sábado, 12 de março de 2011

PICCOLI GRANDI LIBRI


SOMMARIO
           
PICCOLI GRANDI LIBRI
           
RITAGLI
           
LIBRERIA      BIBLIOTECA
           
P. PIERO GHEDDO, PIME
           
EDITRICE MISSIONARIA ITALIANA
            IN PREGHIERA CON FRA GIACOMO BULGARO
            L'IMITAZIONE DI CRISTO   THE IMITATION OF CHRIST 
            UNA QUARESIMA CON ETTY HILLESUM
            COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
            LETTURE PATRISTICHE
AA.VV.           LETTURE QUARESIMA: PRIMA - SECONDA - TERZA - QUARTA - QUINTA - SESTA 
            SPERO NELLA TUA MISERICORDIA
AA.VV.           La seconda chiamata - Il coraggio della Fragilità
AA.VV.           EBREI CRISTIANI MUSULMANI
Vittorino Andreoli        L'UOMO DI VETRO
Andrewes - Newman   HO PENSATO A TE, SIGNORE
Giuseppe Angelini        LA TESTIMONIANZA
Mario Antonelli            ALLA RICERCA DEL CORPO PERDUTO
Angelo Bagnasco        
CAMMINARE NELLE VIE DELLO SPIRITO Lettera pastorale  '09-'10
Angelo Bagnasco         "IO SONO IL BUON PASTORE" Lettera al clero
Hans Urs Von Balthasar          MEDITARE DA CRISTIANI
Hans Urs Von Balthasar          IL CUORE DEL MONDO
Hans Urs Von Balthasar          CHI È IL CRISTIANO?
Tonino Bello   
MARIA, DONNA DEI NOSTRI GIORNI
Tonino Bello    TI VOGLIO BENE
Enzo Bianchi    LESSICO DELLA VITA INTERIORE
Enzo Bianchi    ASCOLTARE LA PAROLA
Giacomo Biffi  
LE COSE DI LASSÙ  (Estratto)
Anthony Bloom            LA PREGHIERA GIORNO DOPO GIORNO
Dietrich Bonhoeffer      VENGA IL TUO REGNO
Dietrich Bonhoeffer      LE DIECI PAROLE DEL SIGNORE: PRIMA TAVOLA
Dietrich Bonhoeffer      IL LIBRO DI PREGHIERA DELLA BIBBIA
Dietrich Bonhoeffer      SEQUELA
Franco Giulio Brambilla          
CHI È GESÙ? alla ricerca del volto
James Brodrick            SAN FRANCESCO SAVERIO
G. Brondino - M. Marasca      AUTOSTIMA La riscoperta del proprio valore 
Paolo Brunacci            APOSTOLI NEL QUOTIDIANO
Martin Buber   IL CAMMINO DELL’UOMO
Franco Cagnasso         LA FORZA DELLA DEBOLEZZA
Donald Carroll             LA CASA DI MARIA
Carlo Carretto             LETTERE DAL DESERTO
Carlo Carretto             IL DESERTO NELLA CITTÀ
Carlo Carretto             BETATA TE CHE HAI CREDUTO
Raymond Carver         LA CATTEDRALE (Estratto) Edizioni Minimum fax
Salvatore Carzedda     UN MARTIRE DEL DIALOGO
C.E.I.   LETTERA AI CERCATORI DI DIO
Amedeo Cencini          LA VITA AL RITMO DELLA PAROLA
Amedeo Cencini          IL RESPIRO DELLA VITA
Catherine Chalier         TRATTATO DELLE LACRIME
Joan Chittister I DIECI COMANDAMENTI
Olivier Clément            IL POTERE CROCIFISSO
Olivier Clément            IL PADRE NOSTRO
Mauro Colombo          ARISTIDE PIROVANO - IL VESCOVO DEI DUE MONDI
Curato d'Ars    SCRITTI SCELTI : PENSIERI
Curato d'Ars    PASSI SCELTI DEI SERMONI
Jean Daniélou   IL SEGNO DEL TEMPIO
Jean Daniélou   IL MISTERO DELL' AVVENTO
Jean Daniélou   IL MISTERO DELLA SALVEZZA DELLE NAZIONI
Jean Daniélou   GIOVANNI BATTISTA TESTIMONE DELL'AGNELLO
Pierre Teilhard De Chardin      LA MESSA SUL MONDO
Charles De Foucauld   LA MIA FEDE
Giuseppe De Virgilio    PER ME IL VIVERE È CRISTO!
Claudio Doglio             LETTERA AI FILIPPESI
G. Dutto  Ch. Hayden LECTIO DIVINA
Camille Eid      ATLANTE MONDIALE DELL’ISLAM POLITICO
Silvano Fausti   LETTERA A SILA
Silvano Fausti   PER UNA LETTURA LAICA DELLA BIBBIA
Gabriele Ferrari           RELIGIOSI E FORMAZIONE PERMANENTE
Raoul Follereau            IL DOMANI SIETE VOI
M. K. Gandhi OGNI GIORNO UN PENSIERO
Carlo Ghidelli   UN ANNO CON SAN PAOLO
Augusto Gianola          IN MISSIONE PER CERCARE DIO
Giovanni XXIII            Dialoghi e invocazioni a Dio del Papa buono
Giovanni Paolo II         LE MIE PREGHIERE PER VOI
Anselm Grün    TU SEI UNA BENEDIZIONE
Anselm Grün    ARRIVEDERCI IN CIELO
Romano Guardini         LA COSCIENZA
Joachim Jeremias         PER COMPRENDERE LA TEOLOGIA DELL'APOSTOLO PAOLO
Frère John di Taizé      VERSO UNA TERRA DI LIBERTÀ
Alexandre Jollien          IL MESTIERE DI UOMO
Éloi Leclerc      LA SAPIENZA DI UN POVERO
Éloi Leclerc      IL POPOLO, DI DIO NELLA NOTTE
C.S. Lewis       DIARIO DI UN DOLORE
C.S. Lewis       IL CRISTIANESIMO COSÌ COM’È
Jacques Loew SE CONOSCESTE IL DONO DI DIO
Chiara Lubich IL SÌ DELL'UOMO A DIO
Stanislao Lyonnet         DIECI MEDITAZIONI SU SAN PAOLO
Bruno Maggioni           I RACCONTI DELLA PASSIONE DI GESÙ CRISTO
Luciano Manicardi       L'UMANO SOFFRIRE
Beato Paolo Manna     VIRTÙ APOSTOLICHE - Lettere ai missionari
Carlo Maria Martini     LETTERE PASTORALI
Carlo Maria Martini    
L’ITINERARIO SPIRITUALE DEI DODICI
Carlo Maria Martini     IL SEGRETO DELLA PRIMA LETTERA DI PIETRO
Carlo Maria Martini     ESERCIZI SPIRITUALI
Carlo Maria Martini     NON SPRECATE PAROLE
Carlo Maria Martini     CAMMINO DI RICONCILIAZIONE
Carlo Maria Martini     LE VIRTÙ
Carlo Maria Martini     REGOLA DI VITA DEL CRISTIANO
Carlo Maria Martini     RIFLESSIONI SUL SALMO "MISERERE"
Carlo Maria Martini     INTERCEDERE
Carlo Maria Martini     LE CONFESSIONI DI PAOLO
Carlo Maria Martini     GUIDAMI SULLA VIA DELLA VITA
Carlo Maria Martini     RITROVARE SE STESSI
Carlo Maria Martini     Vita di Mosè - vita di Gesù - esistenza pasquale
Cesare Massa IL TUO VOLTO, SIGNORE, IO CERCO
Michele Mazzeo          COME E PERCHÉ LEGGERE LA BIBBIA
Primo Mazzolari           TEMPO DI CREDERE
Primo Mazzolari           DIETRO LA CROCE
Primo Mazzolari           LA SAMARITANA
Alberto Mello L'AMORE DI DIO NEI SALMI     
Alberto Mello UN MONDO DI GRAZIA
Lorenzo Milani             LA PAROLA AI POVERI
Jürgen Moltmann         ESPERIENZE DI DIO
Dalmazio Mongillo       PER LO SPIRITO IN CRISTO AL PADRE
Paolo Nicelli    L'ISLAM NEL SUD EST ASIATICO
Henri J. M. Nouwen    VIVERE NELLO SPIRITO
Henri J. M. Nouwen    LA FORZA DELLA SUA PRESENZA
Henri J. M. Nouwen    IL DONO DEL COMPIMENTO
Henri J. M. Nouwen    LA VIA DEL CUORE
Henri J. M. Nouwen    AL DI LÀ DELLO SPECCHIO
Henri J. M. Nouwen    Lettera di conforto per chi ha perduto una persona cara
Michel Quesnel            LA SAGGEZZA CRISTIANA ARTE DEL VIVERE
Karl Rahner     TU SEI IL SILENZIO
K. Rahner - J. Ratzinger         
SETTIMANA SANTA
J.Ratzinger - Benedetto XVI   
LA PREGHIERA DEL SIGNORE
Antonio Riboldi            LA CARITÀ INTEGRALE
Antonio Rosmini          MASSIME DI PERFEZIONE CRISTIANA
Angelo Rusconi            OSIAMO DIRE: «PADRE NOSTRO»
Silvano dell'Athos        NON DISPERARE!
Pino Stancari    IL LIBRO DI TOBIA
Pino Stancari    I PASSI DI UN PELLEGRINO
Benoit Standaert          LE TRE COLONNE DEL MONDO
Benoit Standaert          LA PREGHIERA AL PADRE
Benoit Standaert          IL TIMORE DI DIO È IL SUO TESORO
Benoit Standaert          COME SI FA A PREGARE
Benoit Standaert          Lo "Spazio Gesù" Esperienza, relazione, consegna
Turoldo -  Ravasi        
I SALMI
Roger Schutz   DINAMICA DEL PROVVISORIO
Robindranat Tagore     NOIBEDDO
Robindranat Tagore     SANTINICHETON
Dionigi Tettamanzi        RICORDATI DI ME ...
Dionigi Tettamanzi        L'AMORE DI DIO È IN MEZZO A NOI  Lettera Pastorale 2006-2007
Dionigi Tettamanzi        L'AMORE DI DIO È IN MEZZO A NOI  Lettera Pastorale 2007-2008
Dionigi Tettamanzi        L'AMORE DI DIO È IN MEZZO A NOI  Lettera Pastorale 2008-2009
Dionigi Tettamanzi        SAN GIOVANNI BATTISTA
Sergio Ticozzi IL PIME E LA PERLA DELL'ORIENTE
Sergio Ticozzi ANEDDOTI DI NASREDDIN EFENDI
Enrico Uggè     RADIO ALVORADA
Van Thuan       SCOPRITE LA GIOIA DELLA SPERANZA
Van Thuan       CINQUE PANI E DUE PESCI
René Voillaume            PREGARE PER VIVERE
Silvano Zoccarato        I TUPURI DEL CAMERUN E DEL CIAD
Gianni Zaccherini         RENDETE PIENA LA MIA GIOIA
Mariagrazia Zambon    VIAGGIO FRA I MISSIONARI PIME IN BANGLADESH


* BIBLIOGRAFIA SOBRE A MENSAGEM DE FÁTIMA * TONINO BELLO MARIA Donna dei nostri giorni * FATIMA E IL SUO SEGRETO * Il movente del crollo modernista della Chiesa Catt... * Cronología de Fátima: 3º secreto y consagración de... * *THE STORY OF OUR LADY OF FATIMA By Brother Erne... * The Message of Fatima The Story of Fatima "Here ... * Litany of Our Lady of Fatima * In the End My Immaculate Heart Will Triumph. Apr 1... * Messages from Mary * Marian Apparitions . Chronology of Events Related ... * Devoción al Corazón Inmaculado de María * MILAGROS Y PRODIGIOS DEL SANTO ESCAPULARIO DEL CAR... * Já Nossa Senhora advertira em Fátima que viriam mu...

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2011 (43)

card. Joseph Ratzinger : Per un "nuovo" movimento liturgico

http://4.bp.blogspot.com/_g_qXXK7DGE4/RXga3uZT78I/AAAAAAAAAD8/EhbF6xh30JM/s400/cardratz.bmpIl 4 dicembre 1963, a conclusione della terza sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965), Papa Paolo VI (1963-1978) promulgava la Costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium. La riforma dei riti e dei libri liturgici della Chiesa cattolica, intrapresa quasi immediatamente dopo tale promulgazione, è stata giustamente definita "la più grande riforma liturgica nella storia del cristianesimo" (1).
A quasi quarant’anni da quell’evento la liturgia continua a essere un tema d’attualità, come mostrano sia il discreto numero di edizioni e di traduzioni raggiunto dall’Introduzione allo spirito della liturgia (2), del card. Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, sia le discussioni, non sempre pacate, che ne hanno tratto origine.
Nel solco della migliore teologia il testo vuol essere non un’arida speculazione, ma un’"elevazione" sul tema "liturgia", un’autentica introduzione spirituale alla vita liturgica. Il titolo si ricollega — con maggior evidenza nell’originale tedesco, che è Der Geist der Liturgie. Eine Einführung, "Lo spirito della liturgia. Un’introduzione" — a un’opera famosa, Lo spirito della liturgia, di Romano Guardini (1885-1968) (3), che in Germania — e non solo in quell’area culturale — è stata all’origine del movimento liturgico del secolo XX. L’obiettivo è apertamente dichiarato nella Premessa (pp. 5-6): "Se questo libro riuscisse a sua volta a essere di stimolo a qualcosa come un "movimento liturgico", un movimento verso la liturgia e verso una sua corretta celebrazione, esteriore ed interiore, l’intenzione che mi ha spinto a tale lavoro sarebbe pienamente realizzata" (p. 6).

1. Un delicato restauro
L’opera si apre con una metafora. La liturgia è paragonata a un prezioso affresco molto antico, ormai coperto da un intonaco che impediva di goderne la bellezza, ma che ne aveva preservato intatte le forme. Il movimento liturgico e il Concilio Ecumenico Vaticano II eseguono un restauro e portano alla luce l’opera d’arte rimuovendo l’intonaco. "[...] per un momento restammo tutti affascinati dalla bellezza dei suoi colori e delle sue figure" (ibidem). Succede però qualcosa nel frattempo, perché "[...] a causa dei diversi errati tentativi di restauro o di ricostruzione, nonché per il disturbo arrecato dalla massa dei visitatori, questo affresco è stato messo gravemente a rischio e minaccia di andare in rovina, se non si provvede rapidamente a prendere le misure necessarie per porre fine a tali influssi dannosi" (ibidem). Non si tratta, ovviamente, di coprirlo di nuovo d’intonaco, ma "[...] è indispensabile una nuova comprensione del suo messaggio e della sua realtà, così che l’averlo riportato alla luce non rappresenti il primo gradino della sua definitiva rovina" (ibidem). Si può dire che in queste parole è condensata tutta l’opera: la coraggiosa denuncia del grave rischio di distruzione a cui è sottoposto il patrimonio della preghiera ufficiale romana e il programma di rinnovata attenzione e amore alla liturgia che vuole risvegliare. Molto spesso si è tentati, trattando della riforma liturgica seguita al Concilio Ecumenico Vaticano II, di parlare de la liturgia, mentre bisogna conservare la consapevolezza che si tratta di una liturgia, cioè della liturgia romana. Infatti, vi è tutto il patrimonio delle liturgie orientali che non ha mai conosciuto riforme di tali portata e dimensioni. Lo stesso card. Ratzinger dedica all’argomento dei diversi riti liturgici alcune pagine molto opportune. Rimane tuttavia vero, come molti hanno osservato, che la riforma messa in opera dalla Chiesa di Roma ha un significato vessillare, che travalica i confini, peraltro vastissimi, dei fedeli di rito romano. Si può allora tornare a dire — con queste indispensabili precisazioni — che la posta in gioco è la liturgia.

2. L’"essenza" della liturgia
L’opera si divide in quattro parti: Sull’essenza della liturgia (pp. 9-47), Tempo e luogo nella liturgia (pp. 49-107), Arte e liturgia (pp. 109-152), Forma liturgica (pp. 153-220), e si chiude con una Bibliografia (pp. 221-228).
L’essenza della liturgia, cioè l’irrinunciabile domanda: "Che cos’è?". Al di là di ogni critica all’"essenzialismo", questa è la domanda che l’uomo non può rinunciare a porsi, perché questo domandare è inscritto nella sua natura. Certamente con la consapevolezza che la risposta non può mai esser tale da esaurire la domanda, anche se può esser tale da costituire un criterio, facendo discernere quanto stiamo cercando. La liturgia può essere paragonata a un gioco. Come un gioco non "serve a nulla", cioè non ha uno scopo pratico. Per qualche verso è fine a sé stessa: ha a che fare, infatti, con quanto è "ultimo" e, attraverso essa, l’uomo tocca quanto, essendo definitivo, non può essere finalizzato ad altro. D’altra parte, esattamente come un gioco, ha le sue regole, perché un gioco senza regole non è per nulla divertente. Ciò che fa di questa immagine solo un paragone è la differenza: i giochi sono "per gioco", mentre la liturgia è seria, qualcosa di estremamente serio. Il cardinale non si ferma qui, ma protrae ancora la metafora facendo emergere qualcosa di molto interessante: "[...] il gioco dei bambini appare in molti suoi aspetti una sorta di anticipazione della vita, un addestramento a quella che sarà la loro vita successiva, senza però comportare tutto il peso e la serietà di quest’ultima. Allo stesso modo la liturgia potrebbe ricordarci che noi tutti, davanti alla vera vita, cui desideriamo arrivare, restiamo in fondo come dei bambini o, in ogni caso, dovremmo restare tali; la liturgia sarebbe allora una forma completamente diversa di anticipazione, di esercizio preliminare: preludio della vita futura, della vita eterna, di cui Agostino dice che, a differenza della vita attuale, non è intessuta di bisogno e di necessità, ma in tutto e per tutto della libertà del donare e del dare" (p. 10).
Ciò apre la strada a un’altra considerazione, che fonda nello stesso tempo un’insospettabile attualità della liturgia. Lo scrittore francese Georges Bernanos (1888-1948) ha lasciato queste sagge e ancora profetiche parole: "Non si capisce assolutamente niente della civiltà moderna se non si ammette per prima cosa che essa è una congiura universale contro qualsiasi specie di vita interiore" (4). Il mondo contemporaneo ha solo accentuato questa impressione. L’ansia e la fretta crescente che caratterizzano soprattutto la vita economica odierna — ma non si sta tutto riducendo all’"economico"? — sembrano non lasciare più spazio a niente di libero e di disinteressato. Il card. Ratzinger evoca la figura del Faraone, al quale Mosè chiede che il popolo sia lasciato partire nel deserto. Perché? Non immediatamente per essere libero, ma piuttosto "per servire il Signore" (Es. 10, 26), cioè per sacrificare al Signore. Proprio questa richiesta di prestare a Dio il culto di adorazione provoca l’irrigidimento, la persecuzione e, infine, la drammatica sconfitta del tiranno. Il culto a Dio diventa l’espressione e la causa della libertà del popolo. L’esegesi del cardinale si fa ancor più interessante quando si arriva al "vitello d’oro" (Es. 32), immagine classica del culto idolatrico. In realtà, vien fatto notare, l’idolatria non sta tanto nell’aver scelto un altro dio al posto di quello vero, perché il popolo è convinto di prestar culto al Dio dei padri. Il peccato sta nel non aver saputo aspettare il ritorno dalla montagna di Mosè, che doveva insegnare al suo popolo il modo giusto di prestar culto a Dio, il modo che solo Egli stesso può insegnare. "L’uomo non può "farsi" da sé il proprio culto; egli afferra solo il vuoto, se Dio non si mostra. Quando Mosè dice al faraone: "noi non sappiamo con che cosa servire il Signore" (Es 10, 26), nelle sue parole emerge di fatto uno dei principi basilari di tutte le liturgie" (p. 17). Infatti oggi, di fronte al grigiore della gabbia tecnocratica, la fretta che essa stessa imprime induce molti a cedere alla tentazione del "fai da te". È questa proprio una delle caratteristiche più salienti della Nuova Religiosità. Una libertà frutto di una scelta arbitraria del soggetto è una libertà vana, come una fuga verso il nulla. Solo l’oggettività del Vero e del Bene può costituire il punto d’appoggio della libertà autentica. Ma il Vero e il Bene si sono incarnati in Cristo e a partire da lui hanno tracciato una via che si esprime fontalmente nella liturgia, "culmen et fons" della vita della Chiesa (5). Quando un fuggiasco da questo mondo entra in una chiesa, alzando lo sguardo al soffitto può scorgere — è tipico delle chiese barocche — un cielo aperto: questo è, dovrebbe essere, la liturgia.

3. Liturgia "cosmica"
Un altro aspetto dell’essenza della liturgia è il suo orientamento insieme cosmico e storico. Qui il card. Ratzinger tocca un punto oggetto di una vasta discussione sul senso stesso del cristianesimo. È una religione che si fonda tutta su un positivo intervento profetico di Dio, di carattere storico, o ha anche un fondamento nella natura delle cose, nella creazione di Dio? Questa impostazione si ricollega a quella — apparentemente così lontana — dell’enciclica Fides et ratio di Papa Giovanni Paolo II sui rapporti fra fede e ragione (6). Dio si rivela non solo nella storia, ma anche, e previamente, nel cosmo. Così il culto da Lui voluto come via d’accesso dell’uomo a quella vita divina che Egli vuole donare, avrà un carattere non solo storico — cioè riferito agli eventi salvifici con cui Dio è entrato nella storia, dal passaggio del Mar Rosso al sacrificio del Golgota —, ma anche cosmico. Il cielo e la terra, i punti cardinali, il sorgere e il tramontare del sole, e così via, parlano di Dio e segnano indelebilmente il modo con cui l’uomo si può e si deve rivolgere a Dio.
Il grande quadro in cui il cardinale inserisce il suo discorso sulla liturgia è quello dell’exitus-reditus: da Dio tutto proviene, a Dio tutto ritorna, non per un processo necessario, che vincolerebbe — contradditoriamente — Dio al mondo, ma per un procedimento che ha nel suo nucleo centrale il fatto della libertà. Dio crea esseri liberi, perché solo nella libertà possono partecipare alla sua vita divina, che è vita d’amore. Non si può amare per costrizione. A percorrere questo cammino è Dio stesso in Cristo. I Vangeli, in modo particolare quello di Giovanni, usano spesso immagini dinamiche per descrivere tutta la vicenda della vita terrena di Gesù e soprattutto la sua Pasqua. Già il termine "pasqua" significa etimologicamente passaggio, attraversamento. "Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv. 13, 1). "Dove vado io voi non potete venire" (Gv. 13, 33; 8, 21), è qui indicato chiaramente che il gesto di Gesù, quello del suo sacrificio che nella risurrezione è destinato a vincere la morte, a "sfondare" le barriere dell’inferno, è irraggiungibile per qualsiasi altro che non sia l’uomo-Dio. Gesto che non è però di un "solitario": "Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via" (Gv. 14, 2-4). Ecco allora che il senso della liturgia diventa chiaro: vuol dire rendere presente in tutta la storia degli uomini l’evento fondante, cioè la Pasqua del Signore, perché tutti vi possano, se lo vogliono, partecipare. Molti elementi, a prima vista poco comprensibili, diventano in quest’ottica evidenti: la necessità dei riti e dei simboli, perché solo essi permettono di partecipare a un evento divenuto ormai eterno e trascendente. La necessità del mistero, perché "Cristo [...], venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna" (Eb. 9, 11-12; 10, 10-12). La liturgia si situa strutturalmente in mezzo, sulla soglia: fra la terra e il cielo, fra un santuario fatto di pietre o di mattoni e il santuario celeste, appartenente a una nuova creazione. La necessità di regole non fatte dall’uomo, o che — se pure sono materialmente tali — si concepiscono sempre come espressione o interpretazione di norme immutabili, che sono la via, non costruita da mani d’uomo, per compiere la volontà di Dio e ritornare a Dio.
Il fatto che le leggi liturgiche o sono il risultato di una prassi immemoriale oppure sono promulgate o riconosciute dall’autorità suprema, esprime questa necessità ed è esso stesso un segno liturgico.
Inoltre, il fatto che nella liturgia cosmo e storia s’intreccino, anzi esprimano un’unità profonda, è in stretta connessione con un tema teologico che si trova in stretta sintonia con il movimento liturgico, quello dell’assoluto primato di Cristo, non solo nell’ordine della redenzione, ma già anche nell’ordine della creazione. È quello stesso tema che — a livello sociale — si esprime come regalità di Cristo. Il cosmo, e l’uomo in particolare come micro-cosmo, sono stati creati in Cristo, cioè il Verbo — e il Verbo incarnato — è stato il progetto e il modello che ha presieduto alla creazione dell’uomo e del mondo per l’uomo. "Per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui" (Col. 1, 16-17; cfr. Ef. 1, 3-14) (7).

4. I "santi segni"
L’ultima parte dell’opera riecheggia I santi segni di Guardini ed è come una manuductio alla comprensione dei fondamentali gesti e simboli liturgici: il segno della croce, l’inginocchiarsi, lo stare in piedi o il sedersi, gli abiti e le suppellettili. Tutto questo è espressione di un determinato modo di atteggiarsi, che non è arbitrario, ma fissato e, per così dire, stilizzato. È il "rito". La mentalità illuministica e l’intellettualismo che essa veicola tende a relegare il rito nell’ambito dell’accessorio, del superfluo, del "superstizioso". Ciò che conta è il comportamento, la morale. Immanuel Kant (1724-1804) ha criticato la religiosità che si esprime nella ritualità, riducendola invece all’essenziale, cioè all’etica. In pochi passaggi il card. Ratzinger fa magistralmente notare come la posta in gioco sia alta: il problema del rito non si riduce solo a un aspetto schiettamente antropologico che lo rende in qualche modo necessario. Oggi proprio le scienze umane attirano l’attenzione sull’irrinunciabilità del rito per l’uomo. Invece anche qui il nocciolo della questione è soprattutto teologico: "[...] l’uomo cerca sempre il modo giusto di onorare Dio, una forma di preghiera e di culto comune che piaccia a Dio stesso e sia conforme alla sua natura. In questo contesto si può ricordare che la parola "ortodossia" all’origine non significava, come oggi quasi sempre si intende, "retta dottrina". Da una parte, infatti, la parola "doxa" in greco significa "opinione", "apparenza"; d’altra parte, nel linguaggio cristiano, essa significa qualcosa come "vera apparenza", vale a dire: "gloria di Dio". Ortodossia significa quindi il modo giusto di onorare Dio e la retta forma di adorazione. In questo senso l’ortodossia è per sua stessa definizione anche "ortoprassi"; il contrasto moderno tra i due termini, nella loro origine si risolve da se stesso. Il punto non sono delle teorie su Dio, ma la vera strada per incontrarLo. Grande dono della fede cristiana fu quello di apprendere ora qual è il vero culto, in che modo si onora davvero Dio — nella partecipazione orante e nella condivisione del cammino pasquale di Gesù Cristo, nel prendere pienamente parte alla sua "Eucharistia", in cui l’Incarnazione conduce alla Resurrezione — sulla via della croce. Si potrebbe dire, parafrasando un’espressione di Kant: la liturgia riferisce tutto dall’Incarnazione alla Resurrezione, ma sulla via della croce. Il "rito" è dunque per i cristiani la forma concreta, che supera i tempi e gli spazi, in cui si è comunitariamente configurato il modello fondamentale dell’adorazione che ci è stato donato dalla fede; a sua volta, questa adorazione [...] coinvolge sempre l’intera prassi della vita. Il rito ha, dunque, il suo luogo primario nella liturgia, ma non solo in essa. Esso si esprime anche in un modo determinato di fare teologia, nella forma della vita spirituale e negli ordinamenti giuridici della vita ecclesiale" (pp. 155-156).
In definitiva, l’ostilità nei confronti del rito denuncia un atteggiamento "pelagiano", cioè l’illusione di far da soli, senza porre il dono di Dio, la grazia, a fondamento del proprio essere e del proprio agire.

5. Una polemica
L’opera ha subìto sulle pagine della rivista Vita Pastorale, a firma del liturgista padre Rinaldo Falsini O.F.M., una stroncatura radicale (8). Credo valga la pena dedicare un po’ d’attenzione a questa polemica "domestica", sia perché riflette in modo esemplare le discussioni che il saggio ha suscitato un po’ dappertutto nella Chiesa, sia per l’indubbia influenza che Vita Pastorale esercita, soprattutto attraverso il clero a cui si rivolge direttamente, sull’insieme della vita ecclesiale italiana. La critica di padre Falsini si può così riassumere: l’opera del card. Ratzinger è un’ottima meditazione teologica sulla liturgia, ma è pericolosissima nel momento in cui avanza proposte concrete, che sono l’espressione di "pregiudizio anticonciliare" (9) e rischiano di minare la fiducia dei fedeli nella bontà e nella positività della riforma liturgica. Inoltre, le proposte di reintrodurre nella liturgia l’orientamento della celebrazione verso il sole che sorge, di porre il crocifisso sull’altare e di recitare la preghiera eucaristica a voce bassa, sarebbero — secondo padre Falsini — prive di un fondamento storico serio e pastoralmente inaccettabili.
La polemica aiuta a evidenziare meglio le finalità precise dell’intervento del cardinale. Come ho già fatto notare, ci troviamo davanti a un testo suscettibile di dare l’avvio a un’ampia riflessione sul valore e sul significato della liturgia, qualcosa che si potrebbe anche chiamare un nuovo movimento liturgico, teso immediatamente non all’introduzione di cambiamenti nella prassi liturgica, quanto piuttosto a una visione più profonda, di carattere teologico, spirituale e pastorale della liturgia e del suo ruolo nell’esistenza cristiana. Il card. Ratzinger non è nuovo a questo argomento, perché alla teologia della liturgia ha già dedicato altre due opere, La festa della fede. Saggi di Teologia liturgica (10), e Cantate al Signore un canto nuovo (11). La teologia liturgica, come egli la concepisce, non si limita a giustapporsi alla liturgia, ma mantiene con essa un collegamento vitale, guarda volentieri alla concreta prassi liturgica e non disdegna dall’avanzare critiche e proposte. Il rischio è quello di recepire solo questi aspetti più appariscenti, tralasciando il contesto teologico da cui procedono e in cui s’inseriscono. Il rischio è soprattutto quello di non cogliere la proposta di fondo: una rinnovata meditazione sulla realtà della liturgia per una rinnovata vita liturgica. Tutto nella polemica sembra ruotare attorno all’altare rivolto a Oriente e alla preghiera eucaristica recitata sottovoce dal sacerdote.
L’enfatizzazione della celebrazione versus populum, che è diventata quasi il simbolo della riforma liturgica o addirittura di tutto l’aggiornamento conciliare, è sottoposta dal cardinale a critica serrata. Dopo aver rilevato che i dati sicuri della storia liturgica attestano che la direzione verso oriente della preghiera cristiana è un fatto pressoché unanimemente attestato in Oriente e anche in Occidente, si pone la domanda se questa importante indicazione della storia non possa e non debba ancor oggi giocare un ruolo significativo: "La forma originaria della preghiera cristiana può dirci ancora oggi qualcosa o dobbiamo semplicemente cercare la nostra forma, la forma per il nostro tempo? Ovviamente non vi è solo il desiderio di imitare il passato. Ogni età deve ritrovare ed esprimere l’essenziale. Quel che importa è, quindi, continuare a scoprire quello che è essenziale attraverso i cambiamenti epocali. Sarebbe certamente errato rifiutare in blocco le nuove forme del nostro secolo. Era giusto avvicinare al popolo l’altare spesso troppo lontano dai fedeli [...]. Era anche importante tornare a distinguere con chiarezza il luogo della liturgia della parola rispetto alla liturgia eucaristica vera e propria, dal momento che qui si tratta effettivamente di un discorso e di una risposta e, quindi, ha anche senso che stiano l’uno di fronte all’altro colui che annuncia e coloro che ascoltano, i quali rielaborano nel salmo ciò che hanno ascoltato, lo riprendono interiormente e lo trasformano in preghiera, così che diventi risposta. Resta, invece, essenziale il comune orientamento verso est durante la preghiera eucaristica. Qui non si tratta di qualcosa di casuale, ma dell’essenziale. Non è importante lo sguardo rivolto al sacerdote, ma l’adorazione comune, l’andare incontro a Colui che viene. Non il cerchio chiuso in se stesso esprime l’essenza dell’evento, ma la partenza comune, che si esprime nell’orientamento comune" (pp. 76-77).continua en:
 http://www.alleanzacattolica.org/indici/articoli/cantonip309.htm

Decálogo sobre la oración - San Juan Bautista María Vianney

 


1. "La oración es la elevación de nuestro corazón a Dios, una dulce conversación entre la criatura y su Criador". (Sermón sobre la oración).

2. "Con la oración todo lo podéis, sois dueños, por decirlo así, del querer de Dios". (Sermón sobre la perseverancia).

3. "La oración abre los ojos del alma, le hace sentir la magnitud de su miseria, la necesidad de recurrir a Dios y de temer su propia debilidad". (Sermón sobre la oración).

4. "Todos los males que nos agobian en la tierra vienen precisamente de que no oramos o lo hacemos mal". (Sermón sobre la oración).

5. "Todos los santos comenzaron su conversión por la oración y por ella perseveraron; y todos los condenados se perdieron por su negligencia en la oración. Digo, pues, que la oración nos es absolutamente necesaria para perseverar". (Sermón sobre la perseverancia).

6. "¡Cuántas veces venimos a la iglesia sin saber a qué venimos ni qué queremos pedir! Sin embargo, cuando se va a casa de cualquiera, se sabe muy bien por qué uno se dirige a ella. Los hay que parecen decirle a Dios: «Vengo a decirte dos palabras para cumplir contigo...». Con frecuencia pienso que, cuando venimos a adorar a nuestro Señor, conseguiríamos todo lo que quisiéramos, con tal de pedirle con fe viva y un corazón puro". (Sobre la oración).

7. "Nuestras oraciones han de ser hechas con confianza, y con una esperanza firme de que Dios puede y quiere concedernos lo que le pedimos, mientras se lo supliquemos debidamente". (Sermón sobre la oración).

8. "Hemos de orar con frecuencia, pero debemos redoblar nuestras oraciones en las horas de prueba, en los momentos en que sentimos el ataque de la tentación". (Sermón sobre la oración).

9.Por muchas que sean las penas que experimentemos, si oramos, tendremos la dicha de soportarlas enteramente resignados a la voluntad de Dios; y por violentas que sean las tentaciones, si recurrimos a la oración, las dominaremos (Sermón sobre la oración).

10. "La tercera condición que debe reunir la oración para ser agradable a Dios, es la perseverancia. Vemos muchas veces que el Señor no nos concede enseguida lo que pedimos; esto lo hace para que lo deseemos con más ardor, o para que apreciemos mejor lo que vale. Tal retraso no es una negativa, sino una prueba que nos dispone a recibir más abundantemente lo que pedimos". (Sermón sobre la oración).

fonte:congregación Obispo Alois Hudal

Le diocèse de Paris n'applique pas Summorum Pontificum

 




Extraits de la lettre n° 220 de Paix Liturgique :
  • "Plus gros diocèse de France (en nombre de fidèles), ce diocèse a pour archevêque le Cardinal Vingt Trois, également Président de la Conférence des Évêques de France. La manière dont le Motu Proprio Summorum Pontificum est reçu et appliqué ou non à Paris n’est pas, de ce fait, sans influence sur la pastorale envers les fidèles attachés à la messe traditionnelle mise en œuvre ou non dans les autres diocèses français. A Paris, il se dit que « la célébration de la messe traditionnelle est déjà très largement suffisante pour répondre aux besoins ». Pourtant, nous avons pour notre part connaissance de plus d’une trentaine de demandes sérieuses d’application du Motu Proprio dans des paroisses parisiennes qui sont demeurées infructueuses. Afin de faire avancer le débat, nous avons souhaité faire intervenir un tiers professionnel et objectif afin de prendre la température et d’appréhender l’intensité de la demande à Paris. Ainsi, nous avons fait réaliser un sondage [...]
  • Question n° 1 : Vous considérez-vous comme catholique ? (1785 sondés) Réponse : OUI : 47,6 % NON : 50,8 % Je ne souhaite pas répondre : 1,6 %
  • Les questions suivantes concernent uniquement l'échantillon de 850 Parisiens se considérant comme catholiques (pratiquants ou non).
  • Question n°2 : Assistez-vous à la messe ? Réponse : Chaque semaine : 9,9 % Tous les mois : 3,5 % Pour les grandes fêtes : 16,7 % Occasionnellement (mariages…) : 43,8 % Jamais : 26,1 % NSPP : 0,6 %
  • Question n°3 : Le pape Benoît XVI a rappelé en juillet 2007 que la messe pouvait être célébrée à la fois sous sa forme moderne dite « ordinaire » ou « de Paul VI » - en français, le prêtre faisant face aux fidèles, la communion étant reçue debout – et sous sa forme traditionnelle dite « extraordinaire » ou « de Jean XXIII » - en latin et grégorien, le prêtre tourné face à l’autel, la communion reçue à genoux. Le saviez-vous ? Réponse : Oui : 54,7 % Non : 45, 3 %
  • Question n° 4 : Considéreriez-vous comme normal ou pas normal si les 2 formes liturgiques devaient être célébrées régulièrement dans VOTRE paroisse ? Réponse : Normal : 50,6 % Pas normal : 24,5 % NSPP : 24,9 %
  • Question n°5 : Si la messe était célébrée en latin et grégorien sous sa forme extraordinaire dans VOTRE paroisse, sans se substituer à celle dite ordinaire en français, y assisteriez vous ? Réponses :
  • Parmi les pratiquants "hebdomadaires" - 24 % y assisteraient chaque semaine - 4 % une fois par mois - 2,5% lors des grandes fêtes - 40 % occasionnellement Soit un total de 70,5 % de ces pratiquants qui y assisteraient au moins de temps en temps
  • Parmi les pratiquants " mensuels" - 10% y assisteraient chaque semaine - 37 % une fois par mois - 13% lors des grandes fêtes - 23 % occasionnellement Soit un total de 83 % de ces pratiquants qui y assisteraient au moins de temps en temps
  • Ce qui confirme qu’à Paris comme ailleurs, plus d'un tiers des catholiques pratiquants assisteraient volontiers à la messe célébrée dans sa forme Extraordinaire si elle était célébrée dans leur paroisse.
  •  
  • LES COMMENTAIRES DE PAIX LITURGIQUE
  • 1/ Ce sondage ne fait que mettre en lumière une évidence bien connue de tous (y compris du clergé et des cadres de l’évêché) : dans le diocèse de Paris, l’attachement à la forme extraordinaire du rite romain est conséquent et la demande très largement insatisfaite [...].
  • 2/ Des chiffres ? [...] Concrètement, ce sondage nous indique que 35.420 fidèles parisiens assisteraient à la messe traditionnelle tous les dimanches si elle était célébrée dans LEUR paroisse, 31.372 le feraient une ou deux fois par mois (93.102 seulement pour les grandes fêtes). [...]
  • 3/ [...] Notons que ce sondage n’est que la confirmation de tous les sondages commandités par Paix Liturgique depuis 2001 [...]
  • 4/ Seuls 24,5 % des catholiques parisiens ne trouvent pas normal que les deux formes du rite romain cohabitent paisiblement dans les paroisses [...]. L’opposition à l’application du Motu Proprio à Paris, qui est faible partout (faible dans la mesure où la forme ordinaire reste lourdement majoritaire dans la célébration), est sensiblement plus faible à Paris. Elle est peut être le fait de certains ecclésiastiques mais force est de reconnaître qu’elle est largement minoritaire chez les fidèles et qu’elle pourrait devenir totalement marginale si tous les fidèles connaissaient l’existence du Motu Proprio et la possibilité pour tous les curés de célébrer librement la forme extraordinaire du rite romain
 

Cardinal Ratzinger’s 1998 Address: A VERY REAL PRELUDE TO SUMMORUM PONTIFICUM

 

Cardinal Ratzinger celebrating EF Mass, a harbinger of things to come for him as Pope Benedict?


I believe that everyone who comments on my blogs realizes that there are different levels of papal teachings. For example what the Holy Father says in a homily does not have the same weight as what he writes in an Encyclical. However, his homily may reiterate infallible teachings of the Church, thus the homily, even in a rural Roman parish he visits, is not to be discounted because of this fact.

I think all of those who comment on this blog, know that what Cardinal Ratzinger wrote as Cardinal, either books or talks are not papal teachings nor legislation. But these do give insight into his papacy and indeed show how his non-papal locutions can later give rise to papal decrees.

This talk given by Cardinal Ratzinger to 3000 traditionalist Catholics in 1998 is the harbinger for Summorum Pontificum which is a papal legislation for the entire Church. The Cardinal's talk is a challenge to both the traditionalists of that day as well as the reformers. We can say the same about Summorum Pontificum as well as other developments as it concerns the ongoing reform of the Ordinary Form of the Mass which now includes not only its General Instruction of the Roman Missal, but the manner in which the official, normative language of the OF Mass is to be translated into the vernacular. For when the OF Mass is celebrated in Latin, its official language, according to the rubrics of this Mass and the EF Mass is celebrated according to its rubrics, the two celebrations of the one Roman Rite indeed show continuity, not rupture and it is clear that the OF is an organic flow from the EF. The problem of discontinuity evolves not from the official form of the Ordinary Mass, but poorly translated vernacular, and creativity imposed upon the Mass which I have posted on my blog in videos and pictures. These of course are aberrations, not what the official rubrics of the OF demand. But enough of my pontificating, read Cardinal Ratzinger's prophetic discourse below! It is long but great!

(1988 to 1998)Ten Years of the Motu Proprio “Ecclesia Dei”

by Joseph Cardinal Ratzinger.
translated by Fr. Ignatius Harrison, Brompton Oratory, London

A lecture given at the Ergife Palace Hotel, Rome on Saturday 24th October 1998, to an audience of some 3000 traditional Catholics.


Ten years after the publication of the Motu proprio “Ecclesia Dei”, what sort of balance-sheet can one draw-up? I think this is above all an occasion to show our gratitude and to give thanks. The divers communities that were born thanks to this pontifical text have given the Church a great number of priestly and religious vocations who, zealously, joyfully and deeply united with the Pope, have given their service to the Gospel in our present era of history. Through them, many of the faithful have been confirmed in the joy of being able to live the liturgy, and confirmed in their love for the Church, or perhaps they have rediscovered both. In many dioceses – and their number is not so small! – they serve the Church in collaboration with the Bishops and in fraternal union with those faithful who do feel at home with the renewed form of the new liturgy. All this cannot but move us to gratitude today!

However, it would not be realistic if we were to pass-over in silence those things which are less good. In many places difficulties persist, and these continue because some bishops, priests and faithful consider this attachment to the old liturgy as an element of division which only disturbs the ecclesial community and which gives rise to suspicions regarding an acceptance of the Council made “with reservations”, and more generally concerning obedience towards the legitimate pastors of the Church.

We ought now to ask the following question: how can these difficulties be overcome? How can one build the necessary trust so that these groups and communities who love the ancient liturgy can be smoothly integrated into the life of the Church?

But there is another question underlying the first: what is the deeper reason for this distrust or even for this rejection of a continuation of the ancient liturgical forms?

It is without doubt possible that, within this area, there exist reasons which go further back than any theology and which have their origin in the character of individuals or in the conflict between different personalities, or indeed a number of other circumstances which are wholly extrinsic. But it is certain that there are also other deeper reasons which explain these problems. The two reasons which are most often heard, are: lack of obedience to the Council which wanted the liturgical books reformed, and the break in unity which must necessarily follow if different liturgical forms are left in use. It is relatively simple to refute these two arguments on the theoretical level. The Council did not itself reform the liturgical books, but it ordered their revision, and to this end, it established certain fundamental rules. Before anything else, the Council gave a definition of what liturgy is, and this definition gives a valuable yardstick for every liturgical celebration. Were one to shun these essential rules and put to one side the normae generales which one finds in numbers 34 – 36 of the Constitution De Sacra Liturgia (SL), in that case one would indeed be guilty of disobedience to the Council!

It is in the light of these criteria that liturgical celebrations must be evaluated, whether they be according to the old books or the new. It is good to recall here what Cardinal Newman observed, that the Church, throughout her history, has never abolished nor forbidden orthodox liturgical forms, which would be quite alien to the Spirit of the Church. An orthodox liturgy, that is to say, one which express the true faith, is never a compilation made according to the pragmatic criteria of different ceremonies, handled in a positivist and arbitrary way, one way today and another way tomorrow. The orthodox forms of a rite are living realities, born out of the dialogue of love between the Church and her Lord. They are expressions of the life of the Church, in which are distilled the faith, the prayer and the very life of whole generations, and which make incarnate in specific forms both the action of God and the response of man. Such rites can die, if those who have used them in a particular era should disappear, or if the life-situation of those same people should change. The authority of the Church has the power to define and limit the use of such rites in different historical situations, but she never just purely and simply forbids them! Thus the Council ordered a reform of the liturgical books, but it did not prohibit the former books. The criterion which the Council established is both much larger and more demanding; it invites us all to self-criticism! But we will come back to this point.

We must now examine the other argument, which claims that the existence of the two rites can damage unity. Here a distinction must be made between the theological aspect and the practical aspect of the question. As regards what is theoretical and basic, it must be stated that several forms of the Latin rite have always existed, and were only slowly withdrawn, as a result of the coming together of the different parts of Europe. Before the Council there existed side by side with the Roman rite, the Ambrosian rite, the Mozarabic rite of Toledo, the rite of Braga, the Carthusian rite, the Carmelite rite, and best known of all, the Dominican rite, and perhaps still other rites of which I am not aware. No one was ever scandalized that the Dominicans, often present in our parishes, did not celebrate like diocesan priests but had their own rite. We did not have any doubt that their rite was as Catholic as the Roman rite, and we were proud of the richness inherent in these various traditions. Moreover, one must say this: that the freedom which the new order of Mass gives to creativity is often taken to excessive lengths. The difference between the liturgy according to the new books, how it is actually practiced and celebrated in different places, is often greater than the difference between an old Mass and a new Mass, when both these are celebrated according to the prescribed liturgical books.

An average Christian without specialist liturgical formation would find it difficult to distinguish between a Mass sung in Latin according to the old Missal and a sung Latin Mass according to the new Missal. However, the difference between a liturgy celebrated faithfully according to the Missal of Paul VI and the reality of a vernacular liturgy celebrated with all the freedom and creativity that are possible – that difference can be enormous!

It seems to me that the dislikes we have mentioned are as great as they are because the two forms of celebration are seen as indicating two different spiritual attitudes, two different ways of perceiving the Church and the Christian life. The reasons for this are many. The first is this: one judges the two liturgical forms from their externals and thus one arrives at the following conclusion: there are two fundamentally different attitudes. The average Christian considers it essential for the renewed liturgy to be celebrated in the vernacular and facing the people; that there be a great deal of freedom for creativity; and that the laity exercise an active role therein. On the other hand, it is considered essential for a celebration according to the old rite to be in Latin, with the priest facing the altar, strictly and precisely according to the rubrics, and that the faithful follow the Mass in private prayer with no active role. From this viewpoint, a particular set of externals [phénoménologie] is seen as essential to this or that liturgy, rather than what the liturgy itself holds to be essential. We must hope for the day when the faithful will appreciate the liturgy on the basis of visible concrete forms, and become spiritually immersed in those forms; the faithful do not easily penetrate the depths of the liturgy.

The contradictions and oppositions which we have just enumerated originate neither from the spirit nor the letter of the conciliar texts. The actual Constitution on the Liturgy does not speak at all about celebration facing the altar or facing the people. On the subject of language, it says that Latin should be retained, while giving a greater place to the vernacular “above all in readings, instructions, and in a certain number of prayers and chants” (SL 36:2). As regards the participation of the laity, the Council first of all insists on a general point, that the liturgy is essentially the concern of the whole Body of Christ, Head and members, and for this reason it pertains to the whole Body of the Church “and that consequently it [the liturgy] is destined to be celebrated in community with the active participation of the faithful”. And the text specifies “In liturgical celebrations each person, minister or lay faithful, when fulfilling his role, should carry out only and wholly that which pertains to him by virtue of the nature of the rite and the liturgical norms”(SL 28). “To promote active participation, acclamations by the people are favoured, responses, the chanting of the psalms, antiphons, canticles, also actions or gestures and bodily postures. One should also observe a period of sacred silence at an appropriate time” (SL 30).

These are the directives of the Council; they can provide everybody with material for reflection. Amongst a number of modern liturgists there is unfortunately a tendency to develop the ideas of the Council in one direction only. In acting thus, they end up reversing the intentions of the Council. The role of the priest is reduced, by some, to that of a mere functionary. The fact that the Body of Christ as a whole is the subject of the liturgy is often deformed to the point where the local community becomes the self-sufficient subject of the liturgy and itself distributes the liturgy’s various roles. There also exists a dangerous tendency to minimalize the sacrificial character of the Mass, causing the mystery and the sacred to disappear, on the pretext, a pretext that claims to be absolute, that in this way they make things better understood. Finally, one observes the tendency to fragment the liturgy and to highlight in a unilateral way its communitarian character, giving the assembly itself the power to regulate the celebration.

Fortunately however, there is also a certain disenchantment with an all too banal rationalism, and with the pragmatism of certain liturgists, whether they be theorists or practitioners, and one can note a return to mystery, to adoration and to the sacred, and to the cosmic and eschatological character of the liturgy, as evidenced in the 1996 “Oxford Declaration on the Liturgy”. On the other hand, it must be admitted that the celebration of the old liturgy had strayed too far into a private individualism, and that communication between priest and people was insufficient. I have great respect for our forefathers who at Low Mass said the “Prayers during Mass” contained in their prayer books, but certainly one cannot consider that as the ideal of liturgical celebration! Perhaps these reductionist forms of celebration are the real reason that the disappearance of the old liturgical books was of no importance in many countries and caused no sorrow. One was never in contact with the liturgy itself. On the other hand, in those places where the Liturgical Movement had created a certain love for the liturgy, where the Movement had anticipated the essential ideas of the Council, such as for example, the prayerful participation of all in the liturgical action, it was those places where there was all the more distress when confronted with a liturgical reform undertaken too hastily and often limited to externals. Where the Liturgical Movement had never existed, the reform initially raised no problems. The problems only appeared in a sporadic fashion, when unchecked creativity caused the sense of the sacred mystery to disappear.

This is why it is very important to observe the essential criteria of the Constitution on the Liturgy, which I quoted above, including when one celebrates according to the old Missal! The moment when this liturgy truly touches the faithful with its beauty and its richness, then it will be loved, then it will no longer be irreconcilably opposed to the new Liturgy, providing that these criteria are indeed applied as the Council wished.

Different spiritual and theological emphases will certainly continue to exist, but there will no longer be two contradictory ways of being a Christian; there will instead be that richness which pertains to the same single Catholic faith. When, some years ago, somebody proposed “a new liturgical movement” in order to
avoid the two forms of the liturgy becoming too distanced from each other, and in order to bring about their close convergence, at that time some of the friends of the old liturgy expressed their fear that this would only be a stratagem or a ruse, intended to eliminate the old liturgy finally and completely.

Such anxieties and fears really must end! If the unity of faith and the oneness of the mystery appear clearly within the two forms of celebration, that can only be a reason for everybody to rejoice and to thank the good Lord. Inasmuch as we all believe, live and act with these intentions, we shall also be able to
persuade the Bishops that the presence of the old liturgy does not disturb or break the unity of their diocese, but is rather a gift destined to build-up the Body of Christ, of which we are all the servants.

So, my dear friends, I would like to encourage you not to lose patience, to maintain your confidence, and to draw from the liturgy the strength needed to bear witness to the Lord in our own day.

fonte:southern orders

Reavivar el sentido litúrgico segundo el Cardenal Antonio Cañizares, Prefecto de la Congregación para el Culto Divino .

 

 


Recientemene la edición española de L’Osservatore Romano ha publicado un interesante artículo del Cardenal Antonio Cañizares, Prefecto de la Congregación para el Culto Divino . En el mismo el purpurado habla de la urgente necesidad de una educación litúrgica toda la Iglesia y menciona que su dicasterio está trabajando “como en una especie de silencio de Nazaret”.
***
Se ha cumplido un año del encargo que recibí como prefecto de la Congregación para el culto divino. No es la hora de hacer ningún balance. Este tiempo -todo lo que en él ha acaecido- me ha confirmado en la necesidad apremiante que hay de que la santa liturgia sea en nuestros días el centro y el corazón de la vida de la Iglesia; que sea, como corresponde a su misma naturaleza, en expresión del Vaticano II, «fuente y culmen de la vida cristiana».
Reavivar el espíritu y el verdadero sentido de la liturgia en la vida de la Iglesia, de todos los fieles, es un desafío y cometido principal siempre, pero aún más en estos momentos. Es urgente, en efecto, que se reavive el genuino y verdadero sentido de la liturgia, porque es algo que está en la misma entraña del ser y de la vida de la Iglesia: la liturgia es culto a Dios, instrumento de santificación, celebración de la fe de la Iglesia y medio de su transmisión. En ella se abren las puertas del cielo y los fieles entran en comunión con la santa e indivisible Trinidad, experimentando su participación en la naturaleza divina como don de la gracia. La liturgia es también anticipación de la bienaventuranza final y de la gloria celeste a la que estamos llamados, objeto y meta de la esperanza más grande.
Siempre, pero más todavía, si cabe, en estos momentos de la historia en los que padecemos una tan profunda crisis de Dios en el mundo y una secularización interna de la Iglesia tan fuerte, al menos en Occidente, el reavivar y fortalecer el sentido y el espíritu genuino de la sagrada liturgia en la conciencia y vida de la Iglesia es algo prioritario que apremia como ninguna otra cosa. La Iglesia, las comunidades y los fieles cristianos tendrán vigor y vitalidad, vivirán una vida santa, serán testigos vivos, valientes, fieles e incansables anunciadores del Evangelio, si viven la liturgia y si viven de ella, si beben de esta fuente y se alimentan de ella, porque así vivirán de Dios mismo, y de su gracia, que es en Quien radica la santificación, la fuerza, la vida, la capacidad y valentía evangelizadora, toda la aportación de la Iglesia a los hombres y al futuro de la humanidad. El futuro del hombre está en Dios: el cambio decisivo del mundo está en Dios -nada más que en Dios- y en su adoración verdadera. Y ahí está la liturgia.
(…)
Fuente: La Buhardilla de Jerónimo

Methods of Hearing Mass



Mensagem do Cardeal Piacenza aos sacerdotes na Quaresma 2011.

 http://1.bp.blogspot.com/_LTO5Qx1HyJc/TK4PocYLG7I/AAAAAAAABSk/eyktL9Z4B5k/s320/Mons.+Mauro+Piacenza,+Prefeito+Clero.jpg


  
Caríssimos Irmãos,
O tempo de graça, que nos é dado a viver em conjunto, chama-nos a uma conversão renovada, da mesma forma como sempre é novo o Dom do Sacerdócio ministerial, através do qual o Senhor Jesus torna-se presente nas nossas existências e, através delas, na vida de todos os homens. Conversão, para nós, Sacerdotes, significa, antes de tudo, adequar sempre mais a nossa vida à pregação, que cotidianamente nos é dado oferecer aos fiéis, tornando-nos, desse modo, “trechos do Evangelho vivente”, que todos podem ler e acolher.
Fundamento de uma tal atitude é, sem dúvida, a conversão à própria identidade: devemos converter-nos àquilo que somos! A identidade, recebida sacramentalmente e acolhida pela nossa humanidade ferida, demanda a progressiva conformação do nosso coração, da nossa mente, das nossas atitudes, de tudo quanto nós somos à imagem de Cristo Bom pastor, que, em nós, foi sacramentalmente impressa.
Devemos entrar nos Mistérios que celebramos, especialmente na Santíssima Eucaristia, e deixarmo-nos plasmar por eles; é na Eucaristia que o Sacerdote redescobre a própria identidade! É na celebração dos Divinos Mistérios que se pode perceber o “como” ser pastores e o “que” seja necessário fazer para sê-lo verdadeiramente ao serviço dos irmãos.
Um mundo descristianizado requer uma nova evangelização, mas uma nova evangelização reclama Sacerdotes “novos”, não certamente no sentido do impulso superficial de toda a efêmera moda passageira, mas naquele de um coração profundamente renovado por cada Santa Missa; renovado segundo a medida da caridade do Sacratíssimo Coração de Jesus, Sacerdote e Bom Pastor. Particularmente urgente é a conversão do rumor ao silêncio, do preocupar-nos com o “fazer” para o “estar” com Jesus, participando sempre mais conscientemente do Seu ser. Cada agir pastoral deve ser sempre eco e dilatação daquilo que o Sacerdote é!
Devemos converter-nos à comunhão, redescobrindo o que ela realmente é: comunhão com Deus e com a Igreja, e, nessa, com os irmãos. A comunhão eclesial caracteriza-se fundamentalmente pela consciência renovada e vivida de viver e anunciar a mesma Doutrina, a mesma tradição, a mesma história de santidade e, por isso, a mesma Igreja. Somos chamados a viver a Quaresma com profundo sentido eclesial, redescobrindo a beleza de estar em um êxodo do povo, que inclui toda a Ordem Sacerdotal e todo o nosso povo, que aos seus Pastores olha como a um modelo de segura referência e, desses, espera renovado e luminoso testemunho.
Devemos converter-nos à participação cotidiana no Sacrifício de Cristo sobre a Cruz. Como Ele disse e realizou perfeitamente aquela substituição vicária, que tornou possível e eficaz a nossa Salvação, assim cada sacerdote, alter Christus, é chamado, como os grandes santos, a viver em primeira pessoa o mistério de tal substituição, ao serviço dos irmãos, sobretudo na fiel celebração do Sacramento da Reconciliação, procurado para si mesmos e generosamente oferecido aos irmãos, em união à direção espiritual, e na cotidiana oferta da própria vida em reparação dos pecados do mundo. Sacerdotes serenamente penitentes diante do Santíssimo Sacramento, capazes de levar a luz da sabedoria evangélica e eclesial nas circunstâncias contemporâneas, que parecem desafiar a nossa fé, tornando-se na realidade autênticos profetas, capazes, por sua vez, de lançar ao mundo o único desafio autêntico: aquele do Evangelho, que chama à conversão.
Às vezes, o cansaço é muito grande e fazemos e experiência de sermos poucos, frente às necessidades da Igreja. Mas, se não nos convertemos, seremos sempre menos, porque somente um sacerdote renovado, convertido, “novo” torna-se instrumento através do qual o Espírito chama a novos sacerdotes.
À Beata Virgem Maria, Rainha dos Apóstolos, confiamos esse caminho quaresmal, implorando da Divina Misericórdia que, a partir do modelo da Mãe celeste, também o nosso coração sacerdotal torne-se “Refugium peccatorum”.

Cardeal Mauro Piacenza

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