quarta-feira, 11 de janeiro de 2017

Il famoso libro di P. Emilio Neubert da scaricare

Il famoso libro di P. Emilio Neubert da scaricare

Questo libro è un vero classico della spiritualità mariana. Venne pubblicato per la prima volta a Marsiglia nel 1933, ha conosciuto una straordinaria diffusione ed è stato tradotto nelle principali lingue del mondo in centinaia di edizioni. P. Emilio Neubert è nato nel 1878 a Ribeauvillé in Alsazia (Francia). Divenuto marianista, studiò teologia a Friburgo in Svizzera dove venne anche ordinato sacerdote. Partito nel 1908 per gli Stati Uniti, fu cappellano e Maestro dei Novizi fino al 1921. Ritornato in Europa divenne superiore del Seminario internazionale marianista di Friburgo. Fino al 1949 intere generazioni di seminaristi poterono arricchirsi della sua esperienza e della sua saggezza. Gli vengono attribuiti più di 150 scritti tra libri, studi e articoli. Tra i libri "Maria nel dogma" pubblicato nel medesimo anno del "Mio Ideale: Gesù figlio di Maria" (1933), fu poi riveduto e stampato nel 1945. Nel 1936 pubblicò "La vita di Maria"; nel 1941 "Nostra Madre"; nel 1944 "La Regina dei militanti", piccolo trattato di spiritualità mariana per dell'Azione Cattolica. "Maria e il nostro Sacerdozio" del 1952, è il frutto della sua esperienza di formatore di sacerdoti. Il Neubert fu anche uno dei fondatori della «Società francese di studi mariani» nel 1935. La sua ultima opera fu "Santa Teresa del Bambin Gesù e la SS. Vergine". Morì nel 1967. Tutta la sua vita fu illuminata dall'amore di Cristo e da una devozione filiale verso la Vergine Maria.

"Il mio ideale: Gesù, Figlio di Maria" è stato ed è fra le tante sue opere, la preferita dai lettori, così come è stato per lui stesso. Con stile sobrio, il P. Neubert ha saputo offrirci non delle norme teoriche, ma una spiritualità mariana profondamente equilibrata. Ha saputo darci delle sintesi armoniose: dogma e devozione, contemplazione ed azione, Cristo e Maria, semplicità e profondità... Tutto al proprio posto e nella giusta misura. È una chiamata all'interiorità per lanciare il cristiano all'azione. Egli dimostra con chiarezza che la devozione a Maria non è autentica se non è missionaria. In questo senso il P. Neubert è il fedele interprete del messaggio mariano del Guglielmo Giuseppe Chaminade, fondatore dei Marianisti. Tale equilibrio viene dal fatto che il P. Neubert viveva ciò che scriveva. Tuttavia non si tratta di un libro di testimonianze nello stile che piace oggi. Non parla mai di se stesso. Ci confida la propria esperienza in modo obiettivo; e la mette in bocca a Gesù e a Maria che parlano al «discepolo», a quel Giovanni che dobbiamo essere ognuno di noi. Con questo libro, Neubert vuole attirare l'attenzione di tutti i cristiani sull'obbligo che hanno di essere santi e apostoli. E vuole dimostrare che Maria è la via per attuare tutto questo, perché Ella è Madre ed Educatrice. Così come ha educato Cristo può educare noi e fare di noi altri Gesù. 

"Il mio ideale: Gesù, Figlio di Maria" 
è un libro cristocentrico: parte da Cristo ed è Cristo stesso che conduce a Maria. Questo modo di presentare Maria può essere particolarmente utile oggi. Nel periodo del post-Concilio molti cristiani abbandonarono Maria come qualcosa di accessorio e secondario. La visione tradizionale «per Matrem ad Filium», Maria cammino verso il Cristo, venne e viene da molti misconosciuta.  Nel libro di Neubert, le due prime parti sono poste in bocca a Gesù - è Gesù stesso che «spiega» Maria e ci introduce nel mistero di sua Madre. È il Cristo che ci chiede non solo di imitare Maria «la prima cristiana» ma di identificarci con Lui per capirla ed amarla. Questa è la vera devozione a Maria: la stessa che ebbe il Signore. Maria però ha ricevuto una missione specifica nella Chiesa: essa è Regina degli Apostoli. Nelle due ultime parti dell'opera poste in bocca a Maria, essa stessa spiega la propria missione, e ci invita a lasciarci formare da Lei come degli altri Gesù, e a collaborare con Lei nella sua missione nel mondo. È tutto un programma, semplice e concreto; un cammino che ci può aiutare ad essere Missionari di Maria nella nuova evangelizzazione. Quanta forza ed entusiasmo può darci il sentirci strumenti in mano di Colei «cui sono riservate le ultime vittorie sul male», di Colei «che ha vinto tutte le eresie e che vincerà pure quelle odierne», per usare le profetiche parole del Ven. Guglielmo Giuseppe Chaminade.

Inserito Domenica 6 Dicembre 2009, alle ore 11:02:11 da latheotokos

“Il mio ideale, Gesù, Figlio di Maria” ,PADRE EMILE NEUBERT


Il “best-seller” di Maria
Tra tutti i suoi libri, il preferito da laici e sacerdoti è “Il mio ideale, Gesù, Figlio di Maria”, che, vivente l’autore, ha una diffusione eccezionale, in Francia, in Europa e nel mondo, con traduzioni in tutte le lingue europee, in giapponese e persino in arabo e nella lingua zulu, con 500 mila copie e oltre.
Un vero “best-seller” della Madonna, che, per anni, continuò nel mondo, una specie di marcia trionfale.
Il successo è dovuto alla sintesi forte e dolce di fede e devozione, di preghiera e azione, di semplicità e profondità, che si incentra in Cristo e in Maria, Ogni cristiano è chiamato a essere come Giovanni, “il discepolo che Gesù amava” (Gv 13,23) che prende in casa, con sé, Maria (Gv 19,27), come madre, e da Lei si lascia educare all’intimità più intensa con Gesù e all’apostolato.
Il battezzato – insegna P. Neubert, ponendo le sue parole in bocca, prima a Gesù, poi alla Madonna – non può accontentarsi della mediocrità fatta di qualche preghiera quotidiana e di una certa onestà morale, ma dev’essere santo, nella vita di unione con Gesù e nell’annuncio di Gesù ai fratelli. Santo e apostolo. Tutto di Dio e missionario, per le strade del mondo, con la preghiera, la testimonianza e la parola.
Ed è Maria la via per realizzare tutto questo. Ella è la Madre e l’Educatrice: ha educato Gesù, Giovanni, il suo prediletto, gli apostoli del Figlio suo, e può educare ciascuno di noi a diventare degli “altri-Gesù”. Maria è Madre e Educatrice per tutti.
Così il libro “Il mio ideale, Gesù, Figlio di Maria” è interamente cristocentrico: parte da Gesù, e, come ha fatto dalla sua croce, è Lui stesso che conduce a Maria: “Ecco tua Madre”. D’altra parte, Maria, può solo portare alla meta che è Gesù solo.
Nelle prime due parti del libro, è Gesù stesso che spiega Maria, fino a dirci: “Che io possa amarla in te”. Nelle due ultime parti del libro, poste in bocca a Maria, ella stessa spiega la sua missione e ci chiama a lasciarci educare da Lei, come degli altri-Gesù, a diventare suoi apostoli nel mondo.
Da questo scaturisce una gioia grande: la gioia di essere strumenti nelle mani di Colei “alla quale sono riservate le ultime vittorie sul male”, di Colei che ha vinto tutte le eresie nel passato e che vincerà pure quelle del nostro tempo, come hanno insegnato San Luigi de Montfort, San Alfonso de’ Liguori e il Ven. Guglielmo Chaminade. Un compito stupendo, da vivere, con Maria, oggi.
Una scuola di santi
Non sappiamo quanti, leggendo queste pagine semplici e sublimi, hanno raggiunto la vetta della santità, sotto tutti i cieli della terra. Lo stesso P. Neubert, ha conosciuto di queste persone e di due ha potuto scrivere la biografia: suor Maria Regina e René Mougel.
Tra i lettori più giovani, il libro ebbe, nel 1961, un ragazzo spagnolo di 14 anni, Faustino Perez-Manglano, che annotò nel suo diario: “Dopo aver letto un quarto d’ora «Il mio ideale», mi sono reso conto della meravigliosa bellezza di questo libro. Non si può esprimere a parole la grandezza del suo contenuto. Quanto è meravigliosa la mia Madre Maria! Questo libro mi insegna ad amare di più Gesù, Maria e le persone che più mi sono care, papà e mamma”.leggere...

terça-feira, 10 de janeiro de 2017

Don Divo Barsotti, estratto da “La mistica della riparazione”

Partecipazione alla morte di Cristo
zzddvbrstLa partecipazione attiva alla Messa è, sì, rispondere al Sacerdote, alzarsi quando si legge il Vangelo, ma questa è una partecipazione attiva al rito, non ancora al mistero. Invece noi possiamo partecipare al mistero anche quando non siamo presenti alla Messa. La partecipazione al mistero si realizza in una morte che ci associa alla Morte del Cristo, in una morte che fa presente in noi la sua Morte come atto di amore, di offerta, di redenzione.
Nel rito orientale della Messa, viene posto sopra l’altare un pane benedetto – non consacrato – di cui si fanno nove parti; e queste parti rappresentano tutto il popolo fedele: i defunti, i santi del Cielo, tutti i cristiani, anche i peccatori. Il pane è un simbolo reale: ogni cristiano è una vittima posta sull’altare, e vi dimora come Gesù, per essere offerto, immolato a Dio per il bene di tutti. È questa la nostra Messa. Tutta la nostra vita è partecipazione al Sacrificio di Cristo.
Si può vivere in casa nostra la vita nascosta di Gesù, o quella pubblica nell’apostolato cristiano, o la sua missione di taumaturgo nell’esercizio delle professioni, ma tutti dobbiamo vivere la nostra vita come ostie. Lo dice S. Paolo nella Lettera ai Romani: “Vi esorto, in nome della misericordia di Dio, affinché vogliate offrire a guisa di culto spirituale, e quindi gradito a Dio, i vostri corpi, come vittima vivente e santa”. Lo ripete nella Lettera agli Efesini: « Siate imitatori di Dio come figli carissimi; come Gesù morì vittima di soave odore, così offrite voi stessi a Dio ». È questa la vita cristiana. Non si può eliminare questa concezione della vita cristiana che è essenziale al nostro essere in Cristo: siamo vittime.
Il Battesimo ci ha consacrati a Dio. Essere consacrati vuoi dire essere riservati, messi da parte. I contadini mettono da parte le bestie riservate al macello: così la consacrazione ci risèrva: siamo separati dall’umanità, ma lo siamo per l’umanità; siamo messi da parte per essere immolati per il bene degli uomini. Chi compirà il nostro sacrificio? Colui che operò il sacrificio di Gesù. Per lo Spirito Santo egli si offrì al Padre: lo immolò soltanto il suo amore. Anche in noi la sofferenza e la morte saranno partecipazione alla Morte di Cristo, se saranno la prova che in noi vive l’amore.
La vita presente è per tutti un morire: che sia per noi un morire per amore! Offriamoci per il bene dei fratelli; offriamo la nostra sofferenza, le nostre lacrime, la nostra povertà, ciò che ci umilia, tutta la nostra vita …
O Signore, come siamo contenti di poter soffrire per dimostrare il nostro amore per Te! Ti offriamo il nostro corpo, la nostra anima, il nostro sangue, tutto, e vogliamo che il nostro dono sia salvezza per tutti.
Certo, sappiamo che il nostro dono non vale; ma è grande se lo uniamo all’offerta del Cristo. Noi siamo sull’altare proprio per questo: perché la nostra offerta non sia separata da quella del tuo Figlio! Quale immagine del Cristo più bella, più vera, del cristiano? Si può pensare che una statua, un dipinto sia un’immagine più vera di quello che è l’uomo che ha ricevuto la mattina la S. Comunione? La Comunione non ci trasforma nel Cristo? Non fa presente Gesù nella nostra vita, non fa vivere Cristo in noi? Pensiamo che la fede cristiana, l’unione intima con Gesù Salvatore, ci debba dispensare dalla sofferenza. A che serve esser cristiani, a cosa serve il pregare (dicono tanti) se dobbiamo soffrire come gli altri, se siamo sottoposti come gli altri alla morte? Non é come gli altri, ma come Gesù.
La nostra fede ci serve a soffrire di più, non certo a preservarci dal dolore, perché deve far presente in noi la Passione stessa del Cristo: non la sofferenza che è dovuta per i nostri peccati, ma la sofferenza che è dovuta a tutta quanta l’umanità, perché è questa sofferenza che Gesù ha preso sopra di sé. Nella misura in cui tu vivi nel Cristo, non vivi più soltanto il tuo dolore, ma vivi il dolore del mondo; tu non assumi soltanto il peso dei tuoi peccati, tu assumi il peso del peccato del mondo, per esserne a tua volta schiacciato.
L’uomo dovrebbe superare il dolore dopo aver vinto in sé il peccato: proprio allora, invece, incomincia per lui il vero martirio.
Nella mistica di S. Giovanni della Croce sembrerebbe che l’uomo, giunto all’unione trasformante, non dovesse più soffrire, ma S. Giovanni della Croce nelle sue opere non ci dà nemmeno la prova di quello che fu la sua esperienza interiore. Neppure S. Giovanni della Croce, una volta giunto all’unione trasformante, conobbe la gioia. Egli giunse all’unione trasformante nel carcere di Toledo; ma dopo il carcere di Toledo, Dio preparò per lui un abisso ancor più grande di sofferenza: l’abbandono da parte dei suoi fratelli, il tentativo di cacciarlo dall’Ordine, la morte. La sofferenza di S. Giovanni della Croce non terminò con l’unione trasformante: è con l’unione trasformante piuttosto che egli divenne capace di partecipare in un modo più intimo e vero alla Passione stessa di Gesù, che è Passione redentrice. La passione di S. Giovanni della Croce, gli meritò di essere il padre dell’Ordine: tutto l’Ordine vivrà nella sua passione. Come dalla Passione del Cristo è nata la Chiesa, così dalla passione dei santi si rinnova la Chiesa e nasce e vive ogni famiglia religiosa.
Così S. Teresa di Gesù Bambino. Sembra che ella sia giunta all’unione trasformante nel tempo in cui si offrì all’Amore misericordioso; se leggiamo la sua vita vedremo che è proprio da allora che la investe il massimo della sofferenza e delle tribolazioni interiori. Invece di liberarsi dalla sofferenza, proprio allora ella ottiene di divenire la più grande santa dei tempi moderni, assumendo tutto il peso del peccato umano per esserne come schiacciata, spezzata. L’Umanità di Gesù non sopportò il peso del dolore umano ed egli è morto sulla Croce: come potrebbe l’uomo, nella misura in cui fa suo il dolore del Cristo, reggere a tale peso?
La perfezione cristiana termina nella morte, non tuttavia in un’estasi di amore, come aveva scritto S. Giovanni della Croce; ma nell’agonia pura e semplice, nella desolazione dello spirito, nel sentimento dell’abbandono del Padre, perché così è morto Gesù e così deve morire chi a lui più si avvicina.
Questa la vera vita eucaristica. La Comunione non ti promette la dolcezza dell’estasi: Gesù si comunica all’uomo per imprimere in lui il suo Volto divino, affinché egli divenga la vera « icona » del Cristo, la vera immagine di Gesù. Presente realmente, ma misteriosamente nascosto nell’Eucarestia, Egli vuole rivelarsi in noi, vuoi farsi presente e visibile agli uomini nella nostra medesima vita, nel nostro medesimo corpo.
Noi non riceveremo le stigmate. Ma partecipando al suo mistero, dovremo esprimere chiaramente la nostra assimilazione a Cristo così che anche il corpo divenga veramente una immagine di Gesù. La vera immagine di Gesù è il santo: non scolpita o dipinta dalla mano dell’uomo, ma dallo Spirito Santo.
La mistica cristiana non è una mistica dell’Uno, un puro affondare dell’anima nella luce di Dio, un puro perdersi dell’uomo nella luce infinita: è un’assimilazione a Cristo. La nostra unione, la nostra unità con Dio, esige prima di tutto la nostra unità con tutta quanta l’umanità sofferente e peccatrice, nella nostra trasformazione in Cristo.
Gesù fa presente in te la sua Passione in un modo visibile e tu partecipi al mistero della sua riparazione. Quello che è nascosto nell’Eucarestia, nel santo diviene palese; quello che nell’Eucarestia è nascosto deve vivere in te.
Gesù si comunica a te, per vivere pienamente in te, per passare di nuovo dal mistero (non dalla realtà, perché la realtà è già tutta nel mistero) alla visibilità; per introdursi dal mistero nella vita del tempo. Attraverso la partecipazione al Mistero eucaristico, l’atto della Morte del Cristo entra nel tempo e nello spazio, diviene la vita di ogni uomo, la vita anche del mondo.

segunda-feira, 9 de janeiro de 2017

Dal “Diario” di Don Divo Barsotti: Chiesa e problemi del Magistero


da “L’Eco dell’Eremo Santuario B.V del Soccorso Minucciano” (Lu) n. 62 Dicembre 2012
26 Gennaio 1989
La Chiesa da decenni parla di pace e non la può assicurare, non parla più dell’inferno e l’umanità vi affonda senza gorgoglio. Non si parla del peccato, non si denuncia l’errore.
A che cosa si riduce il magistero? Mai la Chiesa ha parlato tanto come in questi ultimi anni, mai la sua parola è stata così priva di efficacia.
«Nel mio nome scacceranno i demoni …». Com’è possibile scacciarli se non si crede più alla loro presenza? E i demoni hanno invaso la terra.
La televisione, la droga, l’aborto, la menzogna e soprattutto la negazione di Dio: le tenebre sono discese sopra la terra.
Leggo la vita di Cechov. Era un agnostico, ma il suo amore per gli uomini, la sua semplicità ci conquistano. Mi domando come mai queste biografie che certo non sono di santi, mi prendono tanto.
Non vuole essere un eroe, non è un filosofo, sdegna di affrontare i grandi problemi, è conciliante, crede ingenuamente nel progresso.
Contestazione dei teologi al Papa.
Forse la crisi non sarà superata finché, in vera umiltà, i vescovi non vorranno riconoscere la presunzione che li ha ispirati e guidati in questi ultimi decenni e soprattutto nel Concilio e nel dopo-Concilio.
Essi, certo, rimangono i «doctores fidei», ma proprio questo è il loro peccato: non hanno voluto definire la verità, non hanno voluto condannare l’errore e hanno preteso di «rinnovare» la Chiesa quasi che il «loro» Concilio potesse essere il nuovo fondamento di tutto.
Dal volume “Fissi gli occhi nel sole” Ed. Messaggero Padova

"Tu mi ami" di Don Divo Barsotti


Signore, eccomi qui: se tu vuoi amarmi, prendimi.
Non voglio opporre alcuna resistenza al tuo amore.
Io non ho creduto che tu mi potessi amare.
Ma dal momento che tu me lo chiedi, ecco, ora mi abbandono totalmente a te per essere amato.

Non oso dire che ti amo. Ma una cosa, Signore, voglio dirti: finalmente voglio credere che tu mi ami.
Tu me l’hai detto, Signore, e io non voglio rifiutarmi di credere. Mi abbandono a te!
Mi offro a te, come sono: povera carta per essere bruciata, legno secco per essere consumato dal fuoco.
Mi getto in te, Signore, perché finalmente tu mi bruci, mi consumi!

Ecco, Signore, sono davanti a te; non ho altro da dirti che questo: amami, perché voglio essere amato, perché finalmente ho capito che la mia vita può avere soltanto un senso e un valore nel fatto che tu mi ami, che tu vuoi amarmi.
Non rifiuto più il tuo amore per me. Questo e null'altro.

don Divo Barsotti IL CAMMINO DELL’ANIMA



Qual è il cammina dell’anima verso il Signore? Dice Stolz (Anselm Stolz, teologo benedettino, 1900-1942): “E’ il cammino di ritorno del paradiso terrestre, perchè noi non siamo stati scacciati dal paradiso, sono i nostri occhi che hanno cambiato il paradiso in una valle di lacrime, ma man mano che noi riacquistiamo la vista, tutto ritorna ad essere paradiso, perchè tutto diviene pieno di Dio”
Diceva Origene: “Tutto diviene sacramento di Dio”. Questo per quanto riguarda la visione oculare.
Poi c’è la visione dell’intelligenza. In questo caso, tante volte la nostra ragione è così fragile e debole che non arriva mai a conclusioni certe, che diano sicurezza assoluta. Il fatto poi che una sola persona abbia un’opinione diversa dalla nostra fa nascere in noi una certa perplessità perchè, siccome sappiamo di non essere infallibili, basta che uno che abbia un poco di intelligenza ci dica qualcosa contro quello che noi pensiamo e subito dubitiamo: “Chi avrà ragione? Io penso di aver ragione, ma chissà se le sue ragioni non siano più valide delle mie”.
La condizione dell’uomo indipendentemente dalla fede è sempre di un certo scetticismo; si può dire che in genere l’uomo vive in una luce crepuscolare, mai una luce come quella del giorno pieno. Ma nella  misura che tu hai fede, cresce in te con la verità ultima addirittura: non soltanto con la verità razionale, ma con la verità ultima e senti che la tua anima poggia su solide basi: Dio, che è fondamento dell’essere.
Don Divo Barsotti
fonte

don Divo Barsotti CONTINUITA’ FRA LA TERRA E IL CIELO


Noi dovremmo arrivare a questo, e che cosa implica tutto ciò? Una cosa semplicissima: se Dio è questa luce ed io vivo in questa luce, io vivo già un’anticipazione della vita celeste. La vita quaggiù infatti non si oppone mica alla vita del cielo; fra la fede e la visione vi è un cammino continuo. La rottura c’è invece tra la non-fede e la fede, ma tra la fede e la visione c’è un cammino che ci porta alla visione immediata, quando totalmente obliando noi stessi e le cose, tutto ritroviamo in Lui. Infatti, Dio che è creatore non è in opposizione alla creazione, anzi la creazione è in Dio e un giorno conosceremo la creazione più di quanto la conosciamo ora, perchè la conosceremo nella sua sorgente.
Dobbiamo vivere allora il Cristianesimo come economia sacramentale. Quanti sono i sacramenti? Dicono sette; sì, sono sette e pur tuttavia tutto è sacramento – è una sacramentalità che è propria di questo libro, di questo tavolo, degli alberi … – tutto è sacramento perchè tutto per me deve divenire segno di una presenza divina. 
Non vedo che Dio, non conosco che Lui: è la realtà dalla quale veramente io sono totalmente preso, nella quale totalmente vivo. 
Un pesce può vivere fuori dell’acqua? No, dopo un po’ muore, non è vero? Così anche l’uomo: tu devi vivere costantemente nella divina presenza come un pesce nell’acqua. 
Dio deve essere in te, davanti a te, fuori di te: davanti, dietro, sopra, sotto, come dice san Patrizio in una preghiera: “Gesù in me, Gesù fuori di me, Gesù sopra il mio capo, Gesù sotto i miei piedi, Gesù davanti, Gesù alla destra, Gesù alla sinistra, soltanto Gesù, sempre Gesù!”. 
La luce di Dio deve essere tale da investirvi, penetrarvi, abbracciarvi totalmente, sicchè per me diventa quasi impossibile uscire da questa luce, come per noi è impossibile ora uscire da questo mondo. 
L’anima muore se esce dalla visione di Dio.
Don Divo Barsotti

don Divo Barsotti RISVEGLIARE IL MONDO


Se noi fossimo davvero santi e potessimo essere una sveglia per questo mondo! Secondo un agraphon, il Signore, quando si incarnò, avrebbe detto: “Io venni in questo mondo e vi trovai tutti addormentati: la mia Parola vi risvegliò”. 
Così ha risvegliato il mondo sonnolento del Medioevo san Francesco d’Assisi; così anche san Francesco Saverio che infiammò tutti gli studenti, che se ne volevano andare in missione, col pericolo di morire in nave – perchè allora occorrevano mesi e mesi per giungere nelle missioni ed esplodevano epidemie di malattie tropicali sulle navi; di tutti quelli che salivano nelle navi ne arrivavano sì e no un terzo – e tuttavia le università si svuotavano di studenti che decidevano di andare in missione. Che cosa meravigliosa sarebbe se ci fossero questi santi! Allora i nostri seminari non sarebbero così vuoti!
La Chiesa si rinnova perchè la santità risveglia in tal modo le anime che queste possono abbandonare ogni cosa per seguire Dio, per cercare Dio e possederlo; tutti gli altri valori cadono, ma Dio rimane veramente la loro passione e per questa passione possono gettare ogni cosa: la ricchezza, l’amore umano, perfino la libertà del proprio vivere, perché Dio vale di più. Noi dobbiamo essere luce che manifesta Dio, non una qualunque luce. 
Dobbiamo essere la luce che impedisce il sonno, questo sonno che è il peccato; ricordate la Divina Commedia? “Tant’era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai” (Inferno, 1° Canto, 11-12). Il sonno implica, come il peccato, che l’anima si addormenta alle cose divine e allora ci si abbandona agli istinti; allora noi dobbiamo risvegliare questi dormienti.
Noi non vogliamo risvegliarli in modo violento, ma con la luce, perchè, sì, la luce del giorno può disturbare, ma è anche bella.
Bisogna vivere nel giorno affinchè la luce di Dio risplenda alle anime, perchè in questa luce noi cominciamo a vedere le cose. Prima di vedere il sole, la luce del giorno ci fa vedere le cose e così è anche nella vita spirituale. Prima che io possa manifestare agli altri Dio, la luce fa vedere agli uomini i valori, quei valori morali che hanno perduto: i valori della vita, il senso della vita, il valore dell’amore umano – non delle convivenze -, di un amore che implica il dono di sè senza più ripensamenti, il dono che dà veramente alla vita la sua misura, la sua dimensione vera di responsabilità morale, di grandezza umana.
Don Divo Barsotti

don Divo Barsotti RIVELARE E RISVEGLIARE LA BELLEZZA


 

Vi sono oggi i santi che donano a tutti gli uomini la luce per riscoprire i valori e poi per riscoprire il Volto di Dio? La luce che noi dobbiamo dare trasformerà gli uomini se sarà veramente luce tale da saper dare valore a tutte le cose. 
Sapete, al tempo di san Francesco le spose lasciavano i mariti e andavano dietro a lui, i mariti lasciavano le mogli e andavano dietro a lui: un disastro, non vi sembra? Eppure era così, tanto che san Francesco dovette fare il Terz’Ordine, altrimenti era un pericolo pubblico per il mondo. Anche sant’Ambrogio: si sa che quando lui predicava, le madri di famiglia chiudevano le ragazze in casa a chiave perchè non potessero uscire, perchè se andavano a sentire sant’Ambrogio non tornavano più a casa, andavano subito a farsi monache.
Che bellezza se ci fosse un sant’Ambrogio anche qui a Modena! Se ci fosse questa santità che rivela il Volto di Dio, la Bellezza divina e la grandezza di un’unione con Lui, come allora tutto sarebbe non sacrificio, ma vera gioia, vera attrazione di immensa forza che ti libera da tutto. Se infatti Dio è per l’anima il nulla, si sceglie il denaro, si sceglie di essere potenti. Ma se Dio E’, che cosa può essere per me la ricchezza del mondo, che cosa può essere tutto quello che il mondo può darmi nei confronti di Dio? Di tutto questo puoi fare consapevoli gli altri se tu sei la luce che rivela questa bellezza di Dio. Come tutto si trasforma, come tutto diviene luminoso, diviene puro!
La santità che cos’è, allora? Mostrare la Bellezza di Dio! Nella tua santità rendi testimonianza della gioia di essere di Dio, della sua medesima luce: il mondo allora si incanta. “Che cos’è?”, si chiederà; non soltanto si sveglia, ma rimane stupito; nasce l’ammirazione e con l’ammirazione il trasporto, l’invidia, la gelosia di possedere i medesimi beni. E tu fai quello che hanno fatto i santi prima di te: lasciata ogni cosa lo seguirono (cfr. Mt 4,22), di punto in bianco, non ci hanno mica pensato tanto sopra. 
Quando si vede Dio, si abbandona subito tutto e, notatelo bene, voi dovete diffidare di quelle figliole che dicono per dieci anni di voler diventare suore e non si decidono mai! La bellezza divina deve attrarre in tal modo, così che l’anima non può indugiare. Quando si è innamorati non si aspetta decenni per sposarsi e chi ha conosciuto Dio, come può fermarsi nel suo cammino e non abbandonarsi e gettarsi fra le sue braccia? 
Quando Dio chiama, l’anima si apre ad una gioia sempre più grande, sempre più pura; bisogna però che noi restiamo fissi in Lui, fissi nella visione di Dio, allora la luce di Dio riflette su di noi e noi si diventa come la luna, riflettiamo la luce che si riflette nel mondo.

don Divo Barsotti TRASFIGURATI


 

Dio si rivela a noi attraverso una visione sensibile e intellettuale, e pure noi dobbiamo essere luce in questo duplice senso. Ma come questa luce, che deve essere anche un’esperienza intellettuale, di fatto potrà rivelare Dio? 
La domanda che faccio richiama un insegnamento fondamentale della spiritualità ortodossa, ossia quello di una trasfigurazione nella quale l’essere creato diviene partecipe dell’energia divina.
Si può dire, usando un linguaggio molto più semplice usato dalla Scrittura, che l’essere creato si trasforma in tal modo da divenire una pura trasparenza di Dio. Noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26), ma altro è immagine segreta e non percepibile ai sensi, altro è immagine che parla di Dio. Così i mistici parlano, ad esempio, di cristallo puro che risplende della luce del sole; l’uomo non è il sole e pur tuttavia sembra il sole; l’uomo non cessa d’essere creatura e pur tuttavia non dice più che Dio. Ecco l’icona.
Dice sant’Ireneo che “gloria di Dio è l’uomo vivente”: e chi è mai l’uomo vivente per essere la gloria di Dio? E’ colui nel quale Dio vive, è colui nel quale Dio in qualche modo sussiste così come il Verbo di Dio sussiste nella natura umana, sicchè la natura umana diviene in qualche modo il supporto della Divinità del Verbo.

La meditazioni di don Divo Barsotti : DIVENIRE LUCE





E veniamo al secondo punto. Non c’è solo Dio come luce che ci illumina, ma ci sono i cristiani che, come dice il Vangelo, sono la luce del mondo (cfr. Mt 5,14). Che cos’è questa luce che noi dobbiamo essere? Certo, nella misura in cui tutto è sacramento di Dio, tutto ha in sè la capacità di espandere, di irradiare una certa luce, ma se noi dobbiamo in qualche modo risvegliare la fede in chi l’ha perduta, ciò non basta.
Che cosa dobbiamo essere? Una luce che si impone, non che semplicemente si impone, ma una luce che acceca, una luce che in qualche modo risveglia la fede. 
Che cosa fai quando ti svegli la mattina? Io credo che tu accenda la luce, perchè al buio non vedi niente, e così la luce ti sveglia. Fintanto che stai al buio ti addormenti, ma se ti vuoi svegliare devi accendere la luce, se no dici come san Giovanni Fisher quando fu chiamato il giorno della sua esecuzione dal carceriere, la mattina alle 5:00: “Vostra signoria, sveglia, oggi è il giorno dell’esecuzione”. “E’ da tempo che vi aspettavo – dice Giovanni – e ditemi, che ore sono?”; il carceriere risponde: “Sono le 5:00”.- “E quando sarà l’esecuzione?” – “Alle 10:00 vossignoria” – “Beh, allora lasciatemi dormire ancora un po’ perchè questa notte non ho dormito molto bene” e si mise giù a dormire. 
Possiamo dormire perchè non c’è luce. E perchè il mondo ha perduto la luce? Perchè la luce dei cristiani non sveglia il mondo dal suo torpore. I santi sono scomodi, come è scomoda la luce quando si ha sonno.
Don Divo Barsotti

Ascesi e trasparenza

Che cosa si impone per noi per vivere questa trasfigurazione? Lo vediamo nella vita di molti santi. Coloro che iniziano un cammino di santità, all’inizio vivono una certa tensione, direi anche un certo dramma interiore; c’è il desiderio dell’anima a tendere a Dio e quindi uno sforzo, una violenza di tutte le potenze per realizzare un piano che Dio propone all’anima stessa. Ancora l’uomo non è trasparenza di Dio, anche se magari vive di pane e acqua. Poi via via negli anni si spoglia di tutto, si riduce ad una pura semplicità, umiltà senza fondo, è come se non fosse, è come se non avesse più nome. Vive allora una vita che perde, si direbbe, tutte le manifestazioni esterne di violenza, di forza, di impegno, di eroismo, come si intende l’eroismo in senso umano. Si diviene pura luce, una semplicità, un’umiltà pura; l’uomo diviene quasi trasparente: non dice più se stesso, dice solo Dio.

San Giovanni Bosco aveva una sua attività spaventosa: riusciva a scrivere addirittura duecentocinquanta lettere al giorno – dove trovasse il tempo non si sa – tanto da mandare avanti parecchie case, missioni e quant’altro. Poi, verso la fine della vita diviene quasi cieco, non può stare alla luce perchè i suoi occhi ne soffrirebbero, ma rimane in tranquillità, nella pace, prega semplicemente come un bambino. Dopo l’esplosione delle sue attività, tutto si riduce in un silenzio pieno di pace, con l’umiltà che è tutta luce pura.

CON MARIA APPARE IL MONDO NUOVO Diario Intervento di don Divo Barsotti al Convegno di Firenze organizzato per celebrare il XX anniversario delle apparizioni di Medjugorje


          Molte sono le apparizioni nella storia della Chiesa. Più che il loro messaggio, è il fatto stesso dell'apparizione che esige una nostra riflessione.
          Non sembra che aggiungano nulla a quanto già noi conosciamo per fede: è come se d'improvviso si facesse visibile un mondo sempre presente, ma che abitualmente rimane nascosto, come se gli occhi dell'uomo acquistino un nuovo potere visivo e non abbiano più soltanto la capacità di vedere solo questo mondo e quanto vi avviene.
          Ma che cosa di fatto possono significare le apparizioni per la Chiesa, e in modo particolare per coloro che hanno avuto la facoltà di vedere ciò che noi non vediamo?
          Mi sembra che sia fondamentale che noi, dalle apparizioni, abbiamo certezza di un mondo di luce, di un mondo che è presente ma rimane invisibile e non appare che per una volontà del tutto gratuita, ma che rimane un privilegio e un dono.
          È dunque prima di tutto il riconoscimento della presenza vittoriosa del bene, perché quello che appare fa parte certo del mondo di Dio.
          Questo mondo divino rende testimonianza di una vittoria del bene; è perciò un dono certo di Dio che nei momenti più gravi e difficili in cui tutto sembra sommerso dal male, garantisce che il male non ha potere in quel mondo in cui tuttavia noi cristiani siamo stati introdotti dalla grazia divina.
          Lo sappiamo per fede, ma nella nostra esperienza umana è come se il male sopraffacesse ogni cosa, e fosse vana ogni speranza.
          Qual è questo mondo di luce che gratuitamente appare?
          Generalmente è la Vergine Maria, e anche qui noi dobbiamo chiederci come mai al mondo del peccato risponda il mondo di Dio e la presenza della Vergine pura.
          Prima ancora della Madonna è il Cristo che risorgendo nella sua umanità dovrebbe fare presente il mondo divino e la vittoria sul male.
          Perché dunque la Vergine?
          È certo, come ci insegna la liturgia, perché in Lei è la creazione intera che si è rinnovata; è Lei stessa la nuova creazione non contaminata dal male e vittoriosa.
           L'apparizione anticipa dunque la vittoria di Cristo sul male?
           L'apparizione della Vergine assicura che proprio la creatura già in atto primo è liberata dai condizionamenti cui è stata sottoposta soprattutto dal peccato, ma anche dalla sua condizione stessa di creatura.
           Di fatto, queste apparizioni rendono testimonianza di una libertà che la creazione per sé, anche indipendentemente dal peccato, non sembra poter avere: la libertà dai condizionamenti del tempo e dello spazio...
           Nelle apparizioni dunque si anticipa in qualche modo la manifestazione della vittoria del Cristo sulla potenza del male che continuamente sembra minacciare di morte il mondo presente.
           Non solo anticipa, ma anche fa presente il mondo redento, anche se questo mondo rimane invisibile. Dio non assicura anticipatamente a quanto Egli ha stabilito la manifestazione della vittoria sulle forze disgregatrici, sulla potenza della morte, ma con le apparizioni ci assicura la Sua presenza.
            L'apparizione non è dunque una azione di Dio sulla immaginazione dell'uomo; credo che non si possa negare la sua oggettiva realtà; veramente è la Vergine santa che appare, veramente gli uomini entrano in rapporto con Lei e con il suo Figlio divino.
            Così l'uomo vive in due mondi: uno visibile che tuttavia è destinato a finire, e un mondo invisibile che non potrebbe essere violato da coloro che lo negano.
            È questo il vero mondo che Dio ha redento; la Vergine non può abbandonare i suoi figli prima della manifestazione pubblica e solenne della sua vittoria sul male.
            Madre di tutti, essa non potrebbe separarsi da noi che viviamo nella pena, sottoposti ad ogni tentazione, incapaci di sottrarci alla morte.
            Essa non appartiene più al mondo di quaggiù, ma la sua presenza nelle sue apparizioni ci assicura che il mondo divino è già presente, e la prova non potrà superare la grazia, soprattutto non potrà impedire mai alla Vergine Madre di soccorrere i figli che si trovano coinvolti nel combattimento contro le potenze dell'inferno.
             Il mondo di Dio non solo è reale, ma non è minimamente separato dal mondo di quaggiù: è il mondo di quaggiù che potrebbe essere separato dal mondo redento.
             Le apparizioni dicono dunque la duplice dimensione della vita dell'uomo.
             Egli vive in un mondo in cui Dio sembrerebbe assente e per la fede invece vive nel mondo di Dio.
             L'uomo è come diviso da queste due dimensioni; facendo parte del mondo presenbte egli sembra vivere nel "mondo dell'assenza", ma vive anche nel mondo di una creazione già rinnovata dalla presenza di Dio.

fonte

Dio dona Se stesso / God Gives Himself – Don Divo Barsotti

 

dopo-il-restauro-il-volto-del-Cristo-Benedetto-da-Maiano-antecedente-il-1497-courtesy-Opera-di-Santa-maria-del-Fiore-foto-Antonio-QuattroneDio si è rivelato a noi nel Cristo. Che cosa vuol dire per noi che Dio si è rivelato nel Cristo? Non solo non possiamo dubitare ora noi di un Dio personale, di un Dio personale che ci ami personalmente, che questo Dio personale sia presente nella nostra umile vita, non possiamo dubitare che questo Dio personale che si fa presente nella nostra umile vita, ci doni meno che Se stesso. A Israele dava una nazione, salvava il popolo, dava una legge, ma in fondo non dava Se stesso. Qui l’amore di Dio, l’intervento di Dio è un intervento pienamente e interamente divino: Dio non dona qualcosa, dona Sé. Dio non ama soltanto donandoti una terra o donandoti soltanto una città. A Israele ha promesso soltanto questo: gli darà una terra. Vi ricordate Abramo? È lo stesso per Israele attraverso il cammino dell’Esodo. Ma ora Dio non dona nessuna terra, non dona nulla, dona Sé. Che cosa dà ciascuno di voi quando vive il suo matrimonio? Che cosa ha dato Sara, quando si è sposata, al suo marito? Se stessa. Non gli ha dato né terre né palazzi: gli ha dato se stessa.

God revealed Himself to us in Christ. What does it mean that God revealed Himself to us in Christ? Not only now we cannot have doubts about a personal God, about a personal God who personally loves us, that this personal God is present in our humble life, but we cannot doubt that this personal God, who is present in our humble life, gives us less than Himself. He gave a nation to Israel, saved a people and gave a law, but at the bottom he did not give Himself. Here the love of God, the intervention of God is a fully and completely divine intervention: God does not give anything; He gives Himself. God does not love only giving you a land or a town. He promised to Israel only this: He will give them a land. Do you remember about Abraham? It is the same for Israel through the way of the Exodus. But now God does not give any land, does not give anything, He gives Himself. What do you give, when you live your wedding? What did Sarah give to her husband when she got married? Herself. She did not give him lands or buildings: she gave him herself.
(Translation by Marina Madeddu)