sexta-feira, 26 de julho de 2019

Sul Padre Nostro. Divo Barsotti.

português inglês alemão francês espanhol italiano neerlandês polaco russo

source

(Giotto di Bondone, Lavanda dei piedi, 1300-1305,  Cappella degli Scrovegni, Padova)

Trascrivo la meditazione di don Divo Barsotti (1914-2006), scritta per un ritiro del 16 giugno 1966. Teologo, fondatore della “Comunità dei figli di Dio”, nel 1972 ha seguito gli Esercizi Spirituali di papa Paolo VI

Formula e distintivo dei discepoli di Gesù

Se Ascolta Israele è la formula che distingue l’Ebraismo (e può essere nostra perché noi siamo il nuovo Israele) ed è la formula che distingue essenzialmente tutto il popolo eletto tanto dell’Antico come del Nuovo Testamento, il Padre Nostro invece è la formula che distingue solo il Nuovo Israele, i discepoli di Gesù.
Per chiarire queste concetto rifacciamoci alla Sacra Scrittura. Come Ascolta Israele è un testo fondamentale del Deuteronomio, così il Padre Nostro è un testo del Vangelo.
Come il Deuteronomio, richiamando l’Alleanza del Sinai, vuole anche essere come il vademecum del pio Israelita più di qualsiasi altro libro della Sacra Scrittura ed è proprio nel Deuteronomio che già troviamo, si direbbe, i testi fondamentali e primitivi della liturgia ebraica (proprio per questo il Deuteronomio, a differenza di tutti gli altri libri dell’Antico Testamento, è quello che comporta di più formule già fatte e testi che saranno all’origine di tutta la produzione liturgica israelitica) così all’inizio di tutta la produzione liturgica propria del Cristianesimo, rimane il Padre Nostro. E questo mi sembra bene sottolinearlo proprio per chiarire precisamente l’importanza che deve avere per la nostra vita di preghiera, sia pubblica che privata, il Padre Nostro
Ma dobbiamo dire di più, cioè, Nostro Signore medesimo ha voluto dare, secondo i Vangeli Sinottici e in particolare seconde il Vangelo di Luca, il Padre Nostro come tessera di riconoscimento per i suoi discepoli.
Nel quarto Vangelo la tessera di riconoscimento per i discepoli dì Gesù è l’amore fraterno: “Da questo conosceranno che siete miei discepoli”, ma i Vangeli Sinottici riportano il Padre Nostrocome tessera e distintivo dei disecepoli di Gesù. Infatti il dono del Padre Nostro ai discepoli, Gesù lo fa stimolato da loro, i quali si rivolgono a Lui per averlo visto pregare: “Insegnaci a pregare”. Gli chiedono che come Giovanni Battista ha dato ai suoi discepoli una formula di preghiera, così anche Lui dia loro una formula. E il Padre Nostro diviene il segno distintivo dei discepoli di Gesù e Gesù lo dà proprio come segno della fede che essi hanno nel Cristo.

L’amore fraterno è pure il distintivo del cristiano

L’amore fraterno, secondo l’evangelista Giovanni, e il Padre Nostro, secondo sopratutto San Luca, sono i due segni distintivi dei discepoli di Gesù.
Quello che distingue Israele è l’ascoltare Dio, perché ancora l’uomo non può parlare a Dio, non è entrato in vera comunione con Lui. L’Israelita dirà i Salmi, è vero, ma quello che lo distingue è l’ascoltare Dio che gli dona una Legge. Quello che distingue invece il cristiano, che è redento ed è entrato nella vita divina, è il colloquio, il dialogo, il rapporto vicendevole: Dio ti ascolta, tu gli puoi parlare, tu sei figlio.
Lo schiavo non può parlare, può accettare soltanto una legge e obbedire e deve stare zitto. Ora invece l’uomo è figlio e non solo ascolta Dio ma anche gli parla.
Ecco quello che distingue veramente il Cristianesimo: l’uomo è entrato veramente in comunione con l’Eterno, può rivolgersi a Lui e stabilire con Lui il rapporto più intimo: Padre. L’uomo quando si rivolge a Dio con le preghiera del Padre Nostro riconosce un legame ontologico, una unione, una comunione di sangue.
Padre Nostro… tessera di riconoscimento perché dice una redenzione avvenuta, perché dice l’unità di una vita, perché assicura e garantisce una vera comunione di Dio con l’uomo e dell’uomo con Dio.
Ma perché tessera di riconoscimento dei cristiani sarà anche l’amore fraterno? L’amore fraterno viene dopo aver riconosciuto un padre. Noi siamo fratelli soltanto se Dio è Padre, perché altrimenti, sul piano umano, nulla ci fa fratelli essendo stata la natura umana divisa e disgregata col peccato.
Dopo il peccato che cosa vi è di comune fra uomo e uomo? Il rapporto dell’uomo con l’uomo, dopo il peccato, non è tanto la comunione, quanto la guerra. Praticamente la storia di questo mondo è storia soltanto di guerre.
Ma se tu hai ritrovato il Padre, Dio, in Dio anche hai ritrovato gli uomini come tuoi fratelli. La paternità divina ristabilisce un’unione fra gli uomini che è ben altrimenti profonda di quella soltanto di natura. Ed è per questo che altra tessera di riconoscimento, allora, sarà l’amore fraterno.

L’uomo può raggiungere Dio?

Un’altra cosa che vorrei notare a proposito del Padre Nostro ed è il modo veramente strano della sua composizione. Sembra che tutto sia fatto a rovescio. Effettivamente sembra più logico terminare con la parola “Padre” che è certamente il vertice di ogni cosa. Dopo aver detto questa parola il resto è tutto compreso. Allora Nostro Signore ha sbagliato questa preghiera?
Vorrei dirvi una cosa: effettivamente sarebbe sbagliata soltanto se noi potessimo giungere a questo vertice, che è Dio, partendoci del basso, salendo. Ma vi è strada fra l’uomo e Dio? Non vi è strada. Hai voglia di camminare o di salire, non raggiungi mai Dio. Bisogna che Dio ti ponga sul vertice e di là discendi fino ad abbracciare ogni cosa.
In fondo il processo cristiano è questo: Dio ti stabilisce in Sé, poi una volta che ti ha stabilito in Sé, che ti ha portato come aquila sulle altezze, allora di là domini tutto e puoi scendere anche nella valle. Ma dalla valle tu non sali al cielo. Sarebbe, mi sembra, la presunzione degli antichi giganti quella di scalare il cielo, pretendendo con le nostro forze, attraverso l’ascesi i Comandamenti, l’amore del prossimo di arrivare fino a Dio. Che pensi di poter fare con le tue forze?

La mistica precede l’ascesi

Quello che io ho sempre detto, anche il Padre Nostro lo giustifica. Si è sempre sentito dire che prima viene l’ascetica e poi la mistica. È il contrario che è vero! Che vuoi fare con l’ascetica? È la mistica che determina il grado di ascesi. È nella misura che Dio si fa presente che tu puoi fare il vuoto di tutto; altrimenti come fai a fare il vuoto se non sei riempito di nulla?
È Dio che rende possibile e l’esercizio anche minimo della virtù e poi l’esercizio massimo nella misura che vivo in te Dio ha l’iniziativa. Noi non possiamo nemmeno avere il desiderio della fede senza la grazia preveniente. È Dio che fa tutto!
Che bello, però, tutto questo! Pensando di fare noi ci si accorge poi che in fondo, dopo esserci tanto arrabattati, siamo al medesimo punto di prima. Ed è giusto; perché fin tanto che non perdiamo la presunzione di poter fare senza Dio, non combiniamo nulla. È la forza della grazia che determina in noi e l’esperienza di Dio e la santità della condotta.
Molto spesso l’esperienza più alta di Dio, almeno la più sicura non sono tanto le estasi, ma il fatto che noi siamo fedeli, Dio vive in te nella misura che ti rende capace di conformare la tua volontà alla Sua. Non cercare altro, perché, in fondo, se tu cerchi altro, l’altro è molto meno sicuro, molto meno ti garantisce una presenza divina, di questa tua fedeltà.
Ecco perché la suprema mistica è sempre la conformità della propria alla volontà di Dio e l’esperienza più alta della nostra vita divina è la fedeltà ai divini Comandamenti. È questo bisogno, questa facilità che proviamo nel compiere quello che interiormente sentiamo più perfetto e che più può piacere a Dio. Tutto questo ci assicura più di qualsiasi altra cosa. Se poi sentiamo non soltanto docilità, facilità al compimento di quello che è il piacere di Dio, ma sentiamo che, in fondo, tutta la nostra vita non è che un atto solo, tutti i nostri atti pian piano si riducono all’atto onde l’anima consente a Dio di essere, che Egli sia, la volontà essenziale,basta! che volete cercare di più? Non c’è nulla di più alto di questo!
Se tu consenti che Dio sia mentre hai un cancro, la lebbra, mentre sei battuto, o buttato fuori dalla finestra, che vai a cercare le estasi? Basta questo.
Ecco, Dio precede, dunque, l’atto umano, perciò anche l’ascesi, Per questo Padre nostro che sei nei celi.
L’anima ai porta d’impeto sulle altezze vertiginose della vita divina.

Dire Padre è già entrare nella vita trinitaria

Che cosa vuoi dire Padre. È il richiamo alla vita trinitaria, perché non si dice Padre al Dio Unico, si dice Padre alla Persona del Padre. È alla Persona del Padre che si rivolge la mia preghiera.
Allora, vedete Padre nostro implica veramente un volo che ci porta al di là di tutti i termini, più in là non si va. È la vita Trinitaria pura, semplice, assoluta.
Dire Padre vuol dire vivere la vita del Figlio di Dio, perché la vita del Figlio di Dio non è altro che dire Padre come la vita del Padre non è che dire Figlio – Tu sei mio Figlio, la generazione dei Figlio, dire la Parola. Questa è la vita del Padre. Anche la vita dei Figlio è dire la Parola, ma la Parola rivolta verso di Lui è la Parola che nuovamente a Lui si volge: Padre!
Cosa più alta di questa non può esistere, non dico in questa vita, ma nemmeno nell’altra. Non dico per gli uomini, ma nemmeno per Iddio, perché la vita stessa di Dio consuma in questa aspirazione dei Figlio: Padre! come la vita dei Padre consuma in questa aspirazione: Tu sei mio Figlio! Figlio!
Dice il Beato Contardo Ferrini che se l’anima ascolta Dio che lo chiama figlio, anche l’anima non vive più che una risposta di amore a Dio chiamandolo Padre e l’anima esala tutta la vita dicendo Padre!
Pensate, dire questa parola sarà tutto il Paradiso, sarà tutta l’eternità, tutta la nostra vita, tutta la vita degli uomini, tutta la vita di Dio, la vita del Figlio di Dio: Padre!
Non siamo già agli estremi limiti? E di lì poi si passa: Non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male.
Giusto, perché l’anima una volta salita lassù, deve ora vivere in tutte le sue potenze questa vita divina. E questa vita divina non la può vivere in tutte le sue potenze e in tutte le espressioni della vita umana, che, prima di tutto, in una realizzazione del Regno.

Sia santificato il Tuo Nome

Il commento al Padre Nostro si può compiere precisamente attraverso il Vangelo. Ricordate le ultime parole della preghiera sacerdotale di Gesù? Io ho fetta conoscere il Tuo nome e lo farò conoscere ancora. La conoscenza del Nome è la santificazione anche del Nome. Dio è glorificato nella misura che tu lo conosci come Padre, nella misura che tu lo riconosci e vivi il tuo rapporto con Lui come Padre. Dio si fa presente nella Sua intima vita, proprio nella tua vita in quanto Egli ti genera come figlio nel Figlio, e in quanto tu, come figlio, a Lui ti rivolgi. Ecco la santificazione del Nome. Ho fatto conoscere il Tuo nome e lo farò conoscere ancora. Ecco l’estrema glorificazione.
Ecco la vita intima di ciascuno. Però questo non e tutta la vita. Da questa nostra. santificazione, glorificazione in Dio, divinizzazione dell’essere creato, procede la comunità ecclesiale, il Regno di Dio.

Venga il Tuo Regno

Dopo il singolo, la comunità, Così come già è implicito nella invocazione iniziale: Padre nostro. Queste due paroline si allargano, si esemplificano, si spiegano, si direbbe, nelle prime due domande. La santificazione del Nome in quanto sono figlio e Lo glorifico come Padre; l’avvento del Regno in quanto questa santificazione non riguarda più il singolo soltanto, riguarda la comunità come tale.
Il Regno implica un popolo, una nazione, una comunità, L’avvento di questo Regno è il termine ultimo.
Ma come si giunge a questo?

Sia fatta la Tua Volontà

Nel compiere la volontà divina, nel far sì che si realizzi il piano di Dio. Venga il Tuo Regno è la presa di posizione da parte di Dio di tutta la comunità umana, di tutta la creazione. Il modo di avvenire è nel compimento della volontà divina. E questa deificazione implica una trasfigurazione di tutto l’essere umano.
La grazia divina non porta alla contemplazione di Dio soltanto l’intimo vertice dell’anima, ma investe tutta la natura dell’uomo, e questa grazia implica che nessuna attività umana si sottragga alla divinizzazione stessa.

Dacci oggi…

Di qui la richiesta del pane. Perché prima di tutto il Dacci oggi il nostro pane quotidiano vuol dire immediatamente il pane corporale; vorrà anche dire il cibo spirituale, ma prima di tutto, letteralmente vuol dire “pane”.
È l’uomo totale che è santificato da Dio, è l’uomo totale che è investito dalla grazia di Dio. Dal vertice dell’anima la grazia giunge anche alla natura fisica e a tutto provvede, tutto santifica, tutto investe di sé.

Rimetti a noi… come noi…

Poi si passa di nuovo dall’individuo alla comunità, ai rapporti con gli altri. L’unione con Dio implica l’unione con gli uomini.
Il perdono che Dio dona all’uomo e che tu implori, esige da te, come sua contropartita, il perdono che tu devi dare agli altri: la comunità che si realizza attraverso un perdono reciproco.
E a questo proposito faccio notare che anche l’unione fra noi non è mai possibile senza un vicendevole perdono, Dobbiamo rendercene conto. Come non è possibile l’unione con Dio – non siamo il Figlio Unigenito – senza un perdono implorato e ottenuto da Lui, così non potrà mai sussistere una unione fra gli uomini se non attraverso una vicendevole pazienza, che è anche un vicendevole perdono.
La Chiesa ha bisogno di chiedere perdono ai comunisti oltre che ai cristiani separati, la Chiesa come comunità e ciascuno di noi, perché certamente anche verso i comunisti abbiamo delle colpe noi singoli cristiani. Anche loro le hanno verso di noi, è sempre vicendevole. E quale è la misura del più e del meno? Lo sa Dio, noi sappiamo soltanto che siamo manchevoli e perciò il nostre onore deve essere essenzialmente legato alla misericordia. Alla misericordia di Dio che deve perdonarci, e anche ella misericordia che ciascuno di noi deve avere verso l’altro. Mai rigidezza, mai orgoglio.
La comunità si stabilisce, si crea attraverso questo esercizio di misericordia di Dio verso l’uomo e degli uomini verso i loro fratelli. Bontà, perdono, pazienza, accettazione degli altri. Ecco… così, si stabilisce il Regno, si compie la volontà divina.

Non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male

Il fare la volontà divina Che cosa implica? Non essere indotti in tentazione, essere liberati dal male perché il male vero è il non compimento di questa volontà. Sicché, in fondo le prime tre domande del Padre Nostro che chiedono la glorificazione di Dio possono essere realizzate solo nella misura che noi viviamo le altre tre domande.
Dio e l’uomo sono ineffabilmente congiunti, sicché è impossibile la glorificazione di Dio senza la liberazione umana dal peccato, dal male, dal poco amore verso i fratelli. Sono condizionate. Si discende, ma senza separarci dalla vetta, senza separarci da questo vertice in cui l’anima sempre riposa, sempre rimane.
Rimanendo in questo vertice della vita divina, della aspirazione al Padre, l’anima realizza la sua divinizzazione che investe anima e corpo.

Mirabile compendio

Nel Padre Nostro c’è tutto il programma della vita cristiana, e c’è tutta la vita divina vissuta dall’uomo.
La realizzazione della divina Volontà implica che noi siamo già un po’ nella vita divina, implica già un essere noi in Dio. Il Padre Nostro ci dice un po’ quello che ci dice San Paolo quando da una parte afferma che noi siamo rivestiti del Cristo e dall’altra ci dice che dobbiamo rivestirci del Cristo. Così nel Padre Nostro: nella prima parte viviamo tutta la vita di Dio, nel invocarloPadre, nel bisogno di esaltarne il Nome, di realizzare il Regno, di compiere la Sua volontà; e nella seconda parte chiediamo di essere liberati dal male, di esercitare la misericordia verso i fratelli, di ricevere l’alimento da parte di Dio per l’anima e per il corpo per potere realizzare il Suo Regno, santificare il Suo Nome, compiere la Sua Volontà.
Ecco in sintesi tutto il Padre Nostro. Deve essere il nostro programma di vita e la nostra tessera di riconoscimento, prima di tutto come cristiani e poi anche come membri della Comunità.
Ed è bello, mi sembra, che la Comunità dei Figli dì Dio non voglia realizzare altro che la vocazione propria del cristiano.
Non andiamo a cercare devozioncine qua e là: Padre Nostro! Ma come dobbiamo dirlo bene, come dobbiamo cercare di realizzare questa parola per vivere già quaggiù sulla terra la vita del cielo!