quinta-feira, 29 de agosto de 2013

Chiara Lubich : La preghiera, che è rapporto con Dio, è costitutiva dell'uomo, proprio del suo essere uomo.

Centro Chiara Lubich Movimento dei Focolari



www.centrochiaralubich.org



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(Trascrizione)

Rocca di Papa, 28 settembre 1998

Tratti tipici della preghiera

del Movimento dei Focolari


(…) La preghiera, che è rapporto con Dio, è costitutiva dell'uomo, proprio del suo essere uomo.

Creato, infatti, da Dio a sua immagine e somiglianza, egli ha la possibilità di un rapporto con lui da tu a

Tu.

Che sia congeniale all'uomo pregare, lo si può capire venendo a conoscere i nostri fratelli di

altre religioni. Fra essi, si scoprono testi di preghiera di una meravigliosa bellezza, che testimoniano

un'azione segreta, ma efficace, di Dio che sempre spinge l'uomo a pregare. L'uomo è veramente tale se

prega.

E così facciamo anche noi cristiani. Fratelli di Gesù per la grazia, troviamo in lui il modello per

poter rapportarci con il Padre. Gesù, infatti, non predicava soltanto, non faceva unicamente miracoli, non

chiamava solo discepoli a seguirlo; s'immergeva anche nella preghiera. Anzi, come Gesù era sempre in

comunione col Padre suo, sempre di fronte a lui, così dovrebbe essere dei suoi seguaci.

Come è noto, i cristiani pregano in maniere varie: i benedettini così, i francescani colà. Si

possono, quindi, evidenziare i tratti tipici e salienti della preghiera di chi è investito del carisma dell'unità.

Essi emergono - questi principi - chiaramente se si confronta la nostra preghiera con quella che

praticavano i cristiani, anche i meglio preparati, almeno nei nostri paesi, quando il Movimento ebbe

inizio. Ricordo che si diceva come in essa, nella preghiera, "devono lavorare la mente, la volontà e il

cuore. Con la mente occorreva riflettere sulle parole pronunciate; con la volontà bisognava sforzarsi di

fare propositi su di esse; con il cuore amare quanto si prometteva, in modo da poterlo eseguire."

Ed erano senz'altro ottimi consigli.

Tuttavia, nel Movimento, la preghiera è stata subito un'altra cosa. Si è sottolineato, ad esempio,

dall'inizio, fin dai primi mesi, il dovere di "pregare sempre" richiesto da Gesù. Ma come fare a pregare

sempre? Era chiaro che ciò non poteva verificarsi moltiplicando gli atti di preghiera... Si poteva pregare

sempre essendo Gesù. Gesù, infatti, prega sempre. Se in qualsiasi nostra azione non fossimo stati noi a

vivere, ma Cristo in noi, attraverso l'amore, la giornata nostra sarebbe stata una preghiera continua. E ciò

era possibile se avessimo impostato la vita sull'amore, essendo una viva espressione della parola "amore",

sintesi di tutta la Legge e i Profeti.

Un altro modo di "pregare sempre" - lo si praticò più tardi - è stato quello di offrire azione per

azione a Dio, durante la giornata, con brevi espressioni d'amore, come: "Per te; per te, Gesù". Tutto il

nostro agire si trasformava così in un'azione sacra. E si era e siamo convinti che offrendo in tal modo, ad

esempio, il lavoro a Dio e facendolo bene, si coopera con lui alla creazione del mondo, si è concreatori.

E' questa una preghiera molto sentita ai giorni nostri, in cui si vede il mondo e tutto il cosmo in

evoluzione e si ricorda all'uomo il suo dovere di "soggiogare la terra."

E ancora, lavorando per un'opera di Dio, e quindi per la Chiesa, si partecipa con Cristo alla

redenzione del mondo.

Nel Movimento si pensa che alla preghiera - un punto importante - occorre dare un posto

privilegiato. La grande attività, che ha caratterizzato da sempre il Movimento, avrebbe potuto

compromettere la preghiera, renderla imperfetta e non degna d'essere offerta a Dio. Ma ecco cosa si

scrisse in un commento alla Parola: "Qual vantaggio avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi

perderà la sua anima?"

"Per noi, membri dell'Opera di Maria - è scritto -, tale Parola può avere anche questo

significato: che importa darsi tanto da fare per conquistare molte persone alla causa di Dio, quando la

nostra anima rimane piccola e imperfetta perché non trova un'ora veramente tranquilla per quel suo tipico

nutrimento che è la preghiera? O quando quelle preghiere, che sono per noi un sacrosanto dovere, sono

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fatte in mezzo a tante distrazioni, sono dette superficialmente ed in fretta, o vengono abbreviate?"

Le prime focolarine avevano coniato un detto: "pregare come angeli, lavorare come facchini".

E, a proposito dei difetti che potrebbe avere la nostra preghiera, scrivevo ancora:

"Poter stare in comunione con l'Onnipotente e farlo così poco, così di fretta e spesso

svogliatamente. Alla fine della vita ci pentiremo d'aver dato tanto poco tempo alla preghiera."

Un altro ostacolo alla preghiera potrebbe essere uno stato di aridità spirituale. Ma in chi è

impegnato a vivere la spiritualità dell'unità si nota una certa facilità nel superare l'aridità nella preghiera.

Essa non è che un volto, un aspetto di Gesù abbandonato, un suo volto, e, come si sa passare dalla croce

alla risurrezione in altri casi, così qui.

Noi vediamo assai provvidenziale il fatto che si possa, in genere, vincere l'aridità; in mezzo al

mondo, come la maggior parte di noi siamo, è bene che certe prove spirituali non si protraggano.

Abbiamo altre tentazioni da superare.

Si ritiene importante ancora per la preghiera la condizione fisica. Infatti, cerchiamo di non

stancarci troppo prima del suo momento, per non arrivare davanti a Dio privi di forze, di capacità di

concentrazione, per non dare a lui i momenti meno felici della nostra giornata.

Si è convinti ancora - sempre attraverso un'analisi di questi scritti, dove Dio ci educava -, si è

convinti ancora che la preghiera vada preparata. Dicono gli esperti che essa ha bisogno di una

preparazione remota e una prossima. E' preparazione remota il mantenersi col cuore distaccati da tutto. E

a questo, mi sembra, siamo tutti più o meno impegnati. La nostra vita, infatti, è un continuo amare Gesù

crocifisso e abbandonato. Tanto spesso parliamo di tagli, di "potature" e soprattutto di quel distacco che

porta con sé l'essere proiettati nell'amore verso i fratelli, il vivere gli altri e non noi stessi.

Sì, questa preparazione speriamo ci sia. Almeno, è la nostra quotidiana tensione: "Sei tu,

Signore, l'unico mio bene", che taglia tutto il resto.

Poi c'è una preparazione prossima, essa consiste in un momento di raccoglimento prima di

iniziare. Cioè non partire subito, un momento ci si raccoglie.

Si è avvertito poi, e si avverte, tutta l'imprescindibilità della preghiera, il suo valore.

"In Cielo - scrivevo nell'89 -, dove speriamo di andare, la vita non sarà tanto apostolato o altro,

quanto lode, adorazione, ringraziamento a Dio, Trinità Santissima. Dobbiamo imparare fin da adesso a

vivere come si vivrà lassù."

Ma c'è nel Movimento una preghiera che - con le infinite e divine ricchezze che contiene - è

tutta racchiusa in una parola, in una sola parola, che Gesù pronunciava e ci ha insegnato, che lo Spirito

mette sulle nostre labbra. Gesù pregava, pregava il Padre suo. Per Lui il Padre era "Abbà" e cioè il babbo,

il papà, cui si rivolgeva con accenti di infinita confidenza e di sterminato amore. Lo pregava essendo nel

seno della Trinità, dove egli è la seconda divina Persona. Ma, giacché era venuto in terra per amore

nostro, non gli è bastato essere lui in questa situazione privilegiata di preghiera. Morendo per noi,

redimendoci, ci ha fatti figli di Dio, come lui, fratelli suoi, e ha dato anche a noi, tramite lo Spirito, la

possibilità d'essere introdotti nel seno della Trinità, in lui, assieme a lui, per mezzo di lui. Cosicché anche

a noi è stata resa possibile quella divina invocazione: "Abbà, Padre!" - "Papà, babbo mio! nostro" - con

tutto ciò che essa comporta: totale abbandono al suo amore, certezza della sua protezione, sicurezza,

consolazioni divine, forza, ardore che nasce in cuore a chi è certo di essere amato...

E' questa la tipica preghiera cristiana, una preghiera straordinaria. Non si riscontra in altri

luoghi, né in altre religioni. Al più, se si crede in una divinità, la si venera, la si adora, la si supplica

stando, per così dire, all'esterno di essa. Qui no, qui si entra nel Cuore di Dio.

Naturalmente, si può dire "Abbà, Padre!", con tutto il significato che questa parola comporta,

solo se lo Spirito Santo la pronuncia in noi. E, perché ciò sia, occorre anche qui - come richiede il carisma

dell'unità - essere Gesù, null'altro che Gesù. (…)

Chiara Lubich

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