terça-feira, 22 de novembro de 2011

Universae Ecclesiae. Osservazioni sulle traduzioni dal testo latino, che falsificano o attenuano il senso di alcune prescrizioni

 
La riflessione che segue riguarda alcuni punti della Istruzione Universae Eccelsiae, attuativa del Motu Proprio Summorum Pontificum che ha liberalizzato il Rito Romano nell'usus Antiquior, individuati percorrendo il testo latino e la traduzione in lingua vernacolare che ne connota le applicazioni, fino ad oggi quasi ovunque disattese dai vescovi e da molti sacerdoti che si dicono fedeli al Papa e invece non ne attuano le precise volontà. Ovviamente l'analisi estrae solo i punti che, ad un primo esame, sono apparsi più controversi e mettono in luce, nella traduzione, una mens orientata ad applicazioni decisamente restrittive; il che è purtroppo esattamente corrispondente alla realtà che il Corpo Mistico di Cristo subisce in tutte le diocesi del mondo, compresa quella del Papa.

Nel fare il raffronto con i testi tradotti nelle altre lingue sempre in riferimento ai punti presi in considerazione, se le mie osservazioni sono esatte, le traduzioni appaiono pedissequamente corrispondenti al testo italiano più che a quello latino e quindi dotate della stessa "coloritura" di fondo più involutiva che incoraggiante...

Ve le propongo in tutta semplicità, aspettandomi le vostre riflessioni e se del caso, anche correzioni.


ISTRUZIONE sull’applicazione della Lettera Apostolica Motu Proprio data Summorum Pontificum di S.S. BENEDETTO PP. XVI
[...]
Esso [il Motu proprio] si propone l’obiettivo di:
  1. offrire a tutti i fedeli la Liturgia Romana nell’Usus Antiquior, considerata tesoro prezioso da conservare;
  2. garantire e assicurare realmente a quanti lo domandano, l’uso della forma extraordinaria, nel presupposto che l’uso della Liturgia Romana in vigore nel 1962 sia una facoltà elargita per il bene dei fedeli e pertanto vada interpretata in un senso favorevole ai fedeli che ne sono i principali destinatari;
  3. favorire la riconciliazione in seno alla Chiesa.
[...]
7. ... Tra l’altro Papa Benedetto XVI afferma [monet= ammonisce, è più che afferma]: "Non c’è nessuna contraddizione tra l’una e l’altra edizione del Messale Romano. Nella storia della liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può [il testo latino dice non licet non è lecito, non è permesso, quindi solo di conseguenza non è possibile] essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso".
7. ... Inter cetera monet Benedictus XVI: "Inter duas Missalis Romani editiones nulla est contradictio. In historia liturgiae incrementum et progressus inveniuntur, nulla tamen ruptura. Id quod maioribus nostris sacrum erat, nobis manet sacrum et grande, et non licet ut repente omnino vetitum sit, neque ut plane noxium judicetur".
[...]
17. § 1. Per decidere in singoli casi, il parroco o il rettore, o il sacerdote responsabile di una chiesa, si regolerà secondo la [sua] prudenza, lasciandosi guidare da zelo pastorale e da uno spirito di generosa accoglienza. [Da notare che il verbo agat= agisca regge comportamenti che sono tutti sullo stesso piano, compresa la prudenza che non è la sua personale, ma quella di una mente prudente. Infatti agat regge sia la prudenti mente che lo zelo pastorale suffultus (sorretto sostenuto puntellato) da carità e garbo.]
17. § 1. Ut de singulis casibus iudicium feratur, parochus aut rector, aut sacerdos qui ecclesiae curam habet, prudenti mente agat, pastorali zelo, caritate et urbanitate suffultus.

19. I fedeli che chiedono la celebrazione della forma extraordinaria non devono in alcun modo [in alcun modo, nel testo latino non c'è. Semmai quoquo modo= comunque mi pare collegato ai gruppi ostili al Romano Pontefice, consociazionibus... quae... quoquo modo sint infensae, termine tra l'altro molto forte... In questo caso la traduzione usa termini meno 'forti' rispetto al testo latino e condensa in un'unica forma "si manifestano contrari" due verbi: impugnent= (si oppongano, contestino) e sint infensae (siano ostili)] sostenere o appartenere a gruppi che si manifestano contrari alla validità o legittimità della Santa Messa o dei Sacramenti celebrati nella forma ordinaria e/o al Romano Pontefice come Pastore Supremo della Chiesa universale.
19. Christifideles celebrationem secundum formam extraordinariam postulantes, auxilium ne ferant neque nomen dent consociationibus, quae validitatem vel legitimitatem Sanctae Missae Sacrificii et Sacramentorum secundum formam ordinariam impugnent, vel Romano Pontifici, Universae Ecclesiae Pastori quoquo modo sint infensae.

21. Si chiede [enixe= energicamente fortemente] agli Ordinari di offrire al clero la possibilità [occasionem, di certo è più che possibilità] di acquisire una preparazione adeguata alle celebrazioni nella forma extraordinaria. Ciò vale anche [potissimum= in particolare] per i Seminari, dove si dovrà provvedere che i futuri sacerdoti [siano adeguatamente formati instituantur convenienter] con lo studio del latino e [non se le esigenze pastorali lo suggeriscono, ma a adiunctis id postulantibus= a coloro che uniti lo chiedono. Da notare che questa dizione del testo latino ammette il caso che ci si siano gruppi di seminaristi desiderosi di apprendere e si riferisce specificamente ai seminaristi sacrorum alumni non a generiche e non meglio identificate esigenze pastorali che dovrebbero consentirlo!!!!], offrire la possibilità di apprendere la forma extraordinaria del Rito.
21. Ordinarii enixe rogantur ut clericis instituendis occasionem praebeant accommodatam artem celebrandi in forma extraordinaria acquirendi, quod potissimum pro Seminariis valet, in quibus providebitur ut sacrorum alumni convenienter instituantur, Latinum discendo sermonem et, adiunctis id postulantibus, ipsam Ritus Romani formam extraordinariam.
[...]
28. Inoltre, in forza del suo carattere di legge speciale, nell’ambito suo proprio, il Motu Proprio Summorum Pontificum, deroga a quei provvedimenti legislativi, inerenti ai sacri Riti, emanati dal 1962 in poi ed incompatibili con le rubriche dei libri liturgici in vigore nel 1962.
28. Praeterea, cum sane de lege speciali agitur, quoad materiam propriam, Litterae Apostolicae Summorum Pontificum derogant omnibus legibus liturgicis, sacrorum rituum propriis, exinde ab anno 1962 promulgatis, et cum rubricis librorum liturgicorum anni 1962 non congruentibus.

Il Motu proprio è l’atto più solenne di un Papa che viene dalla sua volontà "emanato di propria iniziativa", decisione personale promulgata da chi ne ha il potere. E’ proprio del Papa per esercitare la sua sovranità immediata sulla Chiesa universale. A questo proposito mi faccio e vi faccio una domanda che spero non sia troppo semplicistica: essendo il Papa il Legislatore universale, c'era bisogno del successivo punto 30 che richiama il Diritto Canonico e le restrizioni del successivo art. 31? Il Motu proprio ben può riferirsi anche al Ministeria Quaedam di Paolo VI che abolisce gli ordini minori, dal momento che il Novus Ordo non prevede il servizio all'Altare nei termini del Vetus Ordo. O no?

29. La concessione [la ratio del Motu proprio non mi pare che possa indurre tanto a parlare di "concessione" quanto di uno "jus riconosciuto" e, quindi è più appropriato, nonché esatto, il termine facoltà] di usare la formula antica per il rito della Cresima è stata confermata dal Motu Proprio Summorum Pontificum (cf. art. 9 § 2). Pertanto non è necessario utilizzare per la forma extraordinaria la formula rinnovata del Rito della Confermazione promulgato da Papa Paolo VI.
29. Facultas adhibendi formulam antiquam ad Confirmationem impertiendam, confirmata est a Litteris Apostolicis Summorum Pontificum (cf. art. 9, § 2), proinde non necessario adhibenda est pro forma extraordinaria formula recentior, quae in Ordine Confirmationis Pauli PP. VI invenitur.

Riporto per comodità di consultazione di chi legge i nn. 30 e 31.

30. Con riguardo alla tonsura, agli ordini minori e al suddiaconato, il Motu Proprio Summorum Pontificum non introduce nessun cambiamento nella disciplina del Codice di Diritto Canonico del 1983; di conseguenza, negli Istituti di Vita Consacrata e nelle Società di Vita Apostolica che dipendono dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, il professo con voti perpetui oppure chi è stato incorporato definitivamente in una società clericale di vita apostolica, con l’ordinazione diaconale viene incardinato come chierico nell’istituto o nella società, a norma del canone 266 § 2 del Codice di Diritto Canonico.
30. Quoad primam Tonsuram, Ordines Minores et Subdiaconatum, Litterae Apostolicae Summorum Pontificum nullam obmutationem in disciplina Codicis Iuris Canonici anno 1983 introduxerunt: hac de causa, pro Institutis Vitae Consecratae et Societatibus Vitae Apostolicae Pontificiae Commissioni Ecclesia Dei subditis, sodalis votis perpetuis professus aut societati clericali vitae apostolicae definitive incorporatus, per receptum diaconatum incardinatur tamquam clericus eidem instituto aut societati, ad normam canonis 266 § 2 Codicis Iuris Canonici.

31. Soltanto [Sarebbe forse più appropriato almeno] negli Istituti di Vita Consacrata e nelle Società di Vita Apostolica che dipendono dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei e in quelli dove si mantiene l’uso dei libri liturgici della forma extraordinaria, è permesso l’uso del Pontificale Romanum del 1962 per il conferimento degli ordini minori e maggiori.
31. Dumtaxat Institutis Vitae Consecratae et Societatibus Vitae Apostolicae Pontificiae Commissioni Ecclesia Dei subditis, et his ubi servatur usus librorum liturgicorum formae extraordinariae, licet Pontificali Romano anni 1962 uti ad Ordines maiores et minores conferendos.

Addirittura il n. 31 sembrerebbe in contrasto col precedente n.30, che si rifà al codice di diritto canonico, mentre il Papa come supremo Legislatore ha emanato un atto normativo di rango primario nell'ambito delle gerarchie delle norme canoniche (vedi n.28). Infatti, mentre al n.30 si richiama il codice in riferimento all'incardinazione e si è voluto specificare che il Summorum Pontificum non ha innovato il Codice riguardo agli "ordini minori" (ma l'Istruzione non ha lo stesso rango del Motu proprio), poi nel n.31 si prevede il conferimento degli "ordini minori", ma solo per gli Istituti... che senso ha? Se il Motu proprio del Papa è normativo per la Chiesa universale, perché una restrizione del genere?
 
http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2011/11/universae-ecclesiae-osservazioni-sulle.html