sábado, 21 de abril de 2012

Un nuovo libro sul Vaticano II per un approccio più fedele. Coming soon

Come capire il Concilio Vaticano II? Cosa ha rappresentato l’ultima grande assise ecumenica per tutta la Chiesa? Una svolta per molti. Un cambiamento radicale per tanti. Un aggiornamento. La domanda ci coglie divisi, non tanto impreparati. Sembra strano ma è sempre più difficile trovare una via di dialogo e di confronto sereno all’interno del cattolicesimo.
Il motivo della divisione sta probabilmente in un approccio alquanto moderno o post-moderno al problema, che non funziona: tutto il Concilio Vaticano II si risolve in un problema di adattamento ermeneutico più o meno riuscito alla modernità? Era necessario un Concilio per rispondere alle sfide del nostro tempo? La domanda non vuole essere storica perché la storia non si cambia. Dovremmo perciò imparare a vedere con la Chiesa una ed ininterrotta che un concilio si osserva a partire dalla Chiesa e da essa lo si giudica: se il Concilio ha raggiunto il suo fine non dipende solo dallo stesso Concilio, ma anche dalla fede che ha insegnato. E dal lavoro che si renderebbe necessario se ci accorgessimo d’imprecisioni, d’arbitrarie prese di posizione o intoppi di sorta (dalla IV di copertina).



Perché è opportuno discutere sul Concilio Vaticano II

Il lavoro teologico più urgente, che oggi si necessita nella compagine ecclesiale, è quello di far luce sul Vaticano II come uno dei diversi concili della Chiesa. Non l'unico né l'ultimo. Uno dei 21, con un taglio sui generis rispetto a quelli dogmatici immediatamente precedenti, che non può però essere inteso come lo spartiacque della storia. Non può essere un nuovo cominciamento, perché la Chiesa non inizia da un concilio ma dalla volontà istitutrice di Cristo per portare il Regno di Dio ad ogni uomo e favorire l'ingresso di ogni uomo in questo Regno. Purtroppo, il Vaticano II è stato letto abbondantemente come "nuovo inizio". Le maglie ampie della pastoralità e della non-definizione, furono viste, scorrettamente, come possibilità di dire pastoralmente la fede, in modo da non dover più contraddire l'altro (ad intra ma soprattutto ad extra). La diversità declinata come pluralismo fu la condizione previa e necessaria del dialogo. Col risultato però di aver smarrito profondamente l'identità cattolica, perché frammischiatasi spesso con il mondo, la modernità, la politica, l'antropocentrismo.
Crollati ora i modelli culturali sui quali si era basata la modernità, perché inverati dalla liquidità del post-cristianesimo, sembra che siano venuti meno anche i presupposti sui quali scommettere per una "riscrittura" della fede cominciando dalla riscrittura dei trattati teologici. I zelanti persecutori di un Vaticano II come speranza del cominciamento, ora fanno i conti con una domanda, che poi è anche la nostra: che cosa non ha funzionato? Perché la Chiesa non è (ancora) veramente ripartita ma si trova a fare i conti con un vuoto di senso? Forse è prevalso lo "spirito" più che il «Concilio vero»? (per dirla con Ratzinger). Il «Concilio vero», poi, è da leggersi nella continuità dell'ininterrotta Tradizione e alla luce di questa. Per il fatto, ripetiamolo, che la Chiesa non inizia dal Concilio, ma un concilio si celebra nella Chiesa e per la Chiesa. Bisogna correggere, se si dovesse, non la Chiesa, non la sua ininterrotta Traditio, ma quegli elementi più teologici e discorsivi del Concilio che hanno dato parvenza di stridore, o che si son prestati a letture equivoche. Non è in discussione la provvidenza del Concilio per il nostro tempo e la sua inerranza (assenza di errori) in materia di fede e di morale (ma non in materia di sport, di comunicazione sociale, di scelte politiche, di profezie sul tempo che è da venire, ecc.). L'assistenza dello Spirito Santo impedisce la presenza nei testi conciliari di errori ma non consacra, sic et simpliciter, l'infallibilità magisteriale del tutto. Bisogna distinguere per capire meglio.
Sì, bisogna conservare veramente una mente aperta per leggere il Vaticano II.
Non ci si può semplicemente scandalizzare, quando si tenta - con tutti i limiti certo, perfezionabili da una nuova lettura più arguta e più precisa, un meliore iudicio - una lettura sanamente critica, un giudizio teologico. La teologia, se non ha smarrito il suo compito, è scienza della fede, intelligenza del dato rivelato alla luce del Magistero della Chiesa. Nei suoi limiti ha il compito di indicare ciò che a parer dell'osservatore sembra perfettibile. Per il bene della fede nella sua unità, di ieri come di oggi. Se si interviene nel dibattito bisogna dire ciò che è sbagliato circa il giudizio di perfettibilità, ma non raccontare le proprie impressioni.
Né si può semplicemente squalificare la ricerca e la critica, dicendo che il S. Padre, con il suo ormai famoso discorso del 22 dicembre 2005, non avrebbe affatto inaugurato una discussione sul Concilio. Questa visione tranciante permetterebbe di risolvere in nuce il problema del tradizionalismo: il Concilio non si discute! Basta l'ermeneutica della riforma nella continuità.
Certo, il S. Padre non ha aperto una discussione. Quando però veramente e di proposito nella storia il Pontefice ha aperto una disputa teologica? Piuttosto l'ha moderata o, quando era arrivata al limite del sopportabile, l'ha sospesa. Si ricordi il problema del rapporto natura e grazia. Altre volte ne è stato indirettamente fautore. Si pensi ad esempio all'istituzione della festa in occidente del "Concepimento immacolato di Maria" (sec. X) attraverso vari monasteri e chiese cattedrali. Anche se la Curia romana non la festeggiava, Bonifacio VIII però la indulgenziò.
Il Papa voleva dire che la Madonna è immacolata concezione, redenta in modo preventivo? Si era aperta, di fatto, una proficua discussione, che vide i francescani attori intrepidi di una difesa di Maria preservata dal peccato originale, sin dal primo istante del suo concepimento. Si arrivò poi alla definizione del dogma nel 1854. Speriamo pure che la rinuncia di Benedetto XVI al titolo "Patriarca d'occidente", sia presa in seria considerazione ecclesiologica, per spiegare che non c'è nella Chiesa, né è possibile, una sinodalità sempre in atto. La Chiesa è comunione non comunità di comunità.
Se il Magistero ora lascia aperta la discussione perché dobbiamo noi volerla chiudere? Solo per paura di scandalizzare i semplici? Ma non è forse vero che lo scandalo di una fede desolata sotto gli occhi delle nostre parrocchie - quasi tutte nate col Concilio - è molto più pernicioso di una cattolica messa a punto per una vera ripresa della fede? Se invece si insiste nel ritenere il Concilio intoccabile perché dono dello Spirito Santo, allora, probabilmente si è incorsi nell'errore che oggi è sulla bocca di molti: identificare il soffio dello Spirito Santo con il Concilio (senza le opportune distinzioni) e finalmente lo Spirito Santo con il Concilio stesso. Questo è in ultima analisi il parto di quello "spirito del Concilio", che funesta da mane a sera, e diventa giudice e fautore ora della Chiesa, ora della fede, ora della prassi. Proprio questo non funziona.
Per molti, infine, il vero problema oggi nella Chiesa sono le cose che non vanno, questo o quel gruppo. I tradizionalisti o, per altri, i progressisti. Questa è una visione piuttosto pragmatica della realtà: la bontà di un'azione la si giudica dal risultato degli effetti e non dall'in sé, dall'oggettività. Non è la prassi che non va ma le idee. Forse perché mancano. Manca uno sguardo metafisico su Dio e sull'uomo, e questo ci impedisce di rivolgerci al vero problema. Se solo riuscissimo a vederlo avremmo già fatto un grande passo in avanti. Saremmo cioè già usciti dalla mentalità della prassi, che ahimé domina. Molto spesso a discapito del Concilio. Ma soprattutto della Chiesa.


p. Serafino M. Lanzetta, FI




L'Autore del libro: P. Serafino M. Lanzetta (1977), frate francescano dell’Immacolata, è docente di teologia dogmatica presso l’Istituto teologico Immacolata Mediatrice (Cassino). È parroco della Chiesa di Ognissanti in Firenze e dal 2006 dirige la rivista teologica «Fides Catholica». Ha pubblicato diversi studi di ricerca in ambito mariologico, dove si segnala la sua tesi di dottorato sul Sacerdozio della Vergine Maria (Roma 2006), e in altri ambiti della dogmatica. Scrive per alcuni giornali, tra cui «L’Osservatore Romano» e collabora con diverse riviste. Sta per conseguire presso la Facoltà teologica di Lugano l’abilitazione alla libera docenza, con una tesi sull’ermeneutica del Concilio Vaticano II, sotto la direzione del Prof. Dr. Manfred Hauke.
 

Esplendor de la Liturgia en Concesa, Italia






El pasado 21 de marzo, miércoles de la IV semana de Cuaresma, Mons. Athanasius Schneider,
Obispo Auxiliar de Astana, Kazajistán, y secretario general de la Conferencia Episcopal de Kazajistán, celebró una Santa Misa Novus Ordo, ad Orientem, en el Santuario de la Divina Materdindad, de los PP. Carmelitas Descalzos, en Concesa di Trezzo sull'Adda, Milán, Italia.

Santuario de la Divina Maternidad

El próximo miércoles 30 de mayo se celebrará la Santa Misa con la Forma Extraordinaria del Rito Romano, en el Cerro de los Ángeles, Diócesis de Getafe.

Cerro de los Ángeles

El próximo miércoles 30 de mayo se celebrará la Santa Misa con la Forma Extraordinaria del Rito Romano, en el Cerro de los Ángeles, Diócesis de Getafe. La página hermana Roma Aeterna da los detalles sobre este acontecimiento, que pueden ver en el enlace.

Roma Aeterna

NOVO BLOG SOBRE O VENERÁVEL PIO XII

VENERÁVEL PIO XII



CARTA ENCÍCLICA DO PAPA PIO XII MYSTICI CORPORIS

Mystici Corporis Christi (29 de Junho de 1943)

[Alemão, Francês, Inglês, Italiano, Latim, Português]


CARTA ENCÍCLICA DO PAPA PIO XII
MYSTICI CORPORIS
O CORPO MÍSTICO DE JESUS CRISTO
E NOSSA UNIÃO NELE COM CRISTO
Aos Veneráveis Irmãos Patriarcas, Primazes, Arcebispos, Bispos e demais
Ordinários em paz e comunhão com a Sé Apostólica
INTRODUÇÃO
1. A doutrina do Corpo Místico de Cristo, que é a Igreja (cf. Cl 1,24), recebida dos lábios do próprio Redentor e que põe na devida luz o grande e nunca assaz celebrado benefício da nossa íntima união com tão excelsa Cabeça, é de sua natureza tão grandiosa e sublime que convida à contemplação todos aqueles a quem move o Espírito de Deus; e, iluminando as suas inteligências, incita-os eficazmente a obras salutares, consentâneas com a mesma doutrina. Por isso resolvemos entreter-nos convosco sobre tão relevante assunto, expondo e explicando principalmente a parte relativa à Igreja militante. Move-nos a fazê-lo não só a excepcional importância da doutrina, mas também as circunstâncias atuais da humanidade.
Propomo-nos, pois, falar das riquezas entesouradas no seio da Igreja que Cristo adquiriu com seu sangue (At 20, 28) e cujos membros se gloriam de uma Cabeça coroada de espinhos. Isto mesmo já é prova evidente de que a verdadeira glória e grandeza não nascem senãu da dor; por isso nós quando compartilhamos dos sofrimentos de Cristo, devemos alegrar-nos, para que também na renovação da sua glória jubilemos e exultemos (cf. 1Pd 4,13).LER...

FILME SOBRE AS APARIÇÕES DE FÁTIMA



Film Cattolico - Apparizioni a Fatima


film - Apparizioni a FatimaBellissimo Film sull'apparizioni della Madonna a Fatima.
ANNO 1991
PAESE Portogallo francia
REGIA Daniel Costelle
ATTORI Teresa Costa, Cécile Maupeu, Henrique Reis, Jacinta Henriques, María Clemente, Cristina de Abreu, Eduardo Silva, José Oliveira, Padre Manuel Freitas

Film Cattolico - Apparizioni a Fatima

Vaticano II. Un microfono chiuso silenzia il card. Ottaviani. È l'inizio del "nuovo corso".

Vaticano II. Un microfono chiuso silenzia il card. Ottaviani. È l'inizio del "nuovo corso".

Nel suo articolo di oggi Rorate Caeli ci offre l'occasione di rispolverare avvenimenti ed aspetti del Concilio Vaticano II, mettendo in risalto una intervista con Mons. Gherardini: un testimone oculare riporta un semplice fatto che, da solo, mostra più di tante argomentazioni, quanto quello che Gherardini chiama gegen-Geist (contro-spirito) fosse presente già prima del Concilio, affermandosi grazie ad esso.
Trascrivo il testo di Rorate e, di seguito, una interessante recensione del Libro di mons. Gherardini Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, nel quale è riportato l'episodio, insieme ad altre considerazioni che completano il discorso, che merita di essere ulteriormente approfondito. Cosa che non mancheremo di fare.

Controllo del microfono al Vaticano II
Una delle questioni centrali riguardanti l'attesa di un accordo tra il Vaticano e la Fraternità San Pio X è il peso del Concilio pastorale Vaticano II ed i suoi documenti. Robert Moynihan, nel suo rapporto sui negoziati, scrive di una visita a monsignor Brunero Gherardini , che ha partecipato al Concilio e vive in Vaticano. Quest' apertura di sguardo pareggia i conti riguardo al Cardinale Alfredo Ottaviani, che ha guidato quella che oggi è la Congregazione per la Dottrina della Fede dal 1959 al 1968. Vale la pena di una lettura veloce. Il Cardinale Ottaviani, senza microfono, fu poi co-autore del più credibile appello fatto a Paolo VI sulla questione liturgica.
***
Ogni volta che penso al Concilio, dice [mons. Gherardini], ho sempre una immagine nella mia mente: l'anziano cardinale Alfredo Ottaviani, ormai cieco, intorno agli 80 anni, zoppicante, capo del Sant'Uffizio, e così il primo ufficiale della dottrina della Chiesa, nato a Trastevere da genitori con molti figli, per cui un romano di Roma, dal popolo di Roma, prende il microfono per parlare ai 2.000 vescovi riuniti.
E, mentre egli parla, chiedendo ai vescovi di prendere in considerazione i testi della curia per la preparazione dei quali ha speso tre anni, improvvisamente il suo microfono è stato spento. Egli continuava a parlare, ma nessuno poteva sentire una parola. Poi, perplesso e turbato, smise di parlare, confuso. E i padri riuniti cominciarono a ridere, e poi a tifare ...
"", ha detto Gherardini. "Ed è stato solo il terzo giorno."
"Cosa?" Ho detto.
"il microfono Ottaviani è stato disattivato il terzo giorno del Concilio."
"Il terzo giorno?" Ho detto. "Io non lo sapevo. Ho pensato che fosse accaduto più tardi, nel novembre, dopo che il gruppo progressista divenne più organizzato ..."
"No, era il terzo giorno, 13 ottobre 1962. il Concilio ha avuto inizio l' 11 ottobre."
"Sapete chi ha spento il microfono?"
"Sì," ha detto. "E' stato il cardinale Liénart di Lille, in Francia."
"Ma allora", dissi, "si potrebbe quasi dedurre, forse, che un tale scorretto annullamento del protocollo, rendendo impossibile per Ottaviani sostenere le sue argomentazioni, in qualche modo spiega quello che è venuto dopo, beh, in un certo senso, improprio ..."
"Alcuni sostengono questo argomento," rispose Gherardini.


Qualche notazione su “Il concilio Vaticano II. Il discorso mancato”
[
Noi ne abbiamo già parlato qui]

Questo nuovo pamphlet, sempre in linea con i precedenti, fa seguito al volume “Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare”, definito dall’autore stesso “un appello a chi decide gli orientamenti della Chiesa cattolica, oltre che ai non pochi opinion’s makers i quali, per motivi diversi, talvolta anche discutibili, determinano gli orientamenti del variegato mondo culturale. Un appello perché, a quasi cinquant’anni dall’evento conciliare, si ponesse fine alla sua acritica celebrazione e si sottoponessero i suoi documenti ad un’analisi finalmente libera dall’apriorismo celebrativo ad ogni costo”.

Avendo già esaminato le varie questioni inerenti alla continuità del concilio Vaticano II con la Tradizione, l’autore focalizza l’attenzione sullo spirito con cui iniziò il concilio. Partendo da un punto di vista condiviso, con l’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Card. Ratzinger, circa l’esistenza di un contro-spirito, un Gegen Geist, che abbia stravolto il Concilio, l’autore si domanda se le responsabilità siano tutte nel post-concilio oppure se i semi del “contro” possano già ravvisarsi nel concilio stesso.
Il primo “contro”, la prima rottura, può individuarsi, secondo Gherardini, nel rifiuto degli schemi preparatori al Concilio.
“Soprattutto agl’inizi, il dibattito conciliare fu vivace e non raramente rissoso, irrispettoso e perfino spietato, come quando al venerando cardinal Ottaviani, nel corso della sua appassionata difesa della Messa tradizionale, allo scoccare del regolamentare quindicesimo minuto fu spento il microfono e tolta la parola. A quel punto, il Concilio già procedeva per la sua strada: in dichiarata rottura con il secolare magistero, riassunto ed attualizzato negli schemi contestati, ed in piena apertura a metodologie non teologiche, mentalità dialogica, accantonamento d’ogni steccato, disponibilità per il compromesso, con la presunzione che nessuno – dunque, neanche la Chiesa – possedesse la verità: tutta e su tutto. Si stava già operando un capovolgimento che, con l’andare del tempo, si sarebbe fatto sempre più netto: la teologia diventava antropologia ”.
L’apertura indiscriminata al mondo, alle sue ragioni e filosofie, aveva tolto di mezzo la filosofia di S. Tommaso, cercando di conciliare la filosofia esistenzialista con la filosofia dell’essere, su cui tutta la dottrina cattolica si poggia.
“Non so se proprio tutt’i Padri conciliari se ne rendessero conto, ma, obiettivamente parlando, il loro strappo dalla secolare mentalità che, fin a quel momento, aveva espresso la motivazione di fondo della vita, della preghiera, dell’insegnamento e del governo della Chiesa, stava riproponendo la mentalità modernista, contro la quale san Pio X aveva preso netta posizione nell’intento di «ricentrare tutto in Cristo» (Ef 1,10). Anche questo, questo anzi in modo particolare, è gegen-Geist ”.
Tale Gegen Geist, secondo l’autore, si è poi manifestato anche nella dichiarazione Nostra Aetate, in cui,
“pervertendo però il senso di Rm 11,17-24” si sarebbe riesumata la Antica Alleanza, senza scorgere “ nel costante rifiuto di Cristo [..] nessuna controindicazione alla permanenza degli ebrei, carissimi a Dio», nella realtà salvifica dell’Alleanza ”.
Facendo eco al suo libro “Quale accordo tra Cristo e Beliar” (Fede e Cultura), aggiunge:
“Potrei continuare con questi «e», ma non apporterei elementi nuovi circa i rapporti idilliaci che il Vaticano II stabilì con il mondo ebraico, ignorando sul piano teologico ciò ch’esso pensa di Cristo, di Maria e del cristianesimo in genere, e sul piano storico il rilievo di sant’Ignazio d’Antiochia sull’incoerenza dei cristiani che giudaizzano. Se poi allargo l’osservazione a quanto Nostra ætate dichiara sulle altre religioni (2-3), mi diventa assolutamente impossibile trovarci la continuità col passato solo perché tutte le religioni si rivolgon al medesimo Dio. Se una religione considera poco più poco meno che idolatria rivolgersi a Dio in Cristo, diventa assurdo il solo pensiero d’un suo possibile rapporto con la Chiesa cattolica. Nel cui nome, però, il Vaticano II dichiarò il detto rapporto non possibile, ma già in atto, condannando a morte, praticamente, la realtà delle cose e lo stesso spirito missionario”.
Infine, alla domanda su cosa sia il Concilio Vaticano II e su come ci si debba relazionare, Gherardini risponde che
“quanto al Vaticano II, sarebbe assurdo negargli il carattere di magistero conciliare, quindi solenne, non ordinario, perché in tal caso si negherebbe il Concilio stesso. [..]Occorre, tuttavia, distinguere la qualità dei suoi documenti, perché il carattere solenne del loro insegnamento né li mette tutti su un piano di pari importanza, né comporta sempre di per sé la loro validità dogmatica e quindi infallibile ”.
A sostegno della sua tesi, l’autore ricorda il discorso del segretario di Papa Roncalli, Mons. Felici: “Tenuto conto dell’uso conciliare e del fine pastorale del presente Concilio, questo definisce come obbliganti per tutta la Chiesa i soli punti concernenti la Fede o i costumi, che esso stesso abbia apertamente dichiarato come tali. Le altre cose proposte dal Concilio, in quanto dottrina del Magistero supremo della Chiesa, tutti e singoli i fedeli devon accettarle e ritenerle secondo lo spirito dello stesso Concilio, il quale risulta sia dalla materia trattata, sia dalla maniera in cui s’esprime, in conformità alle norme dell’interpretazione teologica”. Spiega Gherardini:
“In pratica, in nessuna delle sue quattro Costituzioni il Vaticano II «definisce come obbliganti per tutta la Chiesa» i propri pronunciamenti dottrinali; in questi è senz’alcun dubbio assente l’intento dogmatico-definitorio che dovrebbe renderli tali, mancando come dottrina propria e specifica del Vaticano II «la materia trattata e la maniera di trattarla». Per contro, soprattutto nella Lumen gentium e qua e là anche altrove, alcune formule classiche, inserite come massi erratici in contesti sicuramente non dogmatici, riecheggiano la modalità dogmatica del precedente Magistero: «Insegniamo, questo Santo Sinodo insegna, proclamiamo». Forse che, con un modo d’esprimersi come questo, il Vaticano II si contraddice? Sicuramente no. Si tratta, infatti, di far capire anche ai non addetti ai lavori che, nonostante tutto, si è dinanzi ad un dettato conciliare, proveniente dal Magistero supremo, da «accoglier e ritenere secondo lo spirito del Concilio stesso». [...] Quanto alle formule di tipo classico presenti nei documenti conciliari e poco sopra rievocate, va tenuto presente ch’esse: – tentano la saldatura del Vaticano II con il Magistero conciliare precedente; – non effettuano la canalizzazione di nuove definizioni e nuovi dogmi nel patrimonio della Fede cattolica; – o più semplicemente riflettono sul Vaticano II una classica tonalità conciliare in funzione promozionale della sua qualità conciliare.”
Per quanto riguarda la
“ riesumazione , da parte del Vaticano II, di dogmi precedentemente definiti[..] in tutti i contesti contenenti, per formale o materiale adesione, una verità dogmaticamente definita, il Vaticano II ne assume di riflesso il valore dogmatico irriformabile infallibile. Ciò non comporta che tutto il Vaticano II sia effettivamente tale e che tale debba esser universalmente riconosciuto; ma che tale è semplicemente ed esclusivamente nella dogmaticità irriformabilità ed infallibilità dei dogmi citati”.
“Nonostante la necessità di ricorrer alla chiarezza per dir le cose come stanno, resta il fatto che il Vaticano II è un Concilio autentico, il cui insegnamento e le cui innovazioni, pur in assenza di valore dogmatico, costituiscono un innegabile magistero conciliare, e quindi supremo e solenne”.
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[Fonte: www.gamroma.it]

quinta-feira, 19 de abril de 2012

Sétimo Aniversário da Eleição do Papa Bento XVI



O Papa Bento
não está sozinho

Inicia o oitavo ano de pontificado de Bento XVI, eleito a 19 de Abril de 2005, com setenta e oito anos, em menos de um dia no conclave mais numeroso que até agora se reuniu na história. Uma data celebrada com alegria e precedida por aquela, tradicionalmente pessoal, do octogésimo quinto aniversário de nascimento, que contudo não era festejado na série dos Papa desde 1895 e que, por conseguinte, foi comemorada mais calorosamente.

Portanto, para estas festas de Abril multiplicaram-se as felicitações e os bons votos, que chegaram do mundo inteiro para expressar um afecto e uma estima gerais, que não se previam tão numerosas no momento da eleição. Com efeito, não se deve esquecer o excesso de preconceitos, ou até de oposições, com o qual a rapidíssima escolha do colégio dos cardeais tinha sido acolhida em diversos ambientes, também católicos. Preconceitos e oposições que em relação ao cardeal Ratzinger remontavam pelo menos a meados dos anos oitenta mas que não correspondiam minimamente à sua verdadeira personalidade.

O sucessor de João Paulo II – que aliás tinha sido o seu colaborador mais influente, que o Papa polaco, também ele por muito tempo hostilizado, quis quase imediatamente em Roma – foi-lhe contraposto, segundo estereótipos abusados. Um pontificado que iniciou em subida e que o Pontífice enfrentou com lúcida serenidade, já demonstrada a 24 de Abril, quando pediu orações aos fiéis para que não fugisse «por medo, diante dos lobos».

Aquela homilia era a primeira de uma série já longa, que por limpidez e profundidade em nada é inferior às pregações de Leão Magno, as primeiras de um bispo de Roma conservadas, caracterizadas por um equilíbrio exemplar entre herança clássica e novidade cristã analogamente à intenção do Papa Bento de se mover em harmonia entre razão e fé. Para se dirigir e falar a todos, como sugeriu no encontro de Assis o convite feito – pela primeira vez, um quarto de século depois daquele convocado por João Paulo II entre crentes – também aos não crentes, para anunciar o Evangelho ao mundo de hoje.

Foi assim também para a homilia na celebração do aniversário de nascimento – que coincide com a do seu baptismo, no Sábado Santo de 1927 – quando Bento XVI falou dos santos recordados no calendário litúrgico, Bernadette Soubirous e Benedetto Giuseppe Labre, de Maria, Mãe de Deus, e da águia pura da verdade da qual o mundo está sedento, muitas vezes sem o saber. Amigos invisíveis, mas não por isso menos reais, dos quais o Papa sente a proximidade na comunhão dos santos. Assim como sente a amizade de tantas pessoas que rezam por ele todos os dias, ou que unicamente olham para ele com simpatia, ouvindo com atenção as suas palavras.


19 de Abril de 2012

SÉTIMO ANIVERSÁRIO DE PONTIFICADO DE BENTO XVI







SÉTIMO ANIVERSÁRIO DE PONTIFICADO DE BENTO XVI

Fratelli e sorelle carissimi.
Queridísimos hermanos y hermanas.
Bien chers frères et sœurs.
Liebe Brüder und Schwestern.
Dear brothers and sisters.

"Annuntio vobis gaudium magnum:
Habemus Papam!
Eminentissimum ac reverendissimum Dominum,
Dominum Iosephum.
Sanctæ Romanæ Ecclesiæ Cardinalem Ratzinger,
Qui sibi nomen imposuit Benedicti XVI"

"Queridos irmãos e irmãs, após o grande Papa João Paulo II, os Senhores Cardeais elegeram-me, a mim, um humilde e simples operário da Vinha do Senhor. Consola-me saber que Deus sabe trabalhar e agir também com instrumentos insuficientes. E antes de tudo, conto com vossas orações. Na alegria do Senhor
ressuscitado, confiantes em seu permanente auxílio, devemos seguir adiante. O Senhor
nos ajudará e Maria, sua Mãe, estará conosco."

NASCE NOVO BLOG DEDICADO AO CARDEAL DARÍO CASTRILLÓN APÓSTOLO DA MISSA GREGORIANA

 

NASCE NOVO BLOG DEDICADO AO CARDEAL DARÍO CASTRILLÓN APÓSTOLO DA MISSA GREGORIANA

quarta-feira, 18 de abril de 2012

O Rito Gregoriano é hoje um rito litúrgico vivo, o qual continuará seu progresso sem perder nenhuma de suas riquezas, amparado na tradição.



Párocos e bispos "devem aceitar" os pedidos dos Católicos que pedirem a antiga forma da Missa (em latim ). Este é o "expresso desejo do Papa, "legalmente estabelecido", o qual "deve ser respeitado tanto pelos superiores eclesiásticos como pelos ordinários locais", insistiu. O Cardeal Castrillón continuou, afirmando que "todos os seminários" devem prover treinamento na outra forma da Missa "como um hábito".

Cardeal Dário Castrillon Hoyos – Cardeal encarregado pela implementação da liberalização da Missa Latina e dos outros ritos como eram celebrados antes do Concílio Vaticano II, feita pelo Papa Bento XVI – fez estas observações no prefácio da próxima edição do livro "As Cerimónias do Rito Romano Descritas", o manual inglês padrão a respeito de como celebrar os ritos antigos, lançado ontem.

O Cardeal Castrillón comentou o livro, – 50ª edição, desde que foi publicado pelo Padre inglês Dr. Adrian Fortescue, em 1917 – editado pelo distinto estudioso liturgista Dr. Alcuin Reid, como "uma fonte confiável para a preparação e celebração dos ritos litúrgicos", que o Papa Bento "autoritativamente decretou que podem ser livremente usados". Espera-se que a obra seja publicada pela Continuum/Burns & Oates pelo fim de 2008.



Alcuin Reide, falando de Londres, disse: "A honra do Cardeal ter concordado com este livro demonstra e dá ênfase à importância da antiga forma da Missa e dos sacramentos na renovação geral do Papa Bento na vida litúrgica da Igreja Católica". Ele continua: "Nós estamos em um momento crítico na história da liturgia, e a retirada das restrições da celebração dos antigos ritos, possibilita que estes contribuam com a devoção Católica através do mundo, e reforçam a sua qualidade.ler...

Pontifical Mass of Cardinal Castrillon Hoyos in Italy

Pontifical Mass of Cardinal Castrillon Hoyos in Italy



The Italian blog, Messainlatino.it have some photos up of an event I heard about through some of our friends and colleagues a couple of days ago, a Solemn Pontifical Mass offered by Cardinal Castrillon Hoyos in an Italian town. (Our own Gregory DiPippo, who acted as the 2nd MC, can be seen here in some of the photos.)

Here are the photos they have provided.








Entrevista com o cardeal Darío Castrillón

Card. Castrillón :"os fiéis que desejam celebrar com o rito antigo não devem ser considerados de segunda categoria. São fiéis aos quais se deve reconhecer o direito de assistir a uma missa que alimentou o povo cristão por séculos, que alimentou a sensibilidade de santos como São Filipe Néri, Dom Bosco, Santa Teresinha do Menino Jesus, o bem-aventurado João XXIII "

Entrevista com o cardeal Darío Castrillón



Em 7 de julho finalmente foi publicado o motu proprio Summorum pontificum, de Bento XVI, que, na prática, libera o uso do Missal Romano de 1962. O motu proprio, que entrará em vigor em 14 de setembro, estabelece que o Missal Romano promulgado por Paulo VI em 1970 é a expressão ordinária da lex orandi da Igreja Católica de rito latino. Assim, o Missal promulgado por São Pio V e publicado novamente pelo bem-aventurado João XXIII deve ser considerado uma forma extraordinária. Dessa forma, não se cria uma espécie de divisão na “lei da fé”, já que são “dois usos do único rito romano”. É lícito, portanto, celebrar a missa de acordo com a edição típica do Missal Romano de 1962. Para que isso aconteça, o motu proprio de Bento XVI indica novas regras, que substituem as estabelecidas pelos documentos anteriores, Quattuor abhinc annos, de 1984, e Ecclesia Dei, de 1988, por meio dos quais se concedia o indulto que permitia a celebração da chamada missa tridentina, mas só mediante prévia autorização do bispo local. A partir de 14 de setembro, nenhum pároco ou reitor poderá impedir que em sua igreja seja celebrada a missa de São Pio V, desde que os fiéis que a pedirem contem com um sacerdote disposto a fazê-lo, e que este seja idôneo e não impedido juridicamente. Mas não é só. O motu proprio estabelece também que o pároco possa permitir o uso do ritual mais antigo na administração dos sacramentos do batismo, da confissão, do matrimônio e da unção dos enfermos. Aos ordinários (bispos e superiores religiosos) concede-se também a faculdade de celebrar o sacramento da crisma nesse rito.
O documento é acompanhado de uma carta, endereçada aos bispos do mundo inteiro, na qual, entre outras coisas, Bento XVI frisa que “não há contradição alguma entre as duas edições do Missale Romanum”. E lembra que na “história da liturgia há crescimento e progresso, mas nenhuma ruptura”, sublinhando que o que para as gerações anteriores era santo “não pode de repente ser completamente proibido ou até considerado danoso”.
30Dias pediu ao cardeal Darío Castrillón Hoyos, colombiano, presidente Emérito da Pontifícia Comissão “Ecclesia Dei” desde 2000 (e também ex-prefeito da Congregação para o Clero, que dirigiu de 1996 a 2006), que explicasse os conteúdos mais importantes do motu proprio Summorum pontificum.

Eminência, qual é o sentido desse motu proprio que libera o uso do chamado Missal de São Pio V?
DARÍO CASTRILLÓN HOYOS: Quando, após o Concílio Vaticano II, ocorreram mudanças na liturgia, grupos consistentes de fiéis leigos e também de eclesiásticos se sentiram incomodados, porque tinham uma forte ligação com a liturgia que já vigorava havia séculos. Penso nos sacerdotes que durante cinqüenta anos haviam celebrado a chamada missa de São Pio V e que, de uma hora para outra, viram-se obrigados a celebrar uma outra; penso nos fiéis que estavam acostumados com o velho rito havia gerações; penso ainda nas crianças, como os coroinhas, que de repente ficaram embaraçadas ao servirem à missa com o Novus ordo. Houve um mal-estar em vários níveis. Para alguns, o problema era também de natureza teológica, pois consideravam que o rito antigo expressava o sentido do sacrifício melhor do que o rito que era introduzido. Outros, até por razões culturais, lembravam com saudade o gregoriano e as grandes polifonias, que eram uma riqueza da Igreja latina. Para agravar isso tudo, as pessoas que se sentiam incomodadas atribuíam as mudanças ao Concílio, quando, na realidade, o Concílio por si mesmo não havia nem pedido nem estabelecido os detalhes dessas mudanças. A missa que os padres conciliares celebravam era a missa de São Pio V. O Concílio não havia pedido a criação de um novo rito, mas um uso mais amplo da língua vernácula e uma maior participação dos fiéis.
Concordo, era esse o ar que se respirava há quarenta anos. Mas a geração que manifestou aquele mal-estar não está mais presente. E não é só isso: o clero e o povo também se acostumaram ao Novus ordo, e, na esmagadora maioria dos casos, se sentiram muito bem com ele...
CASTRILLÓN HOYOS: Isso é verdade para a esmagadora maioria, por mais que muitas dessas pessoas nem saibam o que se eliminou com o abandono do rito antigo. Mas nem todas se acostumaram com o novo rito. Curiosamente, nas novas gerações, tanto de clérigos quanto de leigos, parece florescer também um interesse e uma estima pelo rito anterior. E são sacerdotes e simples fiéis que muitas vezes não têm nada a ver com os chamados lefebvrianos. Esses são fatos da vida da Igreja, aos quais os pastores não podem continuar surdos. Foi por isso que Bento XVI, que é um grande teólogo, com uma profunda sensibilidade litúrgica, decidiu promulgar o motu proprio.
Mas já não havia um indulto? ler...

Benedetto XVI all'Udienza Generale (Mercoledì, 18 aprile 2012)

 


BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 18 aprile 2012



Cari fratelli e sorelle,

dopo le grandi feste, ritorniamo adesso alle catechesi sulla preghiera. Nell’udienza prima della Settimana Santa ci siamo soffermati sulla figura della Beata Vergine Maria, presente in mezzo agli Apostoli in preghiera nel momento in cui attendevano la discesa dello Spirito Santo. Un’atmosfera orante accompagna i primi passi della Chiesa. La Pentecoste non è un episodio isolato, poiché la presenza e l’azione dello Spirito Santo guidano e animano costantemente il cammino della comunità cristiana. Negli Atti degli Apostoli, infatti, san Luca, oltre a raccontare la grande effusione avvenuta nel Cenacolo cinquanta giorni dopo la Pasqua (cfr At 2,1-13), riferisce di altre irruzioni straordinarie dello Spirito Santo, che ritornano nella storia della Chiesa. E quest’oggi desidero soffermarmi su quella che è stata definita la «piccola Pentecoste», verificatasi al culmine di una fase difficile nella vita della Chiesa nascente.  leggere...

terça-feira, 17 de abril de 2012

PAPA BENTO XVI CELEBROU SEU 85º ANIVERSÁRIO

Em seu aniversário, Bento XVI recorda que está no “último trecho” de sua vida

 


Na Missa que celebrou esta manhã na capela paulina do Palácio Apostólico do Vaticano, o Papa Bento XVI comoveu os presentes com uma homilia muito pessoal na que admitiu que já começou a última fase de sua vida e recordou os gestos de Deus desde sua infância e refletiu sobre os Santos que o inspiraram desde seu nascimento.

“Eu me encontro diante do último trecho da viagem da minha vida e eu não sei o que me espera. Eu sei, no entanto, que a luz de Deus existe, que Ele ressuscitou, que Sua luz é mais forte do que qualquer escuridão, que a bondade de Deus é mais forte que qualquer mal deste mundo. E isso me ajuda a prosseguir com confiança. Isso nos ajuda a avançar, e nesta hora agradeço a todos aqueles que sempre me fizeram perceber o ‘sim’ de Deus através da sua fé.

Falando em alemão e diante de compatriotas seus, o pontífice disse que Santa Bernadette, a vidente de Lourdes, e São Bento José Labre, um santo do século XVII conhecido como o “peregrino dos mendigos”, as duas figuras de referência que teve desde pequeno.

O Pontífice confessou que compartilhar a data de aniversário com Santa Bernardette Subirous, a vidente das aparições da Lourdes foi muito especial para ele.

“Hoje é o dia desta pequena Santa que sempre foi um modelo para mim, um modelo de como devemos ser. De fato, mesmo com todas as coisas que devemos saber e fazer, que são necessárias, não devemos perder o coração simples, o olhar simples de coração, capaz de ver o essencial”, disse.

O Papa recordou que Bernardette “sabia ver” o que a Virgem lhe assinalava: “a fonte viva, pura”. Água que é imagem “da verdade que vem a nosso encontro na fé, da verdade não dissimulada e não poluída”. Porque “para poder viver, para poder chegar a ser puros, necessitamos que em nós nasça a nostalgia da vida pura, da verdade verdadeira, do que não é poluído pela corrupção, do ser humano sem pecado”.

“Em nosso tempo, no que vemos no mundo tantos afãs, e no que irrompe a necessidade da água, da água pura, este signo tão maior. Da María, da Mãe do Senhor, do coração puro, vem também a água pura, descontaminada, que dá a vida, a água que neste século, e nos séculos por vir, desencarde-nos e nos sã”.

Além disso, refletiu sobre São Bento José de Lavre, falecido um 16 de abril e com quem compartilha o nome de Papa e o de bastismo, Joseph. Um santo “europeu” que tem sua particularidade no fato que “não quer fazer outra coisa” que “rezar e dar testemunho” de Deus.

O Papa recordou que nasceu um Sábado Santo e seus pais o batizaram neste mesmo dia. Ele agradeceu-lhes por tê-lo “feito renascer” esse dia através da água do Batismo. “De que maneira o dom da vida é realmente tal? É justo dar a vida assim, simplesmente? É responsável ou muito imprevisível? A vida biológica por si mesmo é um dom, e entretanto está circundada por uma grande pergunta”, acrescentou.

Bento XVI assinalou também que “a vida se converte em um verdadeiro dom se junto a ela se pode dar também uma promessa que é mais forte que qualquer desventura que possa ameaçar-nos, se ela estiver imersa em uma força que garante que ser um homem é um bem (…) Assim, ao nosso nascimento vai associado o renascimento, a certeza de que na verdade é algo bom, porque a promessa é mais forte que as ameaças”.

O Papa explicou que o sentido do Batismo é pertencer a grande e nova família de Deus que é “mais forte que todas as forças negativas que nos ameaçam”.

http://www.acidigital.com/noticia.php?id=23481

HOMILÍA DEL PAPA EN EL DÍA DE SU CUMPLEAÑOS

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    HOMILÍA DEL PAPA EN EL DÍA DE SU CUMPLEAÑOS


    Ciudad del Vaticano, 17 abril 2012 (VIS).- Ayer por la mañana, en la Capilla Paolina del Palacio Apostólico, tuvo lugar una Santa Misa de Acción de Gracias por los dos aniversarios que el Santo Padre celebra esta semana: su cumpleaños (ayer, 16 de abril, 85 años) y su elección al solio pontificio hace siete años (el 19 de abril). A la Misa asistieron los miembros del colegio cardenalicio y una amplia representación del episcopado de la tierra natal de Benedicto XVI.

    En su homilía, el Papa recordó que, en el día de su nacimiento y de su bautismo, la liturgia de la Iglesia ha colocado tres hitos que, dijo, “me indican a dónde lleva el camino y que me ayudan a encontrarlo”: la memoria de santa Bernadette Soubirous, la vidente de Lourdes; la de San Benedicto José Labre; y, el Sábado Santo, que en el año de su nacimiento fue el 16 de abril.

    Santa Bernadette, crecida en medio de una pobreza “difícilmente imaginable (…) sabía mirar con corazón puro y genuino. María le indica un manantial, (…) agua pura e incontaminada, agua que es vida, que da pureza y salud. (…) Pienso que podemos considerar este agua como una imagen de la verdad que nos viene al encuentro en la fe: la verdad incontaminada. (…) Esta pequeña santa ha sido siempre para mí un signo que me ha indicado de dónde procede el agua viva que necesitamos -el agua que nos purifica y da la vida-, y un signo de cómo deberíamos ser: con todo el saber y todas las capacidades, que son necesarias, no debemos perder (...) la mirada simple del corazón, capaz de ver lo esencial; debemos rogar al Señor para que podamos conservar siempre la humildad que permite al corazón ver lo que es simple y esencial, la belleza y la bondad de Dios, y encontrar así el manantial del que brota el agua que da la vida y purifica”.

    El Papa recordó a continuación que Benedicto José Labre, que vivió en el siglo XVIII, “fue un santo un tanto particular que, mendigando, peregrinó de un santuario a otro y no quiso hacer otra cosa que rezar, y con ello dar testimonio de lo que cuenta de verdad en esta vida: Dios. (…) Nos muestra que (…) más allá de lo que puede haber en este mundo, más allá de nuestras necesidades y capacidades, lo esencial, es conocer a Dios. Él solo basta”. La vida del santo, que recorrió toda Europa viajando santuario en santuario, “hace evidente que quien se abre a Dios no se aleja del mundo y de los hombres, sino que encuentra hermanos; (…) solo Dios puede eliminar las fronteras, porque gracias a Él somos todos hermanos”.

    Por último -continuó Benedicto XVI- está el Misterio Pascual. El día en que nací, gracias a la atención de mis padres, renací también en el agua y en el Espíritu (...) La vida biológica de por sí es un don, y sin embargo está rodeada por una gran pregunta. Se convierte en un don verdadero sólo si, junto con ella, hay una promesa que es más fuerte que cualquier desventura que nos amenace, si se sumerge en una fuerza que asegura que es bueno ser hombre, que para esta persona es un bien cualquier cosa que el futuro traiga. Por lo tanto, al nacimiento se asocia el renacimiento, la certeza de que, en verdad, es bueno existir, porque la promesa es más fuerte que la amenaza. Este es el sentido de la regeneración por el agua y el Espíritu (…) Ahora, el renacimiento se nos da en el bautismo, pero tenemos que seguir creciendo en la fe, tenemos que seguir dejándonos sumergir en la promesa de Dios para nacer realmente de nuevo en la grande y nueva familia de Dios, que es más fuerte que todas las debilidades y todas las potencias negativas que nos amenazan”.

    El dia que me bautizaron (…) era Sábado Santo. Entonces se solía anticipar la Vigilia Pascual a la mañana, a la que habría seguido todavía la oscuridad del Sábado Santo sin el Aleluya. Me parece que esta singular paradoja, esta anticipación singular de la luz en un día oscuro, puede ser casi una imagen de la historia de nuestros tiempos. Por un lado, todavía permanecen el silencio de Dios y su ausencia; pero en la resurrección de Cristo está ya la anticipación del 'sí' de Dios; y, basándonos en esta anticipación, vivimos y a través del silencio de Dios, escuchamos su palabra, y por medio de la oscuridad de su ausencia entrevemos su luz. La anticipación de la resurrección en medio de una historia que evoluciona es la fuerza que nos muestra el camino y que nos ayuda a seguir adelante”.

    Me encuentro en la recta final del viaje de mi vida y no sé qué me espera -concluyó el Papa-. Sé, sin embargo, que la luz de Dios existe, que Él ha resucitado, que su luz es más fuerte que cualquier oscuridad; que la bondad de Dios es más fuerte que cualquier mal de este mundo. Y esto me ayuda a seguir adelante con seguridad. Esto nos ayuda a seguir adelante, y en esta hora doy las gracias a todos aquellos que constantemente me hacen sentir el 'sí' de Dios a través de su fe”. 

Mons. Fellay ha firmato il preambolo, se pur con qualche modifica. Deo Gratias!


Lefebvriani: la risposta positiva è arrivata! "di A. Tornielli, da Vatican Insider, del 17.04.2012



La risposta della Fraternità San Pio X è arrivata in Vaticano ed è positiva: secondo le indiscrezioni raccolte da Vatican Insider il superiore dei lefebvriani, il vescovo Bernard Fellay, avrebbe firmato il preambolo dottrinale che la Santa Sede aveva proposto lo scorso settembre, come condizione per arrivare alla piena comunione e all’inquadramento canonico.

Una conferma ufficiale dell’avvenuta risposta dovrebbe avvenire nelle prossime ore.
Da quanto si apprende, il testo del preambolo inviato da Fellay propone alcune modifiche non sostanziali rispetto alla versione consegnata dalle autorità vaticane: come si ricorderà, la stessa Commissione Ecclesia Dei non aveva voluto rendere pubblico il documento (due pagine piuttosto dense), proprio perché c’era la possibilità di introdurre eventuali piccole modifiche che però non ne stravolgessero il senso.
In sostanza, il preambolo contiene la «professio fidei», la professione di fede richiesta da chi assume un ufficio ecclesiastico. E dunque stabilisce che va dato un «religioso ossequio della volontà e dell’intelletto» agli insegnamenti che il Papa e il collegio dei vescovi «propongono quando esercitano il loro magistero autentico», anche se non sono proclamati e definiti in modo dogmatico, come nel caso della maggior parte dei documenti del magistero. La Santa Sede ha più volte ripetuto ai suoi interlocutori della Fraternità San Pio X che sottoscrivere il preambolo dottrinale non avrebbe significato porre fine «alla legittima discussione, lo studio e la spiegazione teologica di singole espressioni o formulazioni presenti nei documenti del Concilio Vaticano II».
Ora il testo del preambolo con le modifiche proposte da Fellay, e da lui sottoscritto in quanto superiore della Fraternità San Pio X, sarà sottoposto a Benedetto XVI, che il giorno dopo l’ottantacinquesimo compleanno e alla vigilia del settimo anniversario dell’elezione, riceve una risposta positiva dai lefebvriani. Risposta da lui lungamente attesa e auspicata, che nelle prossime settimane metterà fine alla ferita apertasi nel 1988 con le ordinazioni episcopali illegittime celebrate dall’arcivescovo Marcel Lefebvre.
Non è escluso che la risposta di Fellay venga esaminata dai cardinali della Congregazione per la dottrina della fede, nella prossima riunione della «Feria quarta», che dovrebbe tenersi nella prima metà di maggio. Mentre qualche settimana in più sarà necessaria perché avvenga la sistemazione canonica: la proposta più probabile è quella di istituire una «prelatura personale», figura giuridica introdotta nel Codice di diritto canonico nel 1983 e finora utilizzata solo per l’Opus Dei. Il prelato dipende direttamente dalla Santa Sede. La Fraternità San Pio X continuerà a celebrare la messa secondo il messale antico, e a formare i suoi preti nei suoi seminari.