quinta-feira, 7 de fevereiro de 2013

Eccellenza del S. Sacrificio della Messa applicato per i defunti


La S. Messa
Prima di parlare dell'eccellenza del S. Sacrificio della Messa applicato per i defunti, accenniamo ad un altro eccellente mezzo di suffragio: la S. Comunione. Quando Gesù è tutto nostro entro il nostro petto, è mai possibile che non ci ascolti, se lo invochiamo per i nostri morti, se li raccomandiamo a lui, se imploria­mo, la sua divina misericordia su di loro? Ai dì nostri va molto estendendosi il pio costume di suffragare i morti per mezzo della S. Comunione, tuttavia non sarà mai raccomandata abbastanza questa pia ed ef­ficacissima pratica. Si diano perciò premura i sacer­doti di invitare i fedeli, specialmente i parenti dei defunti, ad accostarsi ai Santi Sacramenti, in occa­sione di Messe di suffragio, di Ufficiature funebri, di funerali. Si facciano Comunioni Generali nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli Defunti e si ripetano nell'Ottavario dei Morti, in altri giorni del mese di Novembre ed ogni volta che se ne presta la opportunità. Sarà un'opera di grande sollievo per i defunti e arrecherà enormi vantaggi spirituali a quelli che la praticheranno.
Ed ora passiamo a parlare del divin Sacrificio, della Oblazione santa, della preghiera che l'eterno Padre esaudisce sopra ogni altra, perchè innalzatagli dallo stesso suo Unigenito.
A S. Maria Maddalena de' Pazzi, che era solita di offrire all'eterno Padre il Sangue del suo divin Figlio con una commemorazione della Passione, che faceva ben cinquanta volte al giorno, in una delle sue estasi il divin Salvatore fece vedere molti peccatori con­vertiti, molte anime del Purgatorio liberate in forza di questa sua pratica, e disse che ogni volta che una creatura umana offre al Padre quel Sangue col quale è stata riscattata, offre un dono di prezzo infinito, che nessun tesoro al mondo potrebbe compen­sare. Se tanta adunque è l'efficacia di una semplice commemorazione della Passione, che dovrà mai dirsi della Messa che ne è la quotidiana rinnovazione vera e reale? E non è già un individuo particolare qua­lunque, sia pur santo, quello che la compie, ma la Chiesa stessa, la quale offre a Dio tutto il Sangue sparso dal suo Figlio sul Calvario in espiazione dei peccati del mondo.
O splendore e bontà dell'amor divino! Non bastava che il Cristo si fosse immolato una volta sull'altare della croce, ma ogni giorno, ad ogni ora dall'oriente all'occidente, in ogni angolo della terra il Sangue del Redentore viene sparso ed offerto di nuovo pel riscatto delle anime! Ecco perchè i Santi che comprende­vano questo mistero avevano in tanto pregio il tesoro del Sacrificio dell'altare. S. Nicola da Tolentino, dopo aver rifuggito per tanti anni dal sacerdozio ritenen­dosene indegno, s'indusse in fine ad abbracciarlo, pensando che colla celebrazione quotidiana della Mes­sa avrebbe potuto più efficacemente aiutare le anime del Purgatorio. S. Vincenzo de' Paoli spesso cele­brava e faceva celebrare ai suoi confratelli per le po­vere anime del Purgatorio abbandonate. Il P. Corneille della Compagnia di Gesù s'era imposto per voto di celebrare quattro volte la settimana in suffra­gio di esse. Che poi quelle anime sappiano apprez­zare assai meglio di noi il valore infinito di questo divin Sacrificio, lo provano moltissime apparizioni fatte ai loro devoti. Un monaco di Chiaravalle, che era stato liberato dal Purgatorio per le preghiere di S. Bernardo e de' suoi confratelli, apparso ad un re­ligioso della comunità che più ertisi interessato per lui, mostrandogli l'altare su cui in quel momento si celebrava la santa Messa, gli disse: - Ecco le armi che hanno contribuito più di tutto a liberarmi dalla mia cattività: ecco il prezzo del mio riscatto, che mi fa ora salire al cielo. -
Se però una sola Messa ha di per sè un valore in­fnito, non è altrettanto della sua applicazione, la quale viene limitata dalla volontà divina; poichè es­sendo infinito il valore del Sacrificio, basterebbe che l'offerta di esso fosse fatta una volta sola per ischiu­dere le porte del cielo a tutte le anime del Purgato­rio. I teologi dividono ordinariamente in tre parti il frutto della Messa, insegnando che una parte si ri­versa nel tesoro dela Chiesa, ed in forza della comu­nione dei Santi va a vantaggio di tutti i suoi membri; un'altra a benefizio del sacerdote, al quale spetta quasi per diritto d'anzianità; la terza a profitto di colui per l'intenzione del quale la Messa si celebra; e quest'ul­tima parte, in quella misura che Iddio solo conosce, è la sola che sia applicabile ai defunti. Ed è per ciò che non bisogna contentarsi di far celebrare una Messa per un defunto, ma, per quanto è possibile, bisogna ripetere più volte l'oblazione del Sacrificio di­vino, non potendosi mai sapere in qual misura ne sia applicato l'effetto all'anima che si vuol suffragare, e se la giustizia di Dio ne sia rimasta pienamente sod­disfatta. Così, per esempio, sappiamo che dopo venti anni S. Agostino raccomandava sull'altare l'anima della sua santa madre Monica, e nei tempi di gran fede, come il medio evo e i primi secoli della Chiesa, le famiglie cristiane largheggiavano di prodigalità nell'offrire spessissimo il divin Sacrificio per la libe­razione dei defunti. Quando morì in Ispagna Mar­gherita d'Austria moglie di Filippo III, nel solo giorno delle esequie furono celebrate in Madrid non meno di 1100 Messe, e quando, aperto il suo testa­mento il Re vide che la sua consorte aveva ordinato ne fossero celebrate in suo suffragio solo mille, volle che se ne aggiungessero venti mila. Alla morte del-. l'arciduca Alberto la vedova di lui Isabella fece celebrare in suo suffragio quaranta mila Messe, ascoltan­done essa per un mese intiero dieci al giorno. È vero che queste sono munificenze reali, ma non valgono forse assai più di tutti i mausolei e monumenti che sogliono innalzarsi ai defunti, e non ci dimostrano il sentimento dell'efficacía di tanto Sacrificio?
Quello poi che v'ha di singolare nell'oblazione del­la santa Messa si è che essa opera indipendentemente dalle disposizioni di colui che l'offre o la fa offrire, in modo che quantunque questi siano macchiati di colpe mortali, e il Sangue di Cristo gridi vendetta contro di loro, tuttavia questo Sangue implora espia­zione e scende ristoratore sulle anime del Purgatorio; che se il sacerdote che celebra è colpevole, la sua colpa non infirma il valore dell'atto, poichè non è egli che l'offre, ma Cristo stesso nella persona di lui. Però se il frutto del Sacrificio rimane essenzialmente lo stesso, qualunque possa essere l'indegnità del mini­stro, è certo anche che vi è un frutto accidentale di­pendente più o meno dalle disposizioni del celebran­te. Ed ecco il motivo perchè molti sacerdoti ottengono col santo Sacrificio grazie che altri sacerdoti non val­gono ad ottenere.
Messe gregoriane
Un uso molto divulgato in Italia e in vigore in molti monasteri benedettini e quello di cui vogliamo ora parlare. - S. Gregorio Magno racconta ne' suoi Dialoghi (lib. IV, c. 10) che un monaco del suo con­vento per nome Giusto, esercitava, con permesso dei superiori, la medicina. Avendo accettato una volta di nascosto all'Abate la moneta di tre scudi in oro con mancanza gravissima contro la povertà religiosa, mos­so dai rimproveri che glie ne aveva fatti il monaco Copioso, e umiliato dalla pena della scomunica nella quale era incorso, fu tanto afflitto dal dolore, che am­malatosi gravemente, se ne morì, pentito però e in pace con Dio. Nondimeno volendo S. Gregorio incu­tere nei suoi religiosi un salutare terrore contro quel fallo che lede uno dei voti più importanti della vita religiosa, non tolse al defunto la scomunica, e lo fece seppellire separatamente in luogo dove si deponevano le immondizie, e, gettati i tre scudi nella fossa, fece ripetere ai religiosi le parole di S. Pietro a Simon Mago: Pereat pecunia tua tecum; il tuo denaro peri­sca con te. Qualche tempo dopo il santo Abate sen­tendosi tocco da compassione, fece venire a sè l'eco­nomo del monastero, e gli disse: - Da molto tempo il nostro confratello defunto è tormentato dalle pene del Purgatorio, e la carità ci consiglia a liberarnelo. Va dunque, e incominciando da oggi offri per lui il santo Sacrificio per lo spazio di trenta giorni, senza tralasciar d'immolare neppure una volta l'Ostia pro­piziatoria per la sua liberazione. - L'economo ubbi­dì, ma non avendo pensato, per le troppe preoccupa­zioni, a contare i giorni, una notte il defunto apparve a Copioso, dicendogli che se ne saliva al cielo, libero dalle pene del Purgatorio. Furono allora contati i giorni dall'inizio delle celebrazioni e si trovò che quello era precisamente il trentesimo. D'allora in poi invalse l'uso di far celebrare le trenta Messe pei de­funti, uso che esiste ancora oggidì nei monasteri dei Benedettini e dei Trappisti, e che Dio con molte ri­velazioni ha dato a conoscere essere a lui molto ac­cetto.
Avendo quindi in nostre mani tanti tesori, saremmo veramente crudeli se lasciassimo languire in quel carcere tante povere anime. Pensiamo che nel giorno del rendiconto ci pentiremo, ma troppo tardi, di non aver saputo spendere sì preziosa moneta. Mettiamo dunque in pratica il consiglio di Tobia: Panem tuum super sepulturam fusti constitue: posa il tuo pane sul sepolcro del giusto: questo pane è la SS. Eucaristia, pane vivo sceso dal cielo e che solo può saziar la fame di quelle anime, le quali anelano di andare a godere svelatamente in Paradiso colui che nei giorni di lor vita mortale hanno adorato sotto i veli eucaristici.