domingo, 20 de agosto de 2023

HAERENT ANIMO ESORTAZIONE APOSTOLICA DI PAPA PIO X AL CLERO CATTOLICO

 

HAERENT ANIMO
ESORTAZIONE APOSTOLICA DI PAPA PIO X
AL CLERO CATTOLICO
IN OCCASIONE DEL 50° ANNIVERSARIO DEL SUO SACERDOZIO
 

  

II. La santità del sacerdote

3. La santità, dote prima della vita sacerdotale - L'esempio deve precedere la parola

Diamo principio, diletti figli, alla nostra esortazione, con l'incitarvi a quella santità, che è richiesta dalla dignità del vostro grado. Poiché chi è insignito del sacerdozio, non per sé soltanto, ma per gli altri ancora ne è insignito: " Ogni pontefice scelto tra gli uomini, è preposto a pro degli uomini a tutte quelle cose che riguardano Dio " (Eb 5,1). Il medesimo pensiero volle esprimere Cristo, quando, a significare quale sia il fine dell'azione sacerdotale, li paragonò al sole ed alla luce del mondo, sale della terra.

Ognuno sa che sale e luce Egli è principalmente per l'ufficio che ha di distribuire il pane della verità cristiana; ma chi è che ignori che un tale ammaestramento non approda a nulla, se il sacerdote non consacri con l'esempio le cose insegnate con la parola. Gli uditori con irriverenza sì, ma non a torto obietteranno: " Professano di conoscere Dio e lo rinnegano coi fatti " (Tt 1,16); e respingeranno la dottrina, né fruiranno della luce del sacerdozio.

Ond'è che Cristo, forma viva del sacerdote, insegnò prima con l'esempio e poi con le parole: " Principiò Gesù a fare, e poi ad insegnare " (At 1,1). Parimenti se gli si levi la santità a nessun titolo il sacerdote sarà più sale della terra: poiché ciò che è corrotto e contaminato non può servire a conferire la purezza; e, donde esula la santità, conviene che abiti la contaminazione. Perciò Gesù, continuando la medesima figura, chiama tali sacerdoti sale insipido, " che non è più buono a nulla se non ad esser gettato via e calpestato dalle genti " (Mt 5,13).

III. La santità dei Sacri Uffici

4. L'altezza della vocazione e i Sacri Uffici per se medesimi esigono la santità Quanto si è fin qui detto riceve nuova luce, quando si pensa che noi esercitiamo l'ufficio sacerdotale non già a nostro nome, ma nel nome di Gesù. " Così ", dice l'Apostolo, " ognuno consideri noi come ministri di Cristo e dispensatori de' misteri di Dio " (1 Cor 4,1); " siamo davvero adunque ambasciatori di Cristo " (2 Cor 5,20). Proprio per questo motivo Cristo ci ascrisse non al numero dei suoi servi, ma degli amici: " Non vi chiamerò già più servi... Ma vi ho chiamati amici, perché tutto quello che intesi dal Padre mio, l'ho fatto sapere a voi... Io ho eletto voi, e vi ho destinati, che andiate e facciate frutto " (Gv 15,16). E' quindi nostro ufficio di rappresentare la persona di Cristo e di condurre la missione da lui affidataci in maniera che ci sia dato di raggiungere il fine, che Egli ha di mira. E poiché " il bramare e schivare le cose medesime, questo è il pegno più fermo d'amicizia ", siamo tenuti, come amici, a nutrire i medesimi sentimenti, che sono in Cristo Gesù, che è " santo, innocente, immacolato, impolluto " (Eb 7,26): come suoi ambasciatori, dobbiamo conciliare gli uomini alla sua dottrina ed alla sua legge, non senza osservarle prima noi stessi: come partecipi della sua autorità nell'alleggerire le anime dalle catene della colpa, conviene che poniamo ogni studio nell'evitare di caricarci noi di tali catene. Ma più come suoi ministri nell'augusto sacrificio che, con perenne prodigio, si rinnova per la vita del mondo, dobbiamo avere la medesima disposizione di animo, con la quale Egli sull'ara della croce si offrì ostia immacolata a Dio. Poiché, se in antico, quando non esisteva che un'ombra e figura del vero sacrifizio, si esigeva nei sacri ministri tanta santità, quale non è giusto che si esiga, ora che la vittima è Cristo?

5. Due splendidi moniti di san Giovanni Crisostomo e di san Carlo Borromeo

" Quanto dunque non conviene che sia più puro chi fruisce di un tal sacrifizio? di quale raggio solare non deve essere più splendida la mano, che divide questa carne, la bocca che è saziata dal fuoco spirituale, la lingua che rosseggia di questo sacramentissimo sangue? ".

Assai opportunamente san Carlo Borromeo nei discorsi al Clero così inculcava: " Se ci ricordassimo, dilettissimi fratelli, quante e quanto preziose cose abbia poste Dio nelle nostre mani, quale stimolo non sarebbe per noi questa considerazione a farci condurre una vita degna di ecclesiastici! Che cosa non pose Iddio nelle mani, quando vi pose il proprio suo Figlio unigenito, come Lui eterno ed a Lui eguale? Nella mano mia pose i tesori suoi, tutti i sacramenti e le grazie: pose le anime che gli sono care come la pupilla e che nell'amore preferì a se stesso, che redense con il suo sangue; nelle mie mani pose il cielo che io posso aprire e chiudere agli altri... Come mai dunque potrò io essere così ingrato a tanta degnazione ed amore da peccare contro di Lui, da offenderlo nell'onore, da inquinare questo corpo che è suo, da macchiare questa dignità e questa vita al suo ossequio consacrata? ".

https://www.vatican.va/content/pius-x/it/apost_exhortations/documents/hf_p-x_exh_19080804_haerent-animo.html