il magistero omiletico e mediatico di Papa Benedetto XVI contro la deprecabile prassi della Comunione sulla mano e a favore della Comunione in bocca e in ginocchio
di Sandro Magister
Nell’omelia della messa “in cæna Domini” del Giovedì Santo, Benedetto XVI ha toccato un tasto sensibile della sua azione per restituire alla liturgia il suo autentico “spirito”: quello dell’inginocchiarsi.
In effetti, da quando, in ogni messa, il papa ha deciso di dare la comunione ai fedeli inginocchiati, questo suo gesto ha raccolto poche lodi e ha trovato rari imitatori. In quasi tutte le chiese del mondo le balaustre sono state eliminate, la comunione la si prende in piedi e non si è incoraggiati a inginocchiarsi neppure durante la consacrazione. La gran parte dei liturgisti squalificano l’inginocchiarsi come un gesto devozionale tardivo, inesistente nell’eucaristia delle origini.
Benedetto XVI sa di muoversi controcorrente. Nel libro intervista “Luce del mondo” si è detto consapevole di dare con ciò un “segno forte”:
“Facendo sì che la comunione si riceva in ginocchio e la si amministri in bocca, ho voluto dare un segno di profondo rispetto e mettere un punto esclamativo circa la Presenza reale… Deve essere chiaro questo: È qualcosa di particolare! Qui c’è Lui, è di fronte a Lui che cadiamo in ginocchio”.
Ebbene, nell’omelia del Giovedì Santo Benedetto XVI è andato alla radice del mettersi in ginocchio, che lungi dall’essere una devozione spuria, è un gesto caratterizzante la preghiera di Gesù e della Chiesa nascente.
Ecco le sue parole:
“… Dobbiamo rivolgere la nostra attenzione su ciò che gli evangelisti ci riferiscono riguardo all’atteggiamento di Gesù durante la sua preghiera. Matteo e Marco ci dicono che egli ‘cadde faccia a terra’ (Mt 26, 39; cfr. Mc 14, 35), assunse quindi l’atteggiamento di totale sottomissione, quale è stato conservato nella liturgia romana del Venerdì Santo. Luca, invece, ci dice che Gesù pregava in ginocchio. Negli Atti degli Apostoli, egli parla della preghiera in ginocchio da parte dei santi: Stefano durante la sua lapidazione, Pietro nel contesto della risurrezione di un morto, Paolo sulla via verso il martirio. Così Luca ha tracciato una piccola storia della preghiera in ginocchio nella Chiesa nascente. I cristiani, con il loro inginocchiarsi, entrano nella preghiera di Gesù sul Monte degli Ulivi. Nella minaccia da parte del potere del male, essi, in quanto inginocchiati, sono dritti di fronte al mondo, ma, in quanto figli, sono in ginocchio davanti al Padre. Davanti alla gloria di Dio, noi cristiani ci inginocchiamo e riconosciamo la sua divinità, ma esprimiamo in questo gesto anche la nostra fiducia che egli vinca”.
Il testo integrale dell’omelia:
Comunione sulla mano? No!
Il 19 luglio 1989 la Conferenza Episcopale Italiana votò (con un solo voto in più del minimo indispensabile) l'introduzione della deprecabile prassi della "comunione sulla mano", in deroga a quanto stabilisce il Messale Romano (che ancor oggi non la prevede) e ad imitazione di altre conferenze episcopali.
L'Istruzione della CEI non dice nulla su come evitare la caduta dei frammenti, né spiega precisamente quali sarebbero le ragioni di convenienza, e non lo spiegano nemmeno i vari passi dei Padri della Chiesa (citati nella sua nota 24; senza contare il fatto che il più recente è del V secolo). A questo punto ci chiediamo cosa vorrebbe intendere l'Istruzione quando conferma che la prassi tradizionale della comunione "alla bocca" sarebbe «del tutto conveniente»...
Nell'ottobre successivo un gruppo di laici preoccupati stampò e diffuse a proprie spese il libretto «Comunione sulla mano? Perché intendiamo valerci della facoltà di continuare a ricevere l'Eucaristia sulla lingua». Il clero, benché voglioso di trovare "laici impegnati", si guardò bene dal collaborare o almeno discutere il testo. Testo che dopo decenni di abusi, profanazioni, banalizzazioni del Sacramento, lo scopriamo purtroppo ancora attualissimo.
Il testo è disponibile su www.internetica.it/neocatecumenali anche in formato ebook EPUB e MOBI per la visualizzazione sui tablet PC e sui pocket-reader.
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Siamo dei laici, molti dei quali hanno frequentato corsi di teologia, mentre tutti ci sforziamo di vivere in sintonia con la Chiesa, Madre e Maestra.
Ci rivolgiamo anche ad altri numerosi fedeli - del laicato e del Clero - che, ignari e timidi, vivono il nostro medesimo angoscioso problema; ma non sono in grado di giustificare seriamente la propria profonda riluttanza a ricevere l'Eucaristia sulla mano.
Incoraggiati dal Vaticano II, che invita i laici a partecipare attivamente alla vita del Corpo Mistico (cf. Lumen Gentium, 37; Apostolicam Actuositatem, 10), esortiamo tutti a riflettere personalmente sui motivi di un dissenso contenuto nei limiti del rispetto dovuto alla Gerarchia, che a tutti offre la possibilità di una scelta.
Roma, 15 ottobre 1989
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La Comunione "data sulla mano" espone il Santissimo alle più turpi profanazioni. A tutti infatti essa rende possibile nascondere la "particola" in tasca, in una borsa, in un libro, ecc. con l'intento di portarla in casa, darla ad altri, farne tutto quel che si vuole... In realtà, il fedele, non appena si volta per cedere il posto al vicino, non può essere seguito dallo sguardo del sacerdote, occupato a distribuirla ad altri; e ciò soprattutto quando l'affluenza è più numerosa e impaziente, e a lui perciò manca il tempo necessario per vedere dove la "particola" va a finire... Risulta che alcune sètte "sataniche" cercano le "ostie consacrate" e sono disposte ad acquistarle a gran prezzo per celebrare le loro nefande liturgie... La Chiesa può permetterlo?...
La Comunione "data sulla mano" espone la "particola" ad imperdonabili profanazioni per la possibile caduta dei "frammenti" che, inevitabilmente - soprattutto quando essa è "fresca" e si è sudati - restano appiccicati alle mani e vanno poi dispersi. Il timore che ciò accada:
a) era quello medesimo dei Padri della Chiesa fin dai tempi di Tertulliano, Ippolito, Origene, Dionisio di Alessandria, Cirillo di Gerusalemme, ecc., dei quali per brevità omettiamo la citazione delle opere. Chi oserebbe supporre che fossero dei bigotti, fanatici?...
b) Quel timore spiega pure l'uso del "piattello" prescritto non inutilmente o per pura cerimonia nella Institutio generalis del Messale Romano (80c, 246b, 247b, 151).
c) Ed è sempre quel timore che giustifica l'esplicita prescrizione fatta al sacerdote celebrante di astergere le dita e anche lavarle "ogni volta che qualche frammento di ostia rimane attaccato alle dita, specialmente dopo la frazione o dopo la comunione dei fedeli". Al medesimo si raccomanda di raccogliere "eventuali frammenti fuori dalla patena" (iv. 237, 239, 244d, 245c, 247b, 251. Cf. Eucharisticum Mysterium, 41).
Ci chiediamo se oggi tali cautele non abbiano più valore; e se l'identica preoccupazione non debba essere comune anche ai fedeli, troppo spesso ignoranti, superficiali, distratti, impreparati... Non sono essi pure tenuti ad evitare la caduta dei "frammenti" venendosi a trovare - per la "comunione data sulla mano" - nelle medesime condizioni del celebrante? Qual miracolo, ora, renderebbe impossibile quella caduta?LEGGERE...
L'Istruzione della CEI non dice nulla su come evitare la caduta dei frammenti, né spiega precisamente quali sarebbero le ragioni di convenienza, e non lo spiegano nemmeno i vari passi dei Padri della Chiesa (citati nella sua nota 24; senza contare il fatto che il più recente è del V secolo). A questo punto ci chiediamo cosa vorrebbe intendere l'Istruzione quando conferma che la prassi tradizionale della comunione "alla bocca" sarebbe «del tutto conveniente»...
Nell'ottobre successivo un gruppo di laici preoccupati stampò e diffuse a proprie spese il libretto «Comunione sulla mano? Perché intendiamo valerci della facoltà di continuare a ricevere l'Eucaristia sulla lingua». Il clero, benché voglioso di trovare "laici impegnati", si guardò bene dal collaborare o almeno discutere il testo. Testo che dopo decenni di abusi, profanazioni, banalizzazioni del Sacramento, lo scopriamo purtroppo ancora attualissimo.
Il testo è disponibile su www.internetica.it/neocatecumenali anche in formato ebook EPUB e MOBI per la visualizzazione sui tablet PC e sui pocket-reader.
COMUNIONE SULLA MANO?
Perché intendiamo valerci della facoltà di continuare a ricevere l'Eucaristia sulla lingua
Seconda edizione
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Siamo dei laici, molti dei quali hanno frequentato corsi di teologia, mentre tutti ci sforziamo di vivere in sintonia con la Chiesa, Madre e Maestra.
Ci rivolgiamo anche ad altri numerosi fedeli - del laicato e del Clero - che, ignari e timidi, vivono il nostro medesimo angoscioso problema; ma non sono in grado di giustificare seriamente la propria profonda riluttanza a ricevere l'Eucaristia sulla mano.
Incoraggiati dal Vaticano II, che invita i laici a partecipare attivamente alla vita del Corpo Mistico (cf. Lumen Gentium, 37; Apostolicam Actuositatem, 10), esortiamo tutti a riflettere personalmente sui motivi di un dissenso contenuto nei limiti del rispetto dovuto alla Gerarchia, che a tutti offre la possibilità di una scelta.
Roma, 15 ottobre 1989
***
I - L'Eucaristia esposta a gravi irriverenze
La Comunione "data sulla mano" espone il Santissimo alle più turpi profanazioni. A tutti infatti essa rende possibile nascondere la "particola" in tasca, in una borsa, in un libro, ecc. con l'intento di portarla in casa, darla ad altri, farne tutto quel che si vuole... In realtà, il fedele, non appena si volta per cedere il posto al vicino, non può essere seguito dallo sguardo del sacerdote, occupato a distribuirla ad altri; e ciò soprattutto quando l'affluenza è più numerosa e impaziente, e a lui perciò manca il tempo necessario per vedere dove la "particola" va a finire... Risulta che alcune sètte "sataniche" cercano le "ostie consacrate" e sono disposte ad acquistarle a gran prezzo per celebrare le loro nefande liturgie... La Chiesa può permetterlo?...
II - Inevitabilità della caduta e dispersione dei "frammenti"
La Comunione "data sulla mano" espone la "particola" ad imperdonabili profanazioni per la possibile caduta dei "frammenti" che, inevitabilmente - soprattutto quando essa è "fresca" e si è sudati - restano appiccicati alle mani e vanno poi dispersi. Il timore che ciò accada:
a) era quello medesimo dei Padri della Chiesa fin dai tempi di Tertulliano, Ippolito, Origene, Dionisio di Alessandria, Cirillo di Gerusalemme, ecc., dei quali per brevità omettiamo la citazione delle opere. Chi oserebbe supporre che fossero dei bigotti, fanatici?...
b) Quel timore spiega pure l'uso del "piattello" prescritto non inutilmente o per pura cerimonia nella Institutio generalis del Messale Romano (80c, 246b, 247b, 151).
c) Ed è sempre quel timore che giustifica l'esplicita prescrizione fatta al sacerdote celebrante di astergere le dita e anche lavarle "ogni volta che qualche frammento di ostia rimane attaccato alle dita, specialmente dopo la frazione o dopo la comunione dei fedeli". Al medesimo si raccomanda di raccogliere "eventuali frammenti fuori dalla patena" (iv. 237, 239, 244d, 245c, 247b, 251. Cf. Eucharisticum Mysterium, 41).
Ci chiediamo se oggi tali cautele non abbiano più valore; e se l'identica preoccupazione non debba essere comune anche ai fedeli, troppo spesso ignoranti, superficiali, distratti, impreparati... Non sono essi pure tenuti ad evitare la caduta dei "frammenti" venendosi a trovare - per la "comunione data sulla mano" - nelle medesime condizioni del celebrante? Qual miracolo, ora, renderebbe impossibile quella caduta?LEGGERE...