quarta-feira, 1 de maio de 2019

E Barsotti disse: «Cerco Dio solo» Feb 15


Un uomo di Dio, duro e puro, senza sconti. Questo era don Divo Barsotti. Ricordarlo a dieci anni dalla scomparsa significa soprattutto riconoscere il vuoto che ha lasciato. Un religioso, un mistico, un teologo, un predicatore, un poeta, uno scrittore, un padre spirituale che manca davvero. Anche se resta la sua Comunità e restano i suoi scritti, una miriade.
Era passionale e forte, ma al tempo stesso dolce e paterno. Gli incontri con don Barsotti lasciavano il segno. Spesso abbassava lo sguardo per meditare e dirti la cosa più giusta e profonda possibile. Ma quando ti guardava dritto negli occhi, avvertivi un brivido: sembrava che ti scrutasse dentro. Le sue riflessioni, le sue considerazioni, anche sulla società civile, sulla politica, non erano mai banali, sempre profonde, spiazzanti, provocatorie.
Nato nel 1914 a Palaia, in provincia di Pisa, diocesi di San Miniato, Barsotti ha vissuto gran parte della sua vita a Settignano, sulle colline di Firenze, in un piccolo eremo intitolato all’espressione più alta del monachesimo russo, san Sergio di Radonez. A «Casa San Sergio» è morto il 15 febbraio 2006 e lì è stato sepolto dopo il funerale celebrato nella basilica fiorentina della Santissima Annunziata. Grande scrittore dei misteri di Dio, aveva all’attivo almeno 500 titoli tra libri e saggi che spaziano dalla liturgia alla dogmatica, dalla vita spirituale al monachesimo russo, dalla spiritualità francescana alla poesia, dalla teologia dei grandi santi carmelitani all’escatologia, dalla preghiera all’agiografia.
Fondatore della «Comunità dei Figli di Dio», un’associazione (non un ordine) che comprende più di duemila membri ed è diffusa a livello internazionale con lo scopo di vivere in mezzo al mondo una spiritualità di carattere monastico, basata sul primato dell’esercizio delle virtù teologali (fede, speranza, carità) e dei valori contemplativi del silenzio e della preghiera. «Cerco Dio solo»: tre parole, un impegno di vita. Quello che assumono i Figli di Dio al momento della consacrazione.
La Comunità, che ha da poco celebrato il centenario della nascita del suo fondatore con l’auspicio espresso dall’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori «di poter fare i primi passi verso quel processo di beatificazione e canonizzazione che tutti ci auguriamo», si trova ora a commemorare il decimo anniversario della morte con un pellegrinaggio giubilare a Roma e una serie di iniziative editoriali. Momento centrale sarà proprio lunedì 15 alle 15.30 con una commemorazione in Santa Maria in Vallicella affidata a monsignor Giuseppe Mani, arcivescovo emerito di Cagliari, toscano d’origine, figlio spirituale di don Divo. Lo stesso presiederà alle 17 la messa di suffragio. Il giorno successivo, martedì 16, il pellegrinaggio a Roma si concluderà nella basilica di San Crisogono con la concelebrazione presieduta dal Moderatore generale della Comunità, padre Benedetto Ravano.
Sugli scaffali, oltre al lavoro di Roberta Fossati (di cui si parla in questa pagina), sta per arrivare la riedizione, a cura della Libreria editrice fiorentina, di una delle prime raccolte di meditazioni di don Divo, che nel 1956 uscì con il titolo Nella presenza di Dio. Ritiri mensili. Mentre le edizioni San Paolo stanno lavorando alla ripubblicazione di tre piccoli libri di Barsotti che saranno accorpati in uno (La luce e l’umiltà, Itinerario dell’anima a Dio, Alla scuola dell’Amore). Prevista anche la riedizione di un volume “storico” e importante come Cristianesimo russo.
Infine padre Stefano Albertazzi e padre Agostino Ziino, monaci della Comunità dei Figli di Dio, stanno per pubblicare una ricerca su don Divo e il Concilio.
Alla scuola dei grandi padri e maestri della fede (santi, teologi, testimoni di tutti i tempi e di tutte le culture), Barsotti ha sviluppato il suo carisma di deciso assertore del primato assoluto di Dio. Nel suo ultimo messaggio, affidato al «figlio» prediletto e primo successore don Serafino Tognetti, Barsotti, poco prima di morire, invitò i suoi monaci ad avere fiducia: «Dio non mancherà… Ricordatevi che la vita religiosa è un impegno di fede in Dio che è presente, ed è l’Amore infinito… Chiedo a voi la fede, una fede semplice, pura, ma grande».
Del resto, per il mistico toscano, la fede è sempre stata la cosa più importante. «Le altre cose nel cristianesimo sono quasi una sciocchezza, ma la fede – diceva – è la cosa più difficile ed urgente.
È la fede che il mondo attende da noi, e la fede non può essere sostituita da cosa alcuna. La fede è la pietra miliare del rapporto con Dio. La fede sono gli occhi, l’organo nuovo che Dio ci ha dato per poter entrare in rapporto con Lui vivendo nel mondo. Infatti è soltanto attraverso i sensi che possiamo entrare in rapporto col mondo fisico e, attraverso questo rapporto, vivere la vita umana; così non si può vivere una vita divina se non entriamo in rapporto con Dio».

fonte: Avvenire, 13 febbraio 2016