Disputationes theologicae inaugura una serie di articoli su uno dei punti più controversi nella Chiesa del postconcilio: l'interpretazione della frase, contenuta nei documenti conciliari, per cui la Chiesa di Cristo "sussiste" nella Chiesa cattolica. Che cosa significa e perché si è modificata la tradizionale copula: "est" (la Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica)? La domanda, come noto, è tutt'altro che di interesse solo specialistico: dalla sua risoluzione dipende la questione del valore, salvifico o meno, delle religioni diverse dalla cattolica, con tutto quel che ne discende in materia di ecumenismo e, sempre in conseguenza, di attività missionaria e di conversione. Con i recenti dubbi avanzati in merito alla necessità di pregare per l'immediata conversione degli Ebrei, la questione apppare quanto mai importante e spinosa. Ecco l'introduzione dell'articolo di don Stefano Carusi:
La questione del "subsistit in" - la nota espressione usata in Lumen Gentium per definire la Chiesa Cattolica - ha fatto correre fiumi d’inchiostro, così come aveva "profetizzato" G. Philips, inducendo l’autorità ecclesiastica ad una serie di pronunciamenti esplicativi. Questi interventi tuttavia lasciano ancora aperta la discussione, perché non sembrano giungere ad affermazioni dirimenti. Evitano infatti spesso di utilizzare un linguaggio scolastico e lasciano alcuni punti nell’oscurità. Lo stesso recentissimo testo della Congregazione della Fede - "Responsa ad quaestiones de aliquibus sententiis ad doctrinam de ecclesia pertinentibus", del 29 giugno 2007 - pur facendo importantissime precisazioni e stigmatizzando i gravissimi errori scaturiti da interpretazioni eretiche del testo, conserva una certa ambivalenza espressiva sui limiti visibili della Chiesa cattolica. In spirito di sottomissione alle future dichiarazioni infallibili che la Santa Sede vorrà emettere, ci permettiamo in questa sede di esprimere alcuni dubbi su alcune opinioni teologiche, con una serie di articoli sullo spinoso problema. Non è nostra pretesa risolvere la questione, ma avremmo raggiunto lo scopo se solo avessimo contribuito a sollecitare il dibattito teologico. Restiamo persuasi che tante deviazioni potrebbero essere corrette da un intervento dell’autorità suprema, come fra le righe è stato recentemente auspicato al recentissimo convegno di Tolosa “Vaticano II, rottura o continuità”. Con grande coraggio un teologo presente disse che quel "subsistit in" aveva causato ben sette interventi del Magistero; nessuno di essi si è rivelato dirimente la questione.
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