domingo, 16 de junho de 2019

Itala Mela, la beata della Trinità. Entrare nel’abisso trinitario. Itala Mela, monachesimo e mondo

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Itala Mela, la beata della Trinità.

Dall’ateismo agli altari. A La Spezia sabato 10 giugno scorso ha avuto luogo la beatificazione di Itala Mela, nata nel 1904 da genitori maestri elementari non credenti. Nel 1920 perde un fratello di appena 9 anni, esperienza che la porta a ravvisare nell’evento la convinzione dell’ulteriore prova dell’inesistenza di Dio. Si avvicinerà alla fede durante gli anni dell’università, grazie all’incontro con due sacerdoti genovesi e grazie alla Federazione degli Universitari cattolici italiani, alla quale nel frattempo si è iscritta. Una laica “religiosa” tutta da scoprire.
Itala Mela (1904-1957), la mistica e oblata benedettina, è stata proclamata beata a La Spezia sabato 10 giugno 2017, dal cardinale prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, Angelo Amato. “L’Osservatore Romano” ricorda nella sua edizione di venerdì 9 giugno il suo cammino di fede: “dall’ateismo agli altari, nel segno della Trinità”.
♦ Nata a La Spezia nell’estate del 1904 in una famiglia non credente, la piccola Itala riceve il battesimo in casa della levatrice, ma da adolescente, in seguito alla morte del fratellino Enrico all’età di 9 anni, proclama con fermezza il suo ateismo. “Dopo la morte, il nulla”, dichiara nei suoi scritti.
♦ E’ all’Università di Genova invece, che dopo una profonda crisi inizia — grazie anche ad esperienze mistiche — il suo cammino spirituale, che la fa avvicinare alla spiritualità benedettina.
♦ Significativi nel suo percorso di conversione e di formazione alcuni incontri: con il giovane Montini, futuro papa Paolo VI, con il cardinale Schuster, con Padre Gemelli e con don Divo Barsotti.
 Il Signore le concede in particolare un’esperienza della Trinità: la eleva “al di là di ogni esperienza umana, al ‘monastero celeste’ dove da sempre vive la Santissima Trinità”, e la conduce nel “cuore” della Trinità.
♦ Nel 1933, oltre alla sua professione come oblata nel monastero benedettino di San Paolo fuori le Mura a Roma, Itala fece anche voto di consacrazione totale alla Trinità.
E’ quello che definisce il suo “quinto voto”, aggiungendolo ai quattro voti che esprimono i benedettini (povertà, castità, obbedienza, stabilità): vota cioè se stessa “all’approfondimento della comprensione del mistero della presenza delle Tre divine persone in lei e aiutare i battezzati, in particolare i sacerdoti e i religiosi, a ridare vita a questa certezza della vita cristiana”.
Tutta la sua vita, la sua preghiera, la sua azione ebbero come riferimento questa centralità.
 Nell’aprile del 1941 l’abate di San Paolo fuori le Mura presenta il suo progetto del quinto voto a papa Pio XII, il quale rimane sorpreso “da tanta luce, da tanta umiltà e da un così forte radicamento nella tradizione cristiana”.
♦ Affetta da tempo da endocardite — lo stato infiammatorio dell’endocardio le fu diagnosticato nel 1929 –, Itala Mela muore nell’aprile del 1957 all’età di 52 anni.
Le sue spoglie riposano dal 1983 nella cripta della cattedrale spezzina di Cristo Re.
(fonte: Osservatore Romano)
Dall’ateismo agli altari. A La Spezia sabato 10 giugno scorso ha avuto luogo la beatificazione di Itala Mela nata nel 1904 da genitori non credenti. Nel 1920 perde un fratello di appena 9 anni, esperienza che la porta a ravvisare nell’evento la convinzione dell’ulteriore prova dell’inesistenza di Dio. Il Signore le concede una particolare esperienza della Trinità, conducendola nel cuore del Mistero. Da questa esperienza mistica nascerà in lei  il voto di farla conoscere a tutti.



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Teresianum 69 (2018/1) Annamaria Valli,Entrare  nel’abisso trinitario. Itala Mela, monachesimo e mondo, Nerbini Edizioni, Firenze 2017, 147 p., ISBN 978-88-6434-265-8, € 18. Nel raccontare in modo sintetico la spiritualità della beata Itala Mela (1904- 1957) Annamaria Valli ci offre un riuscitissimo esempio di biografia teologica, che, presupponendo la lettura delle fonti sulla Beata (la cui bibliografia è indicata subito dopo la Premessa, 7-9), ne fa risuonare in modo davvero profondo e cristallino i motivi principali della vita mistica. Un’operazione alta e ben articolata capace di giungere fino a enucleare le linee guida di un’esistenza teologica, quel «dire Dio dicendosi e “togliendosi”», secondo la felice espressione di Giovanni Moioli, riferimento costante di Annamaria Valli, proprio di chi, oltre a essere cosciente della sua vita spirituale, la sa anche comunicare come esperienza viva. Viene dunque ricostruito l’itinerario interiore di Itala Mela, «pur per flash» (119), attraverso tre densissimi capitoli, che utilizzano ampiamente i suoi scritti più significativi: «Entreremo qui un poco nel vissuto di Itala Mela, attraverso l’operazione propria della teologia spirituale: rifletteremo sull’appropriazione che una donna media della borghesia italiana della prima metà del Novecento ha fatto del dato rivelato (vissuto cristiano), al fine di indicare una strada per arrivare all’esperienza (vita e conoscenza) del Mistero (mistagogia)» (15). Il primo capitolo si muove a ritroso «dal transito all’avvio dell’itinerario spirituale» (20) della beata, «Alla ricerca di un itinerario» (21-68), che penetri le svolte più spiritualmente incisive nel suo percorso biografico. Dal testamento spirituale (1954), attraverso la stesura dell’autobiografia teologica e l’emissione del V voto di inabitazione trinitaria (1946), giungiamo al dono delle nozze mistiche (1936), della “Messa in caelestibus” e della “visione oscura dell’Onnipotente” (1935), cogliendo alcune sottolineature esistenziali dell’itinerario interiore di Itala, come la sua particolare vocazione alla maternità di «anime “trinitarie”, liturgiche, mariane» (59), al ritrovarsi novizia e bambina, nell’umiltà e nel dolore. Se ne evincono i tratti caratteristici della sua personalità teologica, classici e allo stesso tempo vissuti creativamente: un’immersione profonda nell’abisso trinitario, attraverso la vita “eremitica” che coincide con la vita eucaristica, in un contesto prettamente laicale. Veniamo inoltre a conoscenza degli elementi essenziali dell’“Opera”, la missione che progressivamente si rivela alla sua esperienza. Nel suo essere sponsa Trinitatis, conformata alla kenosi del Figlio, non lavorerà direttamente per portare ad extra il richiamo all’inabitazione, che «costituisce per le anime quasi una nuova rivelazione di luce e di carità […] Il Signore non appare più lontano o quasi irraggiungibile, 299 Teresianum 69 (2018/1) ma sempre presente nell’anima in intimità piena d’amore […]» (64). L’Opera non è sostenuta da motivi umani contingenti, né è legata a una visibilità ecclesiale o a una progettualità: si tratta di una mistica non secondo l’azione, ma un subire un’iniziativa, una presenza. Nel secondo capitolo (“Un’esperienza mistica e il suo linguaggio simbolico”, 69-118) vengono presi in esame i testi di Itala in cui risulta più evidente la «relazione dialettica tra parola asseverativa e parola simbolica che esprimono il vissuto mistico» (68). Dopo alcuni cenni introduttivi all’esperienza mistica cristiana e al valore del linguaggio simbolico, viene approfondito il legame di obbedienza filiale che unisce Itala ai suoi direttori spirituali, per passare poi alla descrizione dello stato di matrimonio e del suo dinamismo cristologico, attraverso diversi passaggi: tenebra e sigillo infuocato, immersione luce/fuoco, eremo divino, cioè segregazione per l’appartenenza a Dio in caelestibus, splendore e abisso, cioè maternità. «Itala ha creduto all’espressione concettuale-verbale della fede cristiana che confessa la Trinità. Nel credere è stata “toccata” e ha “toccato per grazia la realtà della Trinità e lo esprime sin da subito ad es. con il simbolo del monastero celeste […]» (110), dell’eremo, di fuoco e acqua. Anche se il contenuto delle espressioni “esplode” sotto la sua penna, perché, come accade a tutti i mistici, nell’utilizzo del simbolo vi è qualcosa di vivo e trascendente che non può essere trascritto sul piano dei concetti, rimanendo a essi incommensurabile. Itala si coglie sperimentando la trasformazione che il suo Sposo va compiendo in lei e riesce, attraverso l’espressione simbolica, a «dire se stessa nella verità, e dire la verità che è comprensiva anche di se stessa nella verità» (cf. 109). Nel terzo capitolo viene posto l’interrogativo circa il significato che la radicazione autentica nel mistero trinitario ha per tutto il popolo di Dio: «Itala Mela, provocazione all’esperienza del mistero trinitario» (119-140), costituisce uno schizzo sul cammino proposto a tutti i cristiani. L’autrice si pone nella prospettiva della teologia cristiana contemplativa, assumendone alla radice l’interesse educativo mistagogico: «Quando incontriamo la verità, infatti, sappiamo che cosa ci è chiesto e possiamo rispondere con sicurezza sulla strada che, incarnandola secondo la nostra personale specificità, ci condurrà alla nostra pienezza» (120). Attraverso l’esperienza di Itala è possibile entrare meglio nel mistero di Dio, riespresso in maniera nuova, perché essa ha messo in luce particolari aspetti della vocazione cristiana. L’autocoscienza sulla sua vocazione è fino alla fine un dato particolare ed evidente: il senso della sua vita viene dalla sua vocazione unica e in divenire, monastica e trinitaria insieme. 300 Teresianum 69 (2018/1) Vivendo, Itala discerne la portata della prima chiamata «scoprendo come tale parola rimanga sempre coerente a se stessa, eppure imprevedibile a priori, in ciò che le dona e le chiede» (121). Il mistero trinitario è sperimentato come ambito vitale, il punto di vista con cui guarda l’inabitazione: pur oblata benedettina, non è una monaca nel mondo, ma vive con tutte le sue forze la sua secolarità da questa originale prospettiva. Una «capacità oblativa radicale» (131), che diviene proposta di una vita eremitica nel mondo, secondo le sue parole: «le folle non vanno più all’eremo, ad attingere luce, come negli antichi tempi. E allora Dio crea quei piccoli eremi segreti, ignorati, proprio in mezzo alla folla, perché quasi insensibilmente da essi irradi il divino su coloro che sono nelle tenebre e nelle ombre della morte» (131, nota 273). Itala rimane una “terapia” di fronte all’oblio della Trinità nella vita cristiana, «l’Opera per cui si spese, senza formalizzarla mai, è questo ritorno di ciascuno al Dio Trinità, al senso trinitario della nostra professione di fede, ritorno su cui si apre la Regola di San Benedetto» (140). Maria Manuela Romano, ocd Vita consacrata Albert Schmucki, Donatella Forlani (edd.), La vita consacrata e il nuovo amb