Centro Chiara Lubich Movimento dei Focolari
www.centrochiaralubich.org
1
(Trascrizione)
Rocca di Papa, 28 settembre 1998
Tratti tipici della preghiera
del Movimento dei Focolari
(…) La preghiera, che è rapporto con Dio, è costitutiva dell'uomo, proprio del suo essere uomo.
Creato, infatti, da Dio a sua immagine e somiglianza, egli ha la possibilità di un rapporto con lui da tu a
Tu.
Che sia congeniale all'uomo pregare, lo si può capire venendo a conoscere i nostri fratelli di
altre religioni. Fra essi, si scoprono testi di preghiera di una meravigliosa bellezza, che testimoniano
un'azione segreta, ma efficace, di Dio che sempre spinge l'uomo a pregare. L'uomo è veramente tale se
prega.
E così facciamo anche noi cristiani. Fratelli di Gesù per la grazia, troviamo in lui il modello per
poter rapportarci con il Padre. Gesù, infatti, non predicava soltanto, non faceva unicamente miracoli, non
chiamava solo discepoli a seguirlo; s'immergeva anche nella preghiera. Anzi, come Gesù era sempre in
comunione col Padre suo, sempre di fronte a lui, così dovrebbe essere dei suoi seguaci.
Come è noto, i cristiani pregano in maniere varie: i benedettini così, i francescani colà. Si
possono, quindi, evidenziare i tratti tipici e salienti della preghiera di chi è investito del carisma dell'unità.
Essi emergono - questi principi - chiaramente se si confronta la nostra preghiera con quella che
praticavano i cristiani, anche i meglio preparati, almeno nei nostri paesi, quando il Movimento ebbe
inizio. Ricordo che si diceva come in essa, nella preghiera, "devono lavorare la mente, la volontà e il
cuore. Con la mente occorreva riflettere sulle parole pronunciate; con la volontà bisognava sforzarsi di
fare propositi su di esse; con il cuore amare quanto si prometteva, in modo da poterlo eseguire."
Ed erano senz'altro ottimi consigli.
Tuttavia, nel Movimento, la preghiera è stata subito un'altra cosa. Si è sottolineato, ad esempio,
dall'inizio, fin dai primi mesi, il dovere di "pregare sempre" richiesto da Gesù. Ma come fare a pregare
sempre? Era chiaro che ciò non poteva verificarsi moltiplicando gli atti di preghiera... Si poteva pregare
sempre essendo Gesù. Gesù, infatti, prega sempre. Se in qualsiasi nostra azione non fossimo stati noi a
vivere, ma Cristo in noi, attraverso l'amore, la giornata nostra sarebbe stata una preghiera continua. E ciò
era possibile se avessimo impostato la vita sull'amore, essendo una viva espressione della parola "amore",
sintesi di tutta la Legge e i Profeti.
Un altro modo di "pregare sempre" - lo si praticò più tardi - è stato quello di offrire azione per
azione a Dio, durante la giornata, con brevi espressioni d'amore, come: "Per te; per te, Gesù". Tutto il
nostro agire si trasformava così in un'azione sacra. E si era e siamo convinti che offrendo in tal modo, ad
esempio, il lavoro a Dio e facendolo bene, si coopera con lui alla creazione del mondo, si è concreatori.
E' questa una preghiera molto sentita ai giorni nostri, in cui si vede il mondo e tutto il cosmo in
evoluzione e si ricorda all'uomo il suo dovere di "soggiogare la terra."
E ancora, lavorando per un'opera di Dio, e quindi per la Chiesa, si partecipa con Cristo alla
redenzione del mondo.
Nel Movimento si pensa che alla preghiera - un punto importante - occorre dare un posto
privilegiato. La grande attività, che ha caratterizzato da sempre il Movimento, avrebbe potuto
compromettere la preghiera, renderla imperfetta e non degna d'essere offerta a Dio. Ma ecco cosa si
scrisse in un commento alla Parola: "Qual vantaggio avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi
perderà la sua anima?"
"Per noi, membri dell'Opera di Maria - è scritto -, tale Parola può avere anche questo
significato: che importa darsi tanto da fare per conquistare molte persone alla causa di Dio, quando la
nostra anima rimane piccola e imperfetta perché non trova un'ora veramente tranquilla per quel suo tipico
nutrimento che è la preghiera? O quando quelle preghiere, che sono per noi un sacrosanto dovere, sono
Centro Chiara Lubich Movimento dei Focolari
www.centrochiaralubich.org
2
fatte in mezzo a tante distrazioni, sono dette superficialmente ed in fretta, o vengono abbreviate?"
Le prime focolarine avevano coniato un detto: "pregare come angeli, lavorare come facchini".
E, a proposito dei difetti che potrebbe avere la nostra preghiera, scrivevo ancora:
"Poter stare in comunione con l'Onnipotente e farlo così poco, così di fretta e spesso
svogliatamente. Alla fine della vita ci pentiremo d'aver dato tanto poco tempo alla preghiera."
Un altro ostacolo alla preghiera potrebbe essere uno stato di aridità spirituale. Ma in chi è
impegnato a vivere la spiritualità dell'unità si nota una certa facilità nel superare l'aridità nella preghiera.
Essa non è che un volto, un aspetto di Gesù abbandonato, un suo volto, e, come si sa passare dalla croce
alla risurrezione in altri casi, così qui.
Noi vediamo assai provvidenziale il fatto che si possa, in genere, vincere l'aridità; in mezzo al
mondo, come la maggior parte di noi siamo, è bene che certe prove spirituali non si protraggano.
Abbiamo altre tentazioni da superare.
Si ritiene importante ancora per la preghiera la condizione fisica. Infatti, cerchiamo di non
stancarci troppo prima del suo momento, per non arrivare davanti a Dio privi di forze, di capacità di
concentrazione, per non dare a lui i momenti meno felici della nostra giornata.
Si è convinti ancora - sempre attraverso un'analisi di questi scritti, dove Dio ci educava -, si è
convinti ancora che la preghiera vada preparata. Dicono gli esperti che essa ha bisogno di una
preparazione remota e una prossima. E' preparazione remota il mantenersi col cuore distaccati da tutto. E
a questo, mi sembra, siamo tutti più o meno impegnati. La nostra vita, infatti, è un continuo amare Gesù
crocifisso e abbandonato. Tanto spesso parliamo di tagli, di "potature" e soprattutto di quel distacco che
porta con sé l'essere proiettati nell'amore verso i fratelli, il vivere gli altri e non noi stessi.
Sì, questa preparazione speriamo ci sia. Almeno, è la nostra quotidiana tensione: "Sei tu,
Signore, l'unico mio bene", che taglia tutto il resto.
Poi c'è una preparazione prossima, essa consiste in un momento di raccoglimento prima di
iniziare. Cioè non partire subito, un momento ci si raccoglie.
Si è avvertito poi, e si avverte, tutta l'imprescindibilità della preghiera, il suo valore.
"In Cielo - scrivevo nell'89 -, dove speriamo di andare, la vita non sarà tanto apostolato o altro,
quanto lode, adorazione, ringraziamento a Dio, Trinità Santissima. Dobbiamo imparare fin da adesso a
vivere come si vivrà lassù."
Ma c'è nel Movimento una preghiera che - con le infinite e divine ricchezze che contiene - è
tutta racchiusa in una parola, in una sola parola, che Gesù pronunciava e ci ha insegnato, che lo Spirito
mette sulle nostre labbra. Gesù pregava, pregava il Padre suo. Per Lui il Padre era "Abbà" e cioè il babbo,
il papà, cui si rivolgeva con accenti di infinita confidenza e di sterminato amore. Lo pregava essendo nel
seno della Trinità, dove egli è la seconda divina Persona. Ma, giacché era venuto in terra per amore
nostro, non gli è bastato essere lui in questa situazione privilegiata di preghiera. Morendo per noi,
redimendoci, ci ha fatti figli di Dio, come lui, fratelli suoi, e ha dato anche a noi, tramite lo Spirito, la
possibilità d'essere introdotti nel seno della Trinità, in lui, assieme a lui, per mezzo di lui. Cosicché anche
a noi è stata resa possibile quella divina invocazione: "Abbà, Padre!" - "Papà, babbo mio! nostro" - con
tutto ciò che essa comporta: totale abbandono al suo amore, certezza della sua protezione, sicurezza,
consolazioni divine, forza, ardore che nasce in cuore a chi è certo di essere amato...
E' questa la tipica preghiera cristiana, una preghiera straordinaria. Non si riscontra in altri
luoghi, né in altre religioni. Al più, se si crede in una divinità, la si venera, la si adora, la si supplica
stando, per così dire, all'esterno di essa. Qui no, qui si entra nel Cuore di Dio.
Naturalmente, si può dire "Abbà, Padre!", con tutto il significato che questa parola comporta,
solo se lo Spirito Santo la pronuncia in noi. E, perché ciò sia, occorre anche qui - come richiede il carisma
dell'unità - essere Gesù, null'altro che Gesù. (…)
Chiara Lubich
fonte