Le norme di attuazione del motu proprio e la necessità di un ordinariato tradizionale
Siamo finalmente in grado di confermare la fondatezza delle voci circa l'imminente l'uscita delle tanto attese, finora inutilmente, disposizioni di attuazione del motu proprio. Che in realtà, come disse mons. Perl nel febbraio 2008 al sottoscritto, già allora eran "pronte alla firma sulla scrivania del Papa" e si sarebbe trattato di attendere solo poche settimane... Ecco quanto riporta Kathnews
Immediatamente dopo la pubblicazione della lettera del Papa "Summorum Pontificum" nel luglio 2007 è stato annunciato che si aspettavano regole di attuazione per portare maggiore chiarezza nel documento concernente la forma straordinaria del rito romano. La pubblicazione di tali disposizioni era già stata annunciata più volte nei media cattolici e discussa in numerosi forum e blog di internet. A volte è stato detto che la pubblicazione del documento era imminente, che il Santo Padre l'avrebbe fatto, o addirittura che era già sulla sua scrivania per la firma. Queste ipotesi finora non sono state confermate e si sono dimostrate, in molti casi, sbagliate.
Kathnews rende ora disponibili informazioni esclusive sul fatto che la pubblicazione del regolamento di applicazione del Motu Proprio "Summorum Pontificum" è davvero imminente. Da fonti di alto livello del Vaticano KathNews ha appreso che il documento era già pronto, ma ha dovuto essere corretto in alcuni punti. Una nuova versione corretta dovrebbe essere presentata in questi giorni al Papa. La versione attuale dovrebbe pertanto essere quella che sarà pubblicata in completamento del Motu Proprio pubblicato nel 2007. Le regole di applicazione potrebbero pertanto essere firmate entro il Natale 2010 dal Papa e chiarire le questioni relative all'uso della Messa Tridentina
Quelle istruzioni hanno superato diverse nuove stesure, anche alla luce dell'esperienza sulle difficoltà applicative insorte molto frequentemente (e dolosamente), ad opera di parte significativa del clero. La versione che dovrebbe veder la luce a breve terrà conto anche delle osservazioni raccolte da tutto l'episcopato mondiale con le relazioni inviate alla scadenza del triennio dall'entrata in vigore del Summorum Pontificum. A quanto ci riferiscono, l'ultima versione del testo normativo è migliore e più garantista per i diritti dei fedeli legati all'antica liturgia.
Ma sarà sufficiente? "Leggi sonvi, ma chi pon mano ad esse?" L'esperienza di questi tre anni ha mostrato, in molti casi con dolorose sorprese, che il livello di resistenza a quel documento papale e di avversione nei confronti della Tradizione è viscerale e quasi patologico.
Quale che sia il contenuto delle norme, la soluzione deve passare, secondo noi, attraverso due strumenti, concorrenti al medesimo fine. Il primo, un rafforzamento nettissimo dei poteri di intervento autoritativo della Commissione Ecclesia Dei nelle diocesi recalcitranti, con un mezzo tanto semplice quanto effettivo: se il gruppo stabile che vi si è costituito non trova soddisfazione ad una legittima richiesta, l'Ecclesia Dei dovrebbe avere il potere di 'requisire' una idonea chiesa o oratorio (non utilizzata o poco utilizzata: ve ne sono pressoché ovunque, almeno nell'Europa secolarizzata) per assegnarla a qualche istituto sacerdotale che celebra in forma straordinaria. I quali abbondano di sacerdoti e difettano di apostolati, viste da un lato la fecondità vocazionale e dall'altro le chiusure vescovili che ovunque incontrano. L'esito sarebbe in ogni caso positivo: o un nuovo apostolato di un qualche istituto tradizionalista, dinamico ed in espansione, oppure (per non subire l'intervento dall'alto) la diocesi stessa si piegherebbe a trovare una congrua soluzione interna.
Il secondo strumento, ancor più importante, è la liberazione dei fedeli, e ancor più dei sacerdoti e istituti legati alla Tradizione, dalle continue angherie e vessazioni che fanno subir loro molti mitrati. Il modello per risolvere la situazione potrebbe essere mutuato dal meccanismo dell'ordinariato anglo-cattolico: un organismo canonico dipendente direttamente da Roma e libero di svolgere il proprio apostolato, senza subire il veto dei vescovi dei vari luoghi. Così come parrocchie anglocattoliche potranno sorgere ovunque ve ne sia bisogno, senza bisogno del placet del vescovo diocesano (salvi, naturalmente, i rapporti di cortesia), altrettanto dovrebbe avvenire per l'apertura di nuovi centri di Messa da parte degli Istituti legati alla Tradizione.
D'altro canto, se e quando si giungerà ad un accordo con la Fraternità San Pio X, essa pretenderà, e con tutte le ragioni di questo mondo, di poter continuare a svolgere la propria attività d'apostolato, e aprir cappelle e priorati, senza necessità di ottenere prima il permesso dei vescovi (che con ogni probabilità la negherebbero). S'è parlato all'uopo in passato di una prelatura personale sui iuris (perché comprendente anche i fedeli laici, non solo i sacerdoti), o di una amministrazione apostolica personale, sul modello di quella di Campos in Brasile (ma, a differenza di quella rinchiusa in una diocesi, estesa al mondo intero). L'altro modello potrebbe essere, appunto, un ordinariato simile a quello della Anglicanorum coetibus.
Se dunque a tale soluzione si vuole e si deve arrivare (ché, se così non fosse, a che pro intavolare discussioni dottrinali colla FSSPX?), tanto vale sperimentarla fin d'ora con gli istituti Ecclesia Dei. La constatazione di un buon funzionamento sul campo del paradigma rappresenterebbe il miglior incentivo per vincere le (altrimenti giustificabili) tentazioni autonomistiche dei lefebvriani.
Enrico
DE:messainlatino.it