segunda-feira, 26 de novembro de 2018

La Preghiera del Cuore

La Preghiera del Cuore   

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La preghiera di Gesù è la seguente: Κύριε Ιησού ΧριστέYιέ Θεού ελέησον με τον αμαρτωλό : Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio abbi pietà di me, peccatoreIn origine, la si diceva senza la parola peccatore; questa è stata aggiunta più tardi alle altre parole della preghiera. Tale parola esprime la coscienza e la confessione della caduta.
IL NOME DI GESU:


Evagrio dice: “la preghiera è una conversazione dell’intelletto con Dio”, e S. Macario l’Egiziano dice: “l’inesprimibile ed incomprensibile Dio si è abbassato: nella sua bontà ha rivestito le membra del corpo ed ha posto lui stesso un limite alla sua gloria, nella sua clemenza e nel suo amore per gli uomini si trasforma e s’incarna, si unisce profondamente ai Santi, ai pii, ai fedeli e diviene uno stesso Spirito con essi”.
"Qualunque cosa chiederete al Padre nel mio Nome", dice ai suoi apostoli il Signore, "la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio Nome, io la farò"
(Gv 14.13-14). "In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio Nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio Nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena" (Gv 16.23-24).
“In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati"'(At 4.7-12), “chiunque invocherà il Nome del Signore sarà salvato" (Rm 10.13), nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra" (Fil 2.8-10).
La preghiera di Gesù unifica il Divino e l’umano anche per la Rivelazione divina che in essa è contenuta.
La Preghiera del cuore, radicata nel Nuovo Testamento, viene assunta da una «corrente» propria della spiritualità orientale antica che è stata chiamata esicasmoIl nome proviene dal greco ησυχία: hesychìa che significa: calma, pace, tranquillità, assenza di preoccupazione.Questo stato di quiete designa contemporaneamente due diverse scopi; il primo è relativo a chi tende ad abbandonare il mondo e allude ad una uscita dal transeunte, il secondo è il raggiungimento della meta stessa, cioè la pace interiorizzata.
 L'esicasmo può essere definito come un sistema spirituale di orientamento essenzialmente contemplativo che ricerca la perfezione (deificazione) dell'uomo nella unione con Dio tramite la preghiera incessante.
 La tradizione esicasta può considerarsi il vero cuore del monachesimo ortodosso.
In un documento del monastero di Iviron del monte Athos, si legge questa definizione: «L'esicasta è colui che parla a Dio solo e lo prega senza posa».
La storia dell'esicasmo inizia con i monaci del deserto d'Egitto e di Gaza. «A noi, piccoli e deboli, non ci resta altro da fare che rifugiarci nel Nome di Gesù», dice uno di loro. Si afferma poi al monastero del Sinai, con san Giovan'm Climaco.
In genere esichia significa quiete, ma può anche voler esprimere la pace profonda del cuore.
Nella letteratura monastica esichia rivela almeno due significati. Prima di tutto tranquillità, quiete e pace come stato d'animo, e condizione stabile del cuore necessaria per la contemplazione. Significa ancora distacco dal mondo nella doppia accezione di solitudine e silenzio.
L'esichia espressa nella pace, quiete, solitudine e silenzio interiore, che viene raggiunta attraverso la solitudine e il silenzio esteriore, si presenta tuttavia come un mezzo eccellente per raggiungere il fine dell'unione con Dio nella contemplazione, attraverso la preghiera o l'orazione ininterrotta.
Questa è un mezzo éccellente, un cammino di amore autentico, vissuto nel silenzio e nella solitudine al fine di raggiungere la preghiera vera e l'autentica contemplazione.
L'esichia in definitiva è l'atteggiamento di chi nel proprio cuore si pone alla presenza di Dio.
Per cogliere i vari aspetti dell'esichia che il monaco è chiamato ad esprimere possiamo riferirci alla vita di padre Arsenio, il padre degli anacoreti.
Ecco come viene raccontata la sua vocazione all'esichia:
«Abbà Arsenio, quando ancora abitava nel palazzo imperiale, pregò Dio con queste parole: "Signore mostrami la strada che conduce alla salvezza". E una voce si rivolse a lui e gli disse: "Arsenio fuggi gli uomini e sarai salvato".
Lo stesso, divenuto anacoreta, nella sua condizione di eremita, di nuovo rivolse a Dio la stessa preghiera, e intese una voce che gli disse:"Arsenio fuggi (il mondo), resta in silenzio e riposa nella pace (esichia). È da queste radici che nasce la possibilità di non peccare"»(Arsenio 1.2).
Quest'ultima frase è all'inizio della vocazione degli esicasti«Fuge, Tace, QuiesceFuggi, Taci, Riposa». La fuga dal mondo, il silenzio e la pace interiore sono i tre atteggiamenti che danno forma allo stato di vita del monaco, in particolare dell' anacoreta.

A. LO SCHEMA DELLA INVOCAZIONE DEL NOME

1  - L'invocazione di Gesù può essere fatta in molti modi. Ognuno deve trovare la forma più consona alla sua preghiera personale. Ma, qualsiasi formula venga usata, il cuore e il fulcro dell'invocazione dovrà essere il Sacro Nome stesso, la parola «Gesù », nella quale risiede tutta la forza dell'invocazione.

2 - Il Nome Gesù può essere usato da solo, od inserito in una frase più o meno sviluppata. Nell'Oriente la frase più comune è: «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore ». Uno potrebbe semplicemente dire: « Gesù Cristo », o «Signore Gesù ».
L'invoca­zione può essere ridotta anche alla sola parola « Gesù ».

3 - Questa ultima forma, cioè il solo nome Gesù, è il modello più antico dell'invocazione del Nome.
E’ la più breve e la più semplice e, crediamo, la più facile. Quindi, senza deprezzare le altre forme, suggeriamo l'uso della sola parola « Gesù ».

4 - Così, quando parleremo della invoca­zione del Nome, intendiamo la frequente e de­vota ripetizione del Nome stesso, « Gesù», senza altre aggiunte. Il Sacro Nome è la pre­ghiera.

5 - Il nome di Gesù può essere pronun­ziato o pensato silenziosamente. In ambedue i casi vi è una vera invocazione del Nome: orale nel primo, puramente mentale nel secondo. Questa preghiera favorisce un facile passaggio dall'orazione orale a quella mentale; la ripeti­zione mentale del nome, se è lenta e pensosa, fa sì che si giunga alla preghiera mentale e pre­dispone l'animo alla contemplazione.


B. L'USO DELLA INVOCAZIONE DEL NOME

6 - L'invocazione del nome può essere pra­ticata ovunque ed in qualsiasi momento; pos­siamo pronunciare il Nome di Gesù nelle stra­de, dove lavoriamo, nella nostra stanza, in chiesa, ecc.... Possiamo ripetere il nome mentre camminiamo. Oltre a questo libero uso del nome, non determinato o limitato da nessuna regola, buona cosa è stabilire un tempo e un luogo per una regolareinvocazione del Nome.
Chi è avanzato in questa forma di preghiera può fare a meno di tali adattamenti, che riman­gono però una quasi necessaria condizione per i principianti.

7 - Se vogliamo consacrare, ogni giorno, qualche pò di tempo alla invocazione del Nome (oltre alla libera invocazione che dovrebbe essere fatta il più frequentemente possibile) dobbiamo seguire la norma di praticarla, circostanze permettendo, in un posto solitario e quieto. - Quando tu preghi, entra nel segreto della tua stanza, e, chiusa la porta, allora pre­ga il tuo Padre che è nel segreto -.
La posi­zione del corpo non ha molta importanza: si può camminare, sedere, stare distesi o in gi­nocchio. La migliore posizione è quella che produce una maggiore quiete fisica e concentra­zione interiore. La posizione esprimente umil­tà e adorazione dà aiuto.

8 - Prima di iniziare l'invocazione del nome di Gesù mettiti in pace con te stesso, concentrati e domanda l'ispirazione e la guida dello Spirito Santo. «Nessun uomo può dire: Gesù è il Signore, se non mediante lo Spirito Santo ». Il Nome di Gesù non può mai pene­trate nel cuore che non è ricolmo del purifican­te soffio della fiamma de]lo Spirito. Lo Spirito stesso abiterà e accenderà in noi il Nome del Figlio.

9 - A questo. punto, semplicemente co­mincia; per camminare si deve fare il primo passo; per nuotare ci si deve gettare nell'ac­qua. Lo stesso accade per l'invocazione del Nome. Principia a rispettarlo con adorazione e amore, afferrati a lui, pronuncialo con frequen­za. Non pensare di stare invocando il Nome, pensa soltanto a Gesù. Dì il suo nome piano, dolcemente, quietamente.

10 - Un errore comune a tutti i princi­pianti è il desiderio di associare l'invocazione del Sacro Nome ad una profonda e intensa emozione, tentando di pronunciarlo con gran forza. Ma il nome di Gesù non è fatto per es­sere urlato, o formulato con violenza, ancorché interiore. Quando ad Elia fu comandato di stare davanti al Signore, si scatenò un grande e forte vento, ma il Signore non era nel vento; e dopo il vento venne il terremoto, ma il Signo­re non era nel terremoto; e dopo il terremoto un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Do­po il fuoco venne una sommessa piccola voce. E fu così che quando Elia la udì nascose la sua faccia nel mantello, e uscì fuori e rimase in adorazione.
Lo strenuo sforzo e la ricerca di uno stato di tensione non giovano. Nel ripetere il Sacro Nome, raccogli quietamente, a poco a poco, i tuoi pensieri, le tue sensazioni, la tua volontà attorno ad esso: ricomponi su di lui il tuo intero essere. Lascia che il Nome penetri la tua anima, come una macchia d'olio si diffonde ed impregna un pezzo di stoffa.
Non permettere che alcuna parte di te sia distratta, rendi il tuo essere recettivo e circon­dalo col Nome.           


11 - Anche durante l'invocazione del Nome, la sua ripetizione orale non deve essere continua; il Nome pronunciato deve essere in­terrotto e differito da secondi o minuti di pau­sa silenziosa e di concentrazione. La ripetizio­ne del Nome può essere paragonata al battito delle ali col quale l'uccello si alza nell'aria.
Così, l'anima, giunta al pensiero di Gesù e ricolma del ricordo di lui, può interrompere la ripetizione del Nome e riposare in Nostro Signore.
La ripetizione sarà ripresa, quando altri pensieri minacciano di espellere il pensie­ro di Gesù; allora l'invocazione comincerà di nuovo al fine di ottenere più fresco vigore.

12 - Protrai l'invocazione quanto a lungo desideri o puoi. La preghiera viene naturalmente interrotta dalla stanchezza; non cercare di insistere. Ma ricominciala di nuovo quando e dove ti senti disposto. A suo tempo sentirai il nome di Gesù salire alle labbra spontaneamen­te, e rimanere, quasi costantemente, presente alla mente in modo silente e pacato. Perfino il tuo sonno sarà avvolto dal Nome e dal ricor­do di Gesù. «Io dormo ma il mio cuore ve­glia » (Cantico dei Cantici).

13 - Quando siamo impegnati nella invo­cazione del Nome, è naturale che si speri e si insista per ricevere qualche « positivo » o « tangibile » risultato e cioè sentire che abbiamo stabilito un reale contatto con la perso­na di Nostro Signore: « Se io potessi sfiorare appena il tuo manto, sarei guarito » (Matteo, 9-21). Questa felicissima esperienza è l'acme desiderato dell'invocazione del nome. « Io non ti lascerò andare, se non mi benedici ». Ma dobbiamo evitare una troppa inquieta attesa per tale esperienza: l'emozione religiosa può facilmente diventare un mascheramento e cau­sa di una pericolosa bramosia e passione. Non pensiamo affatto che l'aver trascorso un certo tempo nell'invocazione del Nome, senza « provare » qualcosa, sia tempo speso male e losforzo sia infruttifero; al contrario, questa apparentemente sterile preghiera, può essere più gradita a Dio dei momenti di rapimento, essendo scevra da ogni egoistica ricerca di gaudio spirituale; essa è la preghiera della pura, nuda volontà. Dobbiamo continuare a consa­crare ogni giorno un certo regolare e prestabi­lito tempo all'invocazione del Nome, anche se ci sembra che questa preghiera lasci freddi e aridiQuesto accurato esercizio della volontà, questa calma veglia nel Nome non può manca­re di apportarci benedizione e forza.

14 - Inoltre, l'invocazione deI Nome ra­ramente ci lascia in uno stato d'aridità. Coloro che hanno una qualche esperienza di ciò convengono che viene spesso accompagnata da uno stato d'animo di gioia, tepore e luce. Uno ha l'impressione di muoversi e camminare nel­la luce. In questa preghiera non vi è né pesan­tezza, né stanchezza, né sforzo. « Il tuo Nome è come unguento sparso... Trascinami, correre­mo dietro a te » (Il Cantico dei Cantici).