sábado, 7 de janeiro de 2017

SPIRITUALITA' DEL CELIBATO SACERDOTALE di Divo Barsotti


La perfezione cristiana è la perfezione della carità. Come la fede è adesione pacifica e sicura alla verità e non comporta dubbi, così la carità è frutto dello Spirito e in ogni anche suo minimo grado importa un'adesione appreziativamente somma a Dio. Non vi è carità là dove Dio non è amato come bene supremo: se l'uomo crede di spartire con altri il suo amore, non ama. L'ordine della carità è che si debba amare Dio di un amore totale: con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze. E, certo, la fede che esclude ogni dubbio è dono di Dio, e cosi dono di Dio è la carità che esclude ogni divisione.
Ma come è possibile allora un cammino spirituale se già fin dall'inizio del cammino l'uomo è in Dio? D'altra parte se non fosse in Dio, come potrebbe essere salvo un uomo che non avesse raggiunto la perfezione della carità? Ma è evidente che non è possibile una vita spirituale che non importi il superamento delle condizioni umane. Come potrebbe l'uomo trascendere cosi se medesimo e tutto il creato per raggiungere Dio e aderire a Lui nella fede e nell'amore? La fede è dono di Dio, e dono di Dio è la carità. Si deve allora capire come sia possibile un cammino di vita spirituale fino a una sua perfezione. Lo Spirito non opera nell'uomo come una forza estranea, al di fuori delle sue potenze, ma, nei suoi doni, Egli muove le sue potenze in tal modo che tutto l'uomo diviene strumento di Dio. L'uomo che sia in grazia è già in Dio, ma Dio richiede una cooperazione all'uomo alla sua azione, e la cooperazione dell'uomo all'azione di Dio è il suo consenso e la sua docilità all'azione dello Spirito. LEGGERE...

Vivere la vita dei santi Divo Barsotti



Se tu la pensi un poco, che meravigliosa cosa è mai questa!
Così piccolo tu sei, così povero tu sei, così limitato è il tuo orizzonte, così limitata la tua esperienza. Eppure in questa tua esperienza, in questa tua piccola vita, risuona l'eco di tutte le età, vive e pulsa il cuore di tutte le generazioni, si anima questa tua piccola vita della vita di tutte le anime che hanno conosciuto Dio e l'hanno amato.
Per questo - vedi - non ti è sottratto nulla. Pur vivendo a Viareggio, puoi vivere la vita nel Carmelo di sessanta anni fa, la vita del Carmelo di Lisieux. Puoi vivere sì, certamente, l'ansia intellettuale di Tommaso, puoi vivere sì, certamente, lo spirito missionario di san Francesco Saverio. è quello che viveva - ricordate - santa Teresa del Bambino Gesù. Lo dice nell'ultimo capitolo della Storia di un'anima.
Ella, nel suo piccolo Carmelo, viveva questa vita immensa: la vita di tutti i santi, dei dottori, dei martiri, dei confessori, dei pontefici: tutta la vita, in una sinfonia di una grandezza impressionante.
La tua piccola vita non ti toglie nulla; non ti è impedito di vivere altrettanto, in ogni momento, tutto.

L'uomo, centro del tutto...
L'uomo, si diceva già prima, non è parte di un tutto: il tutto è Dio, e se il tutto è Dio, non vi è una circonferenza ma ogni punto è il centro cui tutto converge. Si dice - ricordate? - riguardo agli spazi stellari: la circonferenza non è da nessuna parte e in ogni parte è il punto, il centro. 
Questo non è vero per gli spazi stellari comunque essi siano, ma è vero per la vita spirituale, se la vita spirituale, la vita soprannaturale è Dio stesso in quanto si comunica al mondo. 
Allora è vero che ogni anima è centro, centro cui convergono tutte quante le cose, perché centro di una sfera è il punto da cui parte tutta la sfera.
Così la terra: centro della terra è quel punto che attira a sé tutta la terra, e se la terra è solida lo è precisamente per questo centro, per questa attrazione onde tutte le cose vengono ricondotte a questo centro. Anche la tua anima, ogni anima, è centro: tutta quanta la creazione converge in te, pesa su di te e tu non sei schiacciato. E come centro anche da te si diparte tutta quanta la creazione; tutto a te converge, tutto da te s'irradia. Di tutto hai bisogno per vivere, a tutta la creazione tu dai la vita, nel possesso di Dio.

...nel possesso di Dio
Questo tu devi vivere, nella Liturgia.
Pensa un poco: se il Papa vive, lo deve a te, se il Papa scrive un'Enciclica, lo deve a te. 
Tutto è tuo, però tu hai bisogno non soltanto del Papa, ma anche di un bambino.
Da ogni parte accogli Dio e a tutte le creature tu lo doni.
Questo è vero non solo per coloro che vivono quaggiù, ma anche per i santi.
E com'è bello, per esempio, glorificare Maria! 
Donare Dio a Maria Santissima, ai santi, nel lodarli, nel glorificarli, nell'esaltarli! 
Che cosa noi facciamo se non portare Dio nel loro animo, quasi che essi dovessero ricevere Dio da noi, ricevere proprio dalle nostre mani la gloria che è loro dovuta? Siamo noi che incoroniamo Maria: anche per le nostre mani essa è e deve essere incoronata.

Non ci sono mai soltanto quelli che ricevono: nel mondo divino della grazia, noi riceviamo da tutti per donare a tutti e a ciascuno, anche nella nostra povera vita, nella nostra piccola vita comunque essa sia. Questo mi sembra che ci insegni la liturgia della Chiesa.



Autore: Autore: Divo Barsotti

Per ricordare Don Divo Barsotti che si spense serenamente il 15 febbraio 2006



don_divo_barsotti
Fondatore della Comunità dei Figli di Dio
Divo Barsotti è nato a Palaia (PI) nel 1914.
Pochi anni dopo l’ordinazione sacerdotale per interessamento di Giorgio La Pira si è trasferito a Firenze, dove ha iniziato la sua attività di predicatore e di scrittore. Oggi è unanimemente riconosciuto come mistico e come uno degli scrittori di spiritualità più importanti del secolo. La sua produzione letteraria è notevolissima: più di 150 libri, molti dei quali tradotti in lingue straniere, tra cui il russo e il giapponese, più centinaia di articoli presso quotidiani e riviste di spiritualità. Ha scritto commenti alla Sacra Scrittura, studi su vite di santi, opere di spiritualità, Diari e poesie.
Tra i sui testi di più importanti: Il Mistero cristiano nell’anno liturgicoIl Signore è uno; Meditazioni sull’Esodo; La teologia spirituale di San Giovanni della Croce; La legge è l’amore; Cristianesimo russo; La religione di Giacomo Leopardi; La fuga immobile.
Ha fondato la “Comunità dei figli di Dio”, famiglia religiosa di monaci formata da laici consacrati che vivono nel mondo e religiosi che vivono in case di vita comune; in tutto circa duemila persone. La Comunità è presente in Italia e nel mondo (Africa, Australia, Sri Lanka, Colombia) e si impegna a vivere la radicalità battesimale con i mezzi che sono propri della grande tradizione monastica.
Vicino per anni alla sensibilità del cristianesimo orientale, Divo Barsotti ha fatto conoscere in Italia le figure dei santi russi Sergio, Serafino, Silvano. Nel 1972 è stato chiamato a predicare gli Esercizi spirituali in Vaticano al Papa.
Ha insegnato teologia presso la Facoltà teologica di Firenze e ha vinto diversi premi letterari come scrittore religioso. Ha predicato in tutti i continenti e ultimamente è stato inserito tra le dieci personalità religiose più eminenti del ‘900, in Storia della spiritualità italiana, curato da P. Zovatto (Edizioni Città Nuova).
Don Divo si è spento seranamente il 15 febbraio 2006 nella sua stanza a Casa San Sergio, il piccolo eremo che dal 1955, a Settignano (sulle colline di Firenze), accoglie la Comunità dei figli di Dio.
Don Divo Barsotti (1914-2006) iniziava sempre la sua giornata con due preghiere; la prima era: «Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo», tratta dal Deuteronomio, e la seconda era: «”Padre nostro, che sei nei cieli…”.
Questo significa: prima l’ascolto, poi la risposta.
Nell’ascolto io imparo che Dio è Uno solo, e nella riposta dico subito: Padre mio…».
Don Divo Barsotti
«Esser santi non vuol dire esser delle anime pie, che facilmente son contente di sé e credono che la santità consista nella moltiplicazione degli atti di pietà, delle opere buone, e nulla di più. Esser santi vuol dire morire e risorgere, vuol dire disfarci ed essere come nuovamente creati per un atto di Dio, vuol dire essere collaboratori di Dio a un’opera che è più grande della creazione medesima, perché suppone una riforma totale dall’intimo di un essere che il peccato ha devastato».
La preghiera. Lavoro del cristiano, p. 117.
Per ricordare Don Divo Barsotti Fondatore della Co
Ciascuno di noi nell’amore fraterno dovrebbe vivere l’amore stesso di Dio, dono totale di sé all’altra persona, e questo vuol dire donare agli altri tutto quello che abbiamo, beni tempo, capacità, lavoro, comprensione, affetto, stima…, tutto, senza limiti. In tanto si vive (perché la vita del cristiano è amore) in quanto effettivamente ci si dona, in quanto ciascuno di noi vive il suo rapporto di amore con l’altro fratello in un dono totale di sé. È un impegno grande che spaventa”.[…] Divo Barsotti

VIVO CON GLI ALTRI - di don Divo Barsotti – Tratto da “ La mia giornata con Cristo”



 

Nostro Signore non è vissuto mai in casa tranne che nei trent’anni della sua vita nascosta. Anche allora tuttavia aveva dei rapporti con l'esterno, se gli uomini poi lo riconobbero come il «figlio del fabbro» (Mt 13,55). Ma certo, dal momento che egli ha iniziato la vita pubblica non ha più conosciuto una casa: è vissuto sempre fuori, nelle strade, nelle piazze, lungo le vie, nei campi, nelle città. Non ha potuto mai più sottrarsi al rapporto col mondo, con gli uomini; e gli uomini sembravano aver ricevuto ogni diritto nella sua vita.
Anche se vi sono alcuni per i quali il rapporto con l’esterno è ridotto al minimo, si può comunque dire che la massima parte di noi vive costantemente un certo rapporto col mondo, con gli uomini, al di fuori della propria casa. Dobbiamo allora imparare come vivere questo rapporto con l’esterno, come vivere la novità dei continui rapporti con gli uomini e con le cose.leggere...

Rivelare il vuoto dell'uomo da Gesù e la Samaritana, di Divo Barsotti

Rivelare il vuoto dell’uomo (da Divo Barsotti)
Rivelare il vuoto dell'uomo
da Gesù e la Samaritana,
di Divo Barsotti


«Venit mulier de Samaria haurire aquam». Ed ecco che s'in­contra con uno sconosciuto stanco e per di più assetato. Che gusto matto trova la donna nel tenerlo digiuno! Non è un giudeo?
«Da mihi bibere». E quell’altra che scherza: «Quomodo tu judeus cum sis, bibere a me poscis, quae sum mulier Samaritana?». Com'è che tu essendo giudeo chiedi l'acqua a me che sono samaritana? Tu hai bisogno di me - dice la don­na - nonostante che io sia samaritana e tu giudeo con tutte le tue albagie. Vedi, ora mi chiedi l'acqua, ora hai bisogno di bere! E non gliela dà. E una preparazione poco adatta alla Santa Comunione questa, questi dispetti... Eppure è un dispetto questo che gli fa la donna, no? Di fronte a uno che è assetato e stanco, risponde: «Bene, anche se tu sei giudeo hai bisogno di una samaritana e di un po' d'acqua». E Lui, che sembra non ricevere l'offesa, è lì seduto che non avverte la risposta beffarda della donna: «Se tu conoscessi il dono di Dio!». Qualche cosa ora già la donna avverte.«Chi è quest'uomo che mi dice queste cose?». «Si scires donum Dei!».
E povero, è stanco, è assetato, è un giudeo per di più, odiato dai Samaritani, ed ecco quest'uomo che è dileggiato nella sua povertà, che è oltraggiato nella sua fede, quest'uo­mo dice ora alla donna che ha un bene molto più grande di quello che Lui le ha chiesto. «Se tu sapessi il dono di Dio!». Egli aveva chiesto soltanto come condizione per potersi donare. L'obolo che tu gli dai è soltanto la condizione per ricevere infinitamente di più. «Se tu conoscessi il dono di Dio!». La prima cosa che mi sembra sia importante da nota­re è precisamente questa: che Nostro Signore è veramente un amante impossibile. Non si offende, non si vuole nemmeno considerare offeso da colui che ama. Una volta però che colui che Egli ama l'ha conosciuto, allora si offenderà, se rifiuta, ma non prima. «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti chiede da bere, certo avresti chiesto tu da bere e ti avrebbe dato acqua viva». Ecco, queste parole sono molto grandi, molto grandi e difficili da commentare perché sono immense; molto grandi anche nella loro accezione più comu­ne. Intanto che cosa vogliono dire? Vogliono rivelare all'uo­mo quello che l'uomo ha sempre voluto nascondere a se stes­so. Queste mie parole non valgono per voi che già l'avete conosciuto il Signore, ma per tutti. Se voi parlate agli uomi­ni del mondo, agli uomini che non lo conoscono ancora, agli uomini che con Lui non si sono ancora incontrati, agli uomi­ni che non lo vogliono cercare, se voi domandate a tutti que­sti uomini, essi dicono di essere contenti della loro sorte. Vanno a prender l'acqua, ma non hanno bisogno di Dio; van­no a prender l'acqua, ma non credono di aver essi stessi sete di un'altra acqua. La presenza del Cristo rivela all'anima il suo vuoto. C'è una pagina nelle meditazioni di Carlo de Foucauld in cui egli parla della tristezza in cui lo lasciavano le passioni mondane, quando egli, ateo, credeva di soffocare nei bagordi questa sete di Dio che è propria dell'uomo. Non è certo per noi che qui parla il Vangelo, perché noi l'abbia­mo conosciuto il Signore, noi sappiamo chi Egli è, ed Egli ci ha già dato l’acqua viva, ma se noi pensiamo a tutta la moltitudine umana, a tutta questa immensa folla, come queste parole di Gesù colgono il segno! La follia dell’uomo, i suoi divertimenti, la sua dissipazione non vogliono essere altro che un pretesto per nascondere, per soffocare l’intima pena, una sete fonda dello spirito, un’angoscia senza nome. E’ quello che diceva Chesterton circa trent’anni fa: “Questa è la differenza fra il cristiano e il pagano, fra chi ha conosciuto Gesù e chi non l’ha conosciuto: che il pagano grida: ‘Gioia, gioia!’ e nel suo fondo è la disperazione, e il cristiano invece sembra essere triste e nel suo cuore, nell’intimo, non conosce che la pace e la sicurezza, perché ha Dio” 

Don Divo Barsotti e la Santità


Filmati   :   Don Divo Barsotti    
Presentazione vita Don Divo  di Padre Serafino Tognetti 
Tratti della spiritualità di Don Divo   di Padre Serafino Tognetti


Maggiori informazioni http://uomo-fra-il-nulla-e-l-infinito.webnode.it/news/don-divo-barsotti-e-la-santita/

sexta-feira, 6 de janeiro de 2017

DIVO BARSOTTI, UN MAÎTRE SPIRITUEL


Publié le  par Christocentrix
Divo Barsotti est né à Palaia ( province de Pise) le 25 Avril 1914. Il a été prêtre dans l'Eglise catholique romaine, théologien, fondateur de la Communauté des Fils de Dieu, mystique renommé et maître spirituel. Quelques années après son ordination sacerdotale, il a commencé à Florence ses activités de prédicateur et d’écrivain. Aujourd’hui il est bien connu comme auteur mystique et de spiritualité, sa production littéraire étant remarquable: plus de 150 titres dont plusieurs traduits en langues étrangères comme le russe et le japonais. Au moins 25 traduits et publiés en français.
Divo Barsotti a vu naître autour de lui une communauté qui le reconnaît comme son fondateur, « La Communauté des Fils de Dieu ». C’est une famille religieuse comprenant des laïcs consacrés qui vivent dans le monde aussi bien que des religieux qui vivent dans de petites maisons de vie commune. Au total elle compte à ce jour environ deux mille personnes. (http://www.figlididio.it/francese/index.htm).
Le but de la spiritualité de l’abbé Barsotti est d’initier chaque chrétien à vivre la radicalité baptismale avec les moyens propres de la grande tradition monastique. Très proche depuis sa jeunesse à la sensibilité du christianisme oriental, Divo Barsotti a fait connaître en Italie les grandes figures de la sainteté russe à partir de St. Serge de Radonège, St. Seraphim de Sarov, St. Silouane du Mont Athos.
Le père Divo a enseigné pendant des années à la Faculté Théologique de Florence et a gagné plusieurs prix littéraires comme écrivain religieux. Il a prêché dans tous les continents et il figure parmi les dix plus éminentes personnalités religieuses du XXème siècle. Divo Barsotti est mort à 92 ans, le 15 février 2006 dans son ermitage de San Sergio à Settignano, sur les hauteurs de Florence.
Parmi les nombreux titres traduits, plusieurs concernent des méditations et commentaires des livres de l'Ancien  et du Nouveau Testament. 
Citons encore : "Vie mystique et mystère liturgique" (Cerf, "lex orandi",1953), "Ecrits Spirituels de saint Silouane, extraits" (édit. Abbaye de Bellefontaine), "La révélation de l'Amour" ( édit. Téqui, 1994), que-je-voie-ton-visage Barsotti"Que je voie ton visage" (Téqui, collect. Maîtres de vie spirituelle, 1987).
Ce dernier titre est une retraite prêchée aux communautés de vie contemplative dans le monde. "Vie contemplative" laisse prévoir que l'enseignement donné est très élévé; "dans le monde" témoigne que cet enseignement n'est pas réservé aux monastères, mais demeure accessible en tout état de vie, moyennant l'option radicale évoquée plus haut. ("Il dispose des ascensions dans son coeur" avait chanté le psalmiste ; puis saint Paul avait précisé de "foi en foi", et saint Grégoire de Nysse "de dépassement en dépassement". Dans ces Méditations  (Celui qui aime, Celui qui m'aime, Celui qui est aimé, Celui qui est l'aimé, etc...) réunies sous ce dernier titre, Divo Barsotti nous décrit et nous propose cette ascension austère et merveilleuse.

Who was Divo Barsotti?

   Divo Barsotti was born in 1914 in Palaia, a little village near Pisa.  He became a priest in 1937, after rediscovering Catholicism thanks to his meeting with Russian spirituality. He was a quite unorthodox priest, always trying to find his right place and to discover what was the plan of God for his life. So his first assignments in parishes and for some pastoral work did not suit his yearning for something else, that something else that he will probably start to see around 1947 when he starts to counsel spiritually a group of women, the first nucleus of his Community of God’s Sons and Daughters. In 1954 he resided in Settignano, considered the mother house of this new religious congregation. After failures, disappointments and false starts, the Community started to flourish and is now present in Italy and in few other countries around the world.

Father Barsotti was in contact with other personalities of the ecclesiastical world, as Hans Urs Von Balthasar (his spiritual director for some months), Giorgio La Pira, Giuseppe Dossetti, Giacomo Biffi and many others. In 1971 Paul VI asked him to preach the spiritual exercises for the Roman Curia. In his books he touched on several topics as spirituality, mysticism, Russian spirituality, Giacomo Leopardi, Fedor Dostoevskij and others. He passed away in 2006 in his Casa San Sergio in Settignano, near Florence. Several books were dedicated to his life and work (Tognetti, 2006; Fagioli, 2008; Albertazzi, 2009; Porfiri, 2010; Porfiri, 2012; Tognetti, 2012) and on September 2014, the process for his beatification was opened.read...

A Name To Remember

LEONELLO BARSOTTI
Aurelio Porfiri
Life is not easy. I think saying that is a kind of platitude. Sometimes we hate to be alive because we cannot face the many problems and situations happening to us. But there is also something that make us love our life. One thing is for sure when we meet great people. I have to say I was blessed in this regard. I have come in contact with incredible people in my life. One of them, I may say for sure, was Divo Barsotti. The past year we have celebrated 100 years from his birth (1914-2006). Who was Divo Barsotti? If you don’t know it is like exploring a continent for the first time. He was a priest and a writer (hundreds of books) but most of all, he was a mystic. And an extraordinary one. How I came in contact with him? Indeed I never met him in person because at the time he was already very sick. But I was in contact with him through one of his assistants because I have to write a review of one of his books, the very occasion I came myself to know him. He sent me some autographed copies of his books (on my request) and the assistant assured me of the interest of Father Barsotti for my work on him. Indeed, from that time I start to be really into his thought and read book after book written by him. And I myself contributed with two books of mine on the studies of this great man: Abisso di Luce (Divo Barsotti and Liturgy) and Educare alla Vera Realta’ (Divo Barsotti and Education). These two books are intended to be part of a trilogy I want to dedicate to him. Hope to have the strength and time to achieve this.
His insights on liturgy were also extraordinary: “The word has to create something because the word of God is creating word: the word of man has to obtain something, because the word of man is plea; and what the man obtains, and what God creates is the Sacrifice, act of supreme love, total answer to the love divine: Jesus’ sacrifice” (La Messa, pag. 65, my translation). And also: “It is laughable to think that Christianity was exchanged for an Institute that protects the established order. Christian goes to God looking at Him and not seeing anything than Him” (La Fuga Immobile, Pag. 62, my translation). I guess Divo Barsotti is almost unknown in the Anglo-Saxon world and it is really a pity. He was one of the giants of Christianity of our times.

Don Barsotti : La nuova teologia non si contrappone, non rinnega l'antica.



Don Barsotti ( 1914–2006 ), fondatore della Comunità dei Figli di Dio, famoso esperto di spiritualità, era nato a Palaia, nella Diocesi di San Miniato, la Diocesi che Mons. Pio ha guidato dal 1872 al 1906.
Fin da piccolo aveva sentito parlare del “vescovo angelico” – Mons. Pio – ed era cresciuto nella venerazione per il suo vescovo, mai incontrato fisicamente, ma assai presente spiritualmente.
La sua venerazione per Mons. Pio non si è mai affievolita, come dimostra il fatto che, negli ultimi anni della sua vita, per quanto quasi infermo, don Barsotti ha continuato a recarsi nella cripta del Monastero di via Bolognese (FI), dove sono custodite le spoglie mortali di Mons. Pio.
Ricordiamo la presenza di don Divo alla ricollocazione della salma di Mons. Pio (18 febbraio 2001) e l’ultima visita, pochi mesi prima della morte, il 26 luglio 2005, quando ha elevato una bellissima preghiera, augurando una veloce conclusione del processo di beatificazione.

Don Barsotti arriva al Monastero per assistere alla ricollocazione della salma di Mons. Pio (18 febbraio 2001)
Il saggio di Don Barsotti che viene qui pubblicato è stato scritto come introduzione al libro: Pio Alberto Del Corona, Il Mistero dell’Eucaristia. Elevazioni spirituali, rielaborate dal P.Raimondo Sorgia O.P., vol. I, pagg.196, Siena 1986.

Le Elevazioni sul mistero dell'Eucaristia di Mons. Pio A. Del Corona sono, se non la prima, certamente una delle prime opere spirituali scritte dal Servo di Dio e rimane la migliore. 
Vi sono pagine e pagine nella voluminosa eredità degli scritti che ci ha lasciato, che possono essere forse anche poeticamente più grandi, ma le Elevazioni rimangono l'opera più completa e fedele a una sola ispirazione. 
L'opera dimostra la vocazione contemplativa dell'autore che sarebbe stato chiamato dopo pochi anni all'episcopato.
Nel lungo episcopato non ebbe più la libertà di concedersi quel riposo nello studio e nella meditazione che gli avrebbe consentito di scrivere forse opere anche di più alta meditazione teologica e spirituale. 
Fu un oratore ricercato e soprattutto fu amato e venerato dai sacerdoti e fedeli che lo stimavano un santo. 
È vero per lui quello che è vero per molti: forse solo l'epistolario potrebbe metterci in un contatto e in una comunione più vera e più viva con lui. 
Finché non si potrà pubblicarlo, è già un bene pubblicare questa nuova edizione leElevazioni, importante sia come uno degli scritti italiani sull'Eucaristia fra i più ispirati della seconda metà del secolo XIX, sia come l'opera più significativa di uno dei vescovi italiani più grandi anche se poco conosciuto, dell'ultimo ventennio del secolo passato, e sia soprattutto perché anche oggi l'opera può nutrire la pietà dei fedeli. 

Se Mons. Pio fu un buon conoscitore dei teologi scolastici, non fu certo un precursore del rinnovamento liturgico. Il libro a questo riguardo è certo superato ,ma sono superati ormai anche gli scritti del più grande apostolo dell'Eucaristia del secolo XIX, S. Pier Giuliano Eymard. 

Questo non impedisce che S. Pier Giuliano Eymard non debba essere anche per noi un maestro di vita spirituale.

San Pierre Julien Eymard (1811–1868)
Del resto se pensiamo alle numerosissime congregazioni sorte in quel tempo per l'Adorazione Eucaristica, non possiamo dubitare che sia stato lo Spirito Santo a ispirare una pietà che può oggi apparire legittima, anche se fuori centro.
L'attenzione del teologo, la pietà del fedele si fermavano sul Mistero della Presenza reale senza che si vedesse come questo mistero non si sarebbe potuto in alcun modo dividere dal mistero della Comunione e del Sacrificio.
La Presenza del Cristo si fa di fatto pienamente reale nell'atto del Sacrificio se è Presenza di una Persona vivente, e il Cristo è realmente presente in quanto si ordina all'uomo perché la Presenza dice essenzialmente rapporto con qualcuno.
Nelle Elevazioni il mistero del Sacrificio è relegato nell'ultima parte e la Comunione Eucaristica non sembra essere partecipazione del fedele al Sacrificio del Cristo.
Non era messo in rilievo allora il sacerdozio dei fedeli e non si vedeva, come invece aveva già insegnato S. Paolo, che la vita cristiana è un sacrificio, che non può certo moltiplicare il Sacrificio del Cristo, ma ne è la sua partecipazione.

Tuttavia, a impedire che la nuova visione teologica debba compromettere il mistero di una Presenza reale che la fede ci insegna permanente, non è certo inopportuno l'insegnamento degli scrittori spirituali del secolo passato, né è fuor di luogo una pietà Eucaristica che anche oggi deve esigere l'adorazione.
È vero che non è questo il fine dell'Eucaristia, ma è vero che se il Cristo non è presente per essere adorato, deve essere adorato perché egli è presente.
D'altra parte se la Comunione Eucaristica è partecipazione al Sacrificio del Cristo e opera soprattutto una nostra unione con lui, rimane pur vero che è cibo, e come cibo ci nutre, ci corrobora, ci risana, ci dona letizia.
Sono questi gli effetti del Sacramento che Mons. Pio, d'accordo con S. Tommaso, vede e insegna.

La nuova teologia non si contrappone, non rinnega l'antica.
La teologia e la pietà eucaristica delle generazioni passate vanno integrate dal rinnovamento liturgico e dall'insegnamento dell'ultimo Concilio, ma un rinnovamento e un approfondimento teologico suppongono quella teologia e quella pietà: non nasce oggi la Chiesa.
I figli ricevono la vita dai padri, anche se, poi, crescendo potranno migliorare le condizioni della famiglia ed elevarsi intellettualmente più di quanto non lo fossero coloro che hanno dato loro la vita.
  
Un calice ed un ostensorio appartenuti a Mons.Pio; sulla base del calice si può leggere una dedica

Mons. Pio, vescovo e maestro di spiritualità nell’ultimo quarto del secolo XIX, è uno dei padri che i figli debbono conoscere e venerare.
La vita spirituale delle età che ci hanno preceduto, giunge a noi attraverso la parola che essi hanno consegnato agli scritti. Il rifiuto del passato è il rifiuto sicuro della vita.
Le Elevazioni sul Mistero dell'Eucaristia è un libro che ha comunicato la vita e può comunicarla ancora.
È uno dei pochi libri che dimostrarono a suo tempo come la vita spirituale non può separarsi dalla teologia e dipende essenzialmente dai Sacramenti divini.
È testimonianza di una viva pietà.
Ha potuto comunicare la vita perché nasceva dalla contemplazione e dalla preghiera, ci insegna a fare della teologia il nutrimento della nostra stessa pietà.
Basterebbe questo insegnamento a giustificare la sua nuova edizione, la sesta, da quando apparve la prima volta nel 1874. Dobbiamo riconoscere che non sono molte le opere di spiritualità scritte nel secolo passato che abbiano avuto tante edizioni. E anche questo può essere un indice del suo valore, visto che il libro non è di facile lettura per il suo carattere teologico.
Tre diocesi sono interessate al riconoscimento pubblico di una santità di Mons. Pio Alberto Del Corona: Livorno dove nacque, Firenze dove visse la sua preparazione al ministero episcopale e dove nella tarda vecchiaia venne a morire, e S. Miniato di cui fu Vescovo e padre per oltre un trentennio.

La nuova edizione si propone anche di ravvivarne il ricordo e la venerazione.
Possano i sacerdoti e i fedeli, specialmente delle tre diocesi, accogliere ancora la sua parola, essere alimentati dalla sua pietà.

Sac. Divo Barsotti

Quale corpo il Signore mi darà dopo la morte - DIVO BARSOTTI

divo barsotti 
Il «testamento» del fondatore della Comunità dei figli di Dio, scomparso ieri mattina,
riflette sul destino ultimo dell’uomo.
RITAGLI  «Quale corpo il Signore mi darà?»  DOCUMENTI
«Sembra che solo andando verso la morte l’uomo viva.
A vent’anni siamo portati via dagli istinti,
le ambizioni, le vanità, gli egoismi, la sensualità.
L’uomo incomincia a vivere invecchiando».
«Morire significa deporre un corpo che non è fatto per l’immortalità.
E dunque la morte non è un male,
perché libera da uno strumento che è inetto a una vita pienamente umana
e veramente spirituale».
La risurrezione suppone la morte, il trionfo del Cristo il giudizio. Sono verità di fede elementari, e pur tuttavia, proprio perché sono elementari, non sono solo importanti ma fondamentali anch'esse per la nostra vita spirituale. È sempre il Mistero del Cristo: morte e risurrezione; e non vi è un elemento senza l'altro. La morte da sola non sarebbe mai, né potrebbe essere mai un argomento di meditazione per il cristiano, perché la morte è soltanto condizione alla risurrezione gloriosa; d'altra parte la risurrezione è impensabile senza la morte. I due elementi si richiamano l'un l'altro cosicché non possiamo meditare l'uno senza l'altro. È vero però che possiamo separarli, non per mantenerli divisi, ma perché la nostra meditazione abbia una maggiore ampiezza, infatti potrebbe essere soltanto un poco di curiosità teologica il meditare sul giudizio finale o sulla fine del mondo, mentre su tutti noi incombe la morte.
Tra poco noi moriremo. Che vuol dire morire? Che cos'è la morte? La prima considerazione da farsi sembra questa: l'uomo è un essere estremamente paradossale. Per il fatto che siamo in un corpo, indipendentemente dal peccato, sembra non potersi evitare la morte. Quel che è fisico, quello che è biologico non può durare eternamente, consuma. D'altra parte sarebbe non solo impensabile ma del tutto miracoloso (è un miracolo che non ha nessuna giustificazione e che a lungo andare andrebbe precisamente contro gli stessi voleri di Dio) che questo corpo vivente non conoscesse la dissoluzione. Sarebbero innumerevoli miracoli quelli che Dio dovrebbe fare perché questo essere che abbiamo, il corpo, dovesse mantenersi vivo senza fine. Non vi è esempio di questo nella natura: nemmeno le montagne rimangono ferme, nemmeno il sole e gli astri sono eterni. Una forza unica travaglia tutto l'universo fisico in mutamenti continui, in rivolgimenti inevitabili. È proprio il cambiamento stesso che assicura la permanenza. Non vi è nulla di permanente quaggiù se non il movimento.Quale corpo il Signore mi darà dopo la morte - DIVO BARSOTTI

quinta-feira, 5 de janeiro de 2017

Don Divo Barsotti, il disagio per i nuovi teologi



di Lorenzo Bertocchi

Il 25 aprile sono 103 anni dalla nascita di don Divo Barsotti (1914-2006), il fondatore della Comunità dei Figli di Dio, grande mistico e teologo. Dal 25 al 27 aprile si terrà, tra Palaia (PI) e Firenze, una tre giorni sulla figura del monaco toscano cui parteciperanno anche il Card. Betori e Mons. Tardelli. In vista di questa ricorrenza il quotidiano Avvenire ha pubblicato una lettera inedita che don Divo inviò alla sua comunità alla chiusura del Concilio Vaticano II, assaggio di un lavoro che i suoi figli spirituali stanno compiendo proprio rispetto al rapporto tra Barsotti e il Concilio. Un'opera interessante che vuole attingere a tutti gli scritti, e sono tantissimi, che il padre ha lasciato sul tema.
Ad onor del vero già qualcosa si conosce del rapporto sofferto che don Divo ebbe con il Vaticano II, sopratutto mano a mano che il tempo passava e dal Concilio ci si incamminava nel post-concilio. Per farsene un'idea è sufficiente leggere la ricchissima biografia scritta da P. Serafino Tognetti, membro della comunità dei Figli di Dio e primo figlio spirituale del Barsotti. Nella lettera pubblicata da Avvenire si può leggere l'entusiasmo di chi confidava veramente in una nuova primavera della Chiesa. “Il cristiano deve essere cosciente che ogni barriera è finita. (…) Le differenze, le opposizioni – scrive don Divo – non possono vincere l'amore che in Cristo ci ha riuniti. Per questo con il Papa anche noi salutiamo tutti gli uomini come fratelli, anche coloro che perseguitano la Chiesa, anche coloro che non credono in Dio, perché l'amore che in Cristo ci ha uniti è più forte di tutto”.
Tuttavia in un libro da lui pubblicato nel 1970 – Dopo il Concilio. Crisi nella Chiesa? - ci si può rendere facilmente conto che il giudizio di don Divo sul Concilio non può essere frettolosamente imbalsamato in una indistinta unità nell'amore. In particolare emerge la sua preoccupazione in merito ad una nuova teologia che in realtà, secondo lui, aveva ben poco di innovativo: “la novità di una teologia che rinnega la teologia del passato, non è più una novità cristiana”.
Nei diari del 1967, e siamo veramente vicini alla fine del Concilio, si può ravvisare la sua perplessità anche rispetto all'atteggiamento dei teologi. “Senso di rivolta che mi agita e mi solleva fin dal profondo contro la facile ubriacatura dei teologi acclamanti al Concilio. Si trasferisce all’avvenimento la propria vittoria personale, un’orgogliosa soddisfazione che non ha nulla di evangelico”. Penso che don Barsotti avrebbe condiviso pienamente quanto insegnava il Card. Ratzinger nel 1986 a proposito del rapporto tra annuncio e teologia, tra Chiesa e teologia, e cioè che “l'annuncio è metro per la teologia, e non la teologia il metro per l'annuncio”. Consapevoli entrambi che è l'annuncio della Chiesa che manifesta all'uomo la verità su se stesso e su ciò per cui può vivere e morire.
Sempre nel 1967 mostrava una certa insofferenza verso coloro che ai suoi occhi avevano una certa “ossessione” di rinnovare il cristianesimo per farlo stare al passo con i tempi. “Il problema vero di un rinnovamento del cristianesimo – concludeva – non è un problema di tecnica, è un problema spirituale”. La Presenza salvifica del Cristo, concetto molto caro al Barsotti, per lui non può essere assolutamente ridotta ad un mero “fatto sociale”.
Predicando gli esercizi a papa Paolo VI - 1971 - don Divo ricorda, infatti, che il vero rinnovamento nella Chiesa deve prendere le mosse solo e soltanto dalla santità. Furono Carlo, Ignazio, Saverio, Teresa, Giovanni della Croce, che attuarono il Concilio di Trento e – disse Barsotti - “guai se rompiamo il legame che ci unisce alla Chiesa di sempre. Non posso riconoscere la Chiesa di oggi se questa non è la Chiesa del Concilio di Trento, se non è la Chiesa di Francesco e di Tommaso, di Bernardo e di Agostino. Io non so che farmene di una Chiesa che nasca oggi. Se si rompe l’unità, la Chiesa è già morta”.
Sono 100 anni dalla nascita di don Divo Barsotti e la sua figura appare sempre più difficile da inserire in qualche schema ecclesiale del tipo destra/sinistra, ma questo ci rassicura perché allora la sua categoria, se proprio se ne vuole cercare una, è quella in cui sono inseriti gli uomini di Dio, i Santi. Liberi perché nella Verità, rivolti con il cuore e la mente alle cose di lassù, capaci di amore perché hanno conosciuto l'Amore.

Il 15 febbraio di 11 anni fa moriva don Divo Barsotti, fondatore della "Comunità dei Figli di Dio"


Chi crede vive al di là della morte

Il 15 febbraio di 11 anni fa moriva don Divo Barsotti, fondatore della "Comunità dei Figli di Dio"



"Chi veramente crede... vive al di là della morte"

Di seguito pubblico una biografia curata da p. Serafino Tognetti, attuale Superiore della Comunità.

Don Divo BARSOTTI, unanimemente riconosciuto come una delle Figure più luminose della Chiesa del '900, è stato uno Scrittore, Poeta, Predicatore, un Uomo dello Spirito e Fondatore della “Comunità dei figli di Dio”, avente come base un carattere contemplativo, che conta più di duemila Membri sparsi nel Mondo.
Paradossalmente, per chi lo abbia cercato e abbia desiderato conoscerlo, non è stato mai facile scovarlo o incontrarlo, perché Don Divo non ha mai amato e né voluto le copertine, le immagini.
“Gesù – scriveva il Teologo e Scrittore Danese Soren Aabye KIERKEGAARD, 1813-1855 nei suoi Diari – non desidera ammiratori, ma seguaci; non vuole applausi, ma discepoli”.
Così, anche Don Divo BARSOTTI: pur avendo grandi capacità, grandi doti e una vita di preghiera fuori dal comune, è scappato sempre da ciò che può semplicemente apparire.
Irriducibile, Anima tesa all'Assoluto, Don Divo ha sempre dichiarato di aver cercato la Volontà di Dio, sino alla fine, senza sentirsi mai appagato in alcun posto, a iniziare dalla propria Diocesi, San Miniato, appena ordinato Sacerdote, tanto che nel dopoguerra il Vescovo lo lasciò partire volentieri per Firenze.
Anche a Firenze, un posto vero e proprio non lo ha mai avuto: troppo incandescente per avvicinarsi a lui
Una parola viva, ma anche tagliente, la sua.
Dal Convento della Calza, dove il Cardinale Elia DALLA COSTA lo aveva mandato come Cappellano delle Suore, cominciò a farsi notare per la Predicazione, ricca di toni nuovi per quel tempo, che richiedeva un rinnovamento della Chiesa, ossia di tutti i Battezzati, Chierici e Laici, nella via della Santità.
Dopo gli anni di vita nascosta, di studi privati e personali a Palaia, in Provincia di Pisa, le sue Predicazioni colpivano per il vigore e il senso di Dio che trasmettevano, con quella Esegesi Biblica, spirituale e spericolata, con quel richiamo continuo alla perfezione, con quel suo non intrupparsi (unirsi in truppa) e irreggimentarsi (sottoporsi ad una intensa disciplina togliendo la libertà personale) in nessun schema.
Decisamente di indole contemplativa, quando nel 1951 scrisse il suo capolavoro “Il Mistero Cristiano nell'Anno Liturgico”, non si accorse di aprire una scuola nuova, insieme a Odo CASEL, Monaco Benedettino, Teologo della Liturgia, Filosofo e Sacerdote, 1886-1948, peraltro mai conosciuto personalmente, che avrebbe avuto una grande importanza, ancora non esaurita, in seguito.
Entrare nel Mistero della vita e della morte, inserirsi nell'Atto di Cristo di Morte e Resurrezione, per salvare, con Lui, il Mondo: questo è stato il punto fisso della Vita e della Predicazione di Don BARSOTTI.
Come?
Semplice: con la preghiera oggettiva, la Liturgia – Santa Messa e Liturgia delle Ore - la Contemplazione, il silenzio, l'esercizio della Divina Presenza continua, la preghiera del cuore. Cose che egli ha esercitato e insegnato a tutti i livelli.
Da giovane Prete, per qualche anno, volle andare in missione in India o in Oriente, ma i tentativi fallirono sempre.
Incarichi ed impegni ufficiali la Chiesa non gliene diede mai.
Amicizie tante, ma sempre al di là dei gruppi e degli schieramenti.
Giorgio LA PIRA, uomo politico, Sindaco di Firenze, Servo di Dio, 1904-1977, gli fu caro amico, soprattutto in quegli anni a Firenze.
Ma la sua irrequietezza, che sprigionava dal suo Spirito, gli impediva di mettere radici da qualche parte, in maniera definitiva.
Solo alcune donne anziane, della zona di Porta Romana, a Firenze, nel dopoguerra, osarono mettersi alla sua sequela (al suo seguito), e Don Divo, anziché proporre una direzione spirituale personale, singolarmente, fece di loro un Gruppetto di Preghiera e di studio, dando un programma di vita, che avrebbe impegnato severamente persino i Trappisti (Ordine Cistercense Riformato, che osserva rigorosamente la Regola Benedettina).
Nacque, così, la “Comunità dei figli di Dio”, che avrebbe poi avuto, nel tempo, una lenta e continua crescita sia in Italia che nel Mondo.
Ecco, cosa era:
· Scrittore, senza cercare pubblicità;
· uomo di preghiera, che sentiva l'urgenza di comunicare la propria esperienza;
· amico di molti, senza dipendere da nessuno;
· Insegnante di Teologia, ma senza Programmi Didattici;
· padre di una “Comunità” numerosa, ma senza averlo cercato.
La Vita di Don Divo si riassume bene nel titolo di un suo Diario Spirituale:
“La fuga immobile”. 
Si fugge dal Mondo, dalle sue convenzioni, dalle sue vanità e dal suo dominio, ma per rimanere immobili in Dio, fermi nei principi immutabili di sempre, nella Tradizione, nell'Amore alla Chiesa.
Dopo il Concilio Vaticano II, Don Divo BARSOTTI non cambiò il tono delle sue proposte.
Rinnovamento sì, ma non nelle strutture: nei cuori.
Il richiamo alla Santità personale, fino alla fine, è stato il suo grido profetico, che ha vissuto in prima persona, sempre.
L'Amore alla Liturgia, alla Santa Messa sono i grandi richiami di Don Divo.
Chi ebbe l’occasione di assistere ad una sua Celebrazione Eucaristica, difficilmente la dimenticherà, non tanto per lui in sé, quanto perché, immergendosi in quell'Atto, a volte fino alla commozione e alle lacrime, introduceva i Fedeli, potentemente, nel Mistero: la Santa Messa diveniva la Presenza di Dio, del suo Sacrificio.
Don Divo ha scritto centinaia di libri, tradotti in molte lingue.
È molto conosciuto all'Estero: in Francia, in Germania, in Spagna, persino in Russia, per aver parlato, per primo, in Italia, di San Sergio, San Serafino, San Silvano del Monte Athos, dei Padri di Optina.
Ha scritto migliaia di pagine, articoli di Agiografia: conosceva benissimo tutti i Santi e Beati Italiani, anche quelli semisconosciuti nelle proprie Diocesi.
Ha scritto articoli di spiritualità, poesie, saggi, commenti biblici, eccetera, a tal punto che Padre Alonso Shoekel era entusiasta di lui e che, prima di morire, gli scrisse una lettera dalla Spagna, obbligandolo a ristampare il libro sulla Genesi,
Ha tenuto gli Esercizi Spirituali alla Curia Romana, al tempo di Papa Paolo VI; ha predicato in decine di Monasteri, in Italia e all'Estero, a Seminaristi, Sacerdoti, Vescovi... ma sempre rimanendo lontano dai riflettori, come se gli bastasse essere conosciuto solo da Cristo, nelle preghiere, nella pace.
Egli era consapevole del paradosso della sua Missione e Funzione:
“Sofronio di Gerusalemme fu eletto Patriarca di Gerusalemme a 84 anni – annota, nel suo Diario, l'8 Giugno 1973.
È necessaria tutta la vita per prepararsi a compiere quella che è la nostra Missione.
Cinquant'anni di silenzio, di macerazione solitaria, di fallimenti.
Bisogna che l'uomo non viva più per compiere nulla.
Quando sarà liberato da ogni volontà di potenza e non vivrà più la sua vita che nella profondità del silenzio, allora Dio userà di lui.
Che nulla ti turbi.
L'oblio di tutto il Creato, la rinunzia ad ogni opera è condizione imprescindibile alla vera Carità.
Bisogna che tu realizzi l'assoluta grandezza della Presenza di Dio nel vuoto di tutto, nel silenzio di ogni Creatura, nell'esperienza della tua povertà.
Era necessario che tu passassi per questo deserto; è necessario che nel deserto tu debba morire, bruciato dalla sete, scottato dal Sole.
In questo deserto, un giorno le ossa aride udranno, un giorno, la Sua Voce: tu potrai levarti, allora, pronto alla battaglia e lo Spirito di Dio ti sosterrà, ti porterà”.
La sua giornata di “Casa San Sergio”, piccola casa sui Colli fiorentini, nella quale ha vissuto dal 1956 fino alla morte, è stata scandita da un ritmo di preghiera, di silenzio, di meditazione, di ascolto.
I suoi Diari spirituali, alcuni dei quali editi, sono dei veri e propri Inni d’Amore e Trattati di Teologia – certo non sistematica – in cui Dio appare come il Grande Amato, il Grande Ricercato, il Senso stesso della Vita e del Mondo.
E in questo silenzio, in questo isolamento - Don Divo è stato molto amato dai suoi affezionati Lettori, dai suoi Figli Spirituali, dagli Amici, dai Religiosi in Conventi e Monasteri, ma ignorato dal Mondo Accademico - ci appare chiaro come il messaggio così Cristologico e Trinitario di Don Divo possa essere il centro di una ripresa vitale della Chiesa, che con Giovanni Paolo II, prima, e con Benedetto XVI, ora, richiama la Cristianità ai propri doveri e responsabilità davanti ad un Mondo secolarizzato e abbruttito dalla violenza.
“Aprite le porte a Cristo!” è il grido che in Don Divo ha un assoluto rilancio, proprio perché così lungamente meditato, un grido che può contribuire a dare luce e sale alla Cristianità, in Europa e nel Mondo.
Don Divo è stato un uomo che ha dedicato tutta la vita a far conoscere agli Uomini la bellezza della Verità, contemplata nella Fede.
Passionale e forte, dolce e paterno, solitario e uomo di Fede incrollabile, Monaco e Predicatore al tempo stesso, insofferente alle mode e capace, con una parola, di illuminare un'intera esistenza...
Tutto questo è stato Don Divo BARSOTTI.
Lascia dietro di sé Scritti, Libri e Pagine che testimoniano la sua straordinaria esperienza di Dio… lascia una Comunità di Anime Consacrate… lascia tanti solchi aperti e pronti ad essere fecondati di nuovo dalla Sapienza Divina.
Poco prima che la malattia finale gli togliesse lentamente la possibilità di leggere e scrivere, verso la fine del 2002, scrisse nel suoi Appunti queste parole:

“Nessuna fuga dal tempo
porta via con sé quello che io vivo.
Quello che io vivo entra con me
nella Presenza di Colui che mi ama:
nulla è perduto, ma in Lui tutto si raccoglie.
Non esiste la morte, se veramente esiste l'Amore”.

Il centenario della nascita di don Divo Barsotti


don divo Barsotti

(di Cristina Siccardi) Don Divo Barsotti, del quale quest’anno si celebrano i cento anni dalla nascita (1914-2006), pur essendo stato prolifico pensatore e scrittore, non viene citato dalla maggioranza dei teologi. Per quale ragione?
Seppure apprezzato dalle più alte gerarchie ecclesiastiche a lui contemporanee, questo monaco mistico fu un “grillo parlante” che non ebbe paura di mettere, pubblicamente, il «dito nella piaga»:la volontà di molti uomini di Chiesa di abbracciare il mondo. Pietro Zovatto, autore dell’introduzione al libro del monaco toscano L’attesa. Diario: 1973-1975 (San Paolo, pp. 266, € 17.00) scrive:
«Anche il Concilio Vaticano II, e più precisamente nella costituzione Gaudium et spes, non sfugge all’ambiguità nel determinare il rapporto chiesa-mondo e si lascia sfuggire un’occasione unica, quella di portare la Croce al centro dell’assise conciliare. Forse i padri conciliari opinavano di non prendere di petto l’orientamento prevalente del “processo della storia” in corso verso la mondanità, mentre proprio questo “ipostatizzare la vita del mondo” (20.7.1974) è come legittimare il rifugio dell’uomo in un luogo dove non si trova che l’assenza di Dio, nella “vanità di ogni valore creatoLo Spirito Santo sempre ha assistito la sua Chiesa, e il Concilio Vaticano II nel cambiare tutto, a cominciare dalla pietas con il “culturalismo liturgico”, fa quasi un atto di accusa allo Spirito Santo che fino agli anni Sessanta non avrebbe assistito la sua Chiesa in modo adeguato» (pp. 15-16).
L’attesa è il quindicesimo Diario di don Barsotti, in esso emergono osservazioni, riflessioni, considerazioni schiette e genuine, chiare manifestazioni di un’anima che cerca la santità propria ed è assetato di santità altrui, alla quale attingere… ma l’orizzonte è alquanto spoglio. Infatti, il 14 maggio 1975 scrive: «Chiaravalle milanese. Ho ascoltato stasera P. Leclercq. Anche i più grandi uomini quando non sono dei santi non fanno che rivelare la loro povertà» (p. 228).
Jacques Leclercq (1891-1971), moralista e sociologo, canonico e professore all’Università di Lovanio, tese a una teorizzazione del diritto naturale che, pur ispirata al tomismo, soddisfacesse le istanze della cultura contemporanea; ma don Barsotti non ha mai desiderato soddisfare le necessità della filosofia, della teologia e della cultura contemporanee, bensì quelle dell’anima, centro della vita terrena ed eterna di ogni individuo.
In molte pagine don Barsotti ci appare come un latitante della Chiesa, una Chiesa che non gli dà quel nutrimento di cui egli grida il bisogno: «Vuoto. Non si può costruire sull’acqua, né l’albero cresce e vive senza radici. Questo ci sembra oggi la Chiesa. (…) Sono legato da innumerevoli impegni che danno solo l’impressione della vita e non fanno in realtà che assicurare la morte. La scuola in seminario a giovani che non ascoltano e non si interessano; predicazione a sacerdoti, a religiosi, a suore che ascoltando hanno compiuto il loro dovere per poter continuare poi la loro vita, per mascherare così a loro stessi il deserto e il silenzio di Dio. Mio Dio, liberami da questo inganno; fammi vivere» (p. 223).
Egli si scaglia contro l’orgoglio e la superbia, contro l’antropocentrismo, contro tutto ciò che impedisce al Cristianesimo di esprimere la sua dirompente forza, ovvero la sua «passione»: senza passione, intesa sia come amore e sia come calvario, non si vive, ma si muore. «Come si salverà il mondo? Tutto sembra precipitare nel caos e nella morte. (…) La Chiesa si disfà. Che cosa ci chiede Dio per collaborare alla salvezza del mondo? Null’altro, ci sembra, che l’obbedienza e la fede, ma costano più di un martirio di sangue» (p. 221).
L’autore ci rivela tutto il suo dolore e questa sua immane angoscia, sia spirituale che intellettuale, è così alta da preferire ad essa un martirio di sangue. Eppure ci pare di intravvedere uno spiraglio di speranza: i grandi santi della Sposa di Cristo sono riusciti, da soli e con la Grazia del Signore, ad edificare la Città di Dio anche nel mondo: «Perché ci si agita tanto per quanto si fa, per come si governa la Chiesa, per quello che non si fa e si vorrebbe che fosse fatto?.. non solo i santi del medioevo potevano vivere la loro unione con Cristo e con la Chiesa senza occuparsene troppo, ma perfino i santi della Controriforma non erano, non sono stati mai eccessivamente turbati per quanto si faceva a Roma. Chi ne fu turbato non fu Ignazio ma Lutero» (p. 31). I santi, in fondo, non si preoccupano, ma si occupano di costruire là dove si distrugge. (Cristina Siccardi)