sábado, 11 de maio de 2019

C’é qualche ateo qui? / Are there any atheists here? (ita-eng) – Don Divo Barsotti


AteismoC’è qualche ateo qui? Bene, si ammazzi, perché fin tanto che non si ammazza non è ateo. È nell’atto soltanto che ci si ammazza che noi siamo degli atei veri. Perché se non ti ammazzi tu accetti la vita, e la vita che cos’è? A chi ti affidi quando ti affidi alla vita? Tu credi che la vita abbia un senso. Intendiamoci, tutto questo può essere implicito, è vero: fintanto che si vive si crede, si crede che la vita abbia un senso, si crede che la vita abbia un valore. Ma non sei tu che glielo dai, bisogna che la vita abbia un senso e questo valore chi glielo da? Si parla della storia, che cos’è la storia? La storia deve avere un senso per essere una storia, e chi glielo da? Gli uomini? Ma ci sfugge il cammino della storia. Noi vediamo che certi uomini che sono grandi non operano nulla e certi uomini che sono veramente dei carciofi possono realizzare anche cose meravigliosa. Almeno nel piano della storia.
Chi è che dà un senso alla storia? Chi è che fa sì che certe cose possano succedere e altre no? La storia ci sfugge, rimane vero quello che diceva Pascal [Blaise Pascal, scienziato e filosofo francese, 1623-1662]: «Se la storia del mondo ha proceduto in un certo senso lo si deve in gran parte al naso di Cleopatra, perché se il naso di Cleopatra fosse stato un centimetro più lungo, le cose sarebbero andate tutte diverse da come sono andate». Pensate un po’: il naso di Cleopatra ha più importanza di tante persone importanti. È vero! È l’imponderabile che gioca. Allora chi è che conduce? Si ha l’impressione di avere le redini della storia. Non è vero nulla. Chi è che conduce e dà alla storia un suo cammino, una sua direzione? Vivere sia sul piano biologico sia sul piano storico, vuol dire credere ad un senso, e il senso precede l’uomo, perché non è l’uomo che glielo dà. E allora chi glielo dà?
Questa fede è implicita, questa fede di per sé potrebbe essere anche fede in un mondo chiuso in una certa concezione religiosa immanentistica, in una certa concezione religiosa panteistica che ancora non è il credere a una persona, non è l’affidarsi a un destino personale, a una persona che ti sceglie liberamente; invece la fede suppone un rapporto personale, e dicevo che la religione d’Israele comincia con l’atto di fede di Abramo che ascolta la parola di Dio, che accetta che Dio gli prometta che egli diventerà padre di una moltitudine di popoli e si affidi a questa parola e affidandosi a questa parola intraprenda un cammino

La vita religiosa è essenzialmente fede / Religious life is essentially faith (ita-eng) – Don Divo Barsotti


Codex_Petropolitanus_fols._164v-165rIn questi giorni parleremo della fede nel Nuovo Testamento e sarà una cosa molto importante: che cosa voglia dire oggi credere e quanto sia necessario non solo per la nostra vita cristiana, ma per la vita dell’uomo. Se noi analizziamo profondamente quello che è l’uomo, non dico sul piano filosofico ma anche sul piano puramente psicologico, noi vedremo che l’uomo è passione d’infinito e non può vivere, se vive, che la fede, fede nell’infinito, cioè passione infinita verso l’infinito.
Questo è l’uomo, il quale si realizza soltanto con un Dio che lo realizza totalmente, perché soltanto a Lui può donarsi senza misura e d’altra parte questo dono di sé senza misura suppone la presenza di Dio nella vita dell’uomo. Ma tutto questo dovremo vederlo, perché se la fede è così importante nel Cristianesimo non è perché vogliamo dare alla vita dell’uomo qualche cosa che non gli sia essenziale, anzi dovremo riconoscere che vivere, per l’uomo, vuol dire vivere questa fede. Realizzare pienamente se stesso per l’uomo vuol dire vivere questa fede fino in fondo; questa fede in quanto è un abbandono totale di sé a un Dio che totalmente si comunica , che si dona.
Se l’uomo non vive questo rapporto, egli rimane sempre un abbozzo, rimarrà sempre non compiuto, non perfettamente uno, non perfettamente realizzato in tutte le aspirazioni, i desideri, le speranze che Dio stesso ha suscitato nel suo cuore. Ma tutto questo lo vedremo nelle meditazioni che verranno. Per ora ci sembra importante aver sottolineato come già nella vita d’Israele la vita religiosa è essenzialmente fede, suppone una presenza operante di Dio a cui l’uomo risponde col riconoscimento, col fidarsi di Lui, con l’abbandonarsi a Lui con un amore che è già la risposta: il dono di sé a Colui che già prima si è dato.

These days we will talk about the faith in the New Testament and it is a very important thing: what is the meaning today of believing and how it is it necessary not only for our Christian life, but also for man’s life? If we analyze deeply what man is, not only on a philosophical level but also on a purely psychological level, we will see that man is passion for the infinitive and that he cannot live, if he lives, anything else than faith, faith in the infinitive, that is infinite passion for the infinitive.
That is man, who realizes himself only with a God who realizes him completely, because he can give himself only to Him completely and on the other hand this complete self-giving presumes the presence of God in man’s life. But we will have to see all of this, because if faith is so important for Christianity it is not because we want to give something which is not essential to man’s life; indeed we will have to admit that living, for the a man, means to live this faith. Completely realizing himself means for the man to live this faith until the end, a faith that is a total self-abandonment to a God who totally communicates Himself, who gives Himself.
If man does not live this relationship, he remains always a draft, he will remain always not ended, not perfectly one, not perfectly realized in all his aspirations, wishes, and hopes that God himself created in his heart. But we are going to see all of that in the future meditations. Now it is important to say that already in Israel’s life, religious life is essentially faith; it presumes a working presence of God to which the man answers with the acknowledgement, trusting in Him, with the abandonment to Him with a love which is already the answer: self-giving to Whom already gave Himself before.

Perché Gesù rimproverava i discepoli? / Why did Jesus scold the disciples? (ita-eng) – Don Divo Barsotti


1335189157618Emmaus_CaravaggioAvete presente uno dei testi fondamentali che riguarda la fede nel Nuovo Testamento in san Marco? Gesù che rimprovera continuamente i discepoli perché non hanno fede; ed è l’unico rimprovero che fa loro. Non li rimprovera nemmeno perché litigano fra di loro o perché sono ambiziosi, li richiama ad essere liberi da questi difetti, ma non vi è un vero rimprovero. Egli non poteva aspettarsi di più da anime così rozze come potevano essere coloro che Egli aveva chiamato al suo seguito. Quello però di cui li rimprovera è che non hanno fede. Lungo tutta la sua vita pubblica il richiamo costante e il rimprovero continuo che Egli fa ai discepoli è che non abbiano fede in Lui. E anche quando è risorto di questo li rimprovera: che hanno dubitato [cfr. Mc 16, 14]; vuole da loro la fede e vuole la fede da coloro che ne ascolteranno il messaggio, perché essi dovranno portare il messaggio della salvezza a tutte le nazioni e, dice Gesù (si noti bene che qui non si tratta della nazione d’Israele che deve essere salvata, si tratta di ciascuno che ascolterà): «Chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato» [cfr. Mc 16, 16]. Chi? Ciascuno. Non è il messaggio di un Dio salvatore che salva ora tutta l’umanità in generale, ma è il messaggio di un Dio salvatore che ha amato te e che vuole te salvo, e tu devi rispondere a questo amore con l’amore altrettanto libero e pieno.

Do you know one of the fundamental texts concerning faith on the New Testament on the Gospel of Mark? Jesus always scolds the disciples, because they have no faith; it is his only scolding of them. He does not scold them even when they discuss among each other or because they are ambitious;, he tells them to be free from these defects, but it is not a real scolding. He cannot wait more from so rough souls as the ones that He called to follow Him. But He scolds them because they have no faith. During His public life the constant reprimand and the continuous scolding that He makes to the disciples is that they have no faith in Him. And also when He is risen, He scolds them about that: they had doubts [cf. Mark 16: 14]; he wants faith from them and wants faith from those, who will listen to the message, because they will have to take the Salvation’s message to all the nations and, Jesus says (here He is not talking of the Israel nation to be saved, He is talking about all who will listen): “Whoever believes and is baptized will be saved, but whoever does not believe will be condemned” [cf. Mark 16: 16]. Who? Everyone. It is not the message of a Saviour God, who saves all the men in general, but it is the message of a Saviour God who loved you and who wants you to be saved, and you have to answer to this love with an equally free and full love.

Dio dona Se stesso / God Gives Himself (ita-eng) – Don Divo Barsotti


dopo-il-restauro-il-volto-del-Cristo-Benedetto-da-Maiano-antecedente-il-1497-courtesy-Opera-di-Santa-maria-del-Fiore-foto-Antonio-QuattroneDio si è rivelato a noi nel Cristo. Che cosa vuol dire per noi che Dio si è rivelato nel Cristo? Non solo non possiamo dubitare ora noi di un Dio personale, di un Dio personale che ci ami personalmente, che questo Dio personale sia presente nella nostra umile vita, non possiamo dubitare che questo Dio personale che si fa presente nella nostra umile vita, ci doni meno che Se stesso. A Israele dava una nazione, salvava il popolo, dava una legge, ma in fondo non dava Se stesso. Qui l’amore di Dio, l’intervento di Dio è un intervento pienamente e interamente divino: Dio non dona qualcosa, dona Sé. Dio non ama soltanto donandoti una terra o donandoti soltanto una città. A Israele ha promesso soltanto questo: gli darà una terra. Vi ricordate Abramo? È lo stesso per Israele attraverso il cammino dell’Esodo. Ma ora Dio non dona nessuna terra, non dona nulla, dona Sé. Che cosa dà ciascuno di voi quando vive il suo matrimonio? Che cosa ha dato Sara, quando si è sposata, al suo marito? Se stessa. Non gli ha dato né terre né palazzi: gli ha dato se stessa.

God revealed Himself to us in Christ. What does it mean that God revealed Himself to us in Christ? Not only now we cannot have doubts about a personal God, about a personal God who personally loves us, that this personal God is present in our humble life, but we cannot doubt that this personal God, who is present in our humble life, gives us less than Himself. He gave a nation to Israel, saved a people and gave a law, but at the bottom he did not give Himself. Here the love of God, the intervention of God is a fully and completely divine intervention: God does not give anything; He gives Himself. God does not love only giving you a land or a town. He promised to Israel only this: He will give them a land. Do you remember about Abraham? It is the same for Israel through the way of the Exodus. But now God does not give any land, does not give anything, He gives Himself. What do you give, when you live your wedding? What did Sarah give to her husband when she got married? Herself. She did not give him lands or buildings: she gave him herself.

Ama il Signore Dio tuo / Love the Lord your God (ita-eng) – Don Divo Barsotti


8662319Il legame che lega a Dio ha la stessa forza, la stessa intimità, la stessa indissolubilità. Nei rapporti umani la morte può anche separare, in Dio invece la morte non c’è e perciò l’unione con Lui ha una indissolubilità che è l’eternità stessa. Soltanto che nel rapporto con gli uomini si fa presente l’amore stesso di Dio e nella misura che fa presente l’amore stesso di Dio, il legame umano diventa anche vero, reale, in tal modo che non è più soltanto un rapporto puramente sensibile, passionale, ma è un rapporto che ingaggia veramente due destini: il destino dell’uno e dell’altro; e questo è vero perché fa presente il legame stesso dell’uomo con Dio e veramente impegna tutto l’uomo verso Dio e tutto Dio verso l’uomo: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima tua…» San Paolo dunque, proprio con questa visione della fede nella sua teologia, nella fede vede tutta la vita cristiana fino alla consumazione; cioè se la vita cristiana ha inizio, radice e fondamento della fede, anche la sua consumazione è nella fede, perché tutto il processo della vita cristiana non sarà altro che vivere precisamente questo rapporto, che come da parte di Dio è il dono che Egli ti fa di tutto Se stesso, così deve essere anche il dono di tutto te stesso per tutta l’eternità a Lui.

The bond which connects to God has the same power, the same intimacy and, the same indissolubility. Death can also separate in human relationships, but on the contrary there is not death in God, so the union with Him has an indissolubility which is eternity. The difference is that in the relationship with men the love of God is present and as far as the love of God is present, the human connection becomes also true, and real in such a way that it is not only a pure sensible, passionate relationship, but is a relationship which really involves two destinies: the destiny of one and of the other; and this is true because the bond of man with God is present and really commits all the man toward God and all God toward the man: «Love the Lord your God with all your heart and with all your soul…» So Saint Paul, with this vision of faith in his theology, sees in the faith all Christian life until consumption; it means that if Christian life has is a beginning, root and basis in the faith, also its consumption is in the faith, because all Christian life’s process will be no more than exactly living this relationship, which as it is a gift by God of all Himself, so it has to be the gift of yourself to Him for all eternity.

Deus não tem fé / Deus não tem Fé (ita-eng) — Don Divo Barsotti




  


1422181953_st-paul-conversionChe cos’è la fedeltà dell’uomo a Dio? È il suo amore. L’amore cioè dell’uomo verso Dio è come l’amore della donna verso l’uomo: è abbandono, è il lasciarsi possedere, è l’essere dell’altro, è un accettare di essere amati, è un lasciarsi possedere da chi ci ama.
L’amore in san Paolo ha un carattere di iniziativa; se ha carattere di iniziativa non può essere proprio dell’uomo nei confronti di Dio; l’amore dell’uomo in senso proprio è quando l’uomo ha iniziativa, e allora questo amore è soltanto nei riguardi degli altri, perché io posso amare davvero di amore cristiano quando non ti amo perché mi hai fatto del bene, ma ti amo indipendentemente da questo; ti amo di amore preveniente, di amore disinteressato, di un amore in cui l’uomo ha l’iniziativa come in Dio. Dio mi ama: non ha fede, Dio, ama; è l’uomo che ha fede; ma la fede nell’uomo se è amore è abbandono, è un volersi lasciare amare, è un lasciarsi possedere da Colui che ti ha scelto.
In san Paolo la vita cristiana è nei riguardi di Dio fede, e nei riguardi del prossimo amore. Ma la fede che dice tutto il rapporto dell’uomo nei confronti di Dio non è una fede senza amore, perché tu non puoi lasciarti possedere da un altro se tu non ami: sarebbe prostituzione donarsi senza amore. Sarebbe prostituzione voler che Dio avesse ogni diritto su noi se noi di fatto non lo amassimo; ma il nostro modo di amare è precisamente accettare di essere amati, è precisamente il rispondere a questo amore divino col dirgli sì: «Tu mi vuoi, ecco sono qui, voglio essere tuo». Questa è la fede.

What is the loyalty of man toward God? It is his love. Man’s love toward God is like a woman’s love toward the man: it is abandonment, to be possessed, being in the other, accepting to be loved, to be possessed by the one, who loves us.
For St. Paul love has an initiative character; if it has an initiative character, it cannot be appropriate of the man toward God; the love of the man in its own sense is when the man has initiative, and so this love is only toward the others, because I can really love with a Christian love when I do not love you because you care of about me, but I love you independently from this; I love you with a preventing love, with a disinterested love, with a love in which man has initiative as in God. God loves me, He has no faith, God, He loves; man has faith; but the faith in man, if it is love, is abandonment, it is wanting to be loved, to be possessed by the One, who chose you.
For St. Paul Christian life is faith toward God, and toward the next love. But the faith, which says everything in the relationship of man toward God, is not without love, because you cannot be possessed by another if you do not love: to give ourselves without love could be prostitution. It could be prostitution wanting that God has every right on us if we in the reality do not love him; but our way to love is precisely accepting to be loved, precisely answering to this divine love saying yes: «If you want me, here I am, I want to be yours». That is faith.

È terribile, questo peso! (ita) – Don Divo Barsotti


Quello che distingue l’uomo, essenzialmente, nei confronti di tutte le creature, che veramente lo dimostra diverso, è la razionalità, certo, ma in quanto la razionalità è legata a una libertà, è a servizio di una creazione. L’uomo si crea. Quello che fa l’uomo è questa novità, è questa originalità dell’essere suo, è questa imprevedibilità del suo cammino: egli non è fatto, ma si fa; egli non è dato, ma si crea da se stesso. Ed è una cosa terribile pensare che nei siamo gli arbitri del nostro destino. Noi siamo immortali e dipende da noi, dopo Dio, o la beatitudine o la rovina eterna. È spaventoso! Meno male che noi siamo poco uomini, siamo almeno almeno per quattro quinti delle scimmie, perché non pensiamo mai, perché se pensassimo veramente rimarremmo sbalorditi della nostra grandezza, di questa potenza che è propria dell’uomo. Si vive due giorni, domani non ci saremo più, ma in questi due giorni siamo noi con Dio che determiniamo o la nostra infelicità eterna (eterna!) o la nostra beatitudine infinita. È più facile, è più semplice vivere come animali. Per questo gli uomini, oggi, cercano di vivere come animali, non perché vivono nel peccato, ma perché vivono una vita istintiva, si abbandonano, non vogliono il peso della libertà, non sanno sopportare questo peso. È terribile, questo peso! È quello che dice anche Dostojevsky: il peso della libertà è qualche cosa che veramente opprime l’uomo, lo schiaccia.
Una delle cose più importanti nella storia dell’umanità è proprio questa: che l’uomo si crea degli organismi perché lo dispensino dalla sua libertà: lo Stato e, secondo Dostojevsky, anche la Chiesa, la religione. E non è Dostojevsky soltanto che lo dice, lo dice anche un grandissimo cristiano come Barth. Le religioni uccidono la Religione, dispensano l’uomo: noi ci affidiamo a un altro, così ce ne laviamo le mani della nostra libertà. Ma lo possiamo? Una vera religione può dispensare dalla Religione?
Le religioni stesse tendono a dispensare l’uomo da una sua responsabilità morale: ci si affida. E allora ecco il fariseismo, ecco Israele. Israele si dispensa dalla sua libertà: c’è una legge. Fa certe cose e poi basta, poi può fare quello che vuole. Ci si affida a un organismo, ci si affida a una forza al di fuori di noi, che ci salvi, perché abbiamo paura di questo potere, che è proprio dell’uomo, di salvarsi o di perdersi.

sexta-feira, 10 de maio de 2019

don Divo, LA FEDE: PIETRA MILIARE DEL RAPPORTO CON DIO

                                                                           português   




Avete invitato l'assemblea a pregare e parto proprio da una invocazione, da una preghiera che voi avete fatto, che Dio cioè aumenti in noi la fede, la speranza e la carità.
Parlando dell'esperienza di Dio noi dobbiamo dire con ferma e assoluta certezza che soltanto la fede può stabilire un rapporto tra noi e Dio, fra Dio e noi.
Come non abbiamo un rapporto con le stelle fisse, così non potremmo avere un rapporto con Dio senza avere ricevuto il dono della fede.
Se non ci fosse la fede, saremmo nella impossibilità assoluta di pregare!
Anche se noi dicessimo le preghiere, le preghiere rimarrebbero, non salirebbero al di là delle nubi perché la nostra forza non è tale da poter spingerei al di là di tutto quello che è creato fino a Dio; pertanto, dobbiamo renderei conto, che una esperienza di Dio se esige le virtù teologali, le esige perché senza queste virtù l'uomo si trova nell'impossibilità di stabilire un qualsiasi rapporto con la divinità e il primo dono, il primo strumento che il Signore ci dà per stabilire con Lui un rapporto è la fede.
Se noi viviamo la vita religiosa, viviamo un certo contatto con Dio attraverso la fede, la fede che ci fa conoscere Dio, ci fa conoscere le sue esigenze. Ma l'anima ne ha paura.
Siamo così poveri uomini, siamo creature cosi deboli, che rapporto possiamo avere con Dio? Egli ci chiede una santità che è al di fuori delle possibilità dell'uomo di essere raggiunta e tuttavia, anche se noi sentiamo che siamo dei poveri uomini, incapaci di tutto, ma soprattutto incapaci di rispondere alle esigenze di Dio, tuttavia noi ci sentiamo attirati da Lui e non possiamo fare a meno di Lui e quanto più lo conosciamo, tanto più ci attrae la Sua bellezza ci attrae il Suo amore e ci sentiamo come portati via, come trascinati da una forza alla quale non possiamo resistere, andiamo verso il Signore.
L'esperienza di Dio è prima di tutto questo!
Nasce dalla fede ed è insieme il timore e l'attrazione del desiderio. Sono due sentimenti che non sono mai l'uno senza l'altro!
C'è sempre una certa paura, voi l'avete sperimentata prima di fare la consacrazione: quante volte ci sono delle persone che hanno fatto l'aspirantato per più di un anno, anche due anni e non sanno decidersi perché hanno paura.
Dove è la loro forza? Come fanno ad avere la sicurezza che poi saranno fedeli? Non riescono ad essere fedeli nelle piccole cose! Mancare di fedeltà a Dio una volta che ci si sia consacrati a Lui sembra tale cosa peccaminosa da far rifuggire la consacrazione e, tuttavia s'insiste, si continua a venire, si riesce a partecipare un po' alla vita della Comunità, perché, lo dicevo prima, ci sono sempre gli stessi due sentimenti: la paura e l'attrazione.
Questo distingue l'esperienza di Dio nella vita del cristiano. Conoscete voi Dio? Se voi non conoscete Dio non c'è né paura né attrazione: vivete una vita religiosa, si, però solo apparentemente: non vivete nulla, vivete soltanto una vita così, vuota, perché quel Dio a cui dovreste accedere è un Dio di carta, è un Dio che non è un Dio vivente, è un Dio che non fa paura perché è a vostra immagine e somiglianza, è un Dio che non vi attrae perché anche la vita religiosa che uno vive nei confronti di Dio è soltanto un riempire il vuoto della vita. Ma non è riempirla di amore, di un desiderio vivo di unione; si vivacchia, così, e non si vive né una vita umana, né una vita religiosa.
È il pericolo tante volte anche di coloro che vogliono vivere una vita religiosa, cioè che non vivono né una vita umana, né una vita religiosa; si trascinano giorno per giorno, anno per anno in una vita mediocre, una vita senza luce, senza desideri, senza aspirazioni, senza nemmeno paura, si va avanti come per forza di inerzia.
Se c'è la fede, tutto nasce da lì: ecco, Dio non è più un dio di carta, è il Dio vivente!
Lo conosci, ma lo conosci in quanto è una Persona, non lo conosci perché sai il catechismo, non lo conosci perché conosci la teologia, lo conosci perché l'hai veduto, perché Egli è entrato nella tua vita, perché Egli si è manifestato a te, e perché la manifestazione di Dio alla tua anima ha voluto dire per la tua anima un desiderio incoercibile di essere unita a Lui e, nello stesso tempo, una grande paura per il senso della tua debolezza, per il senso della tua impotenza, della tua povertà spirituale. [..]
Quello che conta nella vita religiosa, dunque, è la fede perché la fede è l'organo che ci mette in comunione con Dio.
Don Divo Barsotti - dagli Esercizi di Muzzano, Luglio 1999

Don Divo Barsotti. A Fé: um marco na relação com Deus






Exercícios de Muzzano
(Julho de 1999)
Vocês convidaram a assembléia a rezar e eu estou partindo precisamente de uma invocação, de uma oração que vocês fizeram, para que Deus, isto é, que aumente em nós fé, esperança e caridade.
Falando da experiência de Deus, devemos dizer com firmeza e absoluta certeza que só a fé pode estabelecer uma relação entre nós e Deus, entre Deus e nós.
Assim como não temos uma relação com as estrelas fixas, também não podemos ter uma relação com Deus sem termos recebido o dom da fé.
Se não houvesse fé, estaríamos na absoluta impossibilidade de rezar!
Mesmo se rezássemos, as orações permaneceriam, não se elevariam além das nuvens, porque a nossa força não é suficiente para poder ir além de tudo o que é criado para Deus; portanto, devemos perceber que uma experiência de Deus   exige as virtudes teologais, as exige, porque sem estas virtudes o homem se encontra na impossibilidade de estabelecer qualquer relação com a divindade e o primeiro dom, o primeiro instrumento que o Senhor nos dá para estabelecer uma relação com Ele é a fé.
Se vivemos a vida religiosa, vivemos um certo contato com Deus através da fé, uma fé que nos faz conhecer a Deus, nos faz conhecer suas necessidades. Mas a alma tem medo dela. Somos tão pobres homens, tão fracas criaturas, que relação podemos ter com Deus? Ele nos pede uma santidade que está além das possibilidades do homem de ser alcançada e, no entanto, mesmo que nos sintamos homens pobres, incapazes de tudo, mas sobretudo incapazes de responder às necessidades de Deus, nos sentimos atraídos por Ele e não podemos passar sem Ele e quanto mais o conhecemos, mais sua beleza nos atrai, seu amor nos atrai e nos sentimos como se fôssemos levados embora, como se levados por uma força à qual não podemos resistir, vamos para o Senhor.
A experiência de Deus é antes de mais nada isto!
Nasce da fé e é tanto o medo como a atração do desejo. São dois sentimentos que nunca são um sem o outro! Há sempre um certo medo, você  experimentou antes de fazer a consagração: quantas vezes há pessoas que são aspirantes há mais de um ano, até dois anos e não sabem decidir porque têm medo.
Onde está a força deles? Como é que eles têm a confiança de que então serão fiéis? Não podem ser fiéis nas pequenas coisas! A falta de fidelidade a Deus, uma vez consagrados a Ele, parece tão pecaminosa que faz com que a consagração se afaste e, no entanto, insiste, continua a vir, consegue participar um pouco na vida da Comunidade, porque, como disse antes, há sempre os mesmos dois sentimentos: medo e atração.
Isto distingue a experiência de Deus na vida do cristão. Conheces Deus? Se você não conhece a Deus não há medo nem atração: vive uma vida religiosa, sim, mas só aparentemente:  não vive nada, vive apenas essa vida, vazia, porque esse Deus a quem você deve ter acesso é um Deus de papel, é um Deus que não é um Deus vivo, é um Deus que não teme porque está à sua imagem e semelhança, é um Deus que não o atrai porque mesmo a vida religiosa que se vive para Deus é apenas um preenchimento do vazio da vida. Mas não é enchê-lo de amor, de um desejo vivo de união;  se envelhece, desta maneira, e não se vive nem uma vida humana nem uma vida religiosa.
É o perigo muitas vezes também daqueles que querem viver uma vida religiosa, isto é, que não vivem nem uma vida humana nem uma vida religiosa; arrastam-se dia após dia, ano após ano para uma vida medíocre, uma vida sem luz, sem desejos, sem aspirações, sem mesmo medo, continuam como que por força da inércia.

A LUTA CONTRA O DIABO



Do capítulo "Era uma vez no deserto" do livro "Padre Pio, Santo Eremita" do Padre Serafino e Alessandro Gnocchi

"Um elemento de imediata semelhança com os Padres do deserto, é em Padre Pio  a luta contra as forças do mal. 
Todos os cristãos são chamados a repelir os ataques do Príncipe das Trevas, mas há alguns que parece são mais   do que outros. Não é que o desejem, por caridade; é o próprio diabo que os percebe e os ataca. 
Aliás, a melhor prova da existência do diabo não são os possuídos que precisam do exorcista, mas os santos. Basta que alguém se ponha a caminho da santidade, e o "leão ruidoso" tira a corrente (literalmente: ele se liberta) e se lança sobre o infeliz. Deus permite isso, tanto para que a pessoa possa ser fortalecida na fé e na oração, mas também para manifestar a sua vitória sobre o mal. [..]

A luta do Padre Pio contra os poderes do mal é clamorosa. 
Escreveu ao diretor espiritual em 13 de fevereiro de 1913 [...].
"Eu sofro, é verdade, mas gosto muito. Sinto a necessidade de me oferecer ao Senhor como vítima pelos pobres pecadores e pelas almas do purgatório. Este desejo tornou-se uma forte paixão por mim. Eu me ofereci ao Senhor várias vezes, implorando-lhe que derramasse sobre mim os castigos que estão preparados sobre os pecadores e as almas do purgatório, mesmo centuplicando-as   sobre mim, desde que  converta e salve os pecadores e logo admita ao Paraíso as almas do Purgatório.

don Divo, TODA A NOSSA VIDA É UMA MISSA. PROCURAI SER SANTOS





A Eucaristia torna realmente o Senhor mais presente, mas torna a sua presença menos visível.
Devemos compreender que toda a nossa vida é uma Missa, que toda a nossa vida é uma comunhão com Deus.
Eu   recomendo mais do que qualquer outra coisa, digo vo lo em nome de Deus,  procurai ser santos.
Não vos perturbeis se eu vos peço demasiado, não penseis que estas são palavras que deveis esquecer,
não deveis esquecê-las. Devemos viver na sua plenitude, devemos acreditar 
 na exigência de Deus, não podemos pretender renunciar à santidade para viver uma vida ordinária, mesmo que seja boa, mesmo que cheia de boas obras. As obras não são Deus, o serviço aos pobres não é Deus em si mesmo, tudo deve ser transcendido e tudo pode ser transcendido sómente se tudo o que vivemos está ordenado ao Senhor, para glorificar a Deus, o amor de Deus, à presença de Deus, que só Ele é bom, que só Ele é grande, que só Ele é amor infinito, muito doce, é um amor pessoal, um amor pelo qual cada um de nós é conhecido por Ele, amado por Ele com um amor particular, um amor único e vivo.

Don Divo Barsotti - MEDITAÇÃO E HOMILIA
PARA OS SEUS 90 ANOS - 25 de Abril de 2004

quinta-feira, 9 de maio de 2019

don Divo, Somos monges para viver a perfeição do amor sem distinção de estado .



Este ano o tema é o Monasticismo Interiorizado, para que seja ocasião de redescobrir cada vez mais as origens do CFD.

"Somos monges para viver a perfeição do amor sem distinção de estado .
A primeira coisa que devemos tentar compreender um pouco melhor é o que significa ser monge, porque a vocação monástica é essencial e primordial na Comunidade. 
Entretanto, isso significa que não temos uma finalidade específica que não seja a vocação cristã. De fato, a espiritualidade monástica difere da espiritualidade de muitas congregações modernas, que muitas vezes têm finalidades especiais: imprensa, pregação popular, hospitais, escolas, jovens, idosos. O monge não tem nenhum propósito específico: ele quer ser um cristão. Ele aceita plenamente o que a vocação cristã impõe em si mesma: a vocação à santidade. Levamos a sério a palavra de Jesus que termina o sermão da montanha, código de ética cristã: "Sede perfeitos como é perfeito o vosso Pai que está nos céus" (Mt 5, 48) [...] "Amarás o Senhor teu Deus com todo o teu coração, com toda a tua alma, com todas as tuas forças e o teu próximo como a ti mesmo". 
Está tudo aqui. 
Ser monge significa não estar a serviço de nada além de Deus, mas sobretudo significa lutar por Ele, viver um compromisso constante de união com Ele, significa reconhecer o primado de Deus na vida, onde quer que a providência divina  nos queira, em qualquer estado que Ele nos queira, em qualquer condição de vida que Ele nos coloque.

Dom Divo Barsotti, Setembro de 1981

don Divo, LA NOSTRA DEVOZIONE A MARIA

LA NOSTRA DEVOZIONE A MARIA
Stamani si diceva che è necessario parlare della Madonna: è importante vedere che cos'è la Vergine per noi. Ci sembra che nulla caratterizzi di più un movimento in mezzo alla Chiesa del rapporto che con questo ha la Vergine.
La Vergine che rapporto ha con noi? Che cos' è per noi?
Ogni congregazione religiosa ha una particolare devozione alla Vergine. Un fatto assai preciso ci distingue. Come i monaci dell' Oriente, anche noi non ci fissiamo in una devozione particolare alla Vergine - i Benedettini non hanno una loro particolare festa della Madonna, eppure l’ Ordine monastico celebra e sente la maternità della Vergine. Altro è il rapporto del monaco con la Madonna, altro quello di una congregazione religiosa che ha un fine apostolico, di servizio.
Quello che distingue la nostra devozione a Maria è quanto dicevamo il primo giorno di Esercizi alla Verna. Noi vediamo in Lei l’ anima consacrata. Ci sembra che le feste cha maggiamente rispondono a celebrare il nostro rapporto con Lei siano l’11 ottobre (Maternità di Maria) e la festa della Presentazione al Tempio (21 novembre). Certo, Ella è anche la nostra Madre, la Mediatrice di tutte le grazie, la Corredentrice; e noi, con tutti quelli che la venerano ai piedi della Croce, la veneriamo e l' amiamo come piena di grazia.
Ma la maternità di Maria ha per noi un carattere proprio: quello di comunicarsi, di farci vivere il suo stesso rapporto con Dio. Ella in tanto è Madre in quanto fa sì che in noi viva il suo medesimo amore.
Ci sembra opportuno sottolineare non quello che la divide da noi ma quello che a noi la congiunge. In quanto Essa è la nostra Madre già ci distingue dagli altri; è questo un rapporto che unisce ma anche distingue: oppone l’ uno all' altro il figlio e la madre, non separandoli, ma come termini di un rapporto.

Ma noi vogliamo onorare Maria come la Madre del Cristo perchè in questo mistero Ella non si divide da noi: ma noi dobbiamo piuttosto partecipare a questo mistero di una divina maternità. Anche la nostra santità è un nascere del Cristo nel nostro cuore. Certo Ella ci trascenderà sempre infinitamente nel vivere questo mistero, tuttavia, vivendo la vita cristiana, anche noi realizziamo questa maternità, che raggiunge solo in Lei il suo compimento finale.
Ecco perché la nostra festa è la maternità divina di Maria. E la Madonna nostra è la Nicopeja: Gesù non è sulla braccia sta sul petto di Maria per insegnarci che anche la sua vita intima si esaurisce nella generazione del Cristo.
Ognuno di noi deve esser la madre e la sposa del Cristo. Dobbiamo far sì che Egli nasca in noi. Dobbiamo accogliere le parole dell' Angelo: "Ecce concipies et paries...." Vivere noi dobbiamo per dargli vita, per concepire il Cristo. Tutta la nostra, vita non si esaurisce che nella parole che la Chiesa fa dire al sacerdote all' altare: "Hoc est corpus meum".
Certo, nessuno di noi può raggiungere quella pienezza di grazia a cui è giunta Maria. In Lei questo mistero si compie pienamente, in noi è partecipato nella misura in cui, uniti a Lei, accogliamo le parole dell' Angelo. Figlio dell' uomo, di ciascuno di noi, Cristo tuttavia rimane in modo reale figlio di una donna: noi dobbiamo essere in Lei per generare Cristo. Così noi vediamo in Lei sopratutto la Madre di Dio. E la Madre di Dio in quanto Vergine.

La verginità non è l' egoismo di chi si chiude ad ogni amore, ma di chi si dona interamente a Dio. È in questo dono a Dio che consiste la verginità. La maternità di Maria importa questo dono integrale di sé a Dio, perciò esige la sua verginità. Anche noi siamo "madri" di Dio nel dono integrale di tutti noi stessi a Lui. È in questo dono integrale la partecipazione nostra alla divina maternità di Maria.
Che in noi nasca Gesù! che noi generiamo il Cristo! Sia la nostra vita un sacramento continuo onde ognuno di noi comunichi Cristo ai fratelli! che lo portiamo nel seno e lo generiamo nelle nostre opere! Parto continuo che, per noi, dona ai fratelli il Cristo.
Dobbiamo vedere in Maria anche il tipo della "madre" che è "sposa". L' anima nel suo rapporto con Dio è madre per essere sposa, per avere con Dio un rapporto nuziale di intimo amore. Maria è la Madre Sposa del Cristo. Nell' iconografia antica spesso si vede che il Bambino che Essa porta nelle sue braccia mette l' anello al dito di Maria. 

L' unione nuziale di Maria è col Figlio di Dio. Essa è la Sposa di Nostro Signore. Alle nozze di Cana è Maria che da il vino dell' allegrezza. Nel Pretorio, Pilato aveva indicato in Gesù l' uomo: "Ecce homo"; Gesù, dalla croce, ha indicato la donna. "Donna"! Non è la sua Madre, è la "Donna". L' "Uomo" e la "Donna" s' incontrano e ridonano la vita all' umanità. È ai piedi della Croce che si compie l' Unione: la "Donna" è Colei che sta ai piedi della Croce, e l’ “Uomo” è Lui, Gesù. E si compie l' atto nuziale che rigenera l’ umanità. "Ecco tuo figlio", dice Gesù. Maria è Madre in quanto risponde di tutta l' umanità. E l' umanità nuova, risanata, è in Giovanni.
In Maria è il tipo dell' anima consacrata che anche dovremmo realizzare; se mai potremo realizzarlo, dobbiamo tendere a questa santità. "Ecce ancilla Domini", dice la Madonna. Ogni nostra occupazzione deve essere un sacramento di amore; nulla di meno dobbiamo dare ai fratelli che Cristo. 

Finché al prossimo non daremo Gesù, lo avremo ingannato.
Ecco la nostra maternità divina. Ma questa maternità è anche in funzione della nostra unione nuziale con Cristo. L' anima consacrata deve realizzare la sua unione nuziale - la maternità divina non può essere piena se non è integrata dall’ unione nuziale. Perché l' anima nostra sia madre e sposa noi dobbiamo vivere in intimità con Gesù, vivere totalmente per Lui nel silenzio, sottratti a ogni sguardo, vivere solamente con Lui, come la Vergine nel Tempio.
La presentazione della Vergine al Tempio storicamente è leggendaria, ma la Chiesa celebra questa festa per farci ricordare il mistero della sua unione col Cristo. Ella vive una vita così profonda ed unita a Cristo che è come un orto racchiuso, come una fonte sigillata. La vita della Vergine! Non sappiamo dove termina l' uomo e dove comincia Dio. Uno è veramente lo spirito, uno l' amore. "Chi aderisce a Dio è una cosa con Lui" - questo fu realizzato dalla Vergine. Tu credi vedere la Vergine e, invece, non vedi che Dio. Ogni atto, sia interno che esterno, della Vergine fu solamente di Spirito Santo. Chi può dire lo stesso di noi? Eppure dobbiamo vivere nel seno del Padre, come Maria nel Tempio; vivere nella preghiera, nell' unione nuziale del Figlio di Dio.
Non so se sembra anche a voi che Dio ci abbia dato la vocazione più alta; non so perché Egli ci ha scelto, noi così poveri, così meschini.
Non possiamo che ringraziare Dio. Anche la Vergine non poté che cantare un' inno di ringraziamento: il Magnificat. In Lei tutto ha operato il Signore - Lei è un nulla. Ma noi, più che un nulla, siamo un abisso di peccato! E Dio ci ha scelto! Mai nulla sarà così grande come quello che ci ha rivelato oggi: esser madre del Cristo per esser con Lui un solo spirito e un solo corpo.
Perché vi dico tutto questo nell' Assunzione di Maria? Perché oggi noi vediamo il mistero di Maria nella sua piena manifestazione: corpo e anima, tutto ciò che Essa ha donato a Dio, tutto, in Lei, fu glorificato ed elevato nella vita stessa di Dio.
Sicché anche noi, come viviamo oggi il mistero di questa unione nuziale, vivremo domani la gloria di Dio e saremo manifestazione eterna della sua infinita misericordia.
Sia lode a Dio !"
Don Divo, Omelia a Casa san Sergio

don Divo, la verità è che Dio ci ama in tal modo che noi non possiamo nemmeno essere amati, così come Egli ci ama, tanto è il suo amore.

 
Don Divo Barsotti,
(tratto da un'omelia nella festa del Corpus Domini)
Qual è il contenuto della festa di oggi? L’Eucarestia non è forse la vita della Chiesa? Tutto l’anno liturgico non è forse una celebrazione continua di questo mistero? Che cosa aggiunge la festa del Corpus Domini a quello che la Chiesa celebra ed esalta ogni giorno nell’atto che compie il sacrificio divino e ammette a questo sacrificio tutto quanto il popolo perché vi partecipi e come sacerdote e come vittima insieme a Gesù?
 Ci sembra che il contenuto della festa di oggi debba essere il riconoscimento della misura in cui la presenza di questo mistero trascende ogni partecipazione da parte del singolo e di tutta quanta la Chiesa. Gesù è nel mondo per essere il pane che alimenta la vita; ma pur essendo Egli nel mondo per donarsi a noi, tutto quanto il mondo non potrà mai, anche se lo vorrà, accoglierlo pienamente. Il dono sopravanza la capacità della creazione intera ad accoglierlo.
Ecco il contenuto della festa. Egli è per noi – «propter nos et propter nostram salutem descendit de caelis» – Egli è qui per essere il nostro sacrificio, Egli è qui per essere il nostro Sacramento, il nostro alimento divino; ma l’essere Egli per noi non toglie nulla al fatto che Egli ci sopravanzi. 

La nostra partecipazione al suo sacrificio non potrà mai esser così piena che l’atto di Gesù che si offre non sia infinitamente più grande dell’atto di culto di qualunque creatura. Così anche il Papa, in cui s’incentra, si riunisce e si riassume il sacerdozio cristiano partecipato, anche il Papa deve piegar le sue ginocchia dinanzi al Santissimo Sacramento. L’atto di Gesù che si offre vince l’atto di qualunque sacerdote, così come la sua offerta vince l’offerta di qualunque uomo. 
Come Sacerdote e come Vittima Egli si è dato a noi per essere il nostro culto, per essere il contenuto della nostra adorazione e della nostra lode al Padre; e tuttavia mai l’uomo potrà far così sua questa adorazione e questa lode, che egli non debba riconoscere la trascendenza del Cristo: il Cristo è presente realmente in mezzo alla Chiesa per essere totalmente della Chiesa, ma la Chiesa sarà sempre nell’incapacità di accogliere il dono divino.
 Egli si dona, ma come potrà riceverlo la creazione se il dono che Egli ci fa è il dono stesso di Sé infinito? Mai gli abissi della creazione potranno contenere il dono divino. Egli è nel mondo e tuttavia vince il mondo, trascende il mondo, supera il mondo, trabocca dal mondo infinitamente. Egli è la realtà suprema in una creazione che solo da Lui in qualche modo ottiene una sua consistenza.
Noi dobbiamo (ecco la festa del Corpus Domini) riconoscere l’immensità del dono divino, dobbiamo riconoscere a grandezza di questa presenza reale. La festa del Corpus Domini più che celebrare il Mistero eucaristico in quanto sacrificio, in quanto sacramento, sembra celebrare la presenza reale del Cristo. Perché, vedete, Cristo si dona, ma rimane, si dona, ma è qui; mai noi possiamo così farlo nostro da totalmente assimilarlo a noi, da partecipare al suo mistero in modo tale che Egli indipendentemente da noi non debba essere, non debba rimanere, non debba vivere: al contrario Egli rimane. 

L’adorazione del Santissimo Sacramento è l’atto preciso di culto che noi dobbiamo a Gesù Eucarestia in questo giorno; la Chiesa ci invita espressamente ad adorare Gesù in questa presenza reale che Egli ha voluto stabilire fra noi. Certo, più che adorare Lui, noi dovremmo, in Lui, attraverso di Lui, adorare il Padre: rimane vero questo; ma rimane anche vero che io posso partecipare quanto voglio al mistero eucaristico, il mistero eucaristico sarà sempre maggiore di me.
 È questa la vocazione della Chiesa, ma anche la contraddizione della nostra vita ecclesiale, ma anche il nostro tormento di cristiani e di sacerdoti. Pensate un poco: io sarò sempre più grande di me stesso. Ho voglia di esser santo; la mia santità non potrà mai adeguare la dignità che io ho ricevuto, non potrà mai adeguare nel suo atto, nell’esercizio delle sue virtù, la pienezza del mio sacerdozio.
 L’atto mio come sacerdote è l’atto stesso del Cristo e la mia santità sarà sempre una santità partecipata: oh, infinitamente lontana dalla santità di Gesù! Quello che è il mio tormento è il tormento di tutta la Chiesa, è in qualche modo la contraddizione di tutta la Chiesa: dobbiamo riconoscere la nostra impotenza ad accogliere, dobbiamo sentire quanto immensamente più grande è l’amore di Dio della capacità che ha l’uomo di essere amato.

Tante volte non riusciamo a credere che Dio ci ami,e tante volte noi vorremmo essere amati, mala verità è un’altra: la verità è che Dio ci ama in tal modo che noi non possiamo nemmeno essere amati, così come Egli ci ama, tanto è il suo amore. Questo amore divino trabocca da ogni parte e l’uomo non può riceverlo nella sua piena, non può accoglierlo in sé. Questo è l’amore di Dio presente nel Cristo. Sì, il Signore ha voluto nascondersi, umiliarsi sotto le apparenze del pane,ha voluto rendersi invisibile; ma il suo nascondimento, la sua invisibilità non toglie nulla alla grandezza del dono, alla trascendenza del dono, alla infinità del dono, alla immensità della lode che in questo Sacramento è presente per noi.
Così ne viene che tutta quanta la Chiesa, pur essendo in qualche modo il fine dell’Eucarestia, perché l’Eucarestia è per la Chiesa: Egli è qui per essere il nostro Sacrificio, il nostro Sacramento, l’alimento della nostra vita; la Chiesa però sarà sempre in adorazione dinanzi a Gesù. Tutta la sua grandezza, tutta la sua santità, di fronte a questa Presenza non sarà mai nulla, non sarà che povera cosa. La Chiesa getterà ai piedi dell’altare tutto quanto ella possiede perché misero sarà sempre quello che ha e quello che possiede nei confronti di questa Presenza del dono divino.

Ecco il contenuto della Festa del Corpus Domini. È vero, non possiamo dimenticarlo: «Omnia propter electos» [2 Tt 2, 10], «Sacramenta propter homines». Ma se è vero da parte di Dio che vuole donarsi, questo non può essere vero da parte nostra, perché siamo sempre delle povere creature; e non può essere vero nemmeno da parte di tutta quanta la creazione perché Dio per natura sua è di tutta quanta la creazione più grande.

 Può nascondersi, può rendersi invisibile,può farsi piccolo più di quanto non fosse quando viveva fra noi come uomo, ma l’apparenza, il segno che lo nasconde, non toglie nulla a questa realtà di un immutabile amore, di un amore immenso realmente presente per te. Vivi dunque in un atto di adorazione continua di questo amore divino presente nella creazione, di questo dono di Dio; vivi costantemente in adorazione di un Dio che si è fatto realmente presente per te e, nell’impotenza di pienamente accoglierlo, loda Dio dell’infinito suo amore. Se non puoi totalmente riceverlo, sia per te questo un motivo di lodarlo di più, di adorarlo di più, di amarlo di più. Sia per te questo un motivo di ringraziarlo, ma soprattutto sia questo un motivo di adorarlo presente.
 Che tutto il tuo valore, tutta la tua grandezza sia per te soltanto il contenuto della tua offerta. Quanto più grande ti sembra quello che sei, quello che possiedi, quanto più grande ti sembra tutta quanta la vita della Chiesa, la vita del mondo, i valori dell’umanità; quanto più grandi ti sembrano, tanto più sentiti impegnato a gettarli ai piedi dell’altare, e sentire tutta la loro povertà e il loro nulla dinanzi a questa presenza immutabile di un Dio che a te oggi si dona, di un Dio che per te oggi si fa presente nel mondo. Pensate! È una constatazione anche semplice: che cosa mai sono tutte le civiltà, tutti i frutti della vita del mondo? Egli è presente e tutte le cose sono cadute, sono come non fossero.
Quante civiltà son passate! Quanti popoli son nati, hanno raggiunto una grandezza umana che sembrava insuperabile e poi sono caduti, finiti! E Cristo rimane immutabilmente presente, Dio stesso. Quello che il tempo fa, lo faccia ogni cristiano. Non dobbiamo esser costretti a riconoscere come tutti i valori umani, tutta la grandezza umana non son nulla di fronte alla presenza di Dio: questo venir meno di tutte le cose di fronte alla presenza di Dio dobbiamo compierlo noi in un atto di adorazione vera che sia un riconoscimento della presenza di un Dio nel mondo. Presenza di un Dio che proprio per la sua immensa grandezza e infinita santità consuma tutte le cose, tutte quante le cose in qualche modo distrugge, eclissa, consuma.
Ecco, tu sei solo per riconoscere il tuo nulla dinanzi a Dio. Tutta la Chiesa è solo per adorare questa Presenza reale. Tutta quanta la creazione è solo per venir meno costantemente, eternamente, nella presenza del Cristo, nella presenza di Colui che è, e si è fatto tuo dono, di Colui che è e ha voluto esser presente per te.