domingo, 28 de junho de 2015

MONS.MARIO OLIVERI: L’aspetto che mi stava e che mi sta particolarmente a cuore di mettere in evidenza è la qualificazione di “soprannaturale” riferita alla vita cristiana, alla natura e all’attività della Chiesa, al ministero sacro


MOS.MARIO OLIVERI: L’aspetto che mi stava e che mi sta particolarmente a cuore di mettere in evidenza è la qualificazione di “soprannaturale” riferita alla vita cristiana, alla natura e all’attività della Chiesa, al ministero sacro

 



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RELAZIONE di S.E. MONS. VESCOVO
per la “TRE GIORNI” del Clero
(25 settembre 1991)
Nel messaggio indirizzato al mio Predecessore, appena nominato
Vescovo di Alberga-Imperia, esprimevo in maniera assai spontanea
il desiderio (e lì la parola stava per volontà) di continuare
con l’intera comunità ecclesiale il cammino soprannaturale di Fede
e di Carità.
Ho adesso occasione di commentare quelle parole, al cui contenuto
do fondamentale importanza, per il mio e per il vostro ministero.
Il “continuare” non era “captatio benevolentiae” del mio Predecessore,
ma corrisponde ad una necessità teologica nella realtà e nell’attività
della Chiesa. Continuità-immutabilità nella Fede, continuitàimmutabilità
di tutto quello che Cristo ha compiuto, voluto, annunziato,
istituito per il compimento del Mistero della Salvezza. Perciò ho
scritto nella Lettera quaresimale: “Noi abbiamo la specifica missione di
riproporre l’annuncio e l’opera di Cristo.
Questo annuncio deve essere presentato con tutta la forza della novità
assoluta che esso comporta, in tutta la verità del suo aspetto soprannaturale,
nella certezza che nulla di più nuovo potrà essere annunciato
e portato agli uomini, senza nessun adattamento nella sostanza alla
realtà che cambia (gli adattamenti, o meglio le variazioni, non possono
che riguardare la forma)”.
È secondo questa profonda convinzione che ho voluto il programma
della prima nostra giornata di incontri.
Per me questa convinzione si basa su argomenti teologici e filosofici,
ma anche su una constatazione di fatto. Ho visto nel mio lavoro in
diversi parti della Chiesa il male che ha fatto e che sta facendo l’avere
abbastanza spesso e da non pochi parlato presentato e argomentato sul
Concilio Vaticano II come se si fosse trattato di un avvenimento di discontinuità,
di radicali cambiamenti, addirittura di rivoluzione, e non
invece di sviluppo omogeneo, di continuità sostanziale, di rinnovato
impegno per “aggiornare” o adattare linguaggi, forme e modi di operare,
in modo da riproporre l’immutabile Verità di Cristo, le immutabili
realtà della Divina Rivelazione e del Mistero di Salvezza.Voi ricorda4
te il “Commonitorium” di San Vincenzo di Lerino che dopo aver
annunciato il grande principio dello sviluppo omogeneo del dogma
(“in eodem sensu eademque sententia”), ammoniva sulla necessità di
fare massima attenzione affinché “cum dicas nove non dicas nova”.
Il continuare “insieme” indica la necessità di radicale comunione in
seno alla Chiesa, in seno particolarmente ai sacri ministeri totalmente
orientati alla comunione della vita divina in Cristo, in seno al
Presbiterio, tra il Presbiterio e il Vescovo: l’unità di origine e di finalità
dei sacri ministeri deve anche guidare l’unità dell’azione pastorale, che
pur si esplica in diversi modi. Il “nihil sine episcopo”, quia “sine episcopo
ecclesia non datur”, che ho richiamato il giorno del mio ingresso
in Diocesi, l’ho visto sostanzialmente e gioiosamente osservato, con
tutti i frutti che ne derivano per l’intera comunità ecclesiale diocesana.
La parola “cammino” sottolinea la nostra dimensione pellegrinante,
ma la rotta non si può cambiare, per fede sappiamo da dove veniamo e
dove siamo diretti, non si tratta di inventare nuove direzioni. La dimensione
pellegrinante sta altresì ad indicare l’incompletezza di realizzazione
di vita soprannaturale, la transitorietà, la non definitività del
nostro stato presente, possediamo solamente in germe, solamente “in
spe”; continuiamo a portare e a sentire le conseguenze del peccato fino
a cadere, anche se siamo stati radicalmente liberati dalla schiavitù e
dall’ignoranza.
L’aspetto che mi stava e che mi sta particolarmente a cuore di mettere
in evidenza è la qualificazione di “soprannaturale” riferita alla vita
cristiana, alla natura e all’attività della Chiesa, al ministero sacro. Nulla
può sconvolgere o stravolgere tanto la comprensione della realtà della
Chiesa e la qualità della sua azione quanto l’offuscamento del senso del
soprannaturale o un errato concetto del soprannaturale. Privata della
sua dimensione soprannaturale, od anche solo della sua chiara connotazione
soprannaturale, la nostra azione di Chiesa, di cristiani, di ministri,
decade, si colloca fuori del suo ordine, del piano di Dio, del piano
della Redenzione e della Grazia. LEGGERE...