avait aussi parlé de ça, indiquant les deux fidélités à tenir : la vie franciscaine et la vie mariale.
En 1969 donc, j’ai demandé la permission au ministre général des conventuels de pouvoir commencer une expérience de vie dans la pauvreté. L’accord m’en a été donné en 1970, après qu’on m’eut demandé de rédiger le programme de vie que je souhaitais développer, et le 2 avril, à Frigento, près de Naples, dans un couvent que les conventuels voulaient fermer – qui s’appelait Notre-Dame du bon Conseil – a commencé notre vie communautaire, sous le signe de la pauvreté, de la pénitence et de la dimension mariale, ou « marianité », comme nous disons dans un néologisme.
Le chapitre de la province de Campanie ayant avalisé cette expérience, nous avons commencé à deux frères : le père Gabriel et moi. Notre apostolat se manifestait dans la prédication, la prière, la pauvreté, la pénitence, et ce que nous appelons le « Sentier Marial de vie franciscaine ».
En quelques années, les vocations ont afflué, alors que chez les conventuels elles diminuaient.
Comment expliquez-vous ce succès ?
Je pense que c’est notre retour au charisme des origines de l’Ordre de saint François qui explique l’afflux des vocations, alors que nous étions peu connus et qu’il y a une perte générale des vocations en nos pays européens. Cette volonté de retourner aux sources a été facilitée par le retrait du lieu lui-même, qui est situé dans une zone montagneuse difficilement accessible. Peu après, le ministre général des conventuels m’a demandé de lancer une mission aux Philippines, où trois frères sont partis. La forme de vie religieuse a attiré aussi de nombreuses vocations là-bas. Nous avons alors entrepris de développer la catéchèse, la prédication mariale et la théologie mariale. C’est ainsi que s’est accru notre apostolat dans la presse et notamment dans la radio, au début des années quatre-vingt.
En quoi consiste précisément cette « presse mariale » ?
En des dépliants, des revues, des brochures, des livres de dévotion et de spiritualité, des textes de théologie mariale que nous diffusons principalement aux pèlerins dans nos sanctuaires, toujours gratuitement, fidèles à notre esprit de pauvreté, et pour lesquels nous recevons une offrande libre.
La radio, elle, émettait huit heures par jour au début. Au fur et à mesure, nous avons atteint les 24 heures de diffusion. C’est une radio évidemment religieuse, avec prière, messe, rosaire, catéchèse, vie de saints, instruction morale et étude biblique. Le tout est assuré par des frères.
En quoi consiste votre « vœu marial » ?
Saint Maximilien Kolbe en avait eu l’intention le premier, pour envoyer les frères dans le monde et convertir les âmes en leur présentant l’Immaculée qui engendre Jésus dans le cœur des fidèles. Mais il s’était fait arrêter dans cet élan par ses supérieurs. Pourtant il a annoncé qu’un jour ce vœu se prononcerait dans l’ordre. Pour nous, ce vœu de « consécration illimitée à l’Immaculée » est le premier vœu, le vœu constitutif en tant qu’il englobe tous les autres.
Concrètement, les frères s’engagent à la sanctification en donnant à l’Immaculée absolument tout, leur âme, leur corps, leur vie, leur apostolat, leurs souffrances, etc. Parce que l’Immaculée donne la fécondité maximale à tous ceux qui lui sont donnés. Si nous ne nous donnons pas à elle, tout demeurera imparfait. Si nous donnons tout à la Sainte Vierge, tout devient parfait. Nous voulons porter Marie, parce que c’est elle qui engendre Jésus et nous le donne.
Comment vivre de la pauvreté au XXIe siècle ?
On peut dire que nous avons toujours été soutenus par la Providence. Au début, par exemple, le boucher du village se plaignait de ne jamais nous voir et supposait que nous allions nous fournir chez un boucher concurrent dans un autre village. Le médecin, entendant ça, est venu nous visiter, et nous lui avons expliqué que nous ne mangions jamais de viande. Considérant que c’était mauvais pour la santé, il s’est offert de nous en apporter le dimanche. Et ainsi, pendant quarante ans, il a préparé le repas dominical pour tous les frères…
C’est la démonstration de la Providence qui se manifeste à travers la Sainte Vierge. Comme nous nous préoccupons uniquement d’Elle, en retour elle pense à nous. Naturellement, nous devons nous contenter de peu. Mais nous avons calculé que nous recevions ainsi l’équivalent de 500 000 euros de dons par an. Et les donateurs sont simplement les « bonnes gens », les simples chrétiens.
Au début, cette nouvelle règle a créé des tensions avec les conventuels. Ça a été un moment très délicat. En 1989, nous avons reçu un visiteur apostolique pour vérifier notre situation. De ce qu’il a vu de notre forme de vie, de notre vocation, de nos études théologiques et philosophiques, de notre séminaire, de notre apostolat, ce visiteur a conclu que nous pouvions devenir une congrégation indépendante de droit diocésain. Le pape Jean-Paul II a alors nommé l’archevêque de Bénévent pour s’occuper de nous.
Ainsi, nous avons pu mieux nous développer, outre en Italie, vers l’Afrique, l’Amérique latine, les États-Unis et les Philippines. Le 22 juin 1990, nous sommes devenus une communauté de droit diocésain. Alors, nous avons ouvert de nouvelles maisons, créé une station de radio et de télévision en Italie, aux Philippines, au Brésil, au Bénin. Puis, en janvier 1998, nous avons été érigés par le pape en communauté de droit pontifical. Aujourd’hui, nous sommes 350 frères, sans compter les postulants.
En 1982, nous avons créé une branche féminine aux Philippines, lesquelles sont venues l’année suivante en Italie : comme les frères, leur vocation est contemplative-active ; elles soutiennent les missions et l’apostolat de notre famille religieuse par leur prière mais aussi par leur contribution active. En 1993 à Monte Casino, elles ont obtenu à leur tour l’érection en communauté de droit diocésain et, en novembre 1998, en droit pontifical. Elles sont aussi 350.
En outre, les frères comme les sœurs ont une branche purement contemplative : ceux qui aspirent à cette vie peuvent se dédier avec plus d’intensité à la prière et à la pénitence dans le silence du cloître.
Chaque année, nous rejoignent 60 à 70 nouveaux membres (frères et sœurs confondus).
Nous avons enfin une branche laïque dénommée la Mission de l’Immaculée Médiatrice.
Êtes-vous implantés en France ?
Oui, seulement dans le diocèse de Fréjus-Toulon où les frères ont une petite maison au sanctuaire Notre-Dame des Anges à Pignans.
Vous êtes récemment revenus, en partie, à la forme extraordinaire. Pourquoi ?
Pour deux raisons : d’abord parce que ça plaît au pape. Et les désirs du pape sont comme des ordres. Ensuite, parce que ça nous plaît aussi à nous (rires). Au début de la réforme, en 70, j’étais enthousiaste. Car dans les années 70, en Italie, il y avait « seulement » 60 % de pratiquants et nous avions peur que la fréquentation des églises continue à diminuer. D’où l’espérance que nous procurait une réforme liturgique venue d’un Concile qui avait fait de grandes choses. Cette espérance perdura quelques années malgré la souffrance causée par la disparition du latin et du grégorien ou de l’autel tourné vers le peuple. Mais entre 1975 et 1980, l’espérance commença à diminuer et, aujourd’hui, on ne peut que constater l’échec du point de vue de la pratique, puisqu’on est tombé en Italie à 10 % (n’oublions pas que la réforme avait pour but de stopper la baisse de la pratique). Quand il était cardinal, Josef Ratzinger écrivait déjà sur la dévastation de la liturgie.
Aujourd’hui, nous espérons que la cohabitation des deux formes du même rite romain conduira à la resacralisation de la forme ordinaire, notamment par le retour du latin qui avait été totalement abandonné. Nous avons certes une préférence marquée pour l’ancienne forme, mais il n’est pas possible qu’elle redevienne la forme ordinaire de la messe. Il faut souhaiter que le pape vive assez longtemps pour que la « réforme de la réforme » puisse voir le jour dans cinq à dix ans : il faudrait presque un miracle pour mener à bien une telle réforme !
Pourquoi n’être pas revenu plus tôt à l’ancienne messe ?
C’était impossible, nous en parlions déjà, nous lisions les écrits du cardinal Ratzinger, mais sous le régime du motu proprio Ecclesia Dei (1988), il fallait demander la permission des évêques pour célébrer l’ancienne forme liturgique et aucun évêque italien n’y était favorable, ils s’étaient même accordés pour refuser le motu proprio, bien que Jean-Paul II ait poussé les évêques à le permettre. Le motu proprio Summorum Pontificum (2007) a radicalement changé la situation en passant par-dessus les évêques, ce qui nous a permis de célébrer tout à fait légalement l’ancienne forme de la messe.
Y a-t-il d’autres exemples en Italie de retour à cette forme ?
Non, pas pour l’instant, cela n’a concerné que des prêtres individuellement, et certains viennent même la célébrer « en cachette » chez nous !
Et dans la communauté, comment cela se passe-t-il ?
On peut parler de choix préférentiel mais nullement imposé. Ce choix est très apprécié surtout de la part des jeunes, qui ont plus de facilité à apprendre l’ancien rite. Ceux qui sont déjà ordonnés ont plus de mal. En Italie, de manière générale, un seul évêque y est favorable et peu de fidèles ont l’occasion d’assister à la messe dans la forme extraordinaire, donc peu la réclament. Mais dans le reste du monde, notamment aux Philippines, cette forme est très appréciée. Aux États-Unis aussi, les réactions sont assez enthousiastes, plus qu’en Italie en tout cas.
Avez-vous des liens avec les communautés Ecclesia Dei ?
Non, nous en avons très peu pour l’instant.
Comment voyez-vous le pontificat de Benoît XVI ?
On doit prier pour lui car il s’est lancé dans une entreprise terrible, qui est de tout recommencer par la vie de prière de l’Église. En ce sens, la liturgie doit être renouvelée, car l’Église a commencé à s’affaiblir avec la réforme liturgique contre toutes les espérances. Le pape veut repartir de la prière pour renouveler l’Église. Il cherche aussi à éviter les ruptures, notamment dans la réception du Concile Vatican II – c’est la fameuse « herméneutique de la réforme dans la continuité ». Il peut toutefois exister dans le Concile des discontinuités sur des points précis, cela n’aurait rien de scandaleux, car celui-ci s’étant voulu « pastoral », il a pu y avoir en cela des « erreurs » que le pape peut corriger, comme Mgr Gherardini l’a montré dans une étude que nous avons publiée et qui sera bientôt traduite en français. C’est une très lourde tâche et pour l’accomplir il a seulement 300 ou 400 évêques dans le monde avec lui.
Propos recueillis par Christophe Geffroy et Jacques de Guillebon
Pour tout renseignement : Frères Franciscains de l’Immaculée, Sanctuaire Notre-Dame des Anges, 83790 Pignans. Tél. : 04 94 59 00 69. Fax : 04 94 78 28 54. Mail : ffndanges@wanadoo.fr ; Site : www.immacolata.com ; www.airmaria.com
En Italie : Séminaire Théologique de l’Immaculée Médiatrice, Santuario Madonna delle Indulgenze, Via Casalucense 1356, I-03049 Sant’Elia Fiumerapido (Fr). Mail : ffi.cassino@immacolata.ws ; Tél. : (0039) 0776 35 02 72.
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Rencontre avec le P. Manelli
C’est par le Bénin que nous avons connu les Franciscains de l’Immaculée : ils y animent une radio chrétienne. C’est le seul Français de la Communauté, Frère Juan Diego, qui tenait alors le micro. Nous l’avions interviewé pour qu’il nous présente ces Franciscains hors norme (cf. La Nef n°191 de mars 2008). C’était peu de temps après la promulgation du motu proprio Summorum Pontificum et nous ne savions rien alors de leur attirance pour l’ancienne liturgie. Depuis, beaucoup d’entre eux célèbrent régulièrement selon la forme extraordinaire du rite romain comme le permet ce texte libérateur du pape. Une communauté aussi importante qui est dans son ensemble ainsi attirée par l’antique liturgie de l’Église latine, ça mérite un détour. Heureusement, nous étions restés en contact avec Frère Juan Diego qui, entre-temps, était reparti en Italie poursuivre sa formation dans leur séminaire de Villa Santa Lucia à une heure de Rome environ. L’événement de la messe traditionnelle célébrée le 21 avril 2009 à la basilique Saint-Jean de Latran par le cardinal Canizarès Llovera, préfet de la Congrégation pour le Culte divin, à la demande des Franciscains de l’Immaculée pour célébrer le 800e anniversaire de l’approbation de la règle de saint François (cf. La Nef n°203 d’avril 2009), nous a poussés à prendre contact avec le supérieur et fondateur de la Communauté, le P. Stephano M. Manelli. C’est ainsi que nous fûmes invités à Rome fin juin, début juillet pour le rencontrer et l’interviewer.
L’accueil fut extraordinaire, dans la bonne tradition franciscaine : nous avons rencontré des frères, dignes disciples de saint François, ayant épousé Dame pauvreté dans la joie du vrai détachement : comme il est réconfortant de voir un ordre fidèle au charisme de son fondateur avec de nombreuses vocations d’hommes jeunes et totalement épanouis (ceux que nous avons rencontrés venaient principalement d’Italie, des Philippines et d’Afrique). Le charisme marial de la Communauté est très marqué et se manifeste par un « Ave Maria » comme premières paroles de chaque rencontre. Les exemples de saint Maximilien Kolbe et saint Padre Pio sont ici très palpables.
La rencontre avec le P. Manelli est attendue avec impatience. Après le déjeuner pris avec quelques frères dans leur tout petit couvent romain (en terrasse d’un immeuble derrière la Via della Conciliazione), ce dernier nous reçoit pour l’interview réalisée en italien grâce aux talents linguistiques de notre cher frère Juan Diego. Le P. Manelli, qui est un vrai père pour les frères, pétille d’intelligence et d’humour. Il nous explique qu’il servait la messe du Padre Pio. Il évoque aussi ses parents. Son père, Settimio Manelli (1886-1978), dont le procès de béatification est en cours d’ouverture, est lui-même un fils spirituel de Padre Pio qui le décrivait comme « un chrétien tout en un seul morceau ». En 1926, il épouse Licia Gualandris (1907-2004), elle-même profondément chrétienne, qui lui donna 13 enfants (mais elle eut 21 maternités !). Aussitôt après leur mariage, Settimio – avant de commencer le voyage de noces – conduit son épouse auprès de Padre Pio pour la lui faire connaître. Souhaitant se confesser, la jeune mariée (19 ans) lui recommande la famille qu’elle s’apprête à fonder, et le père prononça ces paroles inoubliables : « La protéger ? Et comment ! Celle-ci est ma famille, et pour moi ce sera désormais un devoir ». Il en a été effectivement ainsi par la suite.
Deux beaux exemples de foi pour les foyers d’aujourd’hui.

Revue-Item.com
source

Las religiosas Franciscanas de la Inmaculada . Más sobre los Franciscanos de la Inmaculada

 

Las consecuencias de la intervención de la Congregación para la Vida Consagrada son particularmente dramáticas para las religiosas Franciscanas de la Inmaculada, porque ellas, desde la entrada en vigor del motu proprio Summorum Pontificum, habían adoptado (tanto las de vida activa como de vida contemplativa) la Forma Extraordinaria del Rito Romano, tanto en la celebración de la Santa Misa, como en el rezo del Oficio Divino. Sus casas están rebosantes de vocaciones:


Colombaio dell'Immacolata "N. S. del S. Cuore e S. Chiara" - Via Adelasia, 20 - 17021 ALASSIO
Casa dell'Immacolata "Corredentrice" - Piazzale Don Giovanni Sorbellini, 4 - 60027 CAMPOCAVALLO DI OSIMO
Casa dell'Immacolata "S. Maria della rupe e degli Angeli" - Via Montecassino, Km 5 - 03043 CASSINO
Colombaio dell'Immacolata "Monastero S. Chiara" - Via dei Lanari, 2 - 06012 CITTA' DI CASTELLO
Casa dell'Immacolata - Scuola Materna - Via Mazzini, 175 - 44022 COMACCHIO
Casa dell'Immacolata "Regina del Paradiso" - Borgo Ognissanti, 42 - 50123 FIRENZE
Casa "Madre della Divina provvidenza" - Via 1° Maggio, 44 - 83040 FONTANAROSA
Curia “Regina dell’Ordine Serafico” - Via Falconella, 24 - 00040 FRATTOCCHIE
Casa dell'Immacolata "B.V. Buon Consiglio" - Via dell'Immacolata - 83040 FRIGENTO
Casa dell'Immacolata "Madre di Dio e Santa Teresa" - Strettola S. Teresa degli Scalzi, 4 - 80135 NAPOLI
Casa dell'Immacolata "Madre dell'Eucarestia" - Via Caduti in guerra, 32 - 70027 PALO DEL COLLE
Casa dell'Immacolata "S. Maria degli Angeli" - Via Riella - 82020 PIETRELCINA
Casa dell'Immacolata "Cuore Immacolato di Maria" - Via Rivolti, 4 - 37010 RIVOLI VERONESE
Casa dell'Immacolata "S. Pio" - Via Boccea, 590 - Loc. Casalotti - 00166 ROMA
Casa dell'Immacolata "S. Giuseppe Sposo di Maria" - Via G. Zanardelli, 16 - 00186 ROMA
Casa dell'Immacolata "Sacra Famiglia" - Via de Nunzio, 12 - 71013 S. GIOVANNI ROTONDO
Casa dell'Immacolata - Piazza San Biagio, 21 - 03040 SANT'AMBROGIO
Casa dell'Immacolata "Maria SS. Annunziata" - Chiesa SS.ma Annunziata - Via Belenzani, 53 - 38100 TRENTO




Más sobre los Franciscanos de la Inmaculada

Numerosas páginas webs católicas no salen de su perplejidad por la intervención en los Franciscanos de la Inmaculada, y las restricciones (deberíamos llamar mejor prohibición) a que celebren la Misa tradicional, abrogando para este instituto el motu proprio Summorum Pontificum.

El grupo de religiosos Franciscanos de la Inmaculada opuestos a la Liturgia tradicional, y promotores de esta intervención, lo compondrían ¡seis personas!, frente a la mayoría de miembros del instituto.

La web Rorate Caeli, conocedora del instituto, desmiente que haya habido imposición del Vetus Ordo, y afirma que el paso a la Liturgia tradicional ha sido gradual y pacífico.

La web Latin Mass Chairman, aporta incluso la tabla de Misas de la iglesia de los Franciscanos de la Inmaculada en su iglesia de San José, Burlesm, Reino Unido, desmintiendo la acusación de postergación del Novus Ordo.

Reproducimos esta tabla de Misas
(pinchar sobre la imagen para verla a mayor tamaño)